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Autore: Naki94    03/03/2015    2 recensioni
A Mason Creek continuano le ricerche dell'agente dell'FBI Jersey Shown non solo sulla recente scomparsa di Sofia Monroe, ma di altri due ragazzi: Martin Hoover e Jason Davies. E mentre gli abitanti di Mason Creek, soprattutto i genitori dei ragazzi scomparsi, diventano sempre più inquieti, emerge dal passato la leggenda di un demone soprannuminato Lo Slender. Il detective Shown dovrà combattere contro le superstizioni di un paese intero mentre continua la sua indagine su un caso sempre più intricato.
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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 Sento un grido strozzato di Crugher. «No! No!». Nel dimenarsi allontana Wide spingendolo contro un ceppo. Forse lo stesso ceppo d'albero su cui Irina e Sofia avevano posizionato la macchina fotografica. Crugher si alza a fatica scomparendo oltre i rami neri del bosco, mentre Billy arranca verso il figlio Eric, ancora disteso a terra. Le gocce di pioggia si uniscono al sangue che cola sul volto dalla tempia di Wide, mentre io, senza pensarci, inseguo nelle tenebre quel pazzo. Vedo pochissimo in tutto quel buio, ma i rumori dei suoi passi frettolosi sono ben udibili anche a quella distanza. I rami e i rovi continuano a lacerarmi la pelle. Li sento, ma non provo dolore. Ora la mia mente e il mio corpo sono alleati contro un nemico più grande.

Nessun rumore. A un certo punto tutti quei passi nel buio cessano. Rallento e con entrambe le mani tengo ben salda la pistola verso la vuota oscurità.

Una voce cupa e roca si muove improvvisamente nell'aria fredda. «Lui ci sta osservando detective, il Lord è qui con noi adesso».

Mi muovo a scatti e in modo circolare su me stesso nell'oscurità, cercando di individuare la provenienza di quel terribile suono.

«Esatto detective, ha capito bene. Continui a girare su sé stesso e capirà il senso di questa esistenza. Siamo intrappolati in un cerchio, mentre Carachura si prepara di nuovo alla battaglia».

La mia vista nel frattempo migliora, si abitua al buio. Distinguo i tronchi d'albero e la sagoma dei rami secchi. Non vedo Crugher.

«Abbiamo già compiuto tutto questo, se lo ricorda? Eravamo a Carachura, sul cammino del prete sadico. Il Lord ci osservava dalla sacra altura».

Rimango in silenzio. Quelle metalliche parole mi disturbano e mi terrorizzano. Mi penetrano nel cervello come un chiodo. Rimango però concentrato sforzando gli occhi e la vista.

Mentre la voce sembra avvolgermi da ogni lato, sento alle mie spalle un leggerissimo fruscio, quasi impercettibile. Così mi volto di scatto, ma troppo tardi. Con un calcio ben assestato mi spacca probabilmente un dito della mano sinistra. Perdo l'arma, la sento roteare e cadere al suolo. Con la mano destra carico un pugno. Colpisco il vuoto e sento quel demone afferrarmi il braccio. D'istinto gli frantumo la faccia gettando, con tutta la forza possibile, il gomito all'indietro. Finalmente l'ho beccato. Rotola un attimo a terra. Il tempo per me di chinarmi e cercare la pistola. La sento fredda al tatto. Quando mi volto i suoi occhi lo ingannano. Sono ben visibili, gialli e lucenti nel buio. Sparo e il boato del colpo esplode nel silenzio del bosco. Il lampo di luce illumina brevemente il corpo di Crugher che cade a terra.

Mi avvicino per accertarmi delle sue condizioni, non ho la minima idea di dove sia finito il proiettile. Intanto la mano sinistra accusa un dolore mostruoso, ma sopporto. Sono a dieci centimetri dalla sua faccia quando nel buio la sua voce si fa sentire. «Credi di aver sconfitto il vero mostro alla fine dell'incubo, detective?». La voce è ridotta a un sibilo sforzato.

«Se non tu, figlio di puttana, chi? Il Lord, forse?».

«Il Lord è il motore immobile di tutta questa faccenda». Tossisce. «Ma è limitato da leggi fisiche. Egli comanda il demone che tutta questa stupida città ha soprannominato Slender. Lui è il tuo nemico».

«E tu sai chi è».

«So chi era e so chi è ora». Ogni forza lo sta abbandonando, devo averlo colpito in punto vitale.

«A chi devo dare la caccia?»

«Cacciatore, con la tua interruzione del rito non saprei dirti dove la tua prede sia finita».

«Fammi un nome, cazzo!».

Crugher non risponde e il silenzio del bosco intorno a noi inghiotte i suoi ultimi affannosi respiri. «Un nome!»

L'ultimo sospiro prima della morte è preceduto da un nome lasciato cadere e scivolare nell'aria. «Jason».

Lascio lì il cadavere e guardandomi intorno cerco di orientarmi. Niente da fare. Non ho idea della mia posizione. Cerco le sigarette nella tasca e mi rendo conto di aver perduto pure quelle. Fortunatamente ritrovo l'accendino con il quale riesco a farmi strada tra i fitti rami del bosco. Seguo il suono del fiume sapendo che, per tornare verso il luogo del sacrificio, devo tenermi alla sua sinistra.

In questo modo raggiungo Wide. La scena mi frantuma l'anima in mille pezzi. Billy tiene stretto suo figlio incosciente tra le mani cercando di tenerlo al caldo. Mi avvicino di corsa. Tasto il polso del ragazzo. E' ancora vivo, ma ha un respiro irregolare. «Forse è entrato in coma! Dobbiamo portarlo subito all'ospedale, Billy!».

Wide è in lacrime e sembra non reagire alla situazione, così gli faccio capire l'urgenza e l'importanza del fattore tempo. «Facciamo in questo modo: io cerco di raggiungere il più velocemente possibile la casa di Crugher, lì c'è un telefono. Chiamo l'ambulanza! Tu stai qui col ragazzo!».

Non li lascio nemmeno il tempo di rispondere che il mio copro già corre tra i rami fitti del bosco, verso l'aperta campagna.

Raggiungo il retro della villa ed entro dalla finestra senza inferiate. Quando sono dentro trovo il telefono e chiamo l'ospedale di Mason Creek. La seconda chiamata la faccio alla centrale di polizia. Spiego brevemente l'accaduto e faccio mandare da Kooper una squadra al bosco e un'altra alla villa. Non ho più forze quando riaggancio la cornetta e faccio scivolare la schiena lungo la parete muro fino a sedermi a terra. Penso a Wide da solo col figlio privo di coscienza nel bosco. Penso a Crugher e a tutte quelle parole. Ci avrei riflettuto in un altro momento, ora sono senza energie. Lascio che il buio entri dentro di me, chiudo per un po' gli occhi finché la squadra mandata da Kooper non mi trova.

Mi risveglio in ospedale su di un letto scomodissimo e il bip del battito cardiaco sul monitor.

La vista sfuocata riconosce Wide a lato del letto. Ha due cerotti bianchi sulla fronte. Mi guarda d'istinto la mano sinistra: ingessata fino al gomito.

«Come sta Eric?». Chiedo immediatamente.

Dall'espressione capisco la risposta, ma lascio che si Wide a dirmelo. «E' in coma e i medici dicono di non sapere quando si risveglierà. Mi resta solo da pregare, Shown».

«Non perdere le speranze, Billy. Pensa sempre che tuo figlio è l'unico ad essere tornato indietro. Molte famiglie qui a Mason Creek ancora aspettano di riabbracciare il loro figlio perduto, che non tornerà mai tra le loro braccia».

Credo di averli fatto ritrovare un briciolo di positività con quelle parole, così lui mi risponde. «Grazie Jersey, senza di te non avrei nemmeno più rivisto Eric. Ora torno da lui».

Wide si volta allora di spalle e raggiunge la porta. Prima di vederlo scomparire nel corridoio lo chiamo. «Wide!». Lui si volta e mi da attenzione.

«Non ho mai capito perché Kooper ha chiamato un detective della Squadra Omicidi, dal momento che si trattava solamente di persone scomparse».

Mi accorgo che stiamo rallentando solo quando il fischio ferroso dei freni mi penetra pungente nei timpani. Così mi sveglio e ricordo di essere in treno. Le gocce di pioggia rigano il vetro sporco e appannato sul quale mi ero assopito. Osservo il mio volto quarantenne riflesso sul finestrino e penso a quelle formose occhiaie che sporgono nere sotto gli occhi.

Il treno si sta fermando alla stazione di Mason Creek, una piccola città di pianura ad est, circondata perlopiù da un fitta linea di pioppi, salici e querce che sorgono sulle sponde del torrente. Il fiume si affianca alla periferia separandola dall'aperta campagna. Un luogo isolato e teatro di numerosi incidenti, dieci anni fa ero stato chiamato a seguire i passi di un giovane ed inesperto detective su un caso di omicidio passionale. Detective, già, al pensiero la mia mano raggiunge l'acciaio freddo del cane della Smith & Wesson nella fondina e il bordo in pelle del distintivo dell'FBI appeso alla cintura.

Il treno si ferma e penso a quello stronzo di Ed Green, tenente capo della unità omicidi dell'FBI e all'incarico che dodici ore fa mi ha affidato a proposito della ragazza trovata morta proprio in quel bosco vicino al fiume.

Sofia Monroe, diciassette anni, capelli corti e occhi neri, alta all'incirca un metro e settanta, dalla foto recente, che ora mi accorgo di tenere tra le mani gelide, noto nel suo volto l'espressione ribelle di un'adolescente avventurosa e in cerca di nuove esperienze. Sofia Monroe, scomparsa quattro giorni fa, secondo gli inquirenti tra le sette del pomeriggio e mezzanotte. Trovata morta la mattina scorsa. Il corpo era seminudo e crocifisso ad un tronco d'albero. E' già caso nazionale.

Quando scendo alla stazione accendo subito una sigaretta e attendo che il treno riparta nella direzione contraria finché la solitudine non si unisce al silenzio e il fumo grigio di sigaretta non si lega in un tutt'uno con la foschia della bassa pianura.

Raggiungo la centrale di polizia di Mason Creek a bordo di un'auto della polizia, un certo Billy Wide mi attendeva al parcheggio della stazione. Una sensazione strana mi invade. Quell'uomo, Billy Wide, credo di averlo già visto. Non ci penso e salgo in macchina.

 

   
 
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