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Autore: DeadlyPain    02/03/2015    2 recensioni
Quarto capitolo della serie dedicata ai peccati capitali: Invidia. Cosa succede quando un pokèmon crede di essere l'unico, per poi essere dimenticato?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
- Questa storia fa parte della serie '7 Deadly Sins'
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In verità volevo solo qualcuno che fosse tutto mio. Solo mio.
Il mio padroncino mi chiamava Lexie e sono una Lopunny.
Un'altra cosa che può interessarvi di me è il fatto che sono morta.
Sono morta per il troppo amore.
Un giovane allenatore mi ha catturata nel cuore del bosco che porta a Evopoli, ed ero sono una piccola Buneary.
Ci siamo divertiti molto io ed il mio allenatore, e abbiamo lottato molto, e siamo diventati forti insieme. Ed io, stupida, credevo che sarebbe durato per sempre.
Mi ricordo bene quel giorno, eravamo vicino al mare, e ci eravamo allenati duramente per sconfiggere Omar, capopalestra di tipo acqua. Venivamo da una brutta situazione, avevamo fatto molta fatica ed innumerevoli tentativi per sconfiggere Marzia, tipo lotta. Il mio padroncino non poteva usarmi, o forse già non voleva. Mi ha ritirato nella pokèball e ha usato un staraptor per sconfiggere quella ragazzina insolente.
Credevo l'avesse fatto per proteggermi.
Credevo non volesse che mi facessi male
Credevo.
O forse era così, non lo so e questi sensi di colpa mi feriscono.
Quando uscii dalla pokèball aveva già in mano la medaglia, era già tutto finito. “Dobbiamo allenarci bene” mi disse “così sarai più forte, e potrai evolverti”.
Era quindi questo ciò che voleva da me? La mi forza? La mia evoluzione? Padroncino caro ti avrei accontentato. Ti avrei dato tutto ciò che desideravi pur di farti felice.
L'allenamento fu molto duro, ma riuscimmo a sconfiggere tutti gli allenatori, doveva essere orgoglioso di me, non l'avrei più fatto vergognare di avermi in squadra, non l'avrei più fatto vergognare di essere mio amico.

Ero forte e fiduciosa, avremmo sconfitto insieme Omar, come una squadra perfetta, lui è il mio amico, lui è il mio migliore amico, lui è il mio unico amico, non posso fallire, non posso deluderlo. Non di nuovo.
Mi sentivo il cuore battere a mille all'idea di entrare nella palestra acqua, come prima di un esame importante, questo era il mio esame. Quello che mi avrebbe aperto le porte del cuore del mio padroncino.
Non riuscii a entrare nella palestra.
Davanti all'ingresso c'era un ragazzo, un amico del mio allenatore, che lo sfidò in una lotta.
Era il mio turno, dovevo brillare, brillare per amore del mio padroncino. Sconfissi facilmente il suo Staraptor, e mi sentii felice. Felice perchè ero forte, perchè avevo dimostrato di potercela fare, perchè non avevo deluso il mio dolce padrone, perchè questo l'avrebbe reso orgoglioso di me, perchè l'unica cosa che volevo davvero era renderlo felice ed una vittoria lo rende sempre felice.
Scoppiavo di felicità a quest'idea.
Ero talmente felice da evolvermi.
Diventai Lopunny.
Oh, in quel momento tutto fu oscurato, anche il sole, dal sorriso di padroncino, era davvero felice, era davvero davvero felice.
Credevo lo fosse per la mia evoluzione.
Che stupida che sono.
O forse lo era davvero e sono davvero stupida a non essermene accorta.
Che stupida che sono.

Non riuscii a entrare nella palestra.
Lui usò Luxray per sconfiggere Omar, ed io, rimasi nella pokèball a guardare, inerme. Arriverà il mio momento, deve arrivare, devo dimostrare la mia nuova forza.
Ma quel momento non arrivò.
Aspettai e aspettai.
Ma nulla. Staraptor, Luxray e Infernape. Usava sempre loro. Faceva i complimenti a loro. Dava da mangiare le bacche ed i poffin migliori a loro. Io ormai mi ero evoluta, gli servivo solo per completare una sua ricerca forse? Gli serviva solo la mia evoluzione? Per un qualche suo malato gioco? Non voleva davvero essere mio amico? Voleva solo usarmi. Io gli sono servita, una pedina da sacrificare. Loro sono i suoi amici. Loro hanno preso quello che era mio di diritto. Un posto nel suo cuore.
Loro.
Loro dovevano scomparire.
Se loro fossero scomparsi, il mio padroncino si sarebbe accorto di me, mi avrebbe amata e osannata, mi avrebbe mandato in battaglia, mi vorrebbe ancora bene.
Loro devono morire.
Sono stanca di aspettare il momento più opportuno per farmi amare. Tu mi amerai, mi adorerai, sarò la tua unica amica, padroncino caro, che tu lo voglia o no.

Quello fu l'inizio della mia fine. Ero talmente accecata dall'odio, dall'amore e dall'invidia che non riuscivo nemmeno più a ragionare con lucidità. Tutto ciò che riuscivo a pensare era il modo in cui torturare quelle tre creature. Ho peccato. Ho peccato per il troppo amore.

Aspettai e aspettai giorni e giorni.
Poi il mio momento arrivò. Eravamo in una lotta, ed i suoi tre pokèmon prediletti erano esausti. Ha chiamato me. Ha chiamato ME! Ero euforica! Allora ti servo ancora! Allora mi vuoi ancora con te! Allora mi vuoi bene!
Pensai questo, scioccamente.
Prese una superpozione e usò me come bersaglio facile mentre lui curava quegli stupidi,inutili esseri.
Oh, cercate di capirmi. Io dovevo essere l'unica, lui mi ha detto che io ero l'unica e ora, ora mi ritrovo a far da scudo, a prendere tempo mentre lui sacrifica la mia vita per curare quelle inutili creature che nemmeno hanno saputo difenderlo e lottare a dovere per lui.
Cieca dall'odio voltai le spalle al mio nemico e cominciai a colpire con violenza e forza, tutta la forza che avevo, quelle stupide stupide e inutili creature.
Loro erano già deboli, e la mia rabbia e la mia frustrazione rendeva i miei colpi più forti e più potenti, più veloci e più mortali. Non mi rendevo nemmeno conto di quello che stavo facendo, avevo solo bisogno di distruggerli, distruggere quello che il mio padrone trovava di bello in loro. Amerà solo me. Amerà solo me.
Avevo le lacrime agli occhi.
Il loro sangue cominciò a schizzare ovunque, anche sul mio viso. I miei pugni non si arrestavano, dovevo sentirli morire, dovevo sentire la loro vita andarsene sotto le mie mani, i loro occhi spegnersi, il loro battito cessare, il loro respiro affannarsi, le loro ossa rompersi. Mi fermai di fronte alle loro carcasse sanguinanti.
Ora ho distrutto la concorrenza.
Ora sono l'unica.
Ora mi amerai.
Ora devi amarmi.
Ma non lo fece.
Quando mi voltai vidi che era impallidito, gli occhi sgranati e tremava. Sudava freddo. Mi avvicinai. Volevo abbracciarlo, consolarlo, dirgli che ora era tutto finito e avevo vinto io. Ero io la vincitrice del suo cuore, così come mi aveva promesso quando mi catturò nel bosco.
Lui indietreggiò
“Cos'hai fatto? Cos'hai fatto?” Non capiva che l'avevo fatto per il suo bene, loro non l'avrebbero reso felice e soddisfatto come avrei fatto io. “Tu.. tu sei un mostro!” No, non lo ero. Ero solo gelosa, ero solo invidiosa. Loro avevano tutte le cure e io nemmeno un po'. Volevo solo che tu mi volessi bene tanto quanto ne volevi a loro.
“Vai via!” quella frase mi spezzò il cuore. Come poteva mandarmi via? Come poteva incolpare me dell'accaduto? Io volevo solo un po' d'affetto, volevo solo dimostrare quanto ero brava, volevo solo combattere per lui qualche battaglia. Come poteva avermi messo da parte e ora cacciarmi?

Me ne andai, lo feci davvero. Tornai nel bosco in cui ero nata e lì rimasi.
Dove avevo sbagliato? Io volevo solo dell'affetto, io dovevo solo allontanare da lui la concorrenza.
Perchè mi ha cacciata in quel modo? Cosa voleva da me? Pretendeva davvero che rimanessi impassibile a quei colpi mentre lui curava la sua amata squadra? Voleva davvero che io fossi una vittima sacrificale per i suoi pokèmon? Era questo il mio destino? Era questo che lo avrebbe reso fiero di me? O semplicemente gli serviva la mia evoluzione?
Rimasi giorni e giorni, distesa nell'erba alta, a pensare, a tormentarmi, a piangere.
Non ce la facevo, io gli volevo davvero bene e sarei morta per lui. Non potevo vivere senza il mio padroncino.
Non lo feci.
Dovevo perire per il mio padroncino, per questo mi aveva chiamata in lotta. Andai in cerca di guai.
Trovai ben presto un pokèmon più forte di me, un machop. Sono debole contro i tipi lotta. Non impiegai molto tempo a stuzzicarlo a dovere e farlo innervosire.
Presi un lungo respiro.
L'ultimo.
E pensai i nuovo al mio padroncino, se dovevo morire, volevo morire col ricordo del suo sorriso, quel sorriso che credevo felicità di quando mi sono evoluta.
E resistetti più che potei.
Quei pugni e quei colpi fecero davvero male, non era forte abbastanza da uccidermi con un colpo solo. Fu una lenta agonia, quella che dovevo sopportare per dare il tempo al mio allenatore di curare la sua squadra, dovevo resistere, resistere più che potevo.
Impiegò più di un'ora a finirmi, mi ruppe tutte le ossa e mi frantumò la pelle. Non volevo vedere il mio sangue, ma so che ne ho perso molto. Tenevo gli occhi chiusi, concentrata su quel sorriso.
Io volevo solo un po' d'amore.
Io volevo solo essere come loro.
Io volevo essere l'unica.
   
 
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