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Autore: Bheira    01/03/2015    5 recensioni
Fine e Shade erano amici d'infanzia, la loro amicizia era unica ed erano iseparabili.
Un giorno Elsa, la madre di Fine, trovò un lavoro a Matsuyama, quindi non poté far altro che comunicare alle figlia del trasferimento.
I due bambini soffrirono molto per quell'addio, ma si promisero che nonostante la distanza si sarebbero sentiti comunque per lettere.
Purtroppo la distanza tra Tokyo e Matsuyama era troppa e le lettere scritte andarono perse.
Ci sarà la possibilità per questi due ragazzi di rincontrarsi un giorno?
Ciao Ragazze!!Eccomi con un'altra FF , dico da subito che questa storia all'inizio non sarà tutte rose e fiori ma pian piano che andrà avanti diventerà in parte anche una commedia ^^ quindi buona lettura!
[Storia in fase di correzione]
(Mi scuso se nei primi capitoli la storia è alquanto indecente, cercherò di riscriverla pian piano. Abbiate pazienza e comprensione >.
Genere: Azione, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fine, Nuovo Personaggio, Shade
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Dolci αмici d'iиfaиzia

CH 47: In una via senza uscita, si cerca di volare. 

Non ci volle molto affinché Fine apprisse gli occhi al rumore della serratura che scoccava al girare della chiave.
Ma comunque rimase immobile, il suo corpo non reagì, nonostante lei fosse lì, ferma e vigile ad osservare la porta al suo cospetto. Dalla sera prima non si era mossa e non aveva chiuso occhio.
Aveva aspettato ed aspettato, tutta la notte, invano. 
Il suo corpo non si trovava nelle migliori condizioni, fradicio di sudore e accaldato a causa della febbre che ancora non si decideva a diminuire.
E finalmente le sue preghiere ebbero risposta, quella dannata porta alla fine si aprì, con solenne calma e misurata eleganza. Lui apparve.
Simon Jay Lennox fece la sua comparsa, vestito con un elegante smocking colorato di fumo scuro, elargì un sorriso sornione, che si trasformò in una smorfia contrariata alla vista della Rossa sul pavimento.
«No, no. Non ci siamo» disse prendendola in braccio per poi sdraiarla sul letto con estrema e bizzarra - quasi agghiacciante - delicatezza.
Fine non protestò, lo osservava silenziosa mentre lui le rimboccava le coperte e le spostava un ciuffo ribelle dal viso. Poi finalmente si fermò e ricambiò il suo sguardo, facendo ritornare quel sorriso da lei ormai conosciuto.
 «Sa, non va bene dormire sul pavimento, Miss Fine fece lui, rimproverandola.
Le labbra della Rossa, di tutta risposta, si piegarono in un sorriso ironico.
 «Mi scuso»  assentì con tono amaro.
 «Ma sa, non è molto educato nemmeno segregare giovani fanciulle in stanze - seppur confortevoli - totalmente sgradite. Se non chiamarle delle vere e proprie celle. Non vi erano più posti nei sotterranei?» continuò, inclinando leggermente la voce, divenuta quasi un sussurro.
Il direttore della PXCorporations non si scompose, mettendosi a giocare con le mani di lei. Sfiorandole, accarezzandole.
 «Sgradite, mi dice» proferì.
 «Credevo di farle un regalo, Miss Fine. Così mi ferisce» Simulò un'espressione sofferente, portandosi una mano sul cuore. Mentre con l'altra continuava a tenere la mano di lei.
Fine lo lasciò fare tranquillamente quando riprese a giocare con entrambe. Le stuzzicava i polpastrelli e le stringeva le dita, tutto in un susseguirsi di movimenti. Eppure non la guardava negli occhi, l'aveva notato prima. Nonostante la osservasse, non la guardava. Era come se cercasse di fuggire da qualcosa.
Fine accennò un sorriso, con finta dolcezza si liberò le mani dalla sua stretta, questa volta fu lei a prendergliene una, portandosela sul ventre ed intrecciandola con la sua, per poi accarezzarne il dorso.
«Oh, ma quel che trovo sgradito non è mica il  suo gesto. Non capisco solamente per quale motivo l'abbia fatto...» parlò lentamente, cercando di rendere la sua voce mielosa al punto giusto, misurando accuratamente le parole. Alzò lo sguardo su di lui e finalmente si accorse che la guardava, e questa volta veramente. Ma durò solo per pochi istanti.
Con sguardo perso, Simon la guardava improvvisamente ammutolito. E in quel momento era come se Fine fosse rimasta sola in quella stanza, non vi sentiva alcuna presenza di quell'uomo, distante,  e celato da qualcosa che la Rossa non riusciva a comprendere.
«Simon?» lo chiamò lei, spezzando il pesante silenzio che era divenuto padrone nella stanza.
Lui sussultò al suo richiamo, sbarrando gli occhi. Come a risvegliarsi da profondi pensieri.
«...Mi chiede il motivo...Beh, Miss Fine, il motivo...? Semplice: E' perché tengo molto a lei. Non sarebbe da gentiluomini lasciarla in una fetida cella buia, in balia dalla febbre» disse ritornando di nuovo in sé, con il suo fare sicuro e sfacciato. Ma Fine si accorse del fugace tremore che inizialmente aveva inclinato il suo tono di voce, rendendolo insicuro e dubbioso. 
«Non è da gentiluomini nemmeno rapire una donna, signore» aggiunse velocemente Fine con tono glaciale.
I due si guardarono intensamente negli occhi, senza proferire parola. 
«...Non potevo lasciarla vagare liberamente, non se il Dottor Mochizuki è suo padre. Gliel'ho già detto Miss Fine. Ero certo che l'avesse capito» le risposte con tono freddo, parlando con una calma quasi robotica.
Fine si ammutolì mordendosi con nervosismo il labbro superiore. Eppure i loro occhi non accennavano a lasciarsi.
Le loro mani erano ancora congiunte, salde, strette fra di loro. Ed ironicamente sembravano emettere un calore che era letteralmente fuori luogo, in quell'atmosfera glaciale. 
« Io... non conosco i piani di mio padre. Le posso garantire che quel che so non è a causa sua» scandì la Rossa lentamente, con lo sguardo che le andava in fiamme. Un fuoco vivo che cercava di non alimentarsi oltre, che pacato, si nascondeva nell'ombra delle sue irridi.
Simon corrugò la fronte, levando leggermente il capo.
«Cosa intende dire?» chiese incerto, con voce quasi piatta.
A Fine venne da sorridere soddisfatta, ma si trattenne, inspirando.
«Io sono a conoscenza di molte cose, Simon. Cose che mio padre, il signor Mochizuki, potrebbe a stento immaginare»
«Stai bluffando» si affrettò a dire Simon, con gola tesa la guardava, dubbioso. Fine sapeva che la sua, più che un'affermazione, si trattava di una costatazione.
«Lei non può saperlo. E se le rivelassi qualcosa, signor Simon? Se le dicessi che in realtà non sono quella ragazza le si presentò in quella festa di gala...?» danzò tra le parole, sorridendo  sicura. Questa volta era il signor Direttore quello in difficoltà, il suo viso era sbiancato, e i suoi bellissimi occhi senape, socchiusi in due fessure. Era sconvolto, confuso, non sapeva come reagire. E Fine questo lo vide più chiaro che mai.
Allora continuò con la sua danza, approffittandosi del silenzio di lui.
«Io non sono figlia del signor Mochizuki, direttore. Io faccio parte di qualcosa di più grande. L'ha visto l'altro giorno, no? Come tremava quell'uomo dopo aver visitato la mia cella. Lo sguardo che aveva non era quello di un padre in pena. Era timore, paura. Lo stesso con la quale lei mia sta guardando adesso, Simon. 
Mi avete presa come ostaggio, mi avete catturato per non far trapelare parole che volevate tenere oscure. Ma non avete fatto che alimentare la mia conoscenza, nutrendomi con altre informazioni. Le posso assicurare che io, non sono quello che credeva. Sono preziosa, e voi mi state lasciando morire in preda alla febbre, lasciandomi bollire in gola, informazioni per voi sacre. So che dopo quello che le sto rivelando, avrò ancor meno possibilità di rivedere la soglia di casa.
Ma adesso, signor Simon, non desidero più essere liberata. Vi chiedo ed esigo che mi venga dato rispetto e le comodità di una principessa , perché ora non sono più la figlia di un traditore, per voi sono il più prezioso dei tesori. E di certo non ricaverete nulla da me, torturandomi e lasciandomi morire tra queste stucchevoli e nausenti quattro mura. Lasciatemi morire adesso e per voi è finita. Tutto quello che avete costruito sino adesso, cadrà come una castello di carte in balia di un uragano» e tacque con la stessa velocità con cui le sue parole le era uscite dalle labbra. Un fiume in piena che diveniva deserto.
Era indescrivibile il volto di quell'uomo. Con occhi sgranati, improvvisamente scavati e con volto pallido, fissava le punte dei suoi mocassini. Simon in quel momento sembrava uno spettro.
«...Non è possibile. Stai bluffando, dev'essere per forza così, altrimenti...» Parlava più a se stesso che con la Rossa.
E le loro mani, ancora congiunte, divenirono ghiaccio.


Osservava la sua stanza Shade, con superficialità e menefreghismo. Avevano cercato d'appertutto. Davvero. Avevano girato tutta New York. Jake l'aveva perfino portato nel luogo in cui si era tenuta la festa di gala. Quel che il suo amico gli aveva descritto era stato quasi oltre il lusso, gli aveva detto che si era tenuta in un palazzo antico, talmente bello, che ti si mozzava il fiato solo vedendolo da lontano. Eppure il luogo in cui l'aveva portato, non era altro che una mera ombra di quel che ricordava il biondino. Abbandonato e distrutto, non vi era più traccia di quel magnifico luogo.
Si era buttato a peso morto sul letto, il Cobalto.
Erano passate tre settimane da quando Shade era arrivato a New York, in soccoso di Jake. Fine oramai era scomparsa da un mese ed una settimana.
Si sentiva il mondo crollare addosso.
Da tre giorni, aveva appena toccato cibo. Jake lo aveva forzato, facendogli ingogliare cibo con violenza. 
Il Cobalto era diventato magro e sul viso erano visibili delle profonde occhiaie. 
...
Doveva trovarla.
...
Doveva farlo.
...
Voveva stringerla nuovamente fra le sue braccia.
...
Voleva che tutto questo fosse un sogno, un brutto sogno della quale al risveglio, sarebbe rimasto solo l'ombra di un ricordo sbiadito. 
...
S o l o   u n   s o g n o .
U  N    S  O  G  N  O . . .

Rise Shade, della sua follia. Un folle affamato e incazzato.
Gliel'avrebbe fatta pagare, a tutti coloro che gliel'avevano portata via. Li avrebbe ridotti a brandelli e resi loro, la sua cena.
Guardò il soffitto, cercando di immaginare il candore del suoi capelli ed il rossore sulle sue guance.
E protese le mani in alto, cercando di toccarla. Cercando di sentire il suo calore.
Ma il vuoto lo lasciò spiazzato, facendosi gioco della sua mancanza. Maledì anche lui, Shade.
Allora annusò l'aria, cercando il suo profumo dolce. Ma non trovò altro che il sudiciume che emettevano i suoi abiti, che non cambiava da diversi giorni.
Alla fine tese le orecchie e chiuse gli occhi, sperando di udire la sua voce cristallina, quella voce che da bambina le suonava nasale, rendendo meravigliosamente comiche le sue risate. E che una volta ragazza, divenne di una dolcezza disarmante, limpida e melodiosa. Quanto gli mancava la sua voce. 
Ma solamente il vento che sbatteva sul vetro della finestra, faceva eco nella stanza. Ed allora, il Cobalto si lasciò scivolare nell'oblio.
A Shade non gli rimanevano altro che i suoi ricordi. Ed erano così vividi, che poteva sentirla vicina, poteva percepirla. Ma Shade era conscio che quella che sentiva non era altro che l'ombra di ciò che desiderava. 
Voleva sentirla, voleva farla sua e proteggerla. Accudirla come un rubino prezioso, amarla e donarle tutto se stesso. 
Ma sapeva.
Lui sapeva, che questo non era possibile, lo sapeva, ed ormai anche il semplice respirare gli procurava dolore.
Ed ansimò, stringendo forte le lenzuola, lasciandosi andare al piacere che gli procurava la sua mano. Dandosi calore.
Lasciandosi stringere ancora un'altra notte, dal desiderio per lei.
Urlò a denti stretti il suo nome, inarcando la schiena, stringendo il cuscino.
Perché alla fine, il dolore, era ciò che la rendeva ancora viva, nei suoi pensieri.
Bella com'era sempre stata.
Tremò a causa degli spasmi e si accasciò. Assaporando quelle lacrime che invisibili, finalmente, gli rigavano viso.

Fu svegliato al mattino, dalle grida del biondo che sbatteva i pugni sulla sua porta.
Il Cobalto si mise in piedi, rimettendosi addosso gli abiti. Per poi andare ad aprire al suo amico.
Ma al girarsi della chiave, fu Jake a spalancare la porta, saltandogli letteralmente addosso. 
«SHADE! L'ABBIAMO TROVATO, L'ABBIAMO TROVATO!!» gli sputò in faccia l'amico, con un sorriso a trentadue denti e le lacrime agli occhi.
Shade sgranò gli occhi, mentre sulle sue labbra si dipingeva quello che sembrava l'ombra di un sorriso.
«...Fine?» chiese speranzoso con fiato sospeso.
«...Non proprio» abbassò lo sguardo Jake.
«Ma abbiamo trovato il luogo in cui potrebbero averla portata»

**********
Gente, già ero in ritardo di mio, DOVEVANO STACCARMI PER FORZA ANCHE INTERNET?!
*Sospira per calmarsi*
Come al solito, mi scuso per il ritardo. Lo so che vi state rompendo, ma purtroppo non riesco più a trovare il ritmo adatto. Ma vi assicuro -anche se prevedo che sarà lenta la cosa- che "Dolci amici d'infanzia troverà la sua fine.
Che dirvi? Fine fa tanto l'ingenua, ma non è affatto stupida. Sta cercando di ribaltare la situazione, mettendo in crisi il direttore stesso. Che ne pensato del suo percorso fino adesso? Credete che stia agendo nel modo adatto? La preferivate ptima oppure adesso?
Poi, povero Shade. Mi si spezza il cuore a descriverlo così, ma purtroppo è questo l'arco narrativo. Dovrete vederlo di notte mentre fa cosacce maliconico - ma soprattutto MOLTO arrabbiato - ancora per un po'.
Ah, avete visto che anche Jake si rende utile? Alla fine ce l'ha fatta! Yay! Dopo tanta fatica è riuscito a - quasi - trovare Fine! Che bravo Jake. 
*Lancia biscottino*
*Jake afferra al volo*
*Pat pat pat*
*COSESENZASENSO mode off*

Dettagli ragazze, dettagli. Nel momento in cui sto finendo di scrivervi è mattina, e non mi è ancora ritornato internet.
*Piange prosciutti*
Comunque, parliamo un po' di Simon, che ve ne pare? Anche se non sembra, è un personaggio molto umano, nonostante la sua "modalità robot". 
E come spero che abbiate capito, qui crogiola qualcosa in pentola (E non sono i prosciutti che ho pianto poco fa), in questo capitolo il nostro direttore preferito (In realtà è l'unico, non è che ci sia molta scelta ndLettrici, Beh... beh... ACCONTETTATEVI! ndPopper) ha cambiato molte volte faccia. Mi chiedo, che ne avete pensato di lui in questo capitolo? In generale che impressione vi ha dato da quando è apparso dalla prima volta sino ad ora? Avete cambiato idea su di lui ad un certo punto? (Non solo in questo capitolo, ma anche nei precedenti).
Un'altra cosa, che ne pensate della dinamica fra lui e Fine? Io la trovo parecchio interessante, mi piace il modo in cui interagiscono. Si scontrano e fanno finta di fare la pace. Mi diverte vedere i diversi modi in cui si alterano. Trovo i due personaggi parecchi simili nella loro diversità.  
Ed ora un ultima domanda (Poi smetto di rompervi), avevo intenzione di scrivere un capitolo speciale come quello dedicato ad Heidi (Tanto per dare una punta di comicità come in passato, anche perché  a questo punto della storia, non posso uscirmene con cose demenziali a caso, soprattutto in un punto così delicato), quindi mi chiedevo, avete richieste? Cioé, un personaggio in particolare su cui incentrarlo? So che ultimamente vi ho fatto esasperare tanto, quindi vorrei farmi perdonare in qualche modo. Scrivetemi delle idee, ed io farò in modo di inserirle (Ovviamente a modo mio) nel capitolo. Sbizzarritevi!

Grazie per aver commentato! Grazie per sostenermi sempre, vi voglio bene!
Grazie a chi ha messo la storia fra: Preferiti,seguiti e ricordati!E grazie tanto a quei fantasmini carini che leggono semplicemente (non siate timidi, comunque, mica vi mangio u.u )!

Adesso vado, commentate!! Ciaooo!! :D

   
 
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