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Autore: Persefone3    03/03/2015    4 recensioni
Ingrid è appena stata sconfitta e Gold è stato cacciato. La normalità sembra tornata, ma quanto può durare a Storybrooke? Cosa succede a Emma se qualcuno decide di ritornare e reclamare ciò che secondo lui gli spetta di diritto? Riuscirà anche questa volta Hook ad aiutare la nostra Salvatrice nelle sue peripezie? E se la vera lotta fosse contro la parte più oscura che si cela in ognuno di noi?
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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VI. Scorched Earth Policy
 
Quando Hook trovò quel biglietto, la mattina dopo, rimase un po’ perplesso. E cominciò a chiedersi se non avesse sbagliato in qualcosa. Il comportamento di Emma era stranamente insolito, non da lei. La notte appena trascorsa era stata fantastica e non riusciva proprio a spiegarsi il motivo di quella fuga, perché di quello si trattava. Sentiva che c’era qualcosa che non andava, ma sapeva bene che forzarle la mano non sarebbe servito a niente: Emma aveva i suoi tempi. Cercò immediatamente di scrollarsi di dosso quei cattivi pensieri: magari era solo una sua impressione.
Emma si era rintanata nel suo ufficio sperando in una giornata tranquilla. Aveva chiamato Henry ma era stata piuttosto evasiva anche con lui. Dopo era stato il turno di David che non appena seppe che era tornata nel suo appartamento si sentì sollevato. Killian aveva provato a chiamarla, ma lei non aveva mai risposto. Si sentiva troppo in colpa per quello che aveva fatto e che stava succedendo a sua insaputa. Continuava a ripetersi che era per il suo bene e per quello di tutti gli altri, ma la sua coscienza non voleva saperne di placarsi. Dove trovare un modo per troncare con lui, ma come sarebbe riuscita a mettere fine a una cosa che la rendeva così felice?
L’ansia di Hook cominciò a montare seriamente quando, per l’ennesima volta, Emma rifiutò una sua chiamata. Aveva provato tutto il giorno senza successo. Era palese che c’era qualcosa che non andava e che lo stava evitando. Nonostante fosse ormai sera inoltrata, prese la giacca e uscì per dirigersi verso casa della bionda.
 
Quando Emma mise piede nel suo appartamento si sentì completamente a terra. Seduta sul gradino dell’ingresso stava ripensando a tutto quello che era stata costretta a fare: mentire a tutti. E si sentì completamente sola. Walsh era riuscito a farle terra bruciata attorno a lei.

- Buonasera dolcezza, non mi vieni a salutare?

Walsh era seduto sul divano con un bicchiere di scotch in mano. Emma, come sentì la voce, alzò la testa di scatto.

- Come hai fatto a entrare?
- Suvvia, non fare domande sciocche, lo sai come ho fatto. Ma passiamo alle cose serie: gli hai detto addio? Voglio essere più che cristallino su un punto. Tuo figlio puoi continuare a vederlo finché siamo qui e potrai sentirlo per telefono anche a New York. Ti concedo anche il fatto che possa venire a trovarci di tanto in tanto. Ma su di lui sarò intransigente fino allo spasmo: non lo devi più vedere.
- Mi stai chiedendo una cosa complicata. Come faccio a trovare una scusa plausibile per un cambio così repentino?
- Questo è un problema tuo. E ora basta parlare di lui, la cosa mi infastidisce. Piuttosto vieni a sederti qui vicino a me.
- Walsh sono molto stanca e vorrei andare a dormire. Domani mattina devo alzarmi presto.

Emma sperò che quello stratagemma riuscisse a risparmiarle l’umiliazione di dover passare altro tempo in compagnia di quella feccia. Erano altre le braccia da cui voleva essere stretta.

- Ti ho detto di sederti vicino a me!

Walsh fece appello alla sua magia per sollevare la povera Emma e trasportarla sul divano accanto a lui.

- Ecco dolcezza, così va meglio, molto meglio. Ed ora rilassiamoci un po’ insieme se non ti dispiace.

Walsh cominciò ad accarezzarle una gamba ed Emma si irrigidì: la donna pregò che qualcosa potesse interrompere quella tortura. Fortunatamente il suo telefono cominciò a suonare.

- Chi diavolo può chiamare a quest’ora?

Emma tirò fuori il telefono dalla tasca del giubbotto di pelle. Era di nuovo Hook: mai come in quel momento desiderò essere con lui, nella sua stanza da Granny.

- È Hook.
- Motivo in più per non rispondere. E ora torniamo a noi.

Il cuore di Emma si frantumò per l’ennesima volta nel rifiutare la chiamata. Walsh tornò ad accarezzare il corpo della bionda quando qualcuno bussò violentemente alla porta.

- Emma, sono io! – urlò Hook da fuori la porta – lo so che sei dentro! Aprimi!

L’insistenza del pirata spazientì non poco Walsh.

- Ha la testa dura quel tracannatore di rhum! Vai alla porta e liberati di lui. Non voglio più vederlo ronzare intorno a te o intorno a questa casa. Intesi?

Emma assentì con la testa mestamente e si diresse verso la porta. Come l’aprì e i suoi occhi incrociarono quelli del capitano sentì la vergogna esplodere in lei.

- Per la miseria Swan! Che diavolo succede? Perché non rispondi alle mie telefonate? Mi fai preoccupare così, lo vuoi capire?
- Mi dispiace – disse Emma accarezzandogli il viso e pentendosi subito di quel rischioso gesto – ti ho detto che sarei stata impegnata.
- E dove si può sapere? Nessuno ti ha vista in giro per tutto il giorno!
- Sai che la discrezione fa parte del mio lavoro, sei un pirata, certe cose dovresti capirle!
- Mi fai entrare un momento? Vorrei parlarti.

Emma non aveva nessuna intenzione di rischiare un incontro tra Walsh e Hook.

- No, il salotto è ancora sottosopra.
- Ma come? Stamattina mi hai detto che i lavori erano ultimati! Va tutto bene? Ti comporti in modo strano …
- Sto bene! È solo che a pranzo hanno scaricato i mobili nuovi e non sono ancora riuscita a sistemare tutto.
- Potevi rimanere qualche altro giorno da me, che fretta c’era di tornare?

Sostenere quella conversazione stava diventando un’agonia per Emma. Ogni menzogna che usciva dalla sua bocca era come infliggere una coltellata al loro rapporto. Doveva trovare un modo per farlo desistere.

- Killian, sono piuttosto stanca e vorrei andare a dormire …
- … Ma …
- … ti prego …
- Come desideri amore. Buonanotte.

Hook si chinò e la baciò dolcemente senza lasciare ad Emma il tempo di poter fare qualcosa.
Walsh ebbe modo di osservare tutta la scena e sentire tutte le parole che i due si erano scambiati. Era palese che Emma non sarebbe mai riuscita a troncare con il pirata di sua spontanea volontà. Era necessario un piccolo aiuto e poi anche lui doveva provare la sua stessa sofferenza. Più pensava a Hook e all’invidia che provava per lui, più la macchia verde sul suo collo si allargava a dismisura. Doveva pagare con gli interessi la sua insolenza. Non appena Emma ebbe chiuso la porta, Walsh aveva già elaborato un piano da attuare il mattino dopo.
Quando Hook rimise piede nella sua stanza era più frastornato di quando ne era uscito. Era ormai palese che Emma lo stava escludendo da qualcosa. Il suo pensiero corse immediatamente a qualche pericolo imminente: eppure in città era tutto tranquillo.  Camminava nervoso per tutta la stanza che cominciava, in un certo senso, ad odiare: sapeva troppo di loro due e gli mancava da morire la sua presenza in giro. Nell’armadio era rimasta ancora una sua maglietta e sul divano aveva dimenticato la sua sciarpa rossa. Tirò fuori dalla tasca la sua fiaschetta e buttò giù una lunga sorsata di rhum. Erano mesi che non ne beveva in maniera così copiosa. Da quando il suo rapporto con Emma si era stabilizzato non ne aveva avuto più bisogno, a parte quella lunga sorsata dopo che era riuscito a salvarsi da Gold. Ora però il rhum sembrava l’unica cosa in grado di dargli sostegno e sollievo. E dopo quella prima sorsata ne seguì una seconda e poi una terza e poi una quarta, fino a svuotare tutta la fiaschetta in pochissimo tempo. Per non pensare ad Emma aveva finito con lo stordirsi con il suo vecchio amico alcolico.
La mattina dopo Hook si svegliò con un gran mal di testa. Si era addormentato sul letto completamente vestito e con la fiaschetta in mano. Era ancora in preda ai postumi della sbornia quando sentì qualcuno bussare alla porta. Quando il pirata la aprì, non c’era nessuno ad aspettarlo dall’altra parte. L’unica cosa che vide fu una busta lasciata lì per terra. La raccolse senza molta convinzione e tornò dentro la stanza. Lasciò la busta sul tavolo senza badarci troppo. Tutto quello di cui aveva bisogno, in quel momento, era una doccia calda e un caffè lungo e fortissimo. Una delle poche che riusciva a far funzionare correttamente, in quel bizzarro mondo, era la macchinetta del caffè che gli aveva regalato Emma. L’accese e poi si diresse in bagno. Un quarto d’ora dopo l’affascinante capitano era seduto al tavolo con davanti una tazza fumante. Provò a chiamare Emma. E lei ancora una volta non rispose al telefono. La frustrazione cominciò a montare feroce dentro di lui. Buttò il telefono sul tavolo e afferrò la tazza per bere un sorso di caffè e per reprimere la sua voglia di attaccarsi nuovamente alla bottiglia di rhum. Dopo una lunga sorsata del liquido nero, i suoi occhi caddero, quasi per caso, sulla busta che aveva raccolto prima. Posò la tazza e la aprì. Il dolore che aveva provato nel momento in cui Rumple aveva iniziato a sbriciolare, senza successo, il suo cuore fu niente rispetto a quello che sentì nel momento in cui il contenuto della busta si rivelò. Si alzò e uscì dalla stanza come una furia. Doveva sapere, capire, sentirlo pronunciare dalle sue labbra.

Nella sua stanza Henry stava fissando il cellulare preoccupato. Emma si comportava davvero in modo strano e non ne capiva il motivo. Era seduto sul suo letto con le spalle alla porta. Quando Regina lo vide così, non poté fare a meno di avvicinarsi.

- Henry, tutto bene? – chiese Regina entrando.
- Sì mamma – rispose il ragazzino con un filo di voce.
- Non è vero. – disse la donna benevola sedendosi accanto a suo figlio. – coraggio, dimmi cosa non va.
- Sono preoccupato per Emma. Si comporta in modo strano da qualche giorno. Mi risponde poco al telefono e quando lo fa è evasiva, non è da lei. Ho provato a parlarle ma è stato inutile. Non ho il suo superpotere, ma so che mi sta mentendo.
- Ho capito. Che ne dici se provassi a parlarci io? Non posso prometterti che scoprirò qualcosa, ma posso prometterti che ci proverò.
- Lo faresti davvero, mamma? Anche se si tratta di Emma?
- Certo, tesoro. Non sopporto vederti così e se per risollevarti dovrò parlare con la signorina Swan, lo farò.
- Grazie mamma, grazie tante – disse Henry abbracciandola.

Emma stava cominciando a radunare le sue cose nell’ufficio. Avrebbe portato via lo stretto indispensabile per non destare troppi sospetti in quegli ultimi giorni. La sua prima notte con Walsh era stata un inferno. Non aveva chiuso quasi mai gli occhi mentre lui sembrava completamente a suo agio. Aveva paura che gli venisse in mente di fare altro oltre che dormire: fortunatamente non fu così.
Stava finendo di riempire uno scatolone quando sentì la porta del suo ufficio aprirsi violentemente.

- Swan! Mi devi una spiegazione! E non me ne andrò di qui finché non l’avrò avuta!


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Dopo una montagna di Feels che dobbiamo ancora smaltire, torniamo con un po' di sano Angst, tanto per non montarci troppo la testa e prepararci ai guai che la 4b sta mettendo in cantiere per noi ... *o*. Walsh mi sta uscendo sempre più psicopatico ma d'altronde Zelena non era una sana di testa, quindo la sua magia deve avere questo effetto sulle persone. Secondo voi Regina aiuterà la nostra eroina, sopratutto dopo che Henry si è esposto per lei? Restate sintonizzati e lo scopriremo.
Grazie davvero ancora (mi ripeto lo so, lo so, non me ne volete per favore *occhi come quello del Gatto con gli stivali di Shrek*) a tutti che leggete, seguite e mi fate sapere le vostre impressioni. :*
A prestissimo 
Persefone
  
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