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Autore: Chesy    03/03/2015    3 recensioni
Avete presente la sottile linea che separa il mare e il cielo?
Non esiste, è solo un'illusione.
E l'annullarsi del confine, concede a due persone di potersi incontrare.
Questa è una storia dove il mio mare è il tuo cielo, e le onde, in realtà, sono correnti d'aria.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A mia madre.
 
‹‹Alec looked stricken. “We’ll die together,” he said. “Let me stay at least, with you.” “
You have to go back. You have to go back to the world.”
“I don’t want the world. I want you,” Alec said, and Magnus closed his eyes, as if the words almost hurt.»

 
Il Cielo Non è Altro Che Un Mare Capovolto.

 
Il sole non era ancora sorto, quando il bus si accese e partì, seguendo i ritmi di una strada dissestata: l’aria era carica di eccitazione, e quasi tutti si agitavano come gatti in trepida attesa del loro primo pesce. Io, invece, preferivo continuare a leggere il libro che avevo tra le mani: un classico fantasy pieno di avventure e amore, ma anche di perdite e sofferenza.
I primi raggi inondarono le pagine, canti stonati si alzavano dai sedili: i miei amici scalpitavano sempre più, e alla vista del mare si alzarono urla di gioia, mentre asciugamani e creme solari presero a volare di mano in mano, come se ci avessero catapultato, improvvisamente, tra le bancarelle di un mercato.

-Staccati da quel libro! – la voce di Izzy mi colse di sorpresa. –Guarda che panorama.-

I miei occhi si posarono ciò che la ragazza stava indicando: una distesa di blu e azzurro luccicava dinanzi a me, il sole faceva scintillare il tutto come se fosse un mare di diamanti. Non riuscivo a vedere una fine e, ingenuamente, pensai che il cielo non era altro che un mare capovolto, destinati a sfiorarsi e mai a fondersi del tutto.
Il bus frenò bruscamente vicino alla spiaggia, la sabbia fine era ancora umida e bruna a causa della marea: notai che il nostro era l’unico veicolo presente nel raggio di parecchi metri, e che gli altri erano solo dei motorini e qualche bici.
La spiaggia, in compenso, era ancora più deserta.
Il che sembrò rallegrare tutti.

-Andiamo a fare il bagno?- Emma si materializzò alle mie spalle, sorridendo.

-Ma l’acqua non è ancora fredda, a quest’ora?- sbuffai, guardando l’orologio.

-Il freddo tonifica la pelle, è risaputo.- Catarina si fece valere con le sue conoscenze mediche.

-E ti fa venire il raffreddore.- commentò Aline.

-Okay, okay, rinfoderate le armi ragazze.- Helen avvolse Aline in un abbraccio protettivo. –Che ne dite di una passeggiata in costume? Così quando abbiamo caldo ci tuffiamo in acqua senza problemi.-.

-State facendo un vero bordello, lo sapete?- ammisi, sbuffando. –Vado a cambiarmi dietro a quelle rocce, vi raggiungo tra un minuto…-

-Se tardi non ti aspettiamo!-

Salutai Izzy e le altre, andando a nascondermi dietro ai grandi roccioni che spuntavano dalla sabbia: il mare si era ritirato da un pezzo, ma la sabbia era comunque umida e fredda, il che aiutò a gelare i miei piedi nudi in meno di un minuto. Oh, maledetta circolazione.
Mi guardai attorno e, dopo un attimo, tolsi il berretto e sfilai la maglietta scura: con la coda dell’occhio, neanche una frazione di secondi dopo, colsi una figura poco lontana da me.

 
‹‹You know, that day it’s as though I was destined to meet that strange guy.»

 
 
Era un ragazzo e, anche da seduto, capii subito che era molto alto: lunghe gambe magre erano fasciate da un paio di pantaloni bianchi, il torso nudo e la carnagione abbronzata risaltavano a contatto con quel colore chiaro. I piedi nudi accarezzavano la sabbia, il viso spigoloso ammirava la distesa blu dinanzi a lui: i capelli neri erano scompigliati dal vento e i suoi occhi, sottili occhi stranamente dorati, erano pensierosi, quasi guardassero qualcosa che non poteva essere raggiunto.

Mi bloccai, arrossendo, optando per defilarmi senza farmi scoprire: ma proprio mentre mi stavo avviando verso i miei amici, una folata di vento m’investì, facendo volare nella direzione opposta il berrettino che avevo in testa. Voltami, cercai di afferrarlo, ma essendo troppo bassa lo mancai di almeno una spanna.

Una figura si parò davanti a me, la stessa che prima avevo notato seduta nella sabbia: afferrò il berretto senza neanche alzarsi sulle punte. Incrociai il suo sguardo, gelandomi sul posto: i suoi occhi, come giada, mi osservarono stranamente minacciosi. E, notai, erano lievemente arrossati.
Chiusi gli occhi di riflesso, ma l’unica cosa che accadde fu sentire una lieve pressione sulla testa, e una visiera famigliare a proteggermi dai raggi del mattino: quando aprii le palpebre lui era lì, e mi scrutava.

Ma il suo sguardo non mi parve più così minaccioso.
 
‹‹Esiste davvero, quel confine?»

 

-Uhmm…grazie mille, per il berretto.-

Non rispose, continuando ad osservare il mare: seduta così vicino a lui, non potei fare a meno di notare quanto fosse bello.

-Sei triste?- aggiunsi, per rompere il ghiaccio.- Ho sempre pensato che una persona che guarda il mare, venga colta da una sensazione di malinconia. Ma….-

Sentii il suo sguardo sul mio viso, il fruscio della sabbia: continuai a guardare l’acqua, sorridendo debolmente.

-Mi sono sempre detta che desidero stare in un posto come questo, un giorno.-

Ci fu nuovamente silenzio tra di noi, ma non più teso come prima.

-Stai pensando a qualcuno, vero?-

Silenzio.

-Un amico in mare.- disse, alla fine.

La voce era profonda, ma gentile.

 
‹‹I thought I could heard, the sky, the sea wind, and his story. »

 
 
S’immerse nel mare blu, l’acqua che lambiva la pelle come una fiamma gelida: il cuore accelerò la sua corsa, le palpebre si dischiusero, e tutto apparve chiaro ai suoi occhi. E mentre l’aria si faceva strada nei polmoni, e come un cronometro segnava il tempo che passava, non poté fare a meno di notare che lì, in quel preciso istante, il cielo e il mare erano fusi in un unico elemento.

Era come un lungo, ma breve nel mondo reale, momento di pace e perfezione.
Ma poi arrivarono le bolle, così tante da oscurare la visuale: una figura nacque da tutta quell’aria, una figura allungata e nivea, i capelli come inchiostro, gli occhi come il mare placido del mattino.
Era lì, e lo osservava: l’interesse era vivido nei suoi occhi, ma altrettanto minacciosa era l’aura che lo circondava. Lo guardava come se fosse qualcosa di unico, raro, una figura quasi estranea nel suo territorio: e mentre il ragazzo dai capelli neri gli girava attorno, nuotando con estrema grazia, l’altro si voltava per seguire i suoi movimenti.

Poi se ne andò, allontanandosi tanto rapido da non lasciargli il tempo di dire molto.
Solo semplici, speranzose, parole, abbandonarono le sue labbra.

-Diventiamo amici!-

Un lungo sguardo, di un blu profondo, fu l’unica risposta che ebbe.
 
‹‹Non c’è confine. Non c’è né inizio né fine. »

 
 
-Tutto bene? Ho detto qualcosa di sbagliato?-

La domanda era lecita, visto che si era passato una mano sugli occhi, sospirando, come se il sole, oramai alto in cielo, gli facesse troppo male.

-No, sto bene.- riprese a parlare dopo un attimo. –Hai un registro di tutti i tuoi amici?-

-Beh, suppongo di sì.-

Mi grattai il capo, osservandolo mentre si alzava e si piazzava davanti a me, le nuvole sembravano accarezzare i suoi capelli, tutte arruffate nel cielo limpido.

-Senti, ma….se hai perso i contatti con lui, perché non provi a rintracciarlo?-

-Lui….è già morto.-

E le sue parole mi colpirono come un pugnale.
 
‹‹Death, such a heavy and foreign concept »

 

Era un pesce solitario, Alec.
Non perché non amasse la compagnia, ma probabilmente perché la sua stessa esistenza era impregnata di solitudine, anche se attorno a lui il mondo era pieno di bellezza. E lui poteva nuotare così velocemente, persino i nemici gli mancavano: era tutto distante e niente e nessuno lo toccava.
Nessuno voleva avvicinarsi a lui, che nuotava tanto veloce da non potersi voltare indietro.

Lui, una figura minacciosa bramosa di conoscere il mondo e i sentimenti che lo animavano.

-Hey.-

Alzò il capo dal fondo del mare, la roccia solitaria la sua unica casa: e lì, ora poteva notarlo, vi era la luce del mondo esterno che filtrava e lo abbracciava con i suoi lunghi raggi luminosi.

-Hey, sono qui.- la voce era più forte, adesso.

E poi lo vide, un sorriso ancor più luminoso del sole: denti bianchi e capelli neri, occhi che sembravano intrappolare la luce dorata. Non osservava gli altri.
No, quel ragazzo stava guardando proprio lui.
S’immerse del tutto nell’acqua, mostrando la sua figura slanciata e tonica, i capelli che ondeggiavano come accarezzati dal vento.

-Vieni con me.- aggiunse, facendogli un cenno con la mano. –Voglio farti vedere un posto.-

Non capì cosa lo spinse a raggiungerlo, ma lo fece: per la prima volta, sentiva il cuore battere forte, come se stesse nuotando troppo velocemente. Eppure, adesso, si stava muovendo in maniera lenta e aggraziata, senza affrettare i tempi, per godersi ogni istante.
Emerse dall’acqua, e si accorse che era arrivato il crepuscolo: scrollò il capo, i capelli neri appiccicati alla pelle bianca, l’aria che entrava nei polmoni, fresca, e il sapore della notte imminente sulla lingua.
Si voltò, e lui era lì: appollaiato su un pezzo di legno galleggiante, lo osservò senza smettere di sorridere: poi voltò il capo, facendo sì che Alec lo imitasse.

-Guarda.- disse. –Questo è il mio regalo per te.-

La notte nascondeva tutto.
Ma la luce la completava, e la città spiccava in mezzo al un crepuscolo morente: ogni luce pulsava di vita, ogni lacrima sembrava brillare più intensamente vicino alle sorelle. Il buio incombeva, passo dopo passo, e nascondeva il confine che vedeva mare e cielo sperati all’infinito: ma lì, davanti a quello spettacolo, Alec si accorse che quella linea di demarcazione non esisteva.
E mentre guardava Magnus, il viso rivolto alla luce, gli occhi che brillavano per l’emozione, si concesse di pensare che, se avesse potuto esprimere un desiderio, avrebbe chiesto di poter tornare lì, ogni sera, accanto a quel ragazzo dagli occhi dorati.

 
‹‹Is your sky blue always blue or is it only my ocean that’s like this. »

 
 
Sarebbe accaduto qualcosa di brutto, Magnus lo sentiva: lo percepiva così vivido nella pelle da sentirlo bruciare, lo vedeva mentre il destino si compiva dinanzi a lui. E una rete calava, precludendogli ogni possibilità di fuga: tutto fu nero e bianco, e l’opprimente sensazione che avrebbe perso qualcosa d’importante, gli fece scoppiare il cuore nel petto.
 
‹‹Non essere triste… »

 
 
L’acqua entrò, senza pietà, nei polmoni e bolle d’aria salirono rapide verso la superficie: si guardò attorno cercando di mettere a fuoco, il mondo che si faceva luminoso troppo lentamente per lui. La testa gli doleva, e si sentiva soffocare.
Capì di avere le mani legate solo quando sentì il dolore.
E una corda che incideva solchi profondi nella carne, il sangue che si perdeva nell’acqua del mare: Magnus rivolse lo sguardo verso l’alto, verso la superficie, il mondo che l’aveva tradito.

-Bastardi! Che cosa volete?-

Nell’esatto istante in cui le parole uscirono dalle labbra, capì.
E l’aria era troppo poca, per poterglielo dire in tempo.
Alec era davanti a lui, i denti stretti per la fatica della lunga nuotata: gli prese il viso tra le mani, guardandolo negli occhi.
Dio, avrebbe voluto perdersi, in quegli occhi.

Lo circondò con le braccia mentre cercava di slegare quel nodo: fece il giro per ritentare, ancora e ancora, le dita che si scorticavano ad ogni tentativo fallito e la corda che non ne voleva sapere di allentarsi.

 
‹‹In my next life if I could choose... »

 
 
-I gabbiani sono le esche migliori per attirare gli squali.- disse. –Il loro sangue è come il miele che attira le api…-

I due pescatori guardarono la corda calata in acqua oramai da tempo: il mare era calmo, quasi piatto, l’ideale per avvistare ogni piccolo movimento.
Il ragazzo dai capelli color sale guardò l’acqua con aria annoiata: gli occhi scuri scrutarono l’azzurro con attenzione, in paziente attesa.

-Sei sicuro che sia il modo giusto?-

-Dovrebbe essere ora, Seb.-

Quasi avesse udito un segnale, l’acqua prese a muoversi, frenetica: il cavo ondeggiava come le onde in tempesta, la barca oscillava dinanzi a quel brusco movimento. Il ragazzo alzò lo sguardo verso l’uomo dai capelli bianchi.

-Padre! E’ qui! E’ arrivato, guarda.-

Sogghignò con tranquillità, la sigaretta adagiata sulle labbra.

-Eccolo….veloci, prendete l’arpione.-
 
‹‹Senza ali, come posso solcare il cielo? »

 
 
Alec si voltò di scatto, la fretta che lo attanagliava come una morsa: fretta data non dal nuotare più veloce, ma dal salvare Magnus che lì, tra le sue braccia, stava cedendo al richiamo dell’acqua e della morte.
I denti affondarono nella corda, lacerandola dopo pochi morsi: ora non restava che portarlo in superficie, verso l’aria aperta e il mondo esterno.
Qualcosa gli trafisse il petto, il sangue gli uscì dalla bocca in un muto grido d’aiuto.

Magnus perse l’ultima manciata d’aria che aveva nei polmoni.
 
‹‹Let me be a raindrop that feels no sadness… »

 
 
-Non appena il pesce finì tra mie corde, lo catturarono e lo infilzarono.- disse. –Lo mutilarono senza pietà.-

“Di lui restarono pochi pezzi, ma la sola cosa importante era l’orgoglio.”

Iniziai a piangere, senza riuscire a controllarmi: guardai mentre riprendeva il suo cammino verso il mare, le sue parole sospese nell’aria che affondavano dentro di me e mi tormentavano. Sentivo il cuore stretto in una morsa, e il dolore invadermi come una seconda a anima.
Davvero le persone potevano essere tanto crudeli?
E il destino così meschino da dividere qualcuno all’apice della sua felicità?
Il mondo era orribile, e i suoi concetti troppo complessi e contorti e meschini.
 
    ‹‹That was the last memory life give him. »

 
 
Lentamente, l’acqua l’aveva abbracciato.
E le bolle salivano mentre lui scendeva, lentamente, lentamente, e gli abissi tetri e solitari accoglieva il corpo senza braccia e gambe di Alec: lo squalo che correva tanto velocemente si era fermato, e il destino l’aveva preso. Così, senza pinne da usare, gli arti mutilati che sputavano sangue, al ragazzo non restò altro che guardare la superficie, lo specchio deforme dell’acqua e della luce.

Non restava altro che aspettare, inesorabile, la sua fine.
Vicina, così vicina.
Eppure si pentiva di una cosa, una sola, e le lacrime si mischiarono all’acqua perdendosi in essa, mentre ci pensava.

Magnus.

L’unico suo pentimento, era Magnus.

 
‹‹Io non voglio altri che te. »

 
 
-Mi hai chiesto perché non posso andare a cercarlo, se mi manca.-

-Scusami, io…- mi aveva colto alla sprovvista.

-Tranquilla, non pensarci.- sospirò. –C’è una ragione, se sto aspettando qui.-

Mi voltai a guardarlo, la sua figura proiettava un’ombra sottile sulla sabbia calda e splendente: mi feci coraggio, cercando le parole.

-E’ una storia davvero triste….-

-Questa è tutta la storia, la nostra storia.-

- Uhm….- annuii lievemente.- Non so quale parte sia un racconto, o quale sia reale, ma sono veramente triste, per ciò che la vita ti ha preso.-

Ed ero sincera, come non lo ero mai stata da tempo.
Artigliai la maglietta, come se potesse assorbire il dolore che mi scorreva sotto la pelle: l’impotenza, la rabbia, l’amarezza.

-Questo non è importante.- si guardò i piedi, l’acqua che gli lambiva. –In quest’oceano, ogni giorno una vita appare e, similmente, muore. Ma fino ad ora, non ero riuscito a comprendere la sua solitudine e il terrore di affondare nelle profondità del mare.-

Socchiuse gli occhi, e mi sentii mancare: il dolore punse dietro alle palpebre, le lacrime minacciavano di tornare a bagnarmi il viso.

-Senti, posso usare questa storia per chiederti un favore? Uno solo.-

Alzai gli occhi su di lui, un improvviso coraggio mi riempì il petto: mi alzai in piedi e lo guardai, mentre si voltava verso di me. La figura del ragazzo, illuminata dal sole, sembrava stranamente evanescente, quasi non facesse parte del mio mondo.

-E’ il mio ultimo desiderio.-

-Come posso aiutarti?- non credevo di avere ancora voce per parlare, ma ora eccola lì.

-Puoi farmi tornare nell’oceano?- i suoi occhi spuntarono da sotto le spesse ciglia. –Lui mi sta aspettando.-

Rimasi di sasso, quasi le sue parole mi avessero sfiorata, senza che però riuscissi a comprenderne il significato.

-Eccoti, finalmente!- la voce di Clary si fece largo nelle mie orecchie, quasi stonata e stridula.- L’ho trovata, è qui!-

Dietro di lei, Jace e gli altri si avvicinarono sempre di più: i volti di tutti erano preoccupati, ma notai risollevarsi il loro morale, quando videro dov’ero.
Mi tirai indietro una ciocca di capelli scuri, imbarazzata.
Stavo pensando a ciò che era successo, a ciò che avevo sentito: alla storia che quel ragazzo mi aveva lasciato.
Ma quando mi voltai per chiedergli cosa volesse dire con le sue ultime parole, al suo posto trovai un gabbiano: era magro, il piumaggio bianco e grigio arruffato ma non sporco, il becco socchiuso e gli occhi stretti, arrossati, quasi avesse pianto per lungo tempo.

-Eh? Che stai combinando?-

M’inginocchiai accanto a lui, nuove lacrime a rigarmi il viso: lo presi tra le braccia, il corpo ancora caldo. Lo strinsi a me, senza ascoltare i commenti degli altri alle mie spalle: sapevo solo che dovevo fare qualcosa, per lui, per aiutarlo.
Lui mi aveva lasciato una storia, ecco perché aveva aspettato tanto, sulla spiaggia: voleva che qualcuno si ricordasse di lui e di Alec, lo squalo che avevano braccato e ucciso davanti ai suoi occhi.

E io avrei realizzato il suo ultimo desiderio.

 
‹‹When my hand touched the cold sea water, I felt fish’s loneliness. »

 
 
-Secondo me è una pazzia.- borbottò Jace.

-Concordo in pieno.- Raphael non aveva un tono più conciliante.

-State zitti e remate.- Clary non si scompose e prese il comando.

Il tramonto avanzava senza aspettare nessuno: la piccola barca ondeggiava sospinta dalle onde del mare, il dolce cullare come una danza piena di malinconia. E, all’improvviso, ogni parola trovò il giusto significato, ogni cosa fu semplicemente chiara.

-Sei sicura sia questo il posto? L’oceano è grande, non so…- le parole di Izzy sciamarono lontane.

Il mondo si ricoprì di ovatta e l’unica cosa che la sovrastava, era il rumore delle onde: quando immersi le dita nell’acqua, Magnus protetto dalla mia pelle, sentii che il posto era quello. Era qualcosa che mi gorgogliava nel cuore, una fonte d’acqua appena nata: lasciai andare il gabbiano a malincuore, ma avevo giurato a me stessa di far sì che il suo ultimo desiderio si avverasse.

Così, aprii le dita e lui scivolò nel profondo.
Non c’erano parole da dire, nessun addio da dare.
L’unica cosa che potevo fare era mantenere vivo il loro ricordo nel cuore e nella mente, trattenendo quella storia raccontata sulla spiaggia in una fredda mattina di settembre.

E augurare a entrambi di ritrovarsi, in futuro, ancora insieme.

Senza possibilità di essere separati.
 
‹‹Sapevo che saresti venuto. »

 

A fondo, sempre più a fondo.
Com’era facile cadere, anche in acqua, dove tutto sembrava più lento e tranquillo: Alec aprì gli occhi, la sensazione di non essere più solo lo invase e lo avvolse, come un abbraccio tanto sospirato. Magnus era lì, davanti a lui, ma non poteva tendergli la mano.
Si morse il labbro e iniziò a piangere, le lacrime ancora una volta assorbite dall’oceano crudele.

-Magnus.-

Lo chiamò, era l’unica cosa che poteva fare.

-Magnus.-

La disperazione lo attanagliava, la solitudine era così orribile, ora che aveva trovato qualcuno da amare: sentiva il dolore nel petto, la sensazione di non essere riuscito a proteggerlo, ma anche la voglia di poterlo guardare ancora.
E amarlo, finalmente, come si doveva.
Ogni cosa era distante, ma non lui. Lui doveva stargli vicino, lui era troppo importante per essere inghiottito dall’oceano in un turbine di tristezza.
Il gabbiano aprì le braccia e lo strinse a se, come se fosse qualcosa di prezioso: affondò il collo in quello bianco di Alec, mormorando parole sconnesse sulla pelle dello squalo.

-Sapevo che saresti venuto.-

Magnus annaspò quando sentì quelle parole, e il fiato gli venne meno: guardò Alec negli occhi, perdendosi nell’unico oceano in cui valeva la pena immergersi.
E si baciarono: un bacio triste ma dolce, lo stesso sapore che si prova a bere dell’acqua dopo una lunga nuotata nel mare. Il salato diventa dolce, e non c’è niente di meglio che assaporarlo sulle labbra.

Non c’era bisogno di dire altro.

Il loro silenzio valeva più di mille parole.
 
‹‹That night,
Our boat rested between the boundary of ocean and skye.
The soft breeze from the land bellowed softly,
his story tangled in with the flock of birds
slowly heading for the distant skye,
everything is silent,
and just us well,
but also little sad. »


 
 
Lo Stregatto Parla.
Non c’è molto da dire, penso che la storia parli da se: quando l’ho letta, era l’una di notte ed ero tornata da lavoro, ma mi sono comunque messa a spulciarla per la curiosità. E mi ha rapita, tanto che ho deciso di trasformarla in una Malec un po’ diversa dal solito, ma spero mi perdonerete per il finale e per l’inglese mal tradotto ( e i miei strani riadattamenti).
Il fumetto è splendido e mi ha fatto commuovere: consiglio a tutti di prendersi un traduttore (amico/a) e di farsi tradurre in tempo reale la storia, perché ne vale la pena.
Tra parentesi, qualcuna di voi riconosce la narratrice principale? Non è Clary, non è Emma, né Aline, o Helen o Izzy o Catarina….chi sarà mai? *ride* Vi lascio questo indovinello e un indizio: pensate fuori dagli schemi ^^
Non penso di dover aggiungere altro: questo racconto è uno special per tutti/e coloro che mi stanno dietro e che leggono i miei racconti, che li seguono e li amano o che, semplicemente, li leggono e ci pensano su.
Spero di avervi trasmesso, ancora una volta, qualcosa.
Un abbraccio,
Chesy :3
Ps. L’indirizzo del fumetto è questo “http://mangapark.com/manga/the-specific-heat-capacity-of-love”
  
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