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Autore: Lily Liddell    01/03/2015    4 recensioni
Post-Mockingjay | Hayffie | Effie's POV {+Evelark}
~
Sequel di Rain.
{Potranno comunque essere lette separatamente.}
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Sono passati due mesi da quando Haymitch, Katniss e Peeta sono tornati al Distretto 12. Effie non se la passa bene, Plutarch le dà una mano ma il suo appartamento è stato distrutto durante i bombardamenti; è ancora psicologicamente sconvolta dall’esperienza in prigione e spera che il tempo guarisca le ferite.
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Capitolo 1:
Io non so più chi o che cosa sono. Al 13 ero una capitolina, alla Capitale sono una ribelle… Fortunatamente, fra le quattro mura di questo appartamento, sono solo Effie.
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Capitolo 18:
Dal momento che Peeta e Katniss hanno deciso di sposarsi pochi giorni prima del compleanno della ragazza, a lui tocca il compito di preparare non una, ma due torte.
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Capitolo 38:
L’odore pungente del detersivo s’infiltra nelle mie narici e non riesco a combattere la nausea.
I fumi profumati che evaporano dai vestiti appena lavati non sono nocivi ma mi vanno direttamente alla testa, causandomi continui capogiri.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Atmosphere'
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A/N: Verso la fine di questo capitolo ci sono scene un po’ crude e violente. Non so se devo farlo presente visto che è per questo che il rating è arancione, ma preferisco comunque dirlo…
8x02 Avanti e indietro
 
L’odore pungente del detersivo s’infiltra nelle mie narici e non riesco a combattere la nausea.
I fumi profumati che evaporano dai vestiti appena lavati non sono nocivi ma mi vanno direttamente alla testa, causandomi continui capogiri.
Sto andando avanti così da quasi dieci giorni.
« Hai sentito altro a lavoro? » mi chiede Peeta, passandomi una camicia ancora un po’ gocciolante.
Scuoto appena la testa mentre la prendo e cerco un posto libero sugli stendini piazzati strategicamente accanto alle finestre.
Fuori piove da due settimane e io a maggio sono costretta a stare con i riscaldamenti accesi per asciugare il bucato.
« Plutarch ha chiamato un paio di giorni fa ma non ha detto nulla che non sapevamo già » rispondo, facendomi passare un paio di calzini.
Dietro di noi Haymitch e Pan stanno oziosamente stravaccati sul divano a guardare la televisione, con Sophia che gioca sul tappeto davanti a loro.
Fra una settimana presenteranno ufficialmente i partiti che si sono candidati alle elezioni, con i rispettivi programmi. In via ufficiosa, si vocifera che saranno in quattro ma sono riusciti a tenere il resto nascosto.
Mi porto una mano a coprire naso e bocca – non ne posso più. Piegandomi sulle ginocchia recupero la cesta con gli altri panni appena lavati e quando torno in piedi la schiena protesta.
Peeta mette giù la cesta semivuota e prende quella piena dalle mie mani, con un’espressione di compatimento. « Perché non- » comincia, ma lo interrompo.
« Perché non uso l’asciugatrice? » chiedo sollevando la voce, con il chiaro intento di farmi sentire dai due uomini di casa.
Peeta capisce che c’è sotto qualcosa e subito leggo nei suoi occhi di essersi pentito per avermi fatto questa domanda.
« Perché, » rispondo « qualcuno ha pensato bene di infilare una pigna nell’asciugatrice! » adesso lo sento, l’accento capitolino. Ho cominciato a farci caso da quando me l’hanno fatto notare. Non è un buon segno.
Peeta sposta lo sguardo su Pan – intento a colorare un disegno – e quando il bambino si sente osservato, solleva la testa e la scuote, facendo cenno di no. Allora i suoi occhi finiscono su Haymitch e lui solleva una mano in segno di saluto senza nemmeno interrompere la sua lettura.
« Perché? » chiede il ragazzo, genuinamente curioso.
Sono io a rispondere, a denti stretti. « Per vedere se l’asciugatrice l’avrebbe sputata fuori! »
La voce di Haymitch arriva dal divano, assolutamente atona. « Ha funzionato ».
Sbuffo, inviperita mentre Peeta cerca di non scoppiare a ridere e io agguanto un paio di calzini e con un lancio mirato lo colpisco dietro la nuca. Lui non si scompone nemmeno.
« Ho sposato un deficiente » sibilo a Peeta, spostandomi ad un altro termosifone.
Il ragazzo mi sorride, continuando ad aiutarmi. « Lo sapevi quando hai accettato ».
Faccio roteare gli occhi, evitando di rispondere perché purtroppo ha ragione.
Pochi minuti dopo bussano alla porta e Pan si alza per andare ad aprire.
Grazie al cielo è Flux, che ha ricevuto il mio messaggio. Scuote la testa facendo andare ovunque goccioline di pioggia e dopo essersi tolta il cappotto mi raggiunge.
« Hai detto una pigna? » mi chiede, salutando Peeta con un sorriso.
Non è la prima volta che Flux mi sistema qualcosa in casa, soprattutto quando la situazione è particolarmente grave. « Ti prego, non fare domande » le rispondo.
Lascio per un momento Peeta da solo con il bucato mentre accompagno la mia amica all’asciugatrice rotta.
Un’altra lavatrice in queste condizioni e giuro che piuttosto brucio tutti i vestiti.
Dovrei avere altre cose per la testa. Un elettrodomestico rotto dovrebbe essere l’ultimo dei miei problemi, e invece, oltre allo stress per colpa delle elezioni ci devo aggiungere anche i guai che mi combinano in casa!
Finirò per impazzire…

È una domenica mattina; Sophia sta ancora dormendo mentre noi stiamo facendo colazione.
Il silenzio che regna è assolutamente inusuale. Di solito, Pan parlerebbe a ruota degli argomenti più svariati. Racconterebbe quello che ha fatto durante le sue ultime lezioni a scuola, oppure si vanterebbe delle avventure in compagnia di Ash e Zora. Adesso, invece, è taciturno. Mangia i suoi biscotti in silenzio e ogni tanto lancia occhiate sfuggenti al padre.
Haymitch ha una tazza di caffè intatta di fronte, non ha toccato cibo. Continua a tenere d’occhio la televisione respirando lentamente.
Se mi concentrassi riuscirei a sentire i battiti del mio cuore.
La tv è muta, ma è sintonizzata sul canale dove di qui a breve dovrebbe iniziare un’edizione speciale del telegiornale nazionale che fornirà le prime notizie ufficiali sulle nuove elezioni.
Mi costringo a portare la tazza alle labbra e il liquido amaro riesce a distrarmi a sufficienza facendomi pensare che forse in questa situazione una camomilla sarebbe più indicata rispetto ad un caffè.
Sono stata male questi ultimi giorni – mal di testa improvvisi, ansia ingiustificata e un paio di volte ho avuto difficoltà respiratorie, ma nulla di serio. Nessuna crisi è durata più di un paio di secondi. « È normale » mi ha detto il farmacista di turno quando sono andata a cercare qualcosa di naturale che mi potesse aiutare a calmarmi un po’.
Immagino che avesse ragione: con l’aria che tira chiunque sarebbe nervoso.
Io ho i miei buoni motivi per essere agitata. Non riesco a non pensare a quello che potrebbe succedere.
Ho paura che torni tutto come prima. Non so se riuscirei a sopportarlo, probabilmente no.
E che cosa farei se dovesse succedere?
Il mio cervello non riesce nemmeno ad elaborare una simile possibilità; ecco che torna la nausea e io mi ritrovo a dover respirare a narici strette per non dare nell’occhio.
Forse se mi alzo adesso e torno al piano di sopra riesco ad evitare di dover guardare il telegiornale assieme ad Haymitch e Pan.
Stringo le dita della mano destra attorno alla tazza e porto indietro la sedia. Faccio per lasciare il tavolo, ma Haymitch mi agguanta un polso e mi costringe a stare ferma. Per poco non mi rovescio il caffè sul vestito che indosso, il che equivarrebbe a buttarlo, visto che Flux non è riuscita ad aggiustare la lavatrice e che quella nuova per non so quale ragione fa acqua da tutte le parti.
Per un attimo rimango interdetta, poi capisco il motivo per cui Haymitch mi ha fermata: non sono stata abbastanza veloce – il sigillo di Panem sta riempiendo lo schermo e io ricado sulla mia sedia mentre lui alza il volume.
« Perché guardiamo la tv a tavola? » chiede Pan con fare innocente. Generalmente non lo facciamo mai, tenere la televisione accesa durante i pasti.
È un flash, un attimo e vedo mia madre di fronte ai miei occhi che con un tono severo intima a me e mia sorella di spegnere la televisione. « Niente Hunger Games mentre si mangia! » diceva ogni volta e la sua voce echeggia nella mia mente, estraniandomi dalla realtà per una frazione di secondo.
Scaccio via quel pensiero e sorrido a mio figlio mentre lui si allunga per prendere una fetta di pane.
« È un programma speciale » gli rispondo, prendendo dalle sue mani il pane per imburrarglielo.
Haymitch mi versa un bicchiere d’acqua e io abbandono definitivamente il caffè.
L’acqua mi calmerà, mi dico. Comincio a bere piccolissimi sorsi, per poi fare una pausa quando il nuovo inno di Panem finisce, il sigillo si dissolve e sullo schermo appare il volto della presidentessa Paylor.
È in uno studio televisivo, in piedi, dietro un podio e sta sistemando il microfono.
Dietro di lei, quelli che immagino siano i candidati, sono seduti su grosse poltrone.
In un breve discorso di apertura parla della dittatura, della guerra e della rinascita. E mentre lo fa, le telecamere inquadrano lei, i suoi collaboratori, i suoi avversari e tutto il pubblico.
Ogni volta che lo schermo si riempie con il volto di qualcuno di rilevante, in sovraimpressione appare scritto in lettere chiare il suo nome e l’eventuale posizione politica.
Un paio di volte si sono soffermati su Plutarch, in prima fila. Alla sua destra, l’immancabile presenza di Fulvia, che dopo il loro matrimonio è apparsa sempre al suo fianco. Alla sua sinistra, invece, adesso stanno inquadrando una ragazza che non riconosco – potrà avere tra i venti e i venticinque anni. Quando il suo nome compare in sovraimpressione, il mio cuore manca un battito: Celestia Snow.
Avevo sentito dire che la nipote dell’ex-presidente di Panem aveva deciso di entrare in politica al fianco di Paylor, ma non avevo voluto crederci.
Non ha senso. Perché?
È così che vogliono mantenere il loro posto al governo? Perché non credo che questo sia un buon modo di convincere la nazione a votare per lei.
Il mio sguardo si sposta su Haymitch, non ha battuto ciglio ma ha la mascella tirata e sta stringendo i pugni.
Istintivamente bevo un altro sorso d’acqua, perché all’improvviso la mia gola è incredibilmente secca.
Il discorso della Paylor continua, incentrandosi sui temi che ha seguito la sua politica in questi otto anni. Parla dell’importanza dell’integrazione e collaborazione fra i distretti e Capitol City. Si sofferma a sottolineare come la capitale abbia molto da offrire in ricchezze e conoscenze, i distretti in risorse.
Ovviamente non esita ad elencare tutti gli enormi passi avanti che la nazione ha fatto sia in campo medico che economico da quando le precedenti barriere sono state abbattute e di come bisogna continuare su questa strada per mantenere la pace.
A questo punto parla delle elezioni e della loro importanza. Invita tutti i cittadini di Panem dai diciotto anni a votare e a farlo con saggezza, perché il futuro della nazione è nelle mani di tutti.
Dopo un lungo applauso le telecamere tornano sul pubblico.
« Il signor Hesenby è famoso? » la voce di Pan mi fa sussultare e sia io che Haymitch ci voltiamo verso di lui mentre inquadrano Plutarch e la nipote di Snow per l’ennesima volta.
Non mi piace. Mi fido di Plutarch e mi fido della Paylor, ma di lei non so niente. Non mi piace.
« Heavensbee » correggo automaticamente Pan, tornando a guardare la tv. « Sì, tesoro, è famoso. Lavora per la televisione da molti anni » gli rispondo tranquillamente anche se in petto il mio cuore è impazzito.
Paylor sta presentando gli altri candidati.
Il primo ad essere presentato è un uomo di mezza età, basso e obeso, avvolto in un elegante completo nero e con un cilindro scintillante poggiato sulla testa. Manchot Currency.
Si avvicina al podio e devono abbassare di parecchio il microfono per portarlo alla sua altezza. Con il naso lungo che si ritrova quasi non riesce ad avvicinarcisi.
Rappresenta la capitale e già con la coda dell’occhio vedo Haymitch agitarsi.
Quando comincia a parlare Pan si mette a ridacchiare – trova l’accento capitolino estremamente divertente ormai.
Vuole riportare la capitale a quello che era un tempo (meno Hunger Games, ovviamente). Ogni volta che quelle due parole vengono pronunciate sia i miei occhi che quelli di Haymitch finiscono su Pan, intento a divorare quello che io e suo padre non abbiamo avuto lo stomaco di mangiare. Sappiamo che a scuola hanno trattato l
’argomento più volte ma lui non è mai sembrato troppo interessato. Sa bene quello che la sua famiglia ha rappresentato, ma non credo ne capisca veramente il significato. È troppo piccolo ancora.
Vederlo così spensierato non può che portarmi un sorriso alle labbra e allungo una mano per fargli una carezza sui capelli. Poi la mia attenzione torna alla televisione.
Ai capitolini manca la loro vecchia vita. In fondo li capisco…
Ma non credo che riportare le cose come stavano prima basterebbe, non più ormai. Currency sembra pensarla diversamente.
È convinto quando dice che i distretti devono tornare a fornire le materie prime a Capitol City in cambio di protezione.
È una follia voler fare passi indietro invece che avanti.
Secondo lui riuscirà a risarcire tutti coloro che hanno perso tutto dopo la guerra.
Questo ovviamente includerebbe tutto quello che mia sorella – ed io – abbiamo perso, quando il governo della Paylor ci ha tolto quasi tutto per far risorgere i distretti.
Saremmo tutti costretti a pagare tasse altissime per permettere una cosa simile. E mi sorprendo a pensare che adesso mi ci metto anche io in mezzo. Non posso continuare a stare da entrambe le parti a quanto pare. Ma mi sembra di aver preso la mia decisione già da un po’, ormai.
Un applauso parte quando scende dal podio e viene presentata una donna alta, bionda e dallo sguardo risoluto. Ha un viso familiare ma non ricordo dove l’ho già vista, probabilmente in qualche intervista durante gli anni passati.
Si chiama Parker Hodge ed è originaria del Distretto 13.
Come mi aspettavo, i suoi atteggiamenti sono quasi militari. Frasi concise e dritte al punto. Non sorride mentre parla e nonostante sia piuttosto giovane, emana un’aura di professionalità e serietà che non posso fare a meno di ammirare.
Il suo piano politico è piuttosto semplice: Panem deve andare avanti. Vuole mantenere la divisione dei distretti in quanto più facili da governare, ma solo a livello politico. Non ci sarà più differenza fra questi e la capitale e – e questa non me l’aspettavo – vuole spostare la sede del  governo da Capitol City al Distretto 13.
Non sono sicura che l’idea mi piaccia, sinceramente. Anzi, sono abbastanza certa del contrario.
Mentre lei continua a parlare di come tutti debbano fare dei sacrifici per il bene della nazione, e di come il sistema delle tasse vada adeguatamente modificato in base al reddito familiare, la mia attenzione viene deviata dal bambino che a stento reprime i conati di vomito al mio fianco.
Pan ha pensato bene di bersi in un sorso mezza tazza del caffè del padre…
« Ma che ti prende? » ringhia Haymitch in uno scatto d’ira, facendo trasalire entrambi.
Pan, mortificato, sputacchia un po’ dentro un tovagliolo mentre io gli faccio bere del succo d’arancia lanciando un’occhiataccia ad Haymitch.
Capisco che è sotto pressione, ma prendersela con Pan non ha alcun senso.
Il bambino mi abbraccia, ad un passo dalle lacrime e io gli passo le braccia attorno alle spalle, poggiandogli un bacio sulla fronte. « Lo sai che non devi bere il caffè » gli dico in tono allegro, dandogli un pizzicotto sulla pancia e lui si mette a ridere, annuendo appena e scusandosi.
Lo lascio andare appena in tempo per vedere un uomo presentato come Blaze Harsh salire sul podio.
La sua faccia non mi piace.
È originario del Distretto 11 e rappresenta una coalizione di distretti. Già questo preannuncia male.
Vuole cancellare ogni traccia della dittatura, abolire i distretti e creare un distretto unico.
È una follia… un distretto unico? Che vuol dire? Sono confusa…
Sto per porre la domanda ad Haymitch, quando quello che Harsh dice mi blocca completamente.
Se salirà al potere, ha intenzione di aiutare la ricostruzione dello stato confiscando i beni e le ricchezze rimaste ai capitolini, che secondo lui l
’hanno avuta troppo facile. Vuole anche togliere a loro – no, a me – alcuni diritti come quello di voto e di candidarsi alle elezioni, perché: « Nulla impedirebbe ad un nuovo Snow di emergere ».
I suoi occhi neri sono calmi, ma la sua voce nasconde rabbia. Il suo tono incredibilmente duro mi fa rabbrividire. Va avanti, non dice nulla di irrispettoso, ma mi sento personalmente attaccata.
Continuo a pensare a mia sorella, ai miei nipoti e ai vecchi amici che ho lasciato, abbandonato, alla capitale.
Quel che è peggio è che sono sicura che molti adesso staranno pensando che lui ha ragione, perché meritiamo che ci vengano tolte le poche cose che ci avevano lasciato. Che anche quelli che erano riusciti a cavarsela vengano puniti – perché è questo quello che sta dicendo.
Lo sento, il razzismo e l’ostilità verso coloro che per anni hanno ucciso per divertimento.
Lui è esattamente quello di cui io avevo terribilmente paura. Fino ad ora era stata solo un brutto presentimento. Adesso posso dargli un nome, un volto.
Sono di nuovo al Distretto 13.
Le mie mani si stringono finché non sento un dolore pungente ma non ci faccio caso.
« Mamma! » sento appena la voce di Pan che mi chiama spaventato.
È quello che mi fa precipitare nel baratro.
La voce di mio figlio che mi chiama. Ha paura, non so perché ma lo vedo: è nell’arena. Ce lo hanno messo loro.
Ripete il mio nome all’infinito, spaventato, terrorizzato, lo grida. Cerca il mio aiuto, ma io non posso darglielo.
Sono ferma, bloccata ad un tavolo freddo di metallo. Quattro uomini mi sovrastano.
Usano il mio corpo a loro piacimento, li sento ridere e le loro risate si mischiano alle mie urla.
Dalla mia bocca non esce nulla perché mi bendano. Provo a morderli e uno di loro mi colpisce in volto con il dorso della mano guantata.
Non vedo i loro volti, coperti dai caschi dei Pacificatori.
Lui non è lì.
Ma arriva subito.
Sono da sola, nella mia cella, al buio.
Fa freddo, fa incredibilmente freddo. C’è una perdita d’acqua e io indosso solo una sottile tunica. È una tunica da ospedale.
Mi hanno curata per permettermi di sopportare altre torture.
Non so niente.
Non mi hanno mai detto niente.
Non si fidavano di me, non contavo niente per loro.
Non riesco a respirare.
Due braccia mi afferrano le spalle.
« Effie » cerco di divincolarmi, ma non riesco a liberarmi dalla presa, che si fa sempre più stretta. « Effie sei al sicuro! »
Non sono al sicuro.
Lui è qui, vuole divertirsi.
Il mio Pacificatore dagli occhi verdi.
Mi eri mancato, non mi venivi a trovare nelle allucinazioni o negli incubi da molto tempo.
Pensavo ti fossi stancato di me.
Ma tu non ti stancavi mai…

La puzza del suo alito mi fa venire voglia di vomitare.
D’istinto provo a gridare, a mordere e a scalciare ma le braccia mi stringono sempre, più forte, sempre più forte.
Alla fine ricordo – non serviva a niente supplicare di lasciarmi andare, di starmi lontana. Si divertiva solo di più.
L’unica cosa era fare finta di essere svenuta e di aspettare che lui finisse, così da essere lasciata in pace a marcire.
Mi accascio senza riuscire a restare in equilibrio sulle gambe.
Quand’è che mi ero alzata?
Un fortissimo dolore in petto sembra volermi far esplodere il cuore e i polmoni.
Non ricordo più come si fa a respirare.
La mia vista si oscura del tutto, mille lucine bianche vorticano dietro i miei occhi chiusi.
Forse sto per morire.
Sarebbe la soluzione ideale.
Ho provato più volte a smettere di mangiare.
Mi curavano sempre.
Avevano bisogno di tenermi in vita per usarmi… ma io non servivo a niente.
Mi riporteranno lì?
Mi riporteranno in prigione?
Costringeranno i miei figli ad entrare nell’arena?
No, Haymitch non glielo permetterà.
Haymitch.
« Effie, respira » la presa attorno alle mie spalle si affievolisce e io posso finalmente farlo.
Lascio che l’aria entri nei miei polmoni come se fossi appena uscita da un’apnea lunga cinque minuti.
Ansimo reggendomi il petto dolorante mentre aspetto che la vista torni.
Le gambe mi fanno male, malissimo.
È l’adrenalina che fino a poco fa scorreva nelle vene.
Quasi non mi accorgo che sto tremando come una foglia.
Vengo stretta in un abbraccio sicuro.
Il respiro si regolarizza e provo di nuovo ad aprire gli occhi.
Sono in camera mia, sul mio letto. Le braccia di Haymitch sono attorno alle mie spalle.
Ho un fazzoletto insanguinato stretto nella mano destra.
Il bicchiere…
« Pan! » cerco di liberarmi dall’abbraccio di mio marito, ma non mi lascia andare.
« Sta bene, è un po’ spaventato ma sta bene » dice, stringendomi ancora più forte. « Adesso riposati ».
Sta per alzarsi, ma io non glielo permetto. Non voglio restare da sola, ma quando apro la bocca per dirglielo, l’unico suono che esce è un brutto singhiozzo.
Non riesco più a trattenermi e le lacrime cominciano a rigarmi il viso.
Haymitch resta con me, sedendosi sul letto con la schiena poggiata alla spalliera e tirandomi a sé in modo che io possa rannicchiarmi contro di lui.
Riesco a percepire anche il suo battito cardiaco e il calore che la il suo corpo irradia e mi trasmette. È rassicurante, anche se non ha aggiunto una sola parola.
Dov’era mente io mi sentivo esattamente così, otto anni fa? Dov’era quando non vedevo altro che buio e disperazione?
Non importa, mi dico. Adesso c’è.
Non riesco a smettere di tremare mentre sono in preda a singhiozzi isterici. Però ora la mia mente c’è.
Sono qui, sono lucida.
Dopo qualche momento sento il letto infossarsi appena e registro la presenza del mio gatto accanto a noi.
Non fa rumore, si avvicina annusandomi e poi acciambellandosi accanto alle mie ginocchia, cominciando a fare le fusa.
Haymitch non lo caccia, per una volta.
Sei abituato a vedermi così, tu… vero? Mi hai fatto compagnia mentre ero in questo stato per quasi un anno.
In un certo senso mi sento molto meglio, e lascio che il pianto lavi via parte della mia rabbia e frustrazione, finché tutto non diventa troppo e un po’ per disperazione, un po
’ per sfinimento, il mio corpo esaurisce tutte le sue energie, facendomi addormentare.

A/N2: Salve!
Dopo tantissimo tempo aggiorno. Almeno è un capitolo più lungo, dai!! :D
Mi scuso, ma questo è stato molto difficile da scrivere. Per questo volevo ringraziare tantissimo la mia ragazza, FreyaDragon, che ha scritto i programmi elettorali.
Il grande ritorno di Pumpkin, anche. Gattone amore mio… e che dire, scene piuttosto intense…
Cosa ne pensate dei candidati alla presidenza e dei loro progetti?
Io so cosa fare *_*
A presto, spero!
Ci si vede su Rain, probabilmente :3
   

x Lily

 
   
 
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