I feel like I am going home tonight.
Sakura
aveva le mani piccole e piuttosto infantili, stonavano appena
rispetto al corpo maturo fatto di un seno prosperoso, di una vita
stretta e di fianchi solidi, possenti. Probabilmente – pensò
Naruto andandole vicino – era un retaggio dell'infanzia, qualcosa
che rimaneva alla donna dai tempi che erano stati.
Sakura era
cresciuta tutto a un tratto, improvvisamente come un fiore che spunta
dalla neve. Aveva sedici anni, era ancora una ragazzina smilza e
bambinesca, dagli occhi grandi e il busto piatto, quando
improvvisamente era diventata una donna mautra. Successe quasi dal
giorno e dalla notte, Naruto ne fu stupito, lui che cresceva giorno
dopo giorno, con confortante calma.
«
Avvisare prima di entrare, no eh? »
Naruto
aveva messo una mano sulla spalla della donna che era sussultata
appena, si era girata senza fretta e gli aveva puntato addosso gli
occhi verdi che lui conosceva così bene. Erano la prima cosa di cui
si era innamorato, quando si era innamorato di lei a soli sette anni.
Poi aveva amato quelle mani, la fronte spaziosa, il naso piccolo, la
bocca carnosa, il seno piatto e i capelli lunghissimi. Aveva amato
tutto di lei, e se all'inizio, nell'infanzia, non aveva capito che
tutto quel voler osservarla e ammirarla e apprezzarla e mitizzarla
era un principio d'amore, nel momento in cui lo aveva realizzato, a
tredici anni – anche un po' in ritardo sulla naturale ma ipotetica
tabella di marcia – tutte le sensazioni di goduria e imbarazzo che
il fissare quel corpo gli dava si erano triplicate.
Sakura
era una ragazzina bellissima ai suoi occhi. Era stato difficile farsi
bastare il semplice vederla, erano stati mesi duri, quelli
dell'approdo definitivo all'adolescenza. Naruto aveva cercato ogni
contatto, bastava sfiorarle una mano per caso e l'eccitazione saliva
prepotente. Bastava osservarla nelle ore di ginnastica, vedere come
la tuta cadesse, seppur larga, in maniera così delicata su quel
corpo magro, per fargli perdere la cognizione di dove si trovasse.
Era perso di lei, e non era andato affatto bene. Ogni notte sognava
di baciarla e ogni mattina era un tuffo al cuore sentire il profumo
di fragola che Sakura emanava.
«
Stavi suonando così bene... »
Naruto lasciò andare la mano dalla spalla, si sedette affianco alla donna sullo sgabello nero che
era
posto dinnanzi ad un piano a muro. Sakura suonava dai tempi delle
medie, aveva comiciato per caso durante l'attività ricreatoria dopo
scuola, per poi fare del piano una sua passione. Al liceo era
richiesta in tutte le competizioni tra scuole possibili, avrebbe
potuto iscriversi direttamente ad una prestigiosissima università,
per le sue doti naturali, ma non lo aveva fatto. Sakura aveva sempre
odiato dover suonare per qualcuno che non fosse se stessa, o chi
traeva piacere dall'ascoltarla.
Sakura aveveva sempre e solo
suonato per una sola persona, e non era lui.
«
Nah, ultimamente ho dimenticato quasi tutto. E' raro che io riesca a
portare a termine una canzone, mi viene un nervoso, sapessi. Non so
cosa è successo alle mie mani, non si muovono più come una volta.
»
La voce della donna dava un'eco stanca, era roca dal non aver
parlato a lungo, probabilmente, non era una voce pimpante,
tutt'altro. Non lo era mai stata, ma ovviamente a Naruto era sempre
piaciuta così, nonostante fosse addirittura metallica, a volte.
Naruto amava le donne con la voce metallica, quasi tutte le ragazze
che aveva avuto, dai diciannove anni in poi, avevano avuto voci che
ai più sarebbero risutltare sgradevoli. Ricordavano lei.
Osservava
le proprie mani appoggiate sui tasti, Sakura, le dita immobili
aperte. Naruto la fissò per un po' in silenzio, poi pigiò un tasto
a caso ed un suono acuto si propagò nella piccola stanza da pranzo.
Sakura storse le labbra in una smorfia, si girò di nuovo ad
osservarlo.
«
Non so ancora distinguere le note, vedi un po' tu. E sì che sono
anni che ci provi a insegnarmi le scale! Quindici anni e passa! »
Naruto
scosse la testa, fece una faccia drammatica e aspettò che il volto
della donna si aprisse al sorriso. Infatti così fu, con suo sommo
diletto, e anche con suo sottile dispiacere. Da diversi anni a quella
parte vederla sorridere era doloroso.
Il sorriso di Sakura non era
mai stato sincero con lui, né era mai stato per
lui.
«
E' perchè sei stupido! »
« Sempre molto gentile con me! »
«
Sono gentilissima di natura, io, sono come una rosa senza spine lo
sai! »
Sakura
aveva alzato il tono della voce; aveva perso un po' della immoblità
e della serietà che lui le aveva visto addosso appena aveva messo
piede in casa, dieci minuti prima, trovando il portone di casa
socchiuso. Era stata parecchio ad osserverla di spalle, perso tra i
ricordi e la luce soffusa di quel presente così duro e così poco
vivido, tanto a lungo che se qualcuno l'avesse visto avrebbe pensato
ad uno stalker colto sul fatto, o ad un assassinio che sta
premeditando il suo misfatto. Sakura non si era accorta di nulla,
persa a fissare a spalle curve qualcosa sotto di sé, qualcosa che
lui sapeva essere i tasti del piano.
Sakura suonava divinamente,
aveva un modo tutto suo di approciarsi a qualsiasi canzone. Rendeva
tutti i pezzi più vivaci, meno tristi. Aveva il potere di colorare
le canzoni; ma questo una volta. Ora – doveva ammetterlo – le sue
suonate erano spente, lente, proseguivano faticose verso la fine,
insicure come quelle degli inizi, quando Sakura non aveva ancora
conosciuto quel qualcuno che non era lui per cui suonare.
Naruto
tolse il dito dal tasto, portò le mani alle ginocchia.
«
Ti va di suonarmi qualcosa adesso? »
Sakura
sgranò gli occhi, le tremò il labbro inferiore per un singolo
brevissimo istante nel quale a Naruto mancò il respiro. Che avesse
fatto una cavolata davvero a chiederle una cosa simile? Stava per
cambiare idea, dirle che era uno scherzo, quando lei annuì, una sola
volta, ma annuì.
«
Solo perchè è il ventitrè ottobre... furbone! »
Naruto
sentì un groppo alla gola che fece fatica a deglutire, gli occhi gli
si velarono suo malgrado di lacrime. Le lacrime erano il suo retaggio
del passato, come le mani per Sakura. Le mani che ora si muovevano
tra i tasti, già, suonando qualcosa che lui conosceva bene e che era
da dieci anni che non sentiva. L'ultima volta era stato nella casa
del loro migliore amico, prima che questi gli svelasse, in un
orecchio, che frequentava Sakura da quando avevano finito il liceo,
da quell'inverno in cui i loro destini si erano in parte divisi.
«
Non puoi non fare un regalo al tuo migliore amico, ehe. Vero
Sakura_chan? »
Naruto
rise, fu sincero nel ridere come gli era consentito e come sapeva, di
una risata profonda e che sapeva essere contagiosa per il mondo e
anche per lei che sorrise, nonostante quel sorriso non fosse che un
pallido riflesso di quello che avrebbe rivolto al loro migliore
amico, a colui per cui suonava.
Sakura
sorrise e suonò la canzone d'amore che ella aveva scritto per un
ragazzo venuto da molto lontano, piombato un giorno piovoso di
primavera in una piccola scuola di perfieria dalla città; un
ragazzino scuro di capelli e di occhi, magro, schivo.
Naruto
non volle domandarsi perchè lei gli avesse regalato un pezzo così
doloroso, sapeva che se l'era andata a cercare. Ultimamente a Sakura
riusciva – e male – solo quella canzone.
Fu penoso ascoltare
Sakura suonare per cinque minuti di fila, stancante perchè mancava
qualcuno per cui finire la canzone.
Naruto
continuò ad ascoltare il resto delle tristi note ad occhi chiusi,
trattenendo le lacrime, non facendo il minimo movimento di modo che
esse non cadessero giù. Come una volta, non voleva farsi vedere
piangere da colei che amava e venerava. Che gli faceva del
male.
Sakura era bellissima anche quando non suonava bene, come in
quei momenti, piena di smorfie e col sudore alla fronte.
Quella
concentrazione estrema che ella mise nel suonare fu un regalo
comunque inestimabile per Naruto che compiva trentanni ed era venuto
da lontano a trovare la sua amica d'infanzia, dalla città alla calma
di un paesino di periferia, perso tra i campi e il mare. Ricordava
qualcuno di nome Uchiha Sasuke piombato in quel paesino quindici anni
prima per frequentare le medie, il loro migliore amico.
Sakura
aveva amato Sasuke Uchiha fin dal primo istante in cui lo aveva
osservato, a quindici anni appena compiuti, e subito aveva voluto
suonare – segretamente – per lui.
Naruto si portava dietro di
se tanti di quei ricordi legati a loro, a se stesso, e a quell'altro,
che fu difficile non piangere quando il pezzo finì e la quiete tornò
assieme al rumore delle cicale, assillante ma confortante.
«
Che ne dici se mi accompagni alla stazione? »
Naruto
propose ciò quando ancora l'eco dell'ultima nota dilagava nella
piccola afosa stanza, d'impulso. Aveva bisogno d'aria, la camicia
bianca dalle maniche corte gli stava appiccicata al petto,
fastidiosa. Il cuore batteva troppo veloce.
Sakura si guardò per
qualche istante attorno, pareva smarrita, alla ricerca di qualcosa o
di più cose. Poi si alzò e di corsa prese dal tavolo sulla parete
opposta al piano un paio di chiavi semplici, senza alcun portachiave,
e dandosi un'ultima fugace occhiata intorno si diresse verso
l'uscita.
Naruto la seguì, dopo aver notato che il piano era
rimasto aperto. Non disse nulla, rimise le scape sulla soglia di casa
in silenzio e uscì sul ripiano che dava sulle scale per aspettarla,
sotto ad un sole cocente e ad un cielo di un blu da far male, i
colori che sembravano esser stati cuciti apposta per lui: biondo e
dagli occhi azzurri, capelli color del grano. Dopotutto, Konoha, era
il piccolo porto di mare in cui era nato, e con lui anche Sakura.
Era tornato alla propria terra natìa per un giorno solo,
viaggiando in treno per sei ore, di notte. Quando era giunto al
villaggio era l'alba, il sole stava sorgendo con le tinte più vivide
che Naruto poteva aver sognato nei mesi e negli anni di città.
Vedendo quell'alba si era chiesto se mai avesse potuto scendere dal
treno, se mai fosse riuscito a varcare la soglia di Konoha e quella
della casa di Sakura, una delle prime, poche, all'ingresso del paese.
«
A che ora hai il treno ? »
« Tra una mezzora buona dovrebbe
partire. »
Si
incamminarono fianco a fianco lungo la scalinata che portava ad una
strada acciotolata, dopo la quale non c'era altro che spiaggia e
mare. Un paesaggio forte, confortante.
Naruto si sentì meglio a
sentire che Sakura camminava al suo steso passo, fianco a fianco, e
che respirava a pieni polmoni, regolare. Ora gli sembrava stranamente
forte, alta quasi come lui, con quelle spalle larghe e il seno
prosperoso, con la vita allenata, le gambe lunghe fasciate da un
semplice paio di jeans corti e stretti. Gli sembrava una donna
vissuta e al contempo ancora piena di vita, con quel cappello a banda
e tese larghe che le ombreggiava il volto più volte scottato dal
sole. Una figura che stonava un po' con quella che avea visto china
su di un piano qualche istante prima, eppure gli piaceva
comunque.
Sakura aveva le piccole mani ondeggianti sui fianchi, la
sinistra sfiorava ritmicamente quella di Naruto che, quando mancavano
neanche due minuti all'arrivo alla stazione, la afferrò e la strinse
nella sua.
«
Lasciami stare così solo per un po', ti prego. » bisbigliò e
abbassò la testa, imbarazzato come un adolescente che ha paura di
ferire l'intimità di chi è innamorato.
Sakura
sospirò appena, si sistemò meglio la borsa a tracolla con l'altra
mano, non lo guardò, ma si lasciò stringere la mano forte.
Era
una mano piccola, morbida, fredda.
Per Naruto fu come fare un
tuffo nei ricordi, e chi arrivò davanti al treno pronto per partire
per la città non fu il Naruto trentene che si stava per recare nel
suomonolocale poco distante dal centro per sbrigare al computer certi
affari rimasti insoluti in quelle ore, da solo, spulciando qualche
rivista e mangiando qualche snack veloce; no, chi arrivò lì era un
bambino che aveva visto per la prima volta il mare e per la prima
volta si era innamorato.
Sasuke si innamorò la prima volta che
vide Sakura.
Sasuke si innamorò quando vide il mare.
Sakura si
innamorò del ragazzino venuto dalla città che si innamorò del
mare.
Naruto, a trentanni, davanti a quel treno, ricordò questo
sillogismo poco esatto e poco matematico, questa cantilena che egli
amava ripetersi nelle serate più tristi, sconfortanti, quando
neanche il pensiero che avrebbe rivisto Sakura a scuola l'indomani
riusciva a colmarlo, serate di molti anni prima che gli tornarono
alla mente per tutto il viaggio di ritorno in città.
Ricordò la
cantilena triste e si sentì il bambino innamorato del mare, che
aveva visto per la prima volta. E innamorato della ragazzina dalle
mani piccole che lo aveva appena salutato dal marciapiede, portando
una mano in alto, lo sguardo anche in alto per vedere dove lui fosse,
in che cabina, da quale vetro lui la stesse guardando.
Naruto pensò di essere Sasuke che lascia i suoi due amori e parte per tornare chissà quando, e quando lo realizzò, a viaggio di ritorno inoltrato, si mise a piangere a dirotto, proprio come il bambino che non era mai stato.
Naru/Saku?
Sasu/Saku
di sfondo? Naruto-centric?
Atmosfera fumogena e tutto quanto. L'idea di partenza era che volevo
scrivere qualcosa su Naruto e Sakura. E le mie Naruto e Sakura da
tempi immemori...finiscono...mmm così.
Eh. Ggià. Personalmente ringrazio questo scritto per essere apparso
dal nulla, da una ispirazione fulminea a pochi passi da un giorno
fatidico che mi capiterà tra poco, è stato stupefacente e strano
ritrovare l'ispirazione proprio ora.
Non sono la solita parte di
Bidirezione, ma su quest'account ci stavo e ci sto bene,
quindi.
Spero vi sia piaciuta almeno un po', grazie di averla
letta, grazie di averla apprezzata così come è.
Grazie
Bidirezione
(l'altra parte)