"Tu guarirai Nicola, lo sai. Alla Lisandri verrà qualche idea. Lo sai, io la tratto male ma..."
"Leo".
"... lei è un genio".
"Leo. Non c'è più niente da fare, Leo".

No. No, non lui.
Ti prego, chiunque ma non lui.

 

"Nicola non dire così. Senza di te non-"
"Senza di me, farai tutto lo stesso. La morte è un passo necessario, Leo. E' l'ultimo dovere che abbiamo. A un certo punto, bisogna staccare l'ombra da terra e partire". 

Ti prego. Ti prego.

 

"Leo, sei la persona migliore che ho conosciuto: hai un dono, la natura ti ha fatto questo dono, di pensare prima agli altri e poi a te stesso. E questo fa di te un vero leader, coraggioso nella vita, nella morte, nell'amore". 

Non abbastanza coraggioso, invece. Non abbastanza da affrontare un'altra malattia, da riprenderti Cris, da perdonare Vale e ammettere che in fondo lo capisci.

 

"Promettimi solo di non essere triste, eh? Come non sono triste io. E' l'ultima cosa che ti chiedo".

Non puoi. Sai che non lo farai, che non riuscirai a sorridere. Forse non sorriderai mai più, quando anche l'ultimo punto fermo della tua vita ti sarà strappato via a forza. Come la tua gamba, la scuola. Come tua madre, Davide e Vale. Come Cris, che adesso è chissà dove con chissà chi. 
Sarebbe una promessa vana, la tua, un giuramento impossibile da mantenere. Come quelle bugie che racconti a tua sorella quando le dici che sei pronto per la TAC di domani. Come quando hai detto a Toni e Rocco che non volevi un abbraccio ma in realtà lo volevi, solo che non avevi voglia di farti vedere debole.
Ne dici tante, di bugie. Ultimamente ne dici così tante che l'occhio ti brucia per tutte le volte che lo strofini. Una in più non cambierà nulla.

 

"Te lo prometto. Ti voglio bene, Nick".

Non avevi programmato quelle ultime parole, eppure ti escono così, lisce e chiare come se fossero una cosa ovvia. E, mentre le pronunci, ti rendi conto di non averlo mai fatto. Ti rendi conto di quanto Nicola sia stato importante per te, forse più di chiunque altro. Ti rendi conto che sei davvero finito, che l'universo si è accanito contro di te più di quanto ti piaccia ammettere. E se hai smesso di chiederti il perché della malattia, non riesci a fare lo stesso per tutte le persone che ti lasciano.

 

"Anch'io".
"Davvero tanto".

Devi specificarlo, devi. Fa' presto, prima che sia troppo tardi. Dovresti anche ringraziarlo, lo sai. Per la canoa, per l'amicizia, per l'affetto che ti ha regalato in questi anni. Per esserti stato vicino e averti aiutato. Per averti spinto a guarire e a lottare. A ricominciare. Per quell'abbraccio sul tetto e per mille altre cose.

 

"Anch'io. Anch'io ti voglio- ti voglio bene".

Ma non lo farai. Te ne rendi conto mentre la stanza si riempie del suono acuto e insistente che indica la fine di una vita. Te ne rendi conto quando il calore della mano di Nicola, tocco familiare in un mondo ostile, sparisce - e la tua guancia sembra raffreddarsi, sembra ghiacciata. 
Ed è in quel momento - mentre qualcuno ti passa accanto e il silenzio si fa opprimente, mentre la stanza si offusca e ti sembra di cadere in un sogno - che ti rendi conto di essere solo. 




N.d.A.: questa scena è una delle più devastanti, a mio avviso. L'ho riguardata per citare le battute dei personaggi e ho pianto. Ho scritto la storia e ho pianto. Ogni volta che rileggo le citazioni, sento un nodo alla gola. Non doveva morire Nicola e.e
Tutte le citazioni appartengono all'ultimo scambio di battute tra Leo e Nicola, nella puntata 3x02 di "Braccialetti Rossi".