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Autore: Harriet    10/12/2008    2 recensioni
Le stagioni non hanno mai influenzato veramente la vita del Sognatore. Ma ora che è prigioniero del sogno e vicino alla fine di ogni cosa, c'è una Primavera crudele da ricordare e un Autunno miracoloso da scoprire... {Partecipante alla IV Disfida di Criticoni}
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakyoh
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IV Disfida di Criticoni - Dualiteam
Tema personale: Autunnio/Primavera
Tema di squadra: "Che senso aveva tenere ancora due cuscini sul letto?"
La squadra Theta è composta da me, Ju, Shu e Wren. Abbiamo deciso di scegliere tutte lo stesso fandom, analizzando un personaggio per ciascuna, e dando ognuna un'interpretazione diversa dei due cuscini.



La stagione del sogno


Summer move forward and stitch me the fabric of fall
Wrap life in the brilliance of death to humble us all
And the taste of dried-up hopes in my mouth
And the landscape of merry and desperate drought...
I would know love again if I had faith enough
Too far is next spring and her jubilant shout



Nel sogno piove.
Il Sognatore è disteso su un suolo spoglio, una piana desolata in mezzo al nulla, e lascia che la pioggia lo sfiori. Il sogno è suo, lo conosce, può percorrerlo e plasmarlo, e adesso ha deciso che deve piovere.
Il sogno lo si associa sempre al sonno, lo stato di stasi in cui il corpo e la mente riposano. Ma nessuno riesce a comprendere quanto una coscienza sempre vigile possa essere stanca. Il sogno consuma le fibre del suo essere. Quel restare eternamente sveglio dentro al sogno, testimone invisibile di tutti gli eventi e delle loro disastrose conseguenze toglie forza alla sua mente. Le immagini diventano troppe, la consapevolezza gli dà la nausea, il potere di quel suo dono mai desiderato lo travolge. E allora... Allora, per un attimo, il Sognatore cerca di cancellare tutto, di far tacere tutto. E siccome non ci riesce, perché semplicemente non può, quasi per una ripicca inutile e infantile, decide che deve piovere. E' come un rimettere alla volontà di quell'elemento le sue poche forze, è un lasciarsi travolgere, forse nella speranza che la pioggia annulli le altre sensazioni, e soprattutto è una protesta contro il sole, il mare, i fiori e tutto quello che portano con sé.
Nel sogno piove, e il corpo del Sognatore, che non è fisico, ma fatto di sogno come tutto il resto, riesce comunque a percepire delle sensazioni. Non avverte il bagnato, ma sogna di farlo. L'ultima parte di lui che ha ancora voglia di ribellarsi esprime il suo dissenso verso il mondo e il destino in questo modo. Sogna la pioggia, il suolo impregnato di umidità, la nebbia appiccicosa che graffia la gola, quando la si respira, lo sfarinarsi del terreno sotto le dita, il rumore appena percettibile delle gocce sulle cose. Sogna la pioggia, sogna l'autunno.
Sogna quello che lui immagina essere l'autunno.

Le stagioni non l'hanno mai veramente influenzato, in realtà. Come può essere, se la tua vita si trascina tra le stesse quattro mura, da anni e anni? Le stagioni sono soltanto parole lette sui libri, ascoltate dalle voci attorno, intraviste dietro una tenda. O sognate, ovviamente. Ma non è come sperimentarle sulla pelle.
Per lui, l'estate era sempre stata le lenzuola bianche e leggere e la finestra appena aperta, con qualche alito di vento a muovere i tendaggi chiari. L'autunno era il chiudersi di quelle finestre e il mondo pervaso da una luce diversa, grigia, fastidiosa per gli occhi. L'inverno veniva annunciato dalla comparsa di coperte pesanti e biancore abbagliante dietro i vetri.
L'unica stagione che avesse mai avuto una qualche rilevanza era la primavera. Ma non per il ritorno del caldo e della luce, per gli abiti leggeri o i sorrisi sui volti delle poche persone che vedeva. Per lui, la primavera era nelle parole di una canzone. Una sciocca canzone popolare, un motivo neanche bello, ma contagioso e facilmente orecchiabile, canticchiato da una delle tante persone che, nel corso dei suoi lunghi anni di prigionia e malattia, era stata incaricata di prendersi cura di lui. Una donna né vecchia né giovane, di poche parole, fin troppo gentile, con l'abitudine di riempire i silenzi di vecchie canzoni. Un giorno d'inverno, mentre rimetteva in ordine la stanza e tirava fuori le coperte dall'armadio, l'aveva sentita cantare quel motivo. Sulle ultime parole, la donna si era fermata. Arriverà la primavera, diceva la canzone. E lei si era fermata a guardarlo, con un sorriso.
- Arriverà la primavera.- Aveva ripetuto. - Arriverà davvero, lo sai? Arriva sempre. Porta via ogni dolore e ridona la vita. E' così nella natura. Ed è così anche nelle nostre piccole esistenze.-
Lui era molto giovane, allora, e troppo cortese e malinconico, per ribattere che si trattava solo di una vana illusione.
E, forse, in realtà aveva bisogno proprio di parole come quelle.
Da allora, la primavera era entrata nella sua vita. Le cose erano cambiate. Ecco il guardare fuori dalla finestra, cercando di cogliere un bagliore del mondo esterno, pensando che arriverà la primavera. I timidi scenari di un futuro diverso, immaginati quasi con colpevolezza, ma tanto dolci, e forse nemmeno così lontani, perché, in fondo, arriverà la primavera. I libri da leggere e le materie da studiare, e le mille cose da imparare e conservare: tutto potrà tornare utile, un giorno, quando arriverà la primavera.
E poi il secondo cuscino sul letto: posso toglierlo?, aveva domandato quella donna gentile. Era uno sciocco retaggio dell'infanzia, quel cuscino: prima aveva impedito a un bambino di cadere, poi aveva rassicurato un ragazzino nelle notti spaventose.
- Posso toglierlo?-
- No.- Un sorriso. No, non può toglierlo, perché arriverà la primavera, e quel cuscino accanto al mio mi ricorda che arriverà la primavera e un giorno non sarò più solo.
Sì, le stagioni fuori dalla finestra gli erano indifferenti, ma la primavera era splendida e vicina, e lui la voleva con un desiderio disperato – nonostante le visioni, il futuro, il destino, l'oscurità e le consapevolezze più orribili di chi è destinato a non illudersi mai, lui la voleva e, in fondo, l'aspettava davvero.
La primavera era arrivata. Ad insegnargli che non esiste stagione più crudele.

Continua a piovere, nel sogno, e il freddo e il tocco della pioggia gli danno una specie di perversa consolazione. La primavera l'ha tradito più di tutte le cose, e allora lui la rifiuta. La primavera aveva avuto il nome della stella polare e gli occhi verdi, la risata improvvisa che sapeva riempire tutte le cose e la luce meravigliosa dell'illusione più dolce. La primavera si era spezzata in un vortice di petali rosa. Lui aveva visto tutto, il sangue e la vita di lei che si disperdeva, e per la prima volta in vita sua non aveva atteso, rassegnato, ma aveva cercato di cambiare le cose. Imparando di nuovo, nel modo più orribile, che questo gli era precluso. A tutti, e a lui più di ogni altro.
Non era arrivata la primavera, ma il silenzio e l'immobilità. La morte per lei, il sonno per lui. La sua vita di timide speranze era scomparsa. Al suo posto, un luogo straniante e sterile, una prigionia ancora più impenetrabile: quella del sogno. E quando dal sogno guardava il suo corpo in coma, la prima cosa che notava era quel letto così spoglio. Con un solo cuscino. L'illusione era persa per sempre.
Tutto quel che era venuto dopo non era altro che una conferma di ciò che già sapeva. La primavera appena passata aveva portato alla morte un'altra ragazza, ingenua e forte come la sua, anche lei sacrificata al destino che non si ferma. L'albero eternamente in primavera, con i suoi infidi fiori rosa, aveva visto la morte del suo signore e la morte del cuore del suo nuovo padrone. C'erano stati tradimenti di ogni tipo, e primavere che si spegnevano negli occhi di anime gentili ormai infrante. Le primavere sono sempre illusorie, beffarde, sterili.
Meglio l'autunno, allora. La pioggia consolante, la sensazione di decadenza, di perdita, la marcescenza, l'odore penetrante di dissoluzione e morte. L'autunno è la fine di un ciclo. L'autunno è la fine, e te lo dice chiaramente, non ti illude.
Ecco, se prima la sua vita era stata l'attesa di una primavera, adesso è struggente desiderio d'autunno.
Mentre il resto dei prigionieri del destino, là fuori dal sogno, continua a inseguire desideri alla cieca, distruggendo le ultime possibilità di felicità e cambiamento, e portando tutte le cose sempre più vicine alla distruzione inevitabile. E in tutta quella follia, hanno ancora il coraggio di attaccarsi a qualche briciolo di speranza.
Il Sognatore è commosso e straziato, da quella speranza. Rivede se stesso e la sua primavera desiderata, nella loro stupida speranza. E non riesce a considerarla stupida fino in fondo, perché sa come si sentono loro, sa che i loro desideri li dominano con tanta forza da cancellare il resto. Un desiderio inevitabilmente si nutre di speranza.
Anche il suo desiderio è così. Anche lui, in qualche modo, vive nella speranza. Alcuni giorni è la speranza di morire con la rassegnata certezza di aver visto giusto. Altri, è la speranza di morire con l'improvvisa rivelazione di aver sempre sbagliato.
Ma la speranza che hanno loro, quella è pura follia. E lui non sa disprezzarla, come fa il Kamui oscuro. Sa solo compatirla. Chiudere gli occhi e pensare a tutte le primavere che bruceranno nel fuoco della distruzione, nella dissolvenza della fine.
La fine. L'autunno, la fine del ciclo della vita.
Dentro sé, avverte quelle parole ripetute, da due voci differenti.
La prima è la voce del Kamui oscuro. L'autunno della Terra è inevitabile, e quando tutto ricomincerà, quando la Terra sarà rinata, non ci sarà nessuno a vederla nella sua vita fertile e piena di colori. E' la fine, è come deve essere.
Eppure... Perché la seconda voce è quella di Kotori? Perché il respiro gentile della ragazzina gli sussurra quelle stesse parole? E all'improvviso apre gli occhi, vede l'autunno che ha creato e i colori feriscono la sua vista e fanno spalancare il cuore. L'autunno è la fine del ciclo della vita, ma la vita se ne va avvolta di un manto regale e splendente. Dà l'addio alla Terra in vesti meravigliose. Come per ricordare che non riesci a fermarla, la vita, e che la morte è solo un passaggio per qualcos'altro.
Una lacrima scende giù insieme alla pioggia. Loro sono così. Loro, che inseguono i propri desideri, non per salvare la Terra, ma per offrirla a coloro che amano. Loro vanno verso la fine risplendendo dei loro colori più belli, certi che, anche se si dissolveranno, quelli che vogliono proteggere saranno vivi nel nuovo ciclo, e una nuova Terra fiorirà per loro, in una primavera che finalmente manterrà le sue promesse.
Quanto sono sciocchi, quanto si illudono, quanto soffriranno... I loro colori si spegneranno e l'autunno non sarà seguito da nient'altro che il silenzio.
Lo sa. L'ha visto.
Non si può sfuggire, come sempre.
E mentre si lascia cullare dalla pioggia, mentre il rosso, l'oro, e l'argento si intrecciano attorno a lui e rivestono il mondo sfaccettato e fragile del sogno, mentre il vento racconta storie perdute e incomprensibili e le gocce cantano una ninna nanna triste da spezzare il cuore, ma dolce più di ogni sterile primavera immaginata, all'improvviso il Sognatore sorride, colto da un'intuizione amarissima e commovente.
C'è molta più speranza in quell'autunno che in tutta l'attesa delle sue primavere. Una speranza tenace, caparbia, inutile e dolorosa, ma splendida come il rosso, l'oro e l'argento dell'autunno.


*** Note

Citazione iniziale: “Drought”, Vienna Teng
Un grazie particolarmente sentito alla pioggia di questi giorni, ad una lunga e noiosa attesa, a Vienna Teng, alla Strega delle Dimensioni, alla mia prof. di inglese, ad un poco fruttuoso pomeriggio di studio in una biblioteca malefica, alle mie colleghe di squadra e alla nostra comune passione per questo fandom poco sano.

(Vieni a trovarmi al Worlds Hotel?)
   
 
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