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Autore: Doctor Smith    02/03/2015    3 recensioni
"Quella mattina (come tutte le mattine), per prima cosa i suoi occhi si erano posati sulla fotografia che teneva sul comodino di fianco al letto. Impresse nella carta fotografica, due persone si guardano negli occhi nel giorno più felice della loro vita, cercando di trasmettere all'altro la valanga di emozioni che stanno provando. Gioia. Spensieratezza. Allegria. Amore.
Il cuore di Sherlock si spezzò ancora una volta al solo pensiero."
Tratto dal capitolo 1
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John, Watson, Lestrade, Sherlock, Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7 – E’ QUELLO CHE VUOI?



Sherlock rimase in silenzio per alcuni minuti, lo sguardo fisso sulla tazza di caffè intatta. Aveva parlato per almeno un paio d’ore, senza mai alzare lo sguardo dalle sue mani. Era sicuro che non ce l’avrebbe fatta a finire la sua storia se avesse guardato John.
Ancora non riusciva a crederci… John, il suo John, era vivo!
L’ultimo anno era stato durissimo, sia per lui che per Hamish.
Il bambino era diventato grande troppo presto. Quando Sherlock gli aveva dato la terribile notizia, il bimbo aveva pianto, urlato, scalciato per giorni. Quando si era calmato era diverso: parlava e sorrideva molto più di rado, spesso rimaneva in camera sua da solo.
Al detective piangeva il cuore. Non solo aveva perso l’uomo che amava ma anche il suo bambino.
Greg si schiarì la gola, intenzionato a rompere quel silenzio imbarazzante.
Lo sconosciuto - John, lo corresse la sua mente – era come pietrificato.
All’ ex-soldato si strinse il cuore per quell’uomo e quel bambino che non conosceva ma che per colpa sua avevano sofferto tantissimo.
“Io… “ cominciò il medico, imbarazzato. Non sapeva cosa dire.
“Hai ricordato qualcosa?” chiese il detective speranzoso, alzando finalmente lo sguardo sul marito.
“No… “ John si odiò quando vide la speranza spegnersi negli occhi dell’altro. “Mi dispiace.”
 
Ora che finalmente lo guardava, Sherlock non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Era sempre lui, il suo John, eppure aveva qualcosa di diverso. I capelli erano leggermente ingrigiti sulle tempie, negli occhi uno sguardo spaesato. Comprensibile. Non capita tutti i giorni di non ricordarsi nemmeno il proprio nome e di incontrare uno sconosciuto che ti dice che sei gay, sposato ed hai un figlio.
Era come se la perdita della memoria avesse sovrapposto al vecchio John uno nuovo.
C'erano gesti ed espressioni che Sherlock non gli aveva mai visto fare. Adesso, quando era in imbarazzo, abbassava lo sguardo e si toccava la nuca con la mano destra. Quando era teso, apriva e chiudeva a pugno la mano sinistra.
Ora si stava di nuovo toccando la nuca.
Il moro sentiva un moto di compassione verso di lui e allo stesso tempo l'urgenza di scoprire cosa aveva passato in quell'anno, lontano da loro. Aveva sofferto?  Certo che ha sofferto, idiota! Gli hanno sparato, si disse il detective.
Si scoprì a pensare che era come se finora fosse stato separato da una parte di sé, la migliore, e che ora che l’aveva improvvisamente riavuta indietro, non potesse più farne a meno.
Si sforzò di distogliere lo sguardo perché notava l'imbarazzo crescente nel volto di John e l'ultima cosa che voleva fare era metterlo più a disagio di quanto già fosse per via della situazione in cui si trovavano e spingerlo ad allontanarsi da lui.
Gli occhi gli caddero sull’anulare della mano sinistra di John, solitamente presentava una piccola strisciolina di pelle più bianca, poiché metteva e toglieva l’anello a seconda che fosse in servizio o meno, e che ora era del tutto scomparsa. 
Il marito non portava la fede nuziale mentre era in servizio perché in quanto medico spesso la doveva togliere per eseguire gli interventi. Così aveva cominciato a portarla al collo, appesa accanto alle piastrine militari. Quelle stesse piastrine che avevano trovato su un cadavere carbonizzato un anno prima e che erano state restituite al detective, come cimelio in memoria dell’eroe di guerra che era suo marito.
Sherlock stesso portava la sua al collo, appesa ad una catenina. D’altronde, fino ad oggi, nessuno sapeva che fosse sposato.
 
“Beh… ora la domanda è… cosa facciamo adesso?” chiese Greg, spostando lo sguardo tra gli altri due uomini.
Sherlock sospirò.
“L’unica cosa che mi viene in mente è provare a fargli tornare la memoria. Ma prima devo farti una domanda, John” disse, sollevando appena lo sguardo su di lui. “E’ questo quello che vuoi?”
La sua voce non vacillò ma Greg vide nei suoi occhi quanto fosse spaventato dalla possibile risposta.
“Per farti ricordare dovrai tornare a conoscerci, incontrare Hamish. Per quanto io non desideri altro, devo pensare a nostro figlio prima. L’ultimo anno è stato terribile. Hamish non è più quello di una volta, si è chiuso in se stesso, sorride raramente. Solo ultimamente si sta aprendo un po’. Sono sicuro che migliorerà molto se tu sarai al suo fianco ma non voglio illuderlo. Non voglio che sappia che sei vivo, che ti incontri, che sia felice per poi portargli via tutto, di nuovo, nel qual caso tu decidessi che la tua vecchia vita non fa più per te. Quindi è bene che tu pensi a fondo se è davvero questo che vuoi, in questo momento.”
Greg non aveva mai visto il detective così determinato. Avrebbe sacrificato la propria felicità per il benessere di suo figlio.
John si prese un attimo per riflettere.
“Non mi ricordo di te o di Hamish, non ricordo quello che mi è successo né quello che abbiamo passato insieme. Diavolo, non mi ricordo nemmeno il mio nome! Ma una cosa la so. Non farei mai del male ad Hamish volontariamente. Se riallacciassi i rapporti con lui e con te, cosa che intendo fare, non mi tirerei mai indietro, mai. Di questo puoi starne certo”.
Sherlock tirò un sospiro di sollievo e un piccolo sorriso affiorò sulle sue labbra.
Fiero, sincero, determinato… questo era il suo John.
Lentamente prese il portafogli ed estrasse la stessa piccola fotografia che aveva mostrato a Lestrade esattamente un anno prima. La porse a John.
“Questo è Hamish. La foto è stata fatta poco prima che tu… poco più di un anno fa. E’ cresciuto molto. La settimana prossima daremo una piccola festa per…”
“…per il suo quarto compleanno” lo interruppe John.
Sherlock sbarrò gli occhi.
“C-come...”
Il biondo esalò un gran respiro e si passò una mano tra i capelli, sbalordito. “E’-è stato come... un flash. Appena ho visto la foto ho pensato a una data. E sapevo che era quella della sua nascita.”
John alzò lo sguardo e incontrò quello di Sherlock. “Ho ragione? E’ un ricordo?”
Il moro annuì lentamente.
“Perché non vieni anche tu alla festa” li interruppe Greg, fissando prima John e poi Sherlock, “potrebbe essere l’occasione per incontrare Hamish.”
“Perché no…” concordò Sherlock, dopo averci pensato un po’ su. “Ovviamente gliene parlerò prima. Ma sarebbe perfetto, il miglior regalo di compleanno…” concluse, sorridendo dolcemente.
John annuì.
Il detective notò quanto il marito fosse provato per cui gli allungò il proprio biglietto da visita.
“Questo è il mio numero. Perché non vai a riposarti un po’, ora? Mi sembri stanco. Ci possiamo sentire domani se ti va”.
Il medico gli sorrise e annuì, grato. I tre quindi si salutarono e si separarono.
Sherlock era felice come non lo era mai stato nell’ultimo anno.


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Salve a tutti! Eccoci qui con il nuovo capitolo, di nuovo al presente. 
Sono consapevole che Sherlock potrebbe risultare un po' OOC.. definiamola licenza poetica :D
Ringrazio chi segue/ legge/ commenta la storia :)
Mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate! Alla prossima settimana!! Cheers :D
  
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