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Autore: Princess Kurenai    09/12/2008    2 recensioni
[Quinta Clasificata al Contest sull'Horror]Faceva caldo, caldissimo. Era una di quelle notti famose per la loro afa, nelle quali era pressoché impossibile dormire e, nonostante la pesante giornata passata ad allenarsi, Karin non riusciva appunto a prendere sonno. Se ne stava seduta davanti alla scrivania con il portatile e un documento word aperto. Scriveva per passare il tempo, ma l’aria era così soffocante da crearle non pochi problemi.
Genere: Horror, Mistero, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Karin, Naruto Uzumaki, Yondaime
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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La parentela che lega la protagonista, Karin, agli altri personaggi - la famiglia Uzumaki formata da Naruto, Kushina e Minato anche se sono appena nominati - è puramente inventata da me.

Questo per questioni ‘cromatiche’ - Minato è biondo come Naruto e Karin è rossa come Kushina.

È tratta da una storia vera che mi ha vista protagonista insieme alla mia famiglia in una notte d’estate.

 

 

Quinta Classificata al Concorso sull’Horror

 

.: Urla nella Notte :.

 

Faceva caldo, caldissimo.

Era una di quelle notti famose per la loro afa, nelle quali era pressoché impossibile dormire e, nonostante la pesante giornata passata ad allenarsi, Karin non riusciva appunto a prendere sonno.

Se ne stava seduta davanti alla scrivania con il portatile e un documento word aperto.

Scriveva per passare il tempo, ma l’aria era così soffocante da crearle non pochi problemi.

Poteva addirittura sentire le piccole gocce di sudore scivolarle sul collo, per poi sparire dietro la stoffa della veste bianca che indossava.

Sul viso, altrettanto madido, gli occhiali continuavano a scivolarle verso la punta del naso, irritandola non poco.

Ma, puntualmente, allontanava le mani dalla tastiera per rimetterli bene, in un movimento quasi meccanico da quante volte era stato ripetuto.

Nelle altre stanze suo fratello e i suoi genitori cercavano a loro volta di dormire ma, se forse suo padre già dormiva - esausto per la lunga giornata lavorativa - era certa che sua madre e Naruto fossero ancora svegli.

Nel silenzio che regnava nella campagna, dove abitava, poteva sentire di tanto in tanto lo sfogliare di un libro e il veloce ticchettio, fastidioso e continuo, dei tasti di una psp.

Quello era uno dei tanti problemi dell’abitare immersi nella natura: si sentivano tutti i rumori.

Solitamente erano quelli degli animali ad essere percepiti, come il lontano abbaiare di un cane, il miagolio di gatto che si aggirava per il giardino e il nitrire di un cavallo nella sua stalla, portato fino alle sue orecchie dal vento - che quella notte pareva non esistere.

Staccò il pc e si distese sul letto, poggiando gli occhiali sul comodino.

Provò quindi a chiudere gli occhi, cercando di rilassarsi e di ignorare il caldo.

La schiena bagnata si era attaccata alla maglia creando un odioso senso di appiccicoso: fece finta di nulla.

Non aveva voglia di muoversi per la casa cercando una nuova veste.

Aveva volto così lo sguardo verso la sveglia elettronica: segnava la mezzanotte meno dieci.

Anche se avesse voluto non sarebbe riuscita a prendere sonno: era troppo presto per i suoi canoni.

Di solito passava la notte attaccata a internet, solo per parlare con Sasuke Uchiha che, sfortunatamente, quella notte era assente.

Quello la faceva star male.

Il non poterlo sentire non le piaceva: la sua presenza era diventata come una droga per Karin.

Le piaceva parlare con lui, nonostante il suo caratteraccio e, soprattutto, le piaceva lui.

In ogni caso, era inutile pensarci, sapeva che il giorno dopo l’avrebbe sicuramente risentito.

Tornò quindi a guardare l’orologio.

Due minuti alla mezzanotte.

Karin allora si mise a contare il lampeggio dei due puntini che scandivano i secondi appena il display elettronico segno il numero 59.

1.

2.

3.

4.

5.

6.

7.

8.

Si annoiava e sperava di prendere sonno.

Per quanto fosse possibile con quel dannato caldo.

19.

20.

21.

22.

23.

24.

D’un tratto alle sue orecchie giunsero dei passi.

Incerti, come quelli di chi non conosce il terreno che sta calcando.

30.

31.

32.

33.

34.

Non si preoccupò più di tanto: solo Naruto che, come ogni notte, si infilava per l’ennesima volta in bagno con passo traballante per il sonno.

50.

51.

52.

Un alito di vento per un attimo le aveva carezzato le gambe.

55.

56.

Rilassante.

58.

59...

Mezzanotte e un rumore, non appartenente a quelli ai quali era abituata, la raggiunse.

Era stato basso e breve, così tanto da sembrare un’illusione.

Nonostante l’idea, più che plausibile, che fosse uno scherzo dei suoi sensi, non era riuscita a fare a meno di tendere le orecchie.

Era rimasta in silenzio, con il fiato sospeso, per qualche secondo fino a quando non venne di nuovo raggiunta da quel rumore.

Era però diverso dal primo, escluse subito gli animali e le feste che, talvolta, rallegravano quelle notti.

Era più simile a un lamento.

Poco dopo le sue orecchie vennero di nuovo violentate da altri rumori come quelli precedenti.

Un pianto.

Ne era sicura.

C’era qualcuno che piangeva.

Il dove e il perché erano sconosciuti, ma l’intensità e la forza con la quale giungevano a lei le avevano fatto pensare che non fosse lontana.

Già.

Lontana’, perché ne era convinta: era una donna a piangere e a lamentarsi.

Ciò nonostante l’idea che fosse un’illusione non l’aveva abbandonata.

“ Kaachan?”, chiamò sua madre con un filo di voce.

Non ottenne risposta sul momento.

“ Kaachan?”, ritentò subito con voce un po’ più alta.

“ Sì?”

“ C’è... qualcuno che piange.”

Era stata un’affermazione alquanto stupida, tanto che continuò subito a parlare: “ Sento una donna che si lamenta! Ne sono certa!”

“ Eh?”, si aggiunse subito anche voce di suo fratello e un attimo dopo venne raggiunta da sua madre che le si avvicinò.

Rimasero in religioso silenzio, mentre anche suo padre entrava nella camera accanto: quella di Naruto.

Bastò un attimo per risentirlo, questa volta però si comprese una parola, o meglio una sillaba: era un ‘no’, debole e soffocato dalle lacrime.

Karin guardò sua madre con gli occhi sgranati.

“ Non me lo sono sognata.”

“ Kushina, l’hai sentito anche tu?”

“ Sì, Minato.”, la donna carezzò la testa della figlia poi uscì veloce dalla camera, lasciando sola la giovane.

Sentiva il cuore batterle all’impazzata.

Non si era inventata niente.

Quelle urla c’erano.

Le avevano sentite tutti.

Si alzò dal letto e afferrò gli occhiali, non le sarebbero serviti ma era un gesto guidato dall’abitudine, e raggiunse tutta la sua famiglia nel terrazzino.

L’aria, stranamente gelida, le sferzò il viso.

Si abbracciò le braccia, cercando di riscaldarle.

L’afa di poco prima sembrava essere svanita con lo scoccare della mezzanotte.

Tante leggende, miti e maledizioni esistevano in quella misteriosa ora e Karin le conosceva tutte a memoria ma in quel momento, nella realtà, niente pareva avere un senso logico.

Rimase in silenzio, la gola le si era inspiegabilmente bloccata.

Guardò le sagome scure dei suoi parenti tese nell’ascolto, immerse nell’oscurità di quella notte priva di luna e stelle.

Poi...

L’ultimo urlo: “ NO!”

 

 

   
 
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