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Autore: ErinJS    03/03/2015    3 recensioni
Dopo l'addio ad Elsa, Anna e Kristoff, a Storybrooke tutto sembra essere tornato alla normalità. La quiete, però, non può durare per sempre e l’improvviso arrivo di una giovane ragazza di circa 17 anni porta con sè un'ondata di misteri e problemi. Nessuno sa da dove venga o chi sia, o perché quegli occhi verdi sembrino tanto familiari; quello che però è chiaro alla Salvatrice è che nasconde qualcosa e prima o poi riuscirà a scoprirlo. Ma se non fosse tanto importante il luogo da cui proviene la giovane, ma il…quando?!
Una nuova minaccia aleggia nella vita dei nostri eroi e questa volta il domani sembra proprio dietro l’angolo.
La ff presenta degli spoiler sulla quinta stagione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Gli occhi di Emma faticavano ad aprirsi.
Le palpebre parevo appesantite da una forza estranea e anche i muscoli, tesi e dolenti, non volevano rispondere alla sua volontà. Aveva la netta sensazione di sperimentare i postumi di una anestesia, le cui dosi dovevano essere sfuggite a chi gliel’aveva somministrata.
Occhi pesanti. Labbra secche. Odore di bruciato.
Odore di bruciato?!
A fatica la Salvatrice cercò di sollevarsi sui gomiti, poggiati su un pavimento solido ed eccessivamente ruvido, del tutto diverso dalle piastrelle lucide e asettiche dell’ospedale. Non riusciva a spiegarsene il motivo, ma qualcosa le diceva che non si trovava affatto a Storybrooke.
Lentamente, Emma cominciò ad aprire gli occhi, protetti dalle sue folte ciglia scure; la vista continuava ad essere appannata e pure gli altri sensi continuavano ad essere rallentati. Tutto sembrava coperto da un sottile velo di seta, a tratti trasparente, a tratti opaco come un vetro appannato dalla pioggia.
Possibile che l’avessero drogata?
Non ricordava nulla; quando e, soprattutto, in che modo era arrivata in quel posto?
Cercando di mantenere in tutti i modi i nervi saldi, a fatica la giovane dai capelli biondi cercò di tornare indietro con la memoria, ricostruendo ciò che aveva fatto nelle ultime ore. Era andata da Regina e poi? Ah sì…aveva salutato Killian. Era passata a casa a cambiarsi, optando per un maglioncino bianco e degli attillati jeans scuri, perfetti con i suoi adorati stivali neri; per più di un’ora era rimasta a fissare un suo vestito rosso, vecchio di qualche anno, a chiedersi se avrebbe mai avuto l’occasione di indossarlo con Killian, o per Killian, dettagli trascurabili.
Dopodiché era andata dritta all’ospedale, aveva chiesto qualche informazione al Dott. Frankenstein riguardo la ragazza e questi le aveva detto che c’era stato un po’ di movimento nell’ultima ora e che la profonda ferita alla gamba sembrava essere stata provocata da artigli “animali”; ciò era bastato a convincerla a dare un’ultima occhiata prima di dedicarsi interamente al suo appuntamento di quella sera.
Si era seduta sulla sedia accanto al letto a guardare la giovane in coma….E poi? Si era addormentata???
Con uno sforzo non indifferente, Emma si mise a sedere, appoggiando la schiena ad una parete alle sue spalle. Indossava gli stessi vestiti che aveva scelto quel pomeriggio; ma chissà se quella poteva rappresentare una prova che non fosse tutto un sogno.
A fatica, la vista cominciò a farsi più limpida e con essa anche il controllo muscolare sembrava rispondere ai suoi comandi. A pochi centimetri da lei vi era un vecchio comodino in legno di mogano, sopra cui era posata una lampada ad olio e delle cornici annerite dal fumo, da cui era quasi impossibile scorgere una immagine chiara. Tutto sembrava estremamente povero, come se appartenesse a qualcuno pronto ad andarsene in ogni momento; le pareti, l’arredamento, ogni cosa appariva semplice e poco curato.
Con un’ulteriore impegno, la giovane Swan si mise in piedi, aiutandosi con la presenza del vecchio mobile. Nonostante il bruciore, Emma aprì completamente gli occhi e con un gesto automatico si spostò i capelli dorati dal volto, i quali avevano assorbito tutto il calore della stanza, appiattendosi sulla pelle rosea della donna.
- ...dove mi trovo..?!- si chiese tra se e se, guardandosi intorno.
Non aveva mai visto quel posto. Era un ricordo? O forse un illusione? Possibile che quella ragazza fosse riuscita in qualche modo a portarla in un posto simile, forse intero frutto della sua mente?
 “…c’è qualcuno?!” cercando di mascherare la preoccupazione, Emma cominciò ad avanzare lungo quella stanza così calda.
Era una casa, senza il minimo dubbio, una vecchia abitazione forse; o meglio, un’abitazione quasi…medioevale, simile a quella casa di campagna rappresentata sul libro delle favole, dove un tempo viveva suo padre. Tutti i mobili erano in legno, niente corrente elettrica o elettrodomestici di alcun tipo. Storybrooke a questo punto poteva tranquillamente essere scartata.
A sud vi erano della scale, di un olmo neutro, quasi simile alla nocciola, le quali probabilmente portavano alla camera da letto; a nord un vecchio tavolo massiccio e, a pochi metri da esso un camino, probabilmente spento poche ore prima visto il calore che ancora emetteva. Le finestre apparivano coperte da dei tendaggi un tempo bianchi, ma ora ingialliti dal tempo. O dal fuoco.
Già ma dov’era il fuoco? Perché sembrava di essere dentro ad un forno?
Il caldo era così intenso da aver fatto aderire completamente i jeans alla gamba, rendendoli quasi una seconda pelle. Mancava l’aria. Doveva assolutamente aprire una porta, o qualsiasi altra via d’uscita.
A fatica, Emma cercò di accostarsi alla finestra più vicina. Toccò la maniglia con estrema lentezza, aspettandosi per un istante di scottarsi le dita, cosa che però non accadde.
Nell’esatto istante in cui le braccia toniche stavano per flettersi qualcosa le congelò all’istante.
“Non dovresti essere qui”
L’improvvisa voce alle sue spalle fece letteralmente saltare sul posto la Salvatrice che, dallo spavento, appiattì la schiena alla parete adiacente. Il cuore cominciò a pulsare ad un ritmo irregolare, così come il respiro, reso affannoso dalla minuta figura a poca distanza dalla Salvatrice.
Una bambina.
“Oh…mi….mi hai spaventata…”
La piccola, di sì e no sei anni, non disse nulla, limitandosi ad osservare la giovane Swan ad un paio di metri di distanza.
I capelli, intrecciati in una delicata treccia infantile, erano lunghi poco più delle spalle e di un intenso color cioccolato, simile a quello delle querce dei boschi. Gli occhi, lucidi e di un inconfondibile verde smeraldo, apparivano dolci e innocenti, da togliere il fiato. La piccola indossava un semplice abito blu, lungo fino alle caviglie, e i piedini, scalzi, apparivano sporchi e poco curati. Nello stesso istante in cui Emma posò lo sguardo sulla fanciulla davanti a lei, una strana sensazione di familiarità si impossessò del suo cuore, rendendole quasi impossibile la formazione di qualsiasi pensiero.
La conosceva, ne era certa.
“….come ti chiami?” cercò come primo approccio la giovane Swan, tentando di accompagnare la frase con un tono abbastanza conciliante.
“Non dovresti essere qui…” si limitò a ripetere la piccola, incrociando le braccia al petto e cercando di apparire seria e imbronciata, nonostante il volto tanto dolce.
“Qui dove?”
Emma fece un passo verso la bambina, sperando che questa non si spaventasse, lasciandola da sola in un posto simile. La bambina però non fece alcun movimento; al contrario, abbassò le braccia e con una mano cominciò a toccarsi la delicata treccia castana, apparendo ancora meno corrucciata.
“tu lo sai…dove siamo?” ripetè Emma, lanciando alla piccola un leggero sorriso di amicizia.
Quella bambina non rappresentava una minaccia, glielo diceva ogni fibra del suo essere.
La piccola senza nome alzò lentamente lo sguardo, posandolo nuovamente sulla figura slanciata davanti a lei.
“…a casa!” esclamò con marcata ovvietà.
“Oh…questa è casa tua!” disse la giovane Swan, guardandosi velocemente in giro, come a cercare una conferma da quanto aveva appena detto la bambina “…vivi da sola?!”
“no…”
“oh…e…tua mamma è qui?”
Per un secondo la bambina stette in silenzio; gli intensi occhi verdi divennero due fessure sospettose, screziati da una fugace tristezza.
“è tutta colpa tua…non dovevi andare..”
“m…mia! Non dovevo andare dove?!” chiese confusa Emma, inginocchiandosi a pochi metri dalla piccola
Senza dire nulla, la bambina fece un passo indietro, indicando con una mano la finestra che, poco prima, Emma aveva tentato di aprire.
La bionda si mise in piedi e con passo svelto si avvicinò all’infisse. Con gesto attento spostò la tenda bianca che copriva la visuale e per un istante preferì non averlo fatto.
L’inferno.
Da quel momento in avanti, se mai qualcuno le avesse chiesto di descrivere un’ipotetica ambientazione degli inferi avrebbe pensato a ciò che stava vedendo.
Notte; una notte tanto nera che neppure le stelle riuscivano a rischiarare quello spettacolo spaventoso. Tutto veniva divorato dalle fiamme; mostruosi esseri alati dalla pelle nera e squamata distruggevano e divoravano qualsiasi cosa intralciasse il loro cammino, sputando intense lingue di fuoco da bocche così grandi da apparire innaturali.
Fuoco, morte, distruzione ovunque.
E in mezzo a tutto quell’orrore sorgeva una figura di donna, coperta da un mantello lucido; risultava impossibile scorgerne il volto, ma il freddo sorriso dipinto in volto brillava come le fiamme che l’attorniavano. La Salvatrice continuò a fissarla, finché quella donna scomparve, inghiottita dalla notte.
Spaventata da quella vista, Emma indietreggiò di un passo cercando, in maniera quasi meccanica, qualcosa di vagamente familiare in quello spettacolo terrificante; perché per quanto detestasse ammetterlo, lei conosceva quel posto, conosceva quel luogo così…”incantato”. Purtroppo, non ci volle molto prima che i suoi occhi scorgessero delle macerie, a pochi chilometri da dove si trovava, macerie di un castello troppo simile alle raffigurazioni presenti nel libro di Henry per passare inosservato.
“Non può essere…”
Impossibilitata a completare la frase, Emma si voltò in direzione della bambina, pronta ad ottenere tutte le risposte di cui aveva bisogno.
Doveva sapere, doveva capire dov’era, chi era quella bambina e, soprattutto, com’era arrivata in quel posto.
Chi si trovò davanti, però, le smorzò il fiato, conferendole una soffocante sensazione di impotenza; lo stomaco sembrò stringersi in una morsa indescrivibile e la testa cominciò a girare, sovrastata dalle vertigini.
Era. Lei.
In carne ed ossa. La sua copia perfetta, come davanti ad uno specchio. E anche il tono avrebbe scoperto, essere lo stesso.
“Non dovresti essere qui”
E con un gesto della mano la sua copia la fece volare dall’altra parte della stanza, rendendo tutto improvvisamente buio, come l’inferno che aveva appena intravisto.
 
“Swan…Swan!”
Killian continuava a chiamare la donna che, da tempo, aveva preso pieno possesso del suo cuore, non solo metaforicamente parlando.
Nell’esatto momento in cui aveva fatto il suo ingresso nella stanza d’ospedale, il pirata aveva visto Emma volare dall’altra parte della stanza, per poi sbattere con violenza addosso alla parete sporca del caffè di quella mattina. Senza chiedersi chi o che cosa avesse causato un simile gesto, Killian corse da lei, incapace di fare qualsiasi cosa prima di essersi assicurato che stesse bene.
“Emma…mi senti?!”
Sempre più preoccupato, l’uomo dai profondi occhi azzurri, fece appoggiare la testa di Emma sopra le sue ginocchia e, con delicatezza, cominciò ad accarezzarle il volto roseo, come se quel gesto potesse in qualche modo farla rinvenire.
Infuriato come non mai, il pirata posò lo sguardo sul letto dove giaceva la giovanissima ragazza in coma. Era stata lei a fare del male ad Emma, ne era estremamente convinto. Non aveva creduto neppure per un istante che si trattasse della magia fuori controllo della sua Emma, neppure quando quest’ultima aveva cominciato a nutrire qualche insicurezza.
Un momento?!....aveva davvero pensato la “sua” Emma?! Se lei lo avesse sentito gli avrebbe sicuramente lanciato uno dei suoi sguardi scettici e duri, marcando come sempre una certa distanza tra loro.
Al diavolo….come poteva avvicinarsi a lei se ogni due giorni accadeva qualcosa pronto ad allontanarsi?!
 “K…Killlian…”
La voce affaticata di Emma riportò il giovane Jones nel mondo reale, completamente assorbito dalla donna appoggiata al su petto.
“Emma….no no, non alzarti!” esclamò Uncino, bloccando sul nascere il tentativo di Emma di mettersi subito a sedere “hai battuto la testa?!”
“d…dove sono?!…” Emma cominciò a guardarsi in torno, in modo confuso, cominciando ad agitarsi tra le braccia forti del pirata.
“Tesoro ferma. Sei…al sicuro. Siamo in ospedale!”
Ignorando completamente le parole di Uncino, con uno scatto Emma si mise a sedere, pentendosi all’istante di aver compiuto un simile gesto. Un profondo senso di nausea fece capolinea nello stomaco della Salvatrice, conferendole la stessa sensazione che avrebbe sperimentato dopo dieci giri sull’ottovolante.
In maniera quasi involontaria, Emma si appoggiò al petto dell’uomo alle sue spalle, portandosi una mano alla fronte, come se così facendo potesse fermare il continuo giramento di quella stanza d’ospedale.
“Ehi…mi vuoi dire che…”
La domanda del pirata venne bruscamente interrotta dall’arrivo del dottor Whale, il quale fece il suo ingresso nella stanza, accompagnato da una giovane infermiera, probabilmente attirata dalla voce allarmata del pirata.
“Emma…come ti senti?!” chiese l’uomo dai corti capelli biondi.
Senza aspettare una reale risposta da parte della donna, il medico, o scienziato, o genio, o in qualsiasi altro modo lo si volesse identificare, cominciò a visitare Emma, illuminando ad intervalli regolari le profonde iridi verdi che aveva davanti a se.
“Mi gira la testa…” si limitò a spiegare Swan, sperando di potersela svignare alla svelta da quella improvvisa e indesiderata visita a domicilio; anche se parlare di domicilio in una stanza d’ospedale suonava decisamente ridicolo.
“mmm…”
Il dottor Frankenstein continuò il suo attento controllo, chiedendo alla Salvatrice di seguire con lo sguardo il movimento della piccola penna che aveva usato poco prima per illuminare gli occhi della donna. Emma fece ogni cosa senza discutere, lanciando di tanto in tanto uno sguardo a Killian che, al contrario di lei, non sembrava avere la stessa fretta di uscire da quella situazione.
“Ma quello è sangue!” constatò improvvisamente il pirata, alzando di tre ottave il tono della voce; persino la ragazza addormentata sul letto a poca distanza da loro sembrava aver udito quella voce preoccupata, facendo emettere ai macchinari a cui era collegata dei suoni alquanto inusuali.
“Sì…è sangue!” confermò con tono seccato il dottore, il quale lanciò uno sguardo poco comprensivo nei confronti di Killianm “…ma non è nulla di grave Emma. Hai battuto la testa? Sei scivolata?!”
“Sì….devo aver perso i sensi!” mentì Emma, mettendosi lentamente in piedi, aiutata dalla braccia forti del giovane Jones.
“Forse non è il caso di mettersi a camminare Swan!”
“Sto bene…davvero. Mi sento già meglio!”
“Disse la donna svenuta a terra!” la provocò Uncino, ricevendo da lei un’occhiata alquanto glaciale.
“…certo non è nulla di grave, ma Emma….non è il caso di sminuire la cosa!” le spiegò il dottor Whale, alzandosi in piedi a sua volta e scrivendo un breve appunto su un notes con il timbro dell’ospedale “ È  importante che nelle prossime ventiquattro ore tu rimanga a casa...possibilmente non da sola. Se dovessi avvertire capogiri, eccessiva sonnolenza o nausea…chiamami ok?”
“Ok…”
Avrebbe scommesso la casa che non aveva ancora acquistato che il –possibilmente non da sola – era il principale concetto che Killian aveva colto.
Detto ciò, il dottore dai capelli chiari, con un gesto secco, strappò il foglio e lo consegnò a Emma, accompagnando il tutto con una rassicurante pacca sulle spalle.
Chi l’avrebbe mai detto che quel tipo era stato un flirt di sua madre.
L’unica cosa certa, però, era che quello non era il miglior ricordo da rivangare in un momento come quello.
Senza aspettare una qualche approvazione da parte di Emma, Killian si tolse la giacca di pelle e la mise sulle spalle di Emma, che non riuscì a trattenere uno sguardo stupito di fronte ad un gesto tanto galante. Alle volte dimenticava la reale età e realtà da cui proveniva il pirata.
Con sorriso affascinante, e con la sua unica mano, Killian circondò la vita della giovane Swan, indirizzandola verso l’uscita dalla stanza.
 “Aspetta…” si bloccò Emma, spostando l’attenzione sulla ragazza dai capelli scuri “…sono sicura che…sia successo qualcosa!”
“Lo so…e non appena ti avrò riportata a casa ascolterò tutte le tue teorie possibili e immaginabili!”
“Non possiamo andarcene così Killian…” si oppose Emma, con sguardo contrariato.
“Non credo la ragazza possa andarsene da qualche parte…Emma…” le rispose il giovane Jones, sottolineando il nome della Salvatrice. “Ma conoscendoti non dormiresti tranquilla sapendo che nessuno controlla la nostra amica a vista. Per questo motivo…poco fa ho contattato con quel tuo aggeggio il nano dal tempismo invidiabile” aggiunse, rievocando gli infiniti episodi in cui Leroy aveva interrotto uno dei rari momenti d’intimità tra i due eroi “…e arriverà a momenti. Perciò…vogliamo andare tesoro?”
Il pirata sottolineò la domanda con un gesto della testa e del suo fedele uncino, senza però ricevere alcuna approvazione da parte della bionda.
“Swan…per una volta…puoi fare quello che ti dico?!” esclamò con voce sfiancata.
“Non mi sembra che tu abbia mai fatto quello che ti ho detto!” incalzò la Salvatrice, rievocando per un momento il giorno in cui gli aveva chiesto di portare Elsa alla centrale di polizia.
“Non te l’ha ma detto nessuno Swan che in una relazione non si rinfacciano le cose passate?!”
“Mmmm…non sapevo avessimo una relazione!” lo provocò Emma, soddisfatta di trovarsi per una volta dalla parte di chi lancia sorrisi affascinanti quanto pungenti.
“Giusto…” concordò Killian, alzando gli occhi al cielo e avvicinando a se la splendida donna a pochi passi da lui “…e preferirei discutere della cosa da un’altra parte!”
Con il volto a pochi centimetri da quello dell’affascinante pirata, Emma non riuscì a contenere un naturale sorriso.
Non riusciva a spiegarsene il motivo, ma quell’uomo riusciva sempre ad entrarle nella mente, nel cuore…nella pelle. Quando si avvicinava, o la guardava da lontano, aveva come la sensazione che non solo il suo cuore, ma anche il corpo, reagissero come una calamita; doveva toccarlo, doveva in qualche modo entrare in contatto con la sua anima.
L’anima, le loro anime; chissà perché pensare a quest’ultime le dava la sensazione di essere a pochi passi da qualcosa di grande e indescrivibile.
“…allora tesoro?!”
“Non hai sentito cos’ha detto il dottor Whale?!Non posso andarmene in giro....devo rimanere a casa!”
“Oh lo so Swan…e sarà un piacere sorvegliarti!”
 
***
 
Una voce forte, preoccupata, rese improvvisamente tutto più nitido. L’aria sembrava essere improvvisamente più consistente e uno strano odore di pulito entrò ruvido nelle vie aeree.
La voce era ritornata. La stessa voce calda, rassicurante, quella che aveva sentito poco dopo il suo ritorno a Storybrooke. La voce che arriva al cuore.
Ma non era l’unica voce presente, qualcun altro parlava, interrompendo la Voce Calda; una voce tanto familiare da risultare inconfondibile, la voce che tutti riconoscono fra mille, la “sua”.
Un lieve formicolio alle dite fu il primo segnale che la mise in contatto con il suo corpo; lentamente e a fatica cercò di muoverle, ma nulla le fece capire se c’era riuscita o meno. Stava davvero muovendo l’indice della mano destra? O era tutto frutto della sua mente annebbiata?
Poco dopo il formicolio fece capolinea l’amaro dolore alla gamba, il costante promemoria delle sue ultime ore di vita cosciente. L’udito, il formicolio, il dolore; forse avrebbero potuto considerarli i primi tre avvisi prima del risveglio.
 “…Swan…”
Rieccola, la voce calda. Stava parlando e si rivolgeva a Lei; la chiama “Swan” e quel nome fece scattare qualcosa che da tempo evitava come la peste. Fece scattare un ricordo.
Perché per quanto cercasse di ignorarlo, quel nome e quella voce popolavano i suoi ricordi da sempre. Ma lei non doveva ricordare, perché ciò avrebbe unicamente portato rimpianti e dolore, sentimenti nocivi, soprattutto in momento come quello, dove il coma e la morte apparivano come qualcosa di profondamente auspicabile.
Ma quelle voci continuavano a parlare e ad entrarle nel cuore. Le voci, però, pian piano cominciarono ad allontanarsi, accompagnate sicuramente da dei sorrisi rubati e impressi nella mente di chi li riceveva.
Codardi e traditori, gli occhi si fecero umidi e qualcosa simile ad una goccia cominciò a rigarle il volto, fino ad annientarsi nella morbidezza del cuscino..
Perché quello, ne è sicura, rappresentava il quarto avviso.
L’udito. Il formicolio alle dita. Il dolore alla gamba. Le lacrime.
Ed infine…il risveglio.
 
***
 
“Bè…potevi dirlo subito che…”
“Attento a te…Uncino!!!”
Una volta aperta la serratura con quelle pesanti chiavi d’altri tempi, Killian non finì la frase, bloccato da quegli occhi dolci ed espressivi, quanto duri e sicuri di sé.
Quella donna era perfetta, la metà perfetta di quel suo dannato cuore intaccato dall’oscurità. Ne era certo, non avrebbe mai e poi mai amato nessun’altra donna come amava Emma Swan, piuttosto avrebbe preferito morire, una volta per tutte. E sapere che lei si stava lasciando andare, anche se a piccoli passi, riusciva ad infondergli un tale senso di gioia da apparire quasi irreale.
Dal canto suo, Emma ignorò volutamente l’ennesima frecciatina da parte del bel Jones, entrando nella camera che la Vedova Lucas aveva affittato al pirata. Non riusciva a spiegarsene il motivo, ma in un momento come quello il primo pensiero che le saliva alla testa era sapere se e in che modo Killian pagava la nonna di Cappuccetto Rosso; quanti rubli aveva ancora in tasca? Perché pagava ancora con quelli no? Forse doveva chiedergli se aveva bisogno di un lavoro, per guadagnare qualcosa. Anche se immaginare Capitan Uncino intento a lavorare era una cosa decisamente inverosimile, anche per Storybrooke. Fare il pirata poteva considerarsi un lavoro? Come si guadagnava da vivere nella Foresta Incantata quando non era sulla Jolly Roger?! Sempre se ci fosse realmente stato un momento in cui era stato fuori dalla Jolly Roger. Non poteva essere sempre stato un “Capitano” no?! Il Killian di quasi 360 anni fa….chi era?
Avrebbe dovuto chiederglielo, prima o poi.
“Prego…” disse Killian, chiudendosi la porta alle spalle.
La voce profonda dell’uomo, fece quasi trasalire Emma.
Nel momento in cui erano usciti dall’ospedale avevano avuto una mezza lite sul come raggiungere la casa di Mary Margaret, se a piedi o con il maggiolino; ovviamente Emma aveva insistito per prendere il suo fedele mezzo giallo, ma il pirata non era della stessa idea, rinforzato dal vistoso cerotto che un’infermiera le aveva messo subito dopo l’uscita di scena del dottor Whale. La preoccupazione in quegli occhi azzurri come il mare, però, aveva finito con l’avere la meglio sul cuore sempre più disarmato della bionda che, con un sospiro, finì col mettere le chiavi in tasca.
Non seppe quando accadde con precisione, ma dopo alcuni metri, la giovane Swan trovò la sua mano intrecciata con quella di Killian e non seppe mentire nemmeno a se stessa: la sensazione era bellissima. Riusciva sempre a farla sentire a suo agio, nonostante lei non brillasse di certo per dolcezza….o almeno così credeva la maggior parte della gente. A lei invece piaceva essere guardata nel modo in cui lui la guardava; le piaceva sentirsi protetta e al sicuro quando lui le stava vicino; le piaceva poter contare su di lui, avendo la possibilità di essere debole quando ne aveva voglia. Le piaceva stare con lui, ogni giorno sempre di più.
Con quell’idea sempre più presente nel suo cuore, durante il tragitto a piedi, Emma gli raccontò quanto le era accaduto in quella sorta di sogno, anche se di sogno tanto non poteva trattarsi visto il doloroso epilogo. Gli raccontò ogni cosa: la bambina, le creature, la donna incappucciata; persino l’improvvisa visione di se stessa con intenti tutt’altro che pacifici. E lui l’aveva ascoltata, sempre senza lasciare la sua mano.
Non seppe dire con certezza se fosse stato il modo in cui lui la supportava, o la stretta alla mano, ma una volta davanti all’albergo di Granny si ritrovò a dire semplicemente –potremmo andare da te...-
L’espressione di Killian fu impareggiabile, ma forse anche la sua non fu così sicura di se; cercò di giustificarsi dicendo che voleva evitare un’inutile interrogatorio da parte dei miei genitori, ma il sorriso del giovane Jones non se ne andò più via dal suo viso, neppure in quel momento.
Ma ora che si trovava lì, l’idea di aver scelto la sua camera d’albergo come porto sicuro, lontana dalle mille domande e preoccupazioni di Biancaneve e il Principe, non sembrava più così intelligente. Ogni volta che Killian posava i suoi occhi su di lei sembrava pronto a divorarla in ogni istante. Altro che sguardi bramosi.
 “E così vivi qui…” esclamò Emma, appoggiando sopra al letto il giubbotto di pelle nera che poco prima Killian le aveva galantemente posato sulle spalle.
La giovane Swan non riuscì a fare a meno di guardarsi intorno, alla ricerca di qualcosa che rendesse personale quella stanza comune.
Tutto appariva molto…ordinato. Il letto era fatto, nessuna carta in giro. Solo un cannocchiale, una fiaschetta di rum e una bussola sopra alla scrivania; il familiare cappotto lungo di pelle ripiegato sopra alla sedia. Non credeva che Killian fosse un tipo ordinato, ma dopotutto una camera d’albergo non poteva rappresentare un metro di giudizio.
“Pensavo non te ne separassi mai…” osservò Emma, sfiorando con le dita la vecchia fiaschetta segnata dal tempo, sorridendo all’uomo.
“Come hai detto tu al nostro primo appuntamento….stasera volevo essere lucido!”
“Lucido per c…”
Essere lucido, già…per l’appuntamento.
Le parole le morirono in gola; aveva rovinato tutto, travolta per l’ennesima volta dai continui eventi di quella città. Perché la sua vita non la smetteva di essere una calamità naturale per ogni genere di problema?
“Ehi tesoro…” notando l’improvviso cambio di umore della giovane Swan, Killian si avvicinò alla scrivania, accarezzandole nuovamente il volto come aveva fatto poco prima in ospedale “..cosa ti succede?”
“Non lo so…” rispose stanca Emma, abbassando lievemente il volto, senza però allontanare quelle dita così dolci da far male “…non riesco a capire cosa sia successo…un minuto prima ero qui a Storybrooke…e un minuto dopo…ero...non so nemmeno io dov’ero!”
“Di sicuro non qui…”
“No…” confermò la bionda, spostandosi di qualche passo per poi sedersi sul letto a pochi metri dalla scrivania “..o almeno non credo. Era come se fossi nella Foresta Incantata…ma allo stesso tempo non lo era; tutto era così…diverso”
“Diverso come?”
“…ho visto il castello dei miei genitori…completamente distrutto!” rispose Emma, con voce improvvisamente incrinata.
Le sensazioni che aveva provato continuavano a rimbalzarle da una parte all’altra del cuore; la paura, la morte….tutta la magia di quel posto sembrava essere stata spazzata via in un colpo.
Lentamente, Killian andò a sedersi accanto alla donna dai fluenti capelli biondi, spostando distrattamente il giubbotto nero che lo separava da lei.
“E c’era questa..bambina….aveva un viso così familiare…”
“Poteva trattarsi della nostra -amica-?!” chiese l’uomo riferendosi alla ragazza in ospedale.
“Non ne ho idea. Forse sto davvero perdendo di nuovo il controllo della mia magia...”
Preoccupata, Emma lanciò uno sguardo preoccupato in direzioni delle sue mani. Killian, senza attendere un solo istante, intrecciò nuovamente la sua mano con la sua, obbligandola ad interrompere il contatto con le sue dita pallide.
“Smettila di dubitare di te stessa tesoro. Riesci a controllare benissimo il tuo potere…E una cosa che sai fare meglio di chiunque altro è scoprire quando qualcuno sta mentendo...l’ho imparato a mie spese durante il nostro primo incontro!” disse sorridendo, alzando il sopracciglio destro come solo lui sapeva fare.
Anche Emma non riuscì a fare a meno di rispondere a quello splendido sorriso, con il naso a così pochi millimetri di distanza da quella barba incolta e da quelle labbra morbide. Da quando aveva iniziato a fantasticare su di loro?...forse dallo stesso momento in cui aveva cominciato a pensare a un sacco di altre cose che lo riguardavano.
“Quindi non ci resta che aspettare che l’addormentata si svegli!”
“E nel frattempo?!” chiese Emma, sorridendo maliziosa.
“Avrei qualche idea…”
Senza darle altri motivi su cui riflettere, Killian Jones piegò leggermente la testa, posando le labbra su quelle della giovane Swan, appoggiando una mano sulla sua mandibola; la pelle era così morbida e la sensazione che ne derivava così emozionante da rendere quale momento quasi irreale.
La stava baciando…e lei…aveva chiuso gli occhi. Era tutto troppo bello, troppo perfetto per essere vero.
Già…e ovviamente un momento come quello non poteva che essere interrotto dall’improvviso e brusco bussare alla porta.
Un suono così irritante da poter appartenere ad un'unica persona.
“Giuro sulla mia nave che se si tratta ancora di quel maledetto nano io…”
Killian si alzò brusco dal letto, seguito a ruota da Emma, il cui volto appariva ancora scosso per quanto successo pochi istanti prima; con un gesto secco e duro aprì la porta, pronto a prendere per il collo quel maledetto nano da strapazzo.
Ma non fu il volto di Brontolo quello che si trovò a pochi centimetri di distanza.
“Oh…che sorpresa…”
“Uncino!”
“Papà…” rispose Emma, il cui viso esprimeva tutto lo stupore di quel momento “che ci fai qui!”
“Credimi…potrei chiederti la stessa cosa!” rispose secco il Principe Azzurro, lanciando uno sguardo glaciale in direzione di Uncino “…ma purtroppo abbiamo un altro problema…”
“come sempre…” esclamò Uncino raggiante, guadagnandosi l’ennesima occhiataccia da parte del genitore.
“Cos’è successo?!” chiese Emma, aprendo del tutto la porta della stanza.
“La ragazza in coma….non è più in coma...”
“Oh…bene. E quale sarebbe il problema?!”
Emma ebbe quasi paura a porre quella domanda al padre; e la risposta che ottenne ne fu la prova.
“…è scomparsa!”
 
 
 
 
 
Ciao a tuttiiiiiiiiii!!!!
Ebbene sì…rieccomi qui. Mi scuso davvero tanto per lo spaventoso ritardo con cui ho aggiornato la storia, ma purtroppo il mio PC mi aveva abbandonato…per fortuna avevo salvato tutto in chiavetta!!! Sapere di avere il capitolo pronto e non poterlo pubblicare mi dava sui nervi :P
Cmq…alla fine sono riuscita ad aggiornare. Per farmi perdonare ho attaccato un pezzo di quello che avrebbe dovuto essere il terzo capitolo; almeno avete qualcosa in più da leggere,
Spero di aver trascritto bene tutte le scene che avevo in testa…tipo la parte iniziale dove si trovava Emma e il pezzo in cui parlo del risveglio della ragazza….Se ho fatto troppa confusione scusatemi!!!!!
Bè che altro dire….grazie di cuore per aver commentato e per continuare a leggere questa ff; leggere i vostri pensieri e opinioni mi dà la carica per scrivere e trovare la giusta ispirazione per andare avanti. Quindi grazie per trovare sempre del tempo…DAVVERO GRAZIE!!!!!
Ah…scusate per i possibili ORRORI di ortografia, ho cercato di beccarli tutti ma penso sia un’impresa impossibile (sono convinta che una volta pubblicato il capitolo ne troverò tre già tra le prime tre righe :P )
Ok dai non vi assillo più :)
Un fortissimo abbraccio. A presto.
Erin
   
 
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