1 marzo 2015.
ore 22:06
ore 22:06
Guardo il cellulare che sta là, appoggiato sulla scrivania da quello che mi sembra un periodo infinito di tempo, ma l'orologio che ho al polso sinistro mi fa notare che sono passati solo cinque minuti. Dio, e io che credevo che fosse passata un'eternità.
Lo guardo, sta là, l'applicazione dei messaggi aperta sulla sua chat, si legge ancora parte dell'ultimo messaggio che gli ho mandato. "Comunque sì, sono arrabbiata. Più che arrabbiata sono delusa, perché credevo di conoscerti almeno un po' e in un attimo sei riuscito a smontarmi tutte le convinzioni che avevo su di te. Ah, e se non l'hai sentito ieri, il vaffanculo te lo sei meritato."
Il mio sguardo è ancora fisso al telefono, tanto che le parole cominciano a perdere nitidezza e si trasformano in una massa informe e sfocata. Come se non bastasse, dallo stereo Taylor Swift canta "still got scars in my back from your knives" e probabilmente una ginocchiata sulle gengive farebbe meno male.
Alzo gli occhi al cielo e tento di ricacciare indietro le lacrime, io non ci piango per uno stronzo del genere, io non ci piango.
Prendo in mano il telefono e ci penso, penso a tutte le bugie di cui mi ha riempita, alla merda in cui mi ha lasciata, e allora mi rendo conto che due paroline ora che si è trovato la nuova ragazza se le merita. Due, si fa per dire.
"Dovevo aspettarmelo, anzi, mi sorprende che non sia successo prima,
Invia.
E mi sento stronza, ma ho un peso di meno sul cuore.