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Autore: lavtingirl    01/03/2015    0 recensioni
“I sogni spesso sono destinati a infrangersi contro la realtà. Ma sono quelli più semplici i più dolorosi, perché ci appaiono così personali, così ragionevoli, così raggiungibili. Ti sembra sempre di essere a un passo dal poterli toccare con la mano, ma mai abbastanza vicino da afferrarli, e questo basta a spezzarti il cuore.” -- N. Sparks
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Genere: Fluff, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri, Jeremy Bieber, Justin Bieber, Pattie Malette
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ero in camera che aspettavo i miei genitori che erano andati a compilare dei moduli, forse per la chemio.
Sospirai rumorosamente. Avevo una paura tremenda, avevo già fatto tre cicli di chemio in passato, ma non era questo il problema. Quando finirà questo ciclo, dovrò operarmi una seconda volta e rischiare di morire? Avevo già detto ai miei che se avessi dovuto operarmi un'ennesima volta e poi ritornare a fare la chemio allora avrei fermato tutto. Mi sarei operata e poi, se il tumore al midollo osseo fosse del tutto scomparso allora bene, potrò finalmente essere una normale diciottenne e godermi la vita come Dio comanda; e se invece il tumore non fosse 'scomparso' totalmente allora basta, avrei smesso di imbottirmi di pillole ogni qualvolta che avevo dolori, avrei smesso di fare chemio, avrei smesso di fare risonanze e tac. Basta, nulla più.
Vivo così da quattro anni, non è facile, specialmente se sei un adolescente. Ti rende tutto molto più complicato, quando pensi di poter vivere la vita al meglio, quando pensi di poter fare le cazzate che solitamente si fanno a questa età, quando pensi di poterti innamorare follemente e poi capire che in realtà era solo una cotta passeggera, quando pensi di poter riuscire a fare qualsiasi cosa tu voglia, quando arriva il momento in cui tu puoi goderti la vita al cento per cento e sbagliare, sbagliare, sbagliare perché sono proprio gli errori che ti portano a non rifarli e a farti ragionare in modo diverso, quando pensi di poter vivere davvero.. Sbem! Arriva lui, come un razzo, è bastato un forte mal di testa, senso di stanchezza e un continuo calo di zuccheri per essere annunciato. Si, il tumore. Non amo chiamarlo così o 'cancro' dico sempre 'lui' o 'il grande capo', si perché non sai mai come ti svegli al mattino, se di buono o di cattivo umore, se ti svegli e stai bene o stai male.. Non lo sai e allora impari a vivere giorno per giorno, senza poter dire 'domani farò questo'. Non esiste quando hai una malattia devastante come questa. Per questo lo chiamo 'il grande capo', decide lui come farmi svegliare la mattina.
Poi, è ancora più difficile se tu sei come me, sono sempre stata una ragazza molto pimpante, solare e socievole. Ho sempre amato scherzare, passeggiare, stare con gli amici, insomma, fare tutto quello che riguarda stare all'aria aperta e adesso ci sto di rado. Ogni giorno mi affaccio al balcone di una delle hall dell'ospedale e guardo il grande giardino che lo circonda, non è ciò che vorrei davvero ma è comunque qualcosa e mi va bene così.
Papà entro di botto nella stanza. "Siamo tornati. Hai bisogno di qualcosa?" Mi sorrise. "No, grazie." Sorrisi leggermente e mi sedetti sul lettino, poi intervenne mamma. "Vuoi che ti accompagni oggi a fare la chemio? Ho portato parecchie riviste che potremmo sfogliare e potremmo chiacchierare magari di uhm.." Mamma era sempre molto premurosa, le ho sempre voluto bene e mi piaceva passare del tempo con i miei genitori ma molte volte preferivo stare da sola. "Uh, si.. Potremmo parlare del vestito di Angelina Jolie che ha messo agli Awards la scorsa settimana." Continuò, poi mi regalò un sorrisone, come per dire 'tranquilla, io sono con te se hai bisogno'. Sorrisi. "Lasciami il Vogue e il Cosmopolitan di questa settimana, così faccio un paio di cruciverba." Risi. "Comunque..no..ehm, oggi vorrei andare sola a fare la chemio. Sapete che non mi va di essere vista in quello stato più che pessimo." Sospirai prendendo una delle riviste che mi aveva portato mamma. "Tesoro, noi siamo qui per te. Sei nostra figlia e..sai che vogliamo stare con te il più possibile." Disse mio padre, con voce molto bassa. Quasi un sussurro. Alzai il viso verso di loro. "Sono abituata, lo sapete. Non preoccupatevi, sto bene." Mi alzai di scatto e li abbracciai entrambi. Li amavo. "Va bene, tesoro." Sibilò mamma prima di stamparmi un bacio sulla tempia. "Sono già le 12, dovete andare a prendere Matt. Magari vi chiamo quando ho finito la chemio." Sorrisi. "Va bene, sta attenta e per qualsiasi cosa, fatti aiutare da Margaret." Disse papà. "Si certo." Sorrisi. "Ciao." Stampai un bacio in guancia a tutti e due. "Non farmi stare in pensiero Leah, okay?" Mi raccomandò mamma. Annuì sicura di me, poi andarono via.

La giornata passò molto lentamente, erano le 5:30 e avevo finito la chemio da poco. Mi sentivo uno straccio come al solito, il dottore mi raccomandò di mangiare ma feci di testa mia e preferì stare a stomaco vuoto. Avevo sempre poca fame.
Non avevo voglia di tornare in stanza e stare sola, così mi avviai verso la fine del corridoio e uscì dalla porta-finestra che portava ad uno dei balconi che sporgevano sul retro dell'ospedale. Chiusi bene la giacca che avevo indosso e alzai il cappuccio. C'era un po' di freddo ma poco m'importava, mi piaceva quello che avevo davanti e il silenzio che c'era. Mi appoggiai lentamente alla ringhiera ghiacciata e iniziai a respirare profondamente quando qualcuno interruppe il mio momento di puro relax. "Ehi, ciao." Era una voce che già conoscevo, abbastanza famigliare. Mi girai e vidi il biondo platino di nome Justin davanti a me che mi sorrideva e in mano aveva un pacco di patatine. "Ciao." Sorrisi leggermente. "Ti va un po' di compagnia o.. Preferisci stare sola?"
Solitamente avrei risposto la seconda opzione ma lui mi interessava. Forse i tutti i sensi. Esitai - senza motivo - un po' a rispondere, poi sorrisi. Lui mi fissava. "No, rimani pure." Sorrisi.
Velocemente si avvicinò più a me e allungò il braccio sinistro verso di me. "Patatina?" Sorrise. Ridacchiai un po'. "Si, dai." Ne presi una e la mangiai. Detto questo, era calato completamente il silenzio, io mi ero rigirata verso il meraviglioso panorama marittimo e lui anche, ad eccezione che molto spesso potevo sentire i suoi occhi fissarmi intensamente. Odiavo sentirmi osservata. "Come mai sei qui? Cioè.. Forse non dovrei chiedertelo.. Ehm.. Beh.." Iniziò a grattarsi la nuca imbarazzato, forse pensava che io mi sarei offesa per la spontaneità con cui mi ha fatto quella domanda. Sorrisi. "Non.. Preoccuparti, va tutto bene." Lo guardai rassicurandolo. "Comunque.. Ho un tumore al midollo osseo da quattro anni e sono qui da tre." Deglutì rumorosamente, i miei occhi fissavano i suoi e i suoi fissavano i miei. Avevo paura della sua risposta, non so perché. "Mi dispiace.. Io non.." Sorrisi un po' sghemba e lo fermai alzando una mano all'altezza delle spalle. "Non preoccuparti. Non potevi saperlo, è ovvio." Silenzio, di nuovo. Così decisi di parlare io. "Tuo fratello? Come sta? Ho saputo che sta male." Lo guardai. "Oh beh.. Diciamo che.. Va avanti. Ha diciassette anni, non riesce ancora ad entrare nell'ottica di quella che è davvero la situazione." Sospirò e i suoi occhi passarono da me, al mare. Poi riprese parola. "Come biasimarlo, nessuno vorrebbe essere al suo posto. Spero solo che.. Lui riesca ad uscirne fuori al più presto. Odio vederlo in queste condizioni, è cambiato molto da quando abbiamo scoperto che sta male. Non riesce ad accettarlo, lui è fatto così. All'inizio sembra che se ne freghi, ma la realtà è che lui odia parlarne, poi scoppia e ti scaraventa tutto addosso. Come se la colpa fosse tua ma poi capisce che ha sbagliato, ti chiede scusa e scoppia a piangere." La sua voce era diventata roca, spezzata. Non avrei dovuto chiederglielo. "Mi dispiace, non avrei dovuto chiedertelo." Sospirai. "Non preoccuparti." Sorrise. "Grazie per avermi ascoltato, invece." Era così dolce. Sorrisi. "Sono fatta così, ascolto molto le persone ma poi nessuno ascolta me.. Come se solo gli altri avessero problemi." Iniziai a mordermi il labbro nervosamente, lo facevo 24h su 24. "Beh.. Io ci sono se vuoi, tutti mi dicono che sono un bravissimo baciatore e ascoltatore." Rise. 
Mi stava chiedendo di baciarlo? Ti prego Dio, fa che me lo chieda. 
Risi di gusto alla sua risposta.
"Inizia a fare troppo freddo. Ti va di entrare?" Sorrise ed io annuì. Questo ragazzo era di una gentilezza unica, ohw. Entrammo in ospedale e iniziammo a percorrere il lungo corridoio quando poi mi squillò il telefono. "Scusa." Sorrisi rivolgendomi a Justin. Presi il telefono e risposi. "Pronto?" "Signorina quando hai intenzione di avvertirmi che avevi finito? Io e tuo padre ci stavamo preoccupando!" Squillò mamma. Sospirai. "Scusa mamma, ero con un amico e ho scordato di chiamarti." Sbuffò. "Va bene, come stai? Tutto bene amore?" Era parecchio preoccupata. "Si, si tutto bene. Ci sentiamo stasera, ho mal di testa e vorrei dormire un po'." Sospirai. "Okay, baci. A stasera." Detto questo, riattaccai e rimisi il telefono in tasca e senza accorgermene arrivammo davanti le camere. "Io vado a riposare, ci si vede in giro allora, Justin?!" Sorrisi. "Oh sicuramente, ciao tesoro." Mi stampò un bacio in guancia ed entrò in stanza urlando a suo fratello "Uh ti sei svegliato finalmente!" Lo sentì ridere, chiuse la porta e di lui non si vide più nulla. Entrai in camera mia e chiusi la porta, mi sdraiai e iniziai a pensare. Aveva delle labbra così calde e morbide, era così carino e dolce.

Il mattino dopo mi svegliai peggio del solito. Avevo un forte mal di testa e mi sentivo la schiena a pezzi. Afferrai il mio telefono e lessi l'orario, 8:53. Ero in tempo per bere qualcosa di caldo e fare colazione. Mi alzai lentamente, le gambe non le sentivo nemmeno più. Mi vestì e misi le solite Nike. Desi una sistemata veloce ai capelli e poi mi fiondai fuori dalla porta, dove a mia sorpresa, trovai quasi tutta la famiglia Bieber. Mancavano Justin e Jaxon. Stavo per incamminarmi verso la mensa ma Jazmyn, la loro sorellina minore. "Ehi scusa.." Mi girai. "Si?"Aveva l'aria strana, sembrava un po' superficiale. "Per caso hai visto i miei fratelli?" "Veramente no, mi sono svegliata da poco e sono uscita adesso dalla mia stanza." Sospirò. "Va bene.. Se li vedi puoi dirgli di tornare qui per favore?" Annuì e poi andai via. Chissà dov'erano quei due. Passai davanti la mensa e notai che c'era troppa gente, non avevo voglia di fare la fila. Sbuffai e mi diressi verso l'ala est dell'ospedale. Lì c'era un'altra piccola mensa ma era per le neo mamme e per i bimbi appena nati. Andai al bancone, una signora sulla cinquantina mi guardò un po' male. "Ehm, buongiorno." Borbottai. "Cosa desideri da mangiare?" La signora arrivò dritta al punto, senza fare convenevoli e da un lato, meglio così. "Un mini cornetto e una cioccolata calda, per favore." La signora si allontanò per prendere la mia colazione. Tornò dopo dieci minuti circa con un piattino su cui c'erano poggiati la cioccolata calda fumante e il cornetto al lato della tazza. "Grazie." Presi il piattino e mi sedetti in un posto a cavolo. Mangiai in fretta il cornetto e dopo poco presi anche la tazza ed uscì dalla mensa, passeggiando per i corridoi con il calore provocato dalla cioccolata calda che mi circondava le mani. Iniziai a bere, poi vidi due ragazzi fuori dal balcone. Erano Justin e Jaxon, volevo evitarli.. Magari volevano stare soli, ma i suoi genitori li stavano cercando. Bevvi tutta la cioccolata, con un fazzolettino mi pulì le labbra sporche e poi poggiai la tazza su un mobiletto di piatti e bicchieri sporchi da lavare. Uscì sul balcone, Justin si voltò di scatto verso di me e sorrise flebilmente. "Ciao." Sorrise. "Ehi.."

Justin's Point Of View:

Jaxon non aveva voglia di starsene a letto, alle nove e un quarto aveva una visita e aveva paura. Voleva saltarla ed io feci finta di stare al gioco. Lo portai nell'area est dell'ospedale, poi l'avrei riportato indietro in tempo. Iniziammo a parlare del più e del meno, o meglio, io parlavo. Lui ascoltava e annuiva. Era distrutto, voleva solo compagnia, non voleva parlare. Parlavo, parlavo e notai che lui era completamente distratto. "Bro.. Bro ehi che c'è? Ti senti bene?" Lo guardai scuotendolo di poco. "Si, tutto ok." Mormorò. Sospirai e mi appoggiai alla ringhiera accanto a lui. "Diamine!" Urlò tirando un calcio alla ringhiera. "Justin, non ce la faccio più! Sono qua dentro da soli due giorni e mi sento impazzire." Portò le mani ai capelli. "Jaxon.. È solo l'inizio. Calmati.." Sospirai. "Sarà così per un bel po' e credimi, se potessi portarti via lo farei ma tu devi curarti." Mi guardò. "Sei serio Justin? Ho lo stesso problema del nonno, sono come lui. Io non guarirò mai! Mai! Smettetela di dirmi che qui mi cureranno, non ci credo! Il nonno ha la malattia da quando era giovane..E non è ancora guarito. Non guarirà mai, come me. Tu lo sai benissimo Justin, non riempirmi il cervello con queste stronzate." "Cazzo, Jaxon rifletti! Sono passati oltre cinquant'anni da quando il nonno ha scoperto della sua malattia, è vero, non è guarito. Ma ai suoi tempi non c'erano le soluzioni mediche che ci sono adesso! Hai qualche possibilità.. Jaxon non ti ho mai visto così a terra e lo capisco, capisco come tu possa sentirti.. Fa male.." Mi interruppe. "Non lo capisci invece! Sono io che sto male, non tu. Non sai quanto dolore ho dentro." Strinse i denti e gli presi il braccio facendolo girare verso di me. "Vuoi guarire, si o no?" Lui annuì. "Allora smettila di fare così, non andrai da nessuna parte. Sono qui per te, lo sai. Sono qui per aiutarti, ci sarò sempre. Tu guarirai Jaxon, te lo prometto. Tornerai a star bene, tornerai a giocare a basket e a hockey, ma prima devi curarti." Mi abbracciò molto forte e ricambiai l'abbraccio senza esitare. "Prometti che sarai forte?" Sussurrai. "Promesso." Sorrise leggermente. "Abbiamo ancora mezz'ora, poi fila dal dottore." Risi. Era scioccato. "Ma avevi detto che non ci sarei andato." Sorrisi. "Piccolo ingannobro." Rise. "Okay ci andrò." Ci rigirammo verso il mare, quando poi sentì la porta dietro di noi aprirsi e poi richiudersi. Mi girai e sorrisi. Era lei. "Ciao." Sorrisi. "Ehi." Aveva un sorriso splendido, lei era splendida. Jaxon si voltò. Lei sorrise ancora una volta. "I vostri genitori vi stanno cercando, sembravano preoccupati." Disse. Sorrisi. "Grazie Leah, Jaxon voleva nascondersi perché non voleva fare la tac." Rise. "Si ti capisco, anche io spesso mi nascondevo per non farla ma mi hanno beccata sempre, una volta mi ha scoperta un bambino di cinque anni." Risi di gusto al suo racconto, era così bella. Jaxon la guardò e poi sorrise. Poi riprese parola. "Dovresti andare Jaxon, non farla è molto peggio di farla. Si dura parecchio ed è snervante l'attesa ma falla. È importante." Era molto rilassata mentre parlava. "Grazie Leah, è quello che cerco di fargli capire io da un'ora." Sorrisi. Jaxon sbuffò innervosito. "Okay la farò, mi dovete un favore." Lo guardai. "Il favore lo stai facendo a te stesso Jax, non a noi." Detto quello, era calato il silenzio. "Sono le nove e un quarto." Sbottai. "Ti accompagno." Dissi a Jaxon. "Quando torno giochiamo a Monopoly?" Sorrise, era il suo gioco preferito. "Va bene." Mi voltai verso Leah che stava guardando il mare. "Leah, ti unisci a noi?" Sorrise. "Si, con molto piacere."

   
 
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