Life ain’t worth a dime
“Dammi
un liquore qualsiasi!”, ordina Vegeta sedendosi al banco.
Passare un venerdì sera al Namec sarebbe stata scelta ovvia
negli anni novanta, quando pareva fosse l’unico locale disponibile della città.
Non c’era bisogno nemmeno di darsi appuntamento, tanto era ovvio ci si sarebbe
ritrovati tutti là, perché tutti andavano al Namec e il Namec era
il centro dell’universo.
Oggi è un locale di terz’ordine nascosto in una via poco trafficata persino di
giorno. Gli unici avventori sono irriducibili appassionati di vecchia musica e
coppie ufficiose in libera uscita dalla vita coniugale. Ognuno va lì per un
motivo che non vuol farsi chiedere nemmeno dopo un bicchiere di troppo. Ecco
perché i maggiori accordi finanziari, ai limiti della legalità, sono sempre
stati discussi e siglati proprio là.
Almeno, è sempre stato così per Freezer e per quelli della sua cricca.
“Ehilà!”, saluta Vegeta, centellinando un bicchiere di un liquore
qualsiasi, ha un’insospettabile goccia di sangue sul dorso della mano.
La lecca via, e torna al liquore mentre Zarbon si avvicina. Ha un’aria molto
soddisfatta e rilassata, nessuno lo direbbe artefice di un delitto efferato.
Piuttosto ha l’aria dell’uomo d’affari, venuto lì per rilassarsi e bersi la
fine di una dura giornata di lavoro in compagnia di un collega. Esattamente
come pare anche Zarbon, che fa un cenno al barista per avere da bere
appoggiandosi al bancone. Una coppia improbabile balla abbracciata in pista su Far
away eyes*. La musica si blocca per un istante, qualcuno da un colpo al
vecchio Jukebox. Riparte.
“Sapevo non sarebbe venuto”, dice Vegeta.
There she was sittin’in the corner
A little bleary, worse for wear and tear
“E
sai anche che è molto impegnato”.
“Anche per incontrare un amico?”
“Amico che, a quanto pare, non è qui!” Osservò Zarbon, riferendosi all’assenza
di Dodoria che aveva richiesto il colloquio.
“Si vede che era molto impegnato anche lui.” Sbeffeggia Vegeta, poggiando il
cellulare di Dodoria sul bancone, “È incredibile cosa non si dimentica in
ufficio quando si va di fretta!”, spiega mentendo.
And I thought by the time I got there she’d be off
Zarbon
mostra una fila di denti bianchissimi, “Hai in mente qualcosa.” Arguisce, “E
credo sia meglio tu non la faccia.”
“Anche voi avreste fatto meglio a non farla.”
And life ain’t worth a dime
Get a girl with far away eyes
“Perché
non ascolti il consiglio della canzone, Vegeta? Prenditi una ragazza e
tornatene a casa.”
“È un po’ tardi per dare consigli, ti pare?”, risponde Vegeta, roteando la
testa verso Zarbon con aria strafottente; manda giù l’ultimo sorso. “Ma dato
che non è con te che volevo passare la serata, non mi resta che darti retta!”.
I got a prayer with a girl, well,
You know what kind of eyes she got
Zarbon
non sa ancora della morte di Dodoria e osserva il collega, che
forse ha capito tutto o forse non ha capito niente. Pensa sia meglio dire il
meno possibile, come Freezer si aspetterebbe da lui.
Vegeta scende dallo sgabello barcollando leggermente, “Sono troppo ubriaco per
guidare,” mente, “Dammi un passaggio!” ordina mellifluo all’altro, “In fondo,
la ditta me lo deve!” riversa dei contanti sul bancone, più di
quelli utili a pagare, e, continuando la messinscena si dirige all’uscita. Un
fascio di luce azzurra dal palco gli illumina la schiena.
Get a girl, with far away eyes
Zarbon,
ormai convinto dello stato di ebrezza di Vegeta, decide di seguirlo per
approfittarsi della situazione: magari, rivolgendogli le domande giuste,
riuscirà a capire cosa diamine gli sta passando per la testa.
Raggiunta la macchina, Zarbon si ritrova una pistola puntata alle costole da un
affatto ubriaco Vegeta. Non passa nessuno per quella via, o, come al solito,
nessuno a cui importi capire cosa sta accadendo tra due sconosciuti. Il
solito taccheggio, andiamo via.
“Avrei preferito che questa pallottola fosse per Freezer, ma per il momento
cercherò di accontentarmi!”, ironizza. Zarbon è alto il doppio di lui, ma
Vegeta con quell’affare tra le mani si sente forte, invincibile. Supremo.
E forse un po’ ubriaco lo è, ma di ebrezza! Deve essersi bevuto il cervello,
pensa, ma dopo vent’anni di prese in giro sente che non ha più nulla da
perdere: invischiato com’è negli affari loschi di Freezer, non potrebbe
comunque denunciarlo senza risultarne complice, tuttavia… si merita la sua
vendetta e che vadano tutti all’inferno, compreso se stesso! Ha nel naso
l’odore del dopobarba costoso di Zarbon, un disgustoso aroma di oli orientali,
un odore da donna. Inspira l’aria profondamente per imprimere quel sentore
nella sua mente, frammisto all’estate, profumo della libertà. La sua, che stava
riconquistandosi quella notte stessa.
Freezer aveva deciso di prenderlo in giro, credendolo uno sciocco. Ed era stato
uno sciocco a non accorgersi di nulla per tutti questi anni. Probabilmente se
l’era meritato. Questo lo mandava in bestia: non essere stato all’altezza! Si
era fatto fregare, esattamente come suo padre prima di lui.
Vegeta però aveva finito di a farsi derubare. Per anni aveva lavorato per
Freezer in modo da ripagare i debiti di suo padre, aveva dovuto rinunciare a
tutto quello per cui aveva lavorato sodo da ragazzo. I sacrifici, l’impegno, lo status.
La sua era sempre stata una famiglia potente, e c’era quel minuscolo
appartamento in cui aveva abitato da ragazzo. Un appartamento in affitto. E
Freezer si godeva alle sue spalle i beni che sua madre gli aveva lasciato in
eredità.
Che idiota era stato! Uno stupido raggirato da stupidi.
Digrignò i denti, impastando la lingua in bocca; voleva farli fuori tutti.
Aveva scoperto, controllando e ricontrollando tutte le entrate, tutte le spese
dell’azienda, di aver saldato il debito con Freezer da un bel pezzo! Ovviamente
l’infame non lo aveva avvertito, prendendosi generose fette dei suoi soldi
lasciandolo sempre al verde, nonostante lavorasse venti ore su ventiquattro,
instancabilmente, per mandare avanti un impero economico che non era nemmeno il
suo. Sporcandosi le mani al posto di Freezer e dei suoi tirapiedi, firmando
tutto a suo nome, come uno sciocco. Questo lo fece ridere, tanto. Rise di sé
con disgusto Vegeta, pronto a premere il grilletto.
Lo preme.
Dalla pistola, però, rimbomba solo silenzio. Preme ancora, nulla.
Qualcun altro sta ridendo adesso, ed è Zarbon. Rimasto indenne, scosso perché
per un attimo aveva temuto di poter morire in quel vicolo dimenticato da dio,
tuttavia ancora vivo nella scia del fallimento di Vegeta.
Zarbon riprende pieno possesso della situazione mentre quella risata isterica
gli storpia i lineamenti perfetti. Essendo il doppio di Vegeta, sia per altezza
che per prestanza fisica, non fatica affatto ad assumere un posizione di
vantaggio sull’aggressore afferrandogli il braccio. “Bum!”, esclama divertito,
nell’eco del silenzio, “Ti diverti a prendermi in giro, vero? Ma adesso il
gioco è finito, Vegeta!”, con una torsione gli porta il braccio dietro la
schiena, immobilizzandolo. “Ti conviene spiegarmi cosa diamine avevi in mente!
Se non vuoi che ti spezzi il braccio!”
“Così poi lo racconti al paparino Freezer?”, scherza Vegeta digrignando i
denti, “Ammazzami di botte, piuttosto.” Lo provoca.
È un
appartamento spartano. Non ci sono quadri alle pareti, né soprammobili e, se
non fosse per il laptop accesso sul tavolino, si direbbe completamente
disabitato.
Non accendo la luce perché ho mal di testa; mi aggiro nella penombra della
stanza, dalla cui finestra si vede l’enorme luna e i grandi fabbricati di un
quartiere di periferia.
Non c’è nulla, qui dentro, che mi parli di Vegeta! Eppure è casa sua; almeno da
quanto ho letto dai suoi documenti.
Mi guardo intorno, senza riuscire a figurarmi cosa ci faccia Vegeta in un posto
come questo, proprio lui che indossa completi costosi da uomo da affari.
Qual era la sua vita prima di questa sera?
Cerco la camera da letto aprendo a caso le poche porte.
La camera, come il resto della casa, è in perfetto disabitato ordine. Apro l’armadio
in cerca di qualche vestito, un pigiama, della biancheria da portagli in
ospedale per quando si sarà svegliato. Osservo le camice bianche che spiccano
nel stanza semi buia. Odorano di pulito, di lavanderia. Non di lui. Né paiono
appartenere a questo posto, come Vegeta del resto.
È un mistero come il motivo dei fatti di questa sera alla Freezer Corp.
Non c’è alcun mistero, sono solo io a non conoscere la vita condotta da Vegeta
fino ad oggi. Sono venuta qui semplicemente perché, dopo tutti questi anni,
averlo vicino senza potergli parlare non mi bastava. Voglio sapere chi è
diventato Vegeta Arensay.
Aveva segni di colluttazione per il corpo, ma puzzava di benzene!
Sconfortata, mi stendo sul letto. Annuso anche le lenzuola per ritrovare un po’
dell’odore del Vegeta dei miei ricordi, più mi sforzo, più quel vanesio ricordo
svanisce.
Non indossava dopobarba da ragazzino, né scarpe costose, solo Convers rotte!
Non puzzava di alcool come questa sera.
Mi stringo al cuscino e ripenso a tutti quei feriti in ospedale, ai loro
sguardi accusatori per la donna che vegliava al capezzale di un pazzo.
Del mostro che una notte d’estate aveva appiccato un incendio
mettendo a repentaglio la tranquillità di un intero quartiere.
Sono stanca. Tanto stanca. Vorrei chiudere gli occhi e dormire, qui con
l’assenza di Vegeta in questa casa in cui si percepisce, invadente, la sua
assenza. Vorrei capire cosa sta accadendo.
Sto per chiudere gli occhi, quando avverto qualcuno maneggiare la porta. Mi
alzo di scatto!
Chi accidenti può essere? Un parente? C18? Mioddio,
cosa racconto se mi trovano qui?!
“Vegeta è stato proprio uno sciocco! Ripagare Freezer in questo modo, dopo
tutto quello che ha fatto per lui!”
Sento i passi dell’intruso aggirarsi per il salotto. Decido di nascondermi
sotto il letto.
Gli squilla il telefono. “Sì, sono qui. Non è stato difficile, Vegeta non
poteva renderci le cose più facili! Credo lo sia… credo, so…sono sicuro, l’ho
fatto esplodere… no, non ho controllato…”
Un lungo silenzo. “Come desideri, Freezer!”
Sento i passi allontanarsi e il portone richiudersi; aspetto alcuni istanti
prima di essere sicura di poter uscire indisturbata.
Quel tizio parlava di esplosione e di Vegeta! Si riferiva
sicuramente a stasera. E il nome, Freezer, il presidente della Freezer Corp.
Allora non è stato Vegeta!
Un momento.
Manca anche il laptop!
Devo tornare subito all’ospedale, avvertire qualcuno… se scoprissero che Vegeta
è ancora vivo in ospedale, lo ucciderebbero!
“Siamo arrivati!”, dice Zarbon, aprendo il cofano della macchina. Vegeta, quasi
ammazzato di botte, sta per rotolare a terra, ma l’altro lo rimette in
posizione allacciandogli la cintura. Sono nel parcheggio della Freezer Corp.
“Vedi Vegeta,” lo apostrofa, sollevandogli la testa per i capelli, “Stava andando
tutto splendidamente prima che tu iniziassi a ficcanasare in giro.” Avrebbe
potuto lasciarlo tramortito, invece di svegliarlo, ma Zarbon voleva che Vegeta
vivesse gli ultimi istanti di vita nella consapevolezza della sua morte. Non
gli era mai piaciuto. Soprattutto, non gli era mai piaciuto l’interessamento
immotivato di Freezer nei confronti. Adesso, gli era stato dato il permesso di
farlo fuori. Lo avrebbe fatto con tutti i convenevoli del caso.
Vegeta gli sputa in faccia un grumo di sangue, che l’altro raccoglie dal volto
con le dita, impassibile e spaventoso, prima di restituirgli uno schiaffo
sonoro.
“Credo proprio che stasera farai gli straordinari! Gli sforzi di ognuno
sono i risultati di tutti!” Conclude scimmiottando il motto della Freezer
Corp.
“Scusami per un istante, ti spiace? Giusto il tempo di prendere l’occorrente
per un bel falò!”, continua a scherzare mellifluo. “Mi spiace debba finire
così, ma converrai con me non ci sono altre soluzioni. Sai troppe cose e non
possiamo permetterti di andare in giro a fare il pazzo! Proprio no. Non più
almeno. Il nostro caro Freezer ha una reputazione da difendere. Eri solo un
inutile sassolino nella scarpa, stasera sei diventato la classica goccia che
potrebbe far traboccare il vaso! Hai fatto una carriera, esplosiva, complimenti!”
Zarbon è sicuro che Vegeta non abbia le forze per svignarsela, gonfio di botte
com’è. E lo lascia in macchina mentre disegna per terra una scia di benzina,
abbastanza lunga da permettergli di allontanarsi indenne una volta appiccato il
fuoco. Freezer gli ha ordinato di far esplodere tutto così da liberarsi di
Vegeta e di tutte le prove contro di lui una volta per tutte. “Bruciare l’erba
cattiva è l’unico modo per liberarsene, Vegeta. L’assicurazione penserà al
resto. Non è un piano fantastico?”
A una trentina di metri, si ferma a guardare Vegeta, non sorride più. Getta un
fiammifero acceso e corre via, senza più curarsi dell’altro.
Il quale è riuscito a liberarsi e a svignarsela prima dell’esplosione.
Il boato è forte, ma il colpo non lo è abbastanza da far esplodere un palazzo
intero.
“Quell’idiota di Zarbon!”, dice Vegeta, con il fiatone, gettatosi a terra per
proteggersi dallo scoppio. “Finisce sempre per fare le cose a metà!”
“Adesso te la do io l’esplosione, Freezer!”, promette, rinvigorito
dall’adrenalina. Gli antifurti delle macchine gli trillano nelle orecchie, a
mano a mano che l'udito gli ritorna. Ormai non poteva più tirarsi indientro,
avrebbe fatto esplodere tutto e, una volta che Freezer l'avrebbe creduto morto,
avrebbe agito indisturbato.
And if you’re downright disgusted,
And
life ain’t worth a dime,
Get
a girl with far aways eyes.
I
had an arrangement to meet a girl,
But
I was kind of late
*
Far away eyes è una canzone dei Rolling Stones. Come canzone non è un granché,
ma mi è parsa adatta non solo alla scena nel locale che ho immaginato piuttosto
squallido, ma anche perchè, in un cert senso, questa canzone pare riprendere
perfettamente gli avvenimento di questa storia e della storia di Bulma e
Vegeta.
Spero
anche questo capitolo vi sia piaciuto, mi scuso per la lunga assenza! Putroppo
non ho molto tempo libero, ma vi assicuro che cercherò di impegnarmi per non
lasciare questa storia alla deriva!
Un
abbraccio e alla prossima! ;)