Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: polutropaul    02/03/2015    1 recensioni
John non si accorge nemmeno dell’uomo – alto, una massa informe al posto dei capelli – che si è seduto davanti a lui e lo fissa, l’aria concentrata e leggermente divertita, come se volesse dedurre la sua vita con qualche sguardo. È il brivido che gli provoca la sua voce calda e baritonale che lo costringe ad aprire gli occhi.
“Afghanistan o Iraq?”
AU; John è un ex fotoreporter di guerra, Sherlock un modello per un'insulsa rivista locale.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NoteLunghissime: Ehilà! Mi ripresento dopo anni (Seriamente, non pubblico più niente da due anni? Ho una fanfiction in sospeso… Aiuto!!) con una fanfiction che è più che altro un esperimento. Ebbene, settimana scorsa mi sono imbattuta in questo video di SoulPancake che, uhm, penso faccia più che altro esperimenti sociali e balle varie. Forse sto abusando del termine “esperimenti sociali” ma se conoscete un termine migliore cambierò subito, giuro xD In ogni caso, c’erano questi sconosciuti – e non – che si fissavano per quattro minuti senza distogliere per un secondo gli occhi (dovevano guardarsi anche con esplosioni nucleari o mammut ballanti alle spalle, per dire) e alla fine dicevano cose estremamente cicci e carine e coccolose e penso di essere morta di diabete e non so per quale arcano motivo mi siano venuti in mente John e Sherlock, giuro… ma eccoci qua. Non vi tedio oltre. Questo è il prologo: non ho la minima idea di quanto durerà questa long – la mia prima seria long! – e se la continuerò per sempre o la abbandonerò come tutti i miei precedenti lavori. Dipende dai miei risultati con l’aoristo greco (Ah! L’aoristo…) e varie altre cose come ispirazione, amici, vita privata, pubblica, sociale. Non ci crede nessuno, d’accordo. Ci ho provato. Buona lettura! Recensite, fatemi notare tutti, tutti, tutti gli errori e se avete consigli ovviamente li accetterò. Good night, babies!
Disclaimer: Ovviamente nessuno di loro mi appartiene. Sherlock e amicccci sono stati creati da Arthur Conan Doyle, Steven Moffat e Mark Gatiss. Io punto solo a rendere tutto un po’ più fluff e un po’ più gay. 
 

How To Connect With Anyone


 
John Watson è un fotoreporter-di-guerra-ora-non-più-in-guerra a causa di una grave ferita alla spalla, affetto da sindrome post-traumatica e da una zoppia – psicosomatica, stando agli appunti di Elsa – alla gamba sinistra che non gli permette di fare praticamente nulla. Ha un lavoro part time in un negozio di macchine fotografiche, una relazione poco seria con il suo capo e, il resto del tempo, un posto da cameraman in una rivista privata: esperimenti sociali su youtube, reportage sulla migrazione degli gnu, ricette di cucina e sporadici articoli di attualità dai quali ovviamente viene tenuto lontano. Vive in uno squallidissimo appartamentino in un altrettanto squallido vicolo di Londra e quando non è al lavoro passa ore intere seduto sulla sua scrivania a tentare di scrivere qualcosa di decente sul suo blog; “Parlare di ciò che ti è accaduto e che ti accade” gli ripete come un mantra la sua psicanalista “Potrebbe seriamente aiutarti, John”. “Non mi succede nulla” è la risposta di rito. D’altro canto, senza considerare Sarah, la sua ragazza – o quasi –, non ha nessuno. Sua sorella Harry è dall’altra parte dell’Inghilterra in riabilitazione per il suo alcoolismo – come se lei, proprio lei, avesse un qualsiasi buon motivo per esserlo – con la sua ex moglie Clara, nonché infermiera del centro in cui alloggia. Non ha sue notizie da prima del congedo; l’unico suo ricordo è uno smartphone riciclato e scheggiato in più punti. I suoi amici sono rimasti tutti in Afghanistan - chi è sopravvissuto, si intende; il camion su cui stava scrivendo un articolo sulla condizione disumana dei bambini afghani era stato preda di un imboscata ed era saltato in aria; chi era riuscito a scappare, come lui, era stato inseguito da una raffica di pallottole. I sopravvissuti si potevano contare sulle dita di una mano. Forse.
 
John lancia di malavoglia il giornale sul divano e accende la televisione. Danno un assurdo programma su vampiri teenagers – di nuovo – e qualche poliziesco: la squadra risolve il crimine in dieci minuti ma c’è una sparatoria con conseguente interrogatorio che li costringe a correre per acciuffare il cattivone di turno; il restante, interminabile episodio si basa sui litigi di due membri, amore platonico da otto stagioni e qualche sporadico bacio per allentare la tensione. Lei se ne andrà dal gruppo sussurrandogli un “ti amo”, facendo tirare il tanto atteso respiro di sollievo alle casalinghe che si saranno stufate di guardare una qualsiasi telenovela. Le scazzottate del bar sotto casa sono sempre più appassionanti. Di sicuro meno scontate.
Il cellulare squilla che lui sta ancora finendo il suo tè. Odia la gente che gli scrive messaggi di mattina.
Odia la gente che gli scrive, in generale e, forse, odia semplicemente la gente; forse, non l’ha ancora deciso. Sbuffa e accende il display.
John, ti dispiacerebbe arrivare un po’ prima?
Abbiamo un problema con il servizio. Mike
Mike Stanford, suo amico dai tempi delle scampagnate in campagna con le prime macchine fotografiche semiprofessionali ed ora redattore della rivista in cui lavora, è stata la prima persona che John ha visto dopo la guerra. Non sa se sia più la pena che prova lui verso Mike, per la sua mediocrità e mancanza di ambizioni – non che lui ne abbia, per l’amor di dio, ha visto fin troppo per poter solo pensare di desiderare ancora qualcosa – o quella che Mike prova per lui. Forse è per questo che l’ha assunto. In fondo, è un buon amico.
Il cielo terso minaccia pioggia, come al solito, e l’unica cosa a cui John riesce a pensare è che la metropolitana sarà uno stagno e che irrimediabilmente la sua gamba finirà per risentirne. In più, odia quel genere di servizi. “Esperimenti sociali”, ovvero “vediamo quanta gente stupida guarderà questo video commuovendosi e pensando che se comprerà una copia della nostra rivista o quel vestito che stiamo sponsorizzando sarà felice come gli attori – attori, non sconosciuti come vogliono far credere – presenti”. Cosa ci trovi poi la gente nel rendersi ridicola davanti ad un green screen giusto per avere un minimo di visibilità in più, quello proprio non riesce a capirlo. Comunque, anche se l’idea di ributtarsi a letto e crearsi un bozzolo di coperte fino alla fine dei suoi giorni non sembri così malaccio, John non ha assolutamente voglia – e neanche la possibilità, a dire il vero – di perdere l’unico lavoro che gli frutti davvero qualcosa; quindi indossa i primi pantaloni vagamente accettabili buttati alla rinfusa sul divano, un maglione sformato natalizio ed esce di casa, pronto ad affrontare il problema di Mike che, giusto per rovinargli un po’ la giornata, comprenderà orsi polari, zombie e, se sarà fortunato, magari anche un’invasione aliena.
“Come sarebbe a dire che manca un modello?” Sbraita John. Sì, decisamente peggio dell’invasione aliena. “Non puoi sostituirlo tu? O Mary, o Rachel, o chiunque altro! Diamine, non mi sembra di essere l’unico in questo fottuto posto!”
“John, ascolta. Non dovrai fare altro che fissare un uomo per quattro minuti. Fissarlo, ok? Senza distogliere lo sguardo, senza muoverti, senza aprire bocca. Non ti sto chiedendo di posare nudo per una rivista porno, chiaro?” John sembra preferire quell’opzione e Mike invece, Mike sembra davvero disperato. “Non possiamo rimandare. I modelli sono pagati. Steven è malato e abbiamo delle categorie e ti prego, sai che avrei cercato qualcun altro se ne avessi avuto modo…”
“Spero almeno sia figa, la modella” La risata di John si spegne improvvisamente, mentre la faccia di Mike e di chiunque altro li stia ascoltando diventa più rossa. Si sente qualche colpo di tosse. “John, non sarà una ragazza.”
Fantastico. La giornata si prospetta sempre più interessante. E dovrà seriamente parlarne con Mike, perché questa storia della sua apparente omosessualità gli sta sfuggendo di mano: andiamo, fa abbondante sesso con Sarah, che a quanto si ricorda è una ragazza – ne è certo, davvero – quindi cos’altro potrebbe ancora fare per convincere i colleghi e gli amici? Recitare la parte del ragazzino alle prese con la prima cotta per il compagno di banco non è contemplato nella sua lista, per quanto ne sa.
“Non sono gay” Dove sono finiti gli orsi polari e gli zombie?
“No John” Si sente qualche risatina tra gli ascoltatori – avvoltoi, quelli sono avvoltoi – “Ovviamente no, ma sono solo quattro minuti…”
John grugnisce in risposta e si allontana, pensando di affogare i suoi dispiaceri in una seduta di trucco e parrucco su quella poltrona che, fino al giorno prima, ha guardato con malcelato disprezzo; i soggetti che ha ripreso lui fino a poco prima non potevano neanche permettersi della terra da spalmarsi in faccia e quel cerone non è di sicuro tra i più economici.
Alla fine sembra più giovane almeno di dieci anni.
Il maglione, però, si rifiuta di cambiarlo: ha accettato di diventare una bambola e di stare dall’altra parte della telecamera.
Qualche condizione deve mettercela anche lui.
 
Sta aspettando ormai da mezz’ora seduto su una seggiola da regista nell’angolo più buio che ha trovato sul set: il modello non è ancora arrivato nello studio; sente Mike parlare al telefono con quello che deduce essere un poliziotto – polizia, davvero? È un modello, è un uomo e ha persino problemi con la polizia? – e dice qualcosa che dovrebbe essere un “Non fa niente, quando finisce digli di venire” ma che suona più come un “Se non muove quel culo è la volta buona che gli spacco i denti” e John ride, ride di gusto: quella giornata non sta andando male solo a lui e sì, è immorale, ma ne è quasi contento. Maledetti stronzi, loro e i loro inutili servizi su bacini, bacetti e sguardi innamorati. E John non è gay, non lo è per niente, quindi che se li sognino, quelli: John non bacerà uno sconosciuto.
Sta aiutando il nuovo cameraman a inquadrare nel modo giusto i due attori sul set – una coppia sposata e un bimbetto che continua a strillare e a parlottare senza curarsi nemmeno un secondo del mondo circostante – quando viene distratto da due persone che urlano nella stanza accanto. Molly ha appena buttato una tazza di caffè fumante per terra e sta sbraitando contro un uomo che non ha mai visto prima; è di spalle, ma nota subito la differenza di altezza tra lui e la segretaria e la massa informe che si trova al posto dei capelli: la sola vista di quelli gli provoca un’ansia e un’irritazione considerevoli che non capisce davvero da cosa siano causati.
Nel frattempo sul set è finita la scena e stanno preparando altre due sedie: dalle cartelline appese ad ognuna realizza che è il suo turno. Si siede e chiude gli occhi: hanno tutti smesso di urlare.
Non si accorge nemmeno dell’uomo – alto, una massa informe al posto dei capelli – che si è seduto davanti a lui e lo fissa, l’aria concentrata e leggermente divertita, come se volesse dedurre la sua vita con qualche sguardo. È il brivido che gli provoca la sua voce calda e baritonale che lo costringe ad aprire gli occhi.
“Afghanistan o Iraq?”
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: polutropaul