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Autore: Bidirezione    03/03/2015    2 recensioni
« Che ne dici se mi accompagni alla stazione? »
Un incontro tra due persone, o forse tre, un tuffo nei ricordi in una piccola stanza calda e afosa affacciata sul mare, un avvicinamento spirituale, forse, tra chi si è lasciato perché ha preso il treno troppo tardi, o troppo presto. Un momento di intimità tra due esseri umani che nonostante tutte le proprie durezze, gli ostacoli, vogliono comunque concedersi del tempo insieme. La storia di un'accettazione, forse. Ognuno la vede e sente come vuole e capisce, questo è un po' ciò che ho voluto fare con questa storia su Sakura e Naruto.
SakuNaru, forse. Dipende da come la guardate. Ciò che conta è l'atmosfera. Il loro magico incontro.
Buona lettura!
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno | Coppie: Naruto/Sakura, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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I feel like I am going home tonight.



Sakura aveva le mani piccole e piuttosto infantili, stonavano appena rispetto al corpo maturo fatto di un seno prosperoso, di una vita stretta e di fianchi solidi, possenti. Probabilmente – pensò Naruto andandole vicino – era un retaggio dell'infanzia, qualcosa che rimaneva alla donna dai tempi che erano stati.
Sakura era cresciuta tutto a un tratto, improvvisamente come un fiore che spunta dalla neve. Aveva sedici anni, era ancora una ragazzina smilza e bambinesca, dagli occhi grandi e il busto piatto, quando improvvisamente era diventata una donna mautra. Successe quasi dal giorno e dalla notte, Naruto ne fu stupito, lui che cresceva giorno dopo giorno, con confortante calma.

« Avvisare prima di entrare, no eh? »

Naruto aveva messo una mano sulla spalla della donna che era sussultata appena, si era girata senza fretta e gli aveva puntato addosso gli occhi verdi che lui conosceva così bene. Erano la prima cosa di cui si era innamorato, quando si era innamorato di lei a soli sette anni. Poi aveva amato quelle mani, la fronte spaziosa, il naso piccolo, la bocca carnosa, il seno piatto e i capelli lunghissimi. Aveva amato tutto di lei, e se all'inizio, nell'infanzia, non aveva capito che tutto quel voler osservarla e ammirarla e apprezzarla e mitizzarla era un principio d'amore, nel momento in cui lo aveva realizzato, a tredici anni – anche un po' in ritardo sulla naturale ma ipotetica tabella di marcia – tutte le sensazioni di goduria e imbarazzo che il fissare quel corpo gli dava si erano triplicate.

Sakura era una ragazzina bellissima ai suoi occhi. Era stato difficile farsi bastare il semplice vederla, erano stati mesi duri, quelli dell'approdo definitivo all'adolescenza. Naruto aveva cercato ogni contatto, bastava sfiorarle una mano per caso e l'eccitazione saliva prepotente. Bastava osservarla nelle ore di ginnastica, vedere come la tuta cadesse, seppur larga, in maniera così delicata su quel corpo magro, per fargli perdere la cognizione di dove si trovasse. Era perso di lei, e non era andato affatto bene. Ogni notte sognava di baciarla e ogni mattina era un tuffo al cuore sentire il profumo di fragola che Sakura emanava.

« Stavi suonando così bene... »

Naruto lasciò andare la mano dalla spalla, si sedette affianco alla donna sullo sgabello nero che

era posto dinnanzi ad un piano a muro. Sakura suonava dai tempi delle medie, aveva comiciato per caso durante l'attività ricreatoria dopo scuola, per poi fare del piano una sua passione. Al liceo era richiesta in tutte le competizioni tra scuole possibili, avrebbe potuto iscriversi direttamente ad una prestigiosissima università, per le sue doti naturali, ma non lo aveva fatto. Sakura aveva sempre odiato dover suonare per qualcuno che non fosse se stessa, o chi traeva piacere dall'ascoltarla.
Sakura aveveva sempre e solo suonato per una sola persona, e non era lui.

« Nah, ultimamente ho dimenticato quasi tutto. E' raro che io riesca a portare a termine una canzone, mi viene un nervoso, sapessi. Non so cosa è successo alle mie mani, non si muovono più come una volta. »
La voce della donna dava un'eco stanca, era roca dal non aver parlato a lungo, probabilmente, non era una voce pimpante, tutt'altro. Non lo era mai stata, ma ovviamente a Naruto era sempre piaciuta così, nonostante fosse addirittura metallica, a volte. Naruto amava le donne con la voce metallica, quasi tutte le ragazze che aveva avuto, dai diciannove anni in poi, avevano avuto voci che ai più sarebbero risutltare sgradevoli. Ricordavano lei.
Osservava le proprie mani appoggiate sui tasti, Sakura, le dita immobili aperte. Naruto la fissò per un po' in silenzio, poi pigiò un tasto a caso ed un suono acuto si propagò nella piccola stanza da pranzo.
Sakura storse le labbra in una smorfia, si girò di nuovo ad osservarlo.

« Non so ancora distinguere le note, vedi un po' tu. E sì che sono anni che ci provi a insegnarmi le scale! Quindici anni e passa! »

Naruto scosse la testa, fece una faccia drammatica e aspettò che il volto della donna si aprisse al sorriso. Infatti così fu, con suo sommo diletto, e anche con suo sottile dispiacere. Da diversi anni a quella parte vederla sorridere era doloroso.
Il sorriso di Sakura non era mai stato sincero con lui, né era mai stato
per lui.

« E' perchè sei stupido! »
« Sempre molto gentile con me! »
« Sono gentilissima di natura, io, sono come una rosa senza spine lo sai! »

Sakura aveva alzato il tono della voce; aveva perso un po' della immoblità e della serietà che lui le aveva visto addosso appena aveva messo piede in casa, dieci minuti prima, trovando il portone di casa socchiuso. Era stata parecchio ad osserverla di spalle, perso tra i ricordi e la luce soffusa di quel presente così duro e così poco vivido, tanto a lungo che se qualcuno l'avesse visto avrebbe pensato ad uno stalker colto sul fatto, o ad un assassinio che sta premeditando il suo misfatto. Sakura non si era accorta di nulla, persa a fissare a spalle curve qualcosa sotto di sé, qualcosa che lui sapeva essere i tasti del piano.
Sakura suonava divinamente, aveva un modo tutto suo di approciarsi a qualsiasi canzone. Rendeva tutti i pezzi più vivaci, meno tristi. Aveva il potere di colorare le canzoni; ma questo una volta. Ora – doveva ammetterlo – le sue suonate erano spente, lente, proseguivano faticose verso la fine, insicure come quelle degli inizi, quando Sakura non aveva ancora conosciuto quel qualcuno che non era lui per cui suonare.
Naruto tolse il dito dal tasto, portò le mani alle ginocchia.

« Ti va di suonarmi qualcosa adesso? »

Sakura sgranò gli occhi, le tremò il labbro inferiore per un singolo brevissimo istante nel quale a Naruto mancò il respiro. Che avesse fatto una cavolata davvero a chiederle una cosa simile? Stava per cambiare idea, dirle che era uno scherzo, quando lei annuì, una sola volta, ma annuì.

« Solo perchè è il ventitrè ottobre... furbone! »

Naruto sentì un groppo alla gola che fece fatica a deglutire, gli occhi gli si velarono suo malgrado di lacrime. Le lacrime erano il suo retaggio del passato, come le mani per Sakura. Le mani che ora si muovevano tra i tasti, già, suonando qualcosa che lui conosceva bene e che era da dieci anni che non sentiva. L'ultima volta era stato nella casa del loro migliore amico, prima che questi gli svelasse, in un orecchio, che frequentava Sakura da quando avevano finito il liceo, da quell'inverno in cui i loro destini si erano in parte divisi.

« Non puoi non fare un regalo al tuo migliore amico, ehe. Vero Sakura_chan? »

Naruto rise, fu sincero nel ridere come gli era consentito e come sapeva, di una risata profonda e che sapeva essere contagiosa per il mondo e anche per lei che sorrise, nonostante quel sorriso non fosse che un pallido riflesso di quello che avrebbe rivolto al loro migliore amico, a colui per cui suonava.

Sakura sorrise e suonò la canzone d'amore che ella aveva scritto per un ragazzo venuto da molto lontano, piombato un giorno piovoso di primavera in una piccola scuola di perfieria dalla città; un ragazzino scuro di capelli e di occhi, magro, schivo.

Naruto non volle domandarsi perchè lei gli avesse regalato un pezzo così doloroso, sapeva che se l'era andata a cercare. Ultimamente a Sakura riusciva – e male – solo quella canzone.
Fu penoso ascoltare Sakura suonare per cinque minuti di fila, stancante perchè mancava qualcuno per cui finire la canzone.

Naruto continuò ad ascoltare il resto delle tristi note ad occhi chiusi, trattenendo le lacrime, non facendo il minimo movimento di modo che esse non cadessero giù. Come una volta, non voleva farsi vedere piangere da colei che amava e venerava. Che gli faceva del male.
Sakura era bellissima anche quando non suonava bene, come in quei momenti, piena di smorfie e col sudore alla fronte.
Quella concentrazione estrema che ella mise nel suonare fu un regalo comunque inestimabile per Naruto che compiva trentanni ed era venuto da lontano a trovare la sua amica d'infanzia, dalla città alla calma di un paesino di periferia, perso tra i campi e il mare. Ricordava qualcuno di nome Uchiha Sasuke piombato in quel paesino quindici anni prima per frequentare le medie, il loro migliore amico.
Sakura aveva amato Sasuke Uchiha fin dal primo istante in cui lo aveva osservato, a quindici anni appena compiuti, e subito aveva voluto suonare – segretamente – per lui.
Naruto si portava dietro di se tanti di quei ricordi legati a loro, a se stesso, e a quell'altro, che fu difficile non piangere quando il pezzo finì e la quiete tornò assieme al rumore delle cicale, assillante ma confortante.

« Che ne dici se mi accompagni alla stazione? »

Naruto propose ciò quando ancora l'eco dell'ultima nota dilagava nella piccola afosa stanza, d'impulso. Aveva bisogno d'aria, la camicia bianca dalle maniche corte gli stava appiccicata al petto, fastidiosa. Il cuore batteva troppo veloce.
Sakura si guardò per qualche istante attorno, pareva smarrita, alla ricerca di qualcosa o di più cose. Poi si alzò e di corsa prese dal tavolo sulla parete opposta al piano un paio di chiavi semplici, senza alcun portachiave, e dandosi un'ultima fugace occhiata intorno si diresse verso l'uscita.
Naruto la seguì, dopo aver notato che il piano era rimasto aperto. Non disse nulla, rimise le scape sulla soglia di casa in silenzio e uscì sul ripiano che dava sulle scale per aspettarla, sotto ad un sole cocente e ad un cielo di un blu da far male, i colori che sembravano esser stati cuciti apposta per lui: biondo e dagli occhi azzurri, capelli color del grano. Dopotutto, Konoha, era il piccolo porto di mare in cui era nato, e con lui anche Sakura.
Era tornato alla propria terra natìa per un giorno solo, viaggiando in treno per sei ore, di notte. Quando era giunto al villaggio era l'alba, il sole stava sorgendo con le tinte più vivide che Naruto poteva aver sognato nei mesi e negli anni di città. Vedendo quell'alba si era chiesto se mai avesse potuto scendere dal treno, se mai fosse riuscito a varcare la soglia di Konoha e quella della casa di Sakura, una delle prime, poche, all'ingresso del paese.

« A che ora hai il treno ? »
« Tra una mezzora buona dovrebbe partire. »

Si incamminarono fianco a fianco lungo la scalinata che portava ad una strada acciotolata, dopo la quale non c'era altro che spiaggia e mare. Un paesaggio forte, confortante.
Naruto si sentì meglio a sentire che Sakura camminava al suo steso passo, fianco a fianco, e che respirava a pieni polmoni, regolare. Ora gli sembrava stranamente forte, alta quasi come lui, con quelle spalle larghe e il seno prosperoso, con la vita allenata, le gambe lunghe fasciate da un semplice paio di jeans corti e stretti. Gli sembrava una donna vissuta e al contempo ancora piena di vita, con quel cappello a banda e tese larghe che le ombreggiava il volto più volte scottato dal sole. Una figura che stonava un po' con quella che avea visto china su di un piano qualche istante prima, eppure gli piaceva comunque.
Sakura aveva le piccole mani ondeggianti sui fianchi, la sinistra sfiorava ritmicamente quella di Naruto che, quando mancavano neanche due minuti all'arrivo alla stazione, la afferrò e la strinse nella sua.

« Lasciami stare così solo per un po', ti prego. » bisbigliò e abbassò la testa, imbarazzato come un adolescente che ha paura di ferire l'intimità di chi è innamorato.

Sakura sospirò appena, si sistemò meglio la borsa a tracolla con l'altra mano, non lo guardò, ma si lasciò stringere la mano forte.
Era una mano piccola, morbida, fredda.
Per Naruto fu come fare un tuffo nei ricordi, e chi arrivò davanti al treno pronto per partire per la città non fu il Naruto trentene che si stava per recare nel suomonolocale poco distante dal centro per sbrigare al computer certi affari rimasti insoluti in quelle ore, da solo, spulciando qualche rivista e mangiando qualche snack veloce; no, chi arrivò lì era un bambino che aveva visto per la prima volta il mare e per la prima volta si era innamorato.
Sasuke si innamorò la prima volta che vide Sakura.
Sasuke si innamorò quando vide il mare.
Sakura si innamorò del ragazzino venuto dalla città che si innamorò del mare.
Naruto, a trentanni, davanti a quel treno, ricordò questo sillogismo poco esatto e poco matematico, questa cantilena che egli amava ripetersi nelle serate più tristi, sconfortanti, quando neanche il pensiero che avrebbe rivisto Sakura a scuola l'indomani riusciva a colmarlo, serate di molti anni prima che gli tornarono alla mente per tutto il viaggio di ritorno in città.
Ricordò la cantilena triste e si sentì il bambino innamorato del mare, che aveva visto per la prima volta. E innamorato della ragazzina dalle mani piccole che lo aveva appena salutato dal marciapiede, portando una mano in alto, lo sguardo anche in alto per vedere dove lui fosse, in che cabina, da quale vetro lui la stesse guardando.

Naruto pensò di essere Sasuke che lascia i suoi due amori e parte per tornare chissà quando, e quando lo realizzò, a viaggio di ritorno inoltrato, si mise a piangere a dirotto, proprio come il bambino che non era mai stato.








Naru/Saku? Sasu/Saku di sfondo? Naruto-centric? Atmosfera fumogena e tutto quanto. L'idea di partenza era che volevo scrivere qualcosa su Naruto e Sakura. E le mie Naruto e Sakura da tempi immemori...finiscono...mmm così. Eh. Ggià. Personalmente ringrazio questo scritto per essere apparso dal nulla, da una ispirazione fulminea a pochi passi da un giorno fatidico che mi capiterà tra poco, è stato stupefacente e strano ritrovare l'ispirazione proprio ora.
Non sono la solita parte di Bidirezione, ma su quest'account ci stavo e ci sto bene, quindi.
Spero vi sia piaciuta almeno un po', grazie di averla letta, grazie di averla apprezzata così come è.
Grazie
Bidirezione (l'altra parte)

   
 
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