Parte 4
A tre giorni di distanza, dopo un’ orribile commedia
romantica che si era costretta a vedere e soprattutto dopo quasi una bottiglia
di gin, il ricordo delle parole delle sue amiche faceva un altro effetto a Crudelia. Forse era stato anche il nuovo incontro che aveva
avuto quella mattina con il dottore, insieme allo strano benessere che si era
ritrovata a provare, a contribuire al raggiungimento di quella consapevolezza;
fatto sta che allo scattare della mezzanotte, la donna scattò in piedi, animata
da un’improvvisa – e forse non del tutto cosciente – decisione.
Nel buio della tarda serata invernale, si udiva solo
l’inconfondibile Panther De Ville sfrecciare
letteralmente per le strade semi deserte di Storybrooke.
Con quella velocità, non sarebbe stato difficile ritrovarsi coinvolta in un
incidente o, ancora peggio, essere arrestati per guida in stato d’ebbrezza;
eppure, per qualche strana insolita benevolenza del fato, nè
passanti né automobili né sceriffi sembrarono intenzionati a mettersi in mezzo
alla sua strada e provare a distoglierla dall’obiettivo che aveva in mente.
Nemmeno la sua stessa razionalità, o per meglio dire quello che ne era rimasto
dopo tutti quegli anni tra alcool, fumo e atti immorali.
Incolume, senza ostacoli, giunse nel giro di qualche minuto
sotto l’abitazione del dottor Hopper che – altro aiuto del fato – si trovava
esattamente sopra il suo studio. Parcheggiò l’auto senza troppa accortezza come
sempre e dimenticò perfino di lasciare la bottiglia di gin; in una fretta nota
solamente a lei, ancora forse sull’ondata del primo entusiasmo, entrò
nell’edificio e corse quasi – nonostante i tacchi e la semisbronza – per le
scale fino ad arrivare di fronte alla porta. Suonò due volte il campanello,
incurante dell’orario, ma quando si ritrovò finalmente davanti l’espressione
confusa e anche un po’ assonnata dell’uomo, la sua determinazione sembrò
evaporare improvvisamente.
“Crudelia! Cosa è successo?”
domandò Archie mostrando la sua sorpresa ma anche
allo stesso tempo la sua preoccupazione, che crebbe ulteriormente quando notò
la bottiglia di gin stretta nel suo guanto rosso: “Hai bevuto tutto
quell’alcool adesso?”
La domanda sembrò riscuotere la donna dall’immobilità che l’aveva
colta e le fece alzare automaticamente la mano per sincerarsi dello stato della
bottiglia.
“No, ce n’è rimasto ancora un terzo più o meno, vede?”
rispose, mostrandola all’uomo “In ogni caso ne avevo bisogno per dirle quello
che sono venuta a dire…” aggiunse, abbassando di poco
il tono della voce e non nascondendo l’improvviso imbarazzo.
“E… E cosa è venuta a dirmi?”
incalzò l’uomo, mentre la sua espressione sfumava adesso in pura curiosità.
Crudelia provò ad aprire la bocca un paio di
volte, ma l’unico risultato fu un mezzo sorriso privo di reale significato. Non
era abituata a queste cose, ecco la giustificazione che ripeteva a sé stessa
per spiegarsi il proprio inusuale atteggiamento in quella circostanza, ma in
ogni caso mentre era coinvolta in una sorta di dibattito interiore, il tempo
passava e lei continuava a restare in silenzio. Solo dopo un po’, riuscì ad
alzare di nuovo gli occhi, ma il suo sguardo, probabilmente per deformazione
professionale, fu catturato dall’abbigliamento dell’uomo. Non indossava un
pigiama, segno che, nonostante la stanchezza che il suo viso dimostrava, non
era ancora andato a dormire, anche se a parere della donna il pigiama sarebbe
stato decisamente più presentabile.
“Quel maglioncino a rombi è davvero osceno!” esclamò alla
fine, tirando fuori l’unico pensiero certo e di senso compiuto che
effettivamente era nella sua mente in quel momento “E non è solo questo! Hai
sempre un sorriso snervante e una calma insopportabile! Per non parlare della
una irreprensibile moralità che trovo a tratti nauseante!” continuò, parlando a
ruota libera, dandogli deliberatamente del tu e lasciandosi prendere da
un’improvvisa irritazione che era diretta più a sé stessa che al dottore.
Archie accolse in silenzio quel fiume di
parole, dimostrando ancora una volta quella calma di cui era stato appena
accusato. A uno sguardo più attento tuttavia, non era difficile scorgere nel
suo sguardo la delusione e anche una sorta di malcelata sofferenza.
“Mi era sembrato di capire che avevo la tua simpatia…” disse semplicemente, senza particolare colore
nella voce, richiamando la conversazione che avevano avuto solo una settimana
prima.
“Ma è così!” rispose lei precipitosamente, trovandosi di
nuovo coinvolta nel dilemma se scappare a gambe levate o se tentare di recuperare la situazione “Io non
volevo dire questo… Non sono venuta di certo per
insultarla – anche se i motivi francamente ci sarebbero -…
Io…”
L’afasia la colse nuovamente e la frustrazione di non
riuscire a esprimersi e di non sapere esattamente come farlo, trovò sfogo in un
approccio brusco e diretto, più consono al suo modo di fare. Fece un passo
avanti e afferrando con la mano libera proprio quel maglione che tanto odiava,
attirò Hopper a sé e, prima che lui potesse reagire, stampò un bacio sulle sue
labbra, un bacio che sapeva di gin e
disperazione, un bacio che però non trovò la risposta sperata.
Accorgendosi del fatale errore commesso, Crudelia
si allontanò rapidamente mentre l’imbarazzo, l’umiliazione e la rabbia verso sé
stessa cominciavano a fare a gara per impadronirsi di lei. Ma alla fine vinse
un’amara rassegnazione e fu quel sentimento e lasciarla per qualche istante
immobile con un sorrisino privo di allegria e le lacrime che premevano per
uscire. Ecco perché odiava il rischio dell’amore, ecco perché aveva sempre
preferito un bicchiere di gin col ghiaccio al calore di un bacio, ecco perché
le pellicce erano il suo vero amore: forse per le persone come lei il lieto
fine era destinato a rimanere la frase conclusiva di una splendida fiaba che
aveva altri protagonisti. I cattivi non ottengono mai il lieto fine, non
vincono mai, e come sarebbe potuta essere una donna dal nome emblematico di Crudelia De Mon a
cambiare le cose?
“Credo che alla fine sono io la vera imbecille…”
mormorò alla fine in tono ironico, con una calma talmente innaturale da
apparire potenzialmente più distruttiva di uno scoppio di ira.
Ma quella calma ebbe vita breve e ben presto, la donna si
ritrovò a scendere rapidamente le scale, pronta ad andarsene così come era
venuta: la bottiglia di gin in una mano e una folle agitazione, che però a
differenza di pochi minuti prima non derivava da una folle speranza, ma da una
scottante umiliazione. Continuò a scendere le scale un gradino dopo l’altro,
incurante dei richiami che udiva alle sue spalle, almeno finché non udì la voce
di Archie sempre più vicina e non sentì la mano
dell’uomo stringerle un braccio nel tentativo di fermarla. Solo allora decise
di arrestare il passo, prendendosi qualche istante per tentare di ricomporsi e
di mettere su tutta la dignità da cattiva delle fiabe che le era rimasta per
affrontare il patetico discorso che sicuramente l’uomo avrebbe tentato di
farle.
Quando finalmente si voltò però, si ritrovò immediatamente a
constatare quanto quella preparazione psicologica era stata inutile; il dottore
infatti non disse nulla, al contrario fu lui stavolta a far incontrare le loro
labbra in un bacio dolce ma anche animato da un’inaspettata passione.
“Sono io l’imbecille…” mormorò lui,
staccandosi leggermente dal contatto solo quando l’esigenza d’aria lo rese
necessario. “E’ che non sono abituato a queste cose e-“
“Su questo possiamo essere d’accordo” fu la pronta
interruzione di Crudelia in un tono complice. Del
resto sapeva benissimo cosa volesse dire non
essere fatti per certe cose.
Archie sorrise a quelle parole e restò per
qualche istante a contemplare in silenzio l’espressione della donna. C’era un
sorriso dolce, sincero e forse addirittura felice sulle sue labbra e nei suoi
occhi un’intensità che non aveva mai visto in nessuno; in quel momento era come
se la donna da tutti chiamata non troppo a torto “demonio” si fosse tramutata
in un angelo.
“Non ho mai pensato di vederti sorridere in questo modo…” rivelò spontaneamente, stringendola di più a sé come
se potesse vederla sparire da un momento all’altro.
Ma Crudelia non fece nessun
tentativo di divincolarsi; alzò semplicemente gli occhi al cielo e scosse
leggermente la testa. “Non si lusinghi troppo, dottore…
Potrebbe anche essere colpa del gin” replicò lasciando trapelare nella presunta
acidità, un fare scherzoso.
Archie ridacchiò leggermente e,
interpretando quella battuta come una sfida, le sottrasse la bottiglia, per poi
condurla con la mano libera di nuovo verso il suo appartamento. A porte chiuse
ripresero a baciarsi, lasciando il tempo fuori e cancellando ogni presunto
ruolo dalle loro menti, certi che una lucida riflessione sulle loro
corrispondenze fiabesche, avrebbe spezzato l’incanto e sottolineato l’assurdo;
tutti e due a modo proprio erano disillusi in fatto di lieto fine e quel
momento risvegliava così tanto il loro cuore che sarebbe stato sciocco
lasciarselo sfuggire dietro obiezioni dettate dalla ragione.
Era una situazione
assurda, ma forse stava proprio nell’assurdo la chiave della felicità.
Unico testimone di quella nascente follia fu Pongo, che
stranamente non abbaiò mai di fronte all’inconsueta scena. Neppure una volta.
NDA:
“Il prossimo
aggiornamento arriverà più rapidamente”: sì, lo so, sono pessima :( ma adesso,
conclusa la sessione invernale e ricominciato OUAT, torno di nuovo qui con
questa crack ship! Con questo penultimo capitolo, finalmente
ho fatto smuovere definitivamente le cose tra loro, spero che non sia sembrato
troppo affrettato e troppo assurdo… Ma diamo la colpa
al gin :P
A proposito
(veramente non troppo a proposito), ho in mente tantissime idee da scrivere che
coinvolgono soprattutto Crudelia ma anche altri
personaggi, quindi popolo di efp, anche se so che
siete stufi di me, “be prepared”
(cit. Scar) ahahah
Alla
prossima con l’epilogo!
LadyPalma