Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: sese87    04/03/2015    5 recensioni
AU che traccia le vite dei protagonisti di Dragon Ball alle prese con il nostro mondo, dalla loro adolescenza all'età adulta.
*il cognome Arensay è un anagramma di mia invenzione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie '1998'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Le Sette Sfere del Drago

Il Drago e le Sette Sfere 

 

Stasera andrò a vedere “Le Sette Sfere” al cinema Onion. Un rappresentazione cinematografica del mio fumetto preferito, dove i protagonisti sono alla costante ricerca di queste sfere magiche in grado di esaudire i desideri più disparati.
Gli altri ed io ci siamo dati appuntamento al Namec, per un frullato prima della proiezione. Ho sempre adorato questo locale: tutti i ragazzi popolari vengono qui per chiacchierare e “farsi vedere”, per intrecciare le loro esistenze con pettegolezzi che, in un modo o nell’altro faranno comunque parlare di sé.
Il Namec è appunto una livella sociale: se sei qui, sei nel giro, altrimenti sei tra coloro che, oltre a riempire i corridoi della scuola come una massa indistinta, sono sconosciuti ai più.
Adesso, mi piacerebbe far parte degli sconosciuti; poter pensare ai fatti miei senza lasciarli analizzare da chi che sia, come sta accadendo in questo momento. Sento addosso gli sguardi di tutti. Il privilegio di essere una rappresentante d’istituto in pieno marasma sentimentale ed esistenziale!
“E a te, Bulma, cosa piacerebbe desiderare?”, mi chiede Yamcha, succhiando il suo frullato all’arancia.
“Ecco… “, passo in rassegna i miei pensieri, “Che domande! È ovvio che chiederei la giovinezza eterna, per restare sempre bellissima!”, rispondo spavalda ma sto mentendo.
“Ma sarai sempre bellissima, tesoro!”, è l’immancabile commento del mio ragazzo.
In realtà, preferirei avere un fidanzato come si deve, invece sono rimasta intrappolata dai miei stessi principi. Avevo promesso a Yamcha che l’avrei perdonato. E l’ho perdonato, semplicemente per aver perso interesse alla vicenda. Sono successe tante cose terribili in questi ultimi giorni, e sarebbe stato sciocco rimuginare su una ragazzata come quella tra di noi.
Vorrei tagliar corto, ma sono assolutamente incapace di dare una spiegazione alla fine del nostro amore. Lasciarlo per via di ciò che ho vissuto in questi giorni, mi pare una bassezza nei confronti di Vegeta: non è questo il motivo e fungerebbe soltanto da scusa.
Lui è stato scorretto, tuttavia il mio orgoglio mi impedisce di usare la sua infedeltà come motivo per troncare la nostra relazione, soprattutto dopo aver concesso il perdono. Passerei per una pusillanime e non mi va affatto.
Dire di non amarlo più, dopo averlo perdonato proprio per amore, sarebbe un altro colpo basso, oltre che conferma di vigliaccheria! Eppure ricordo di averlo perdonato proprio in forza di un sentimento che ora non sento più e non riesco a spiegarmi perché.
C’è bisogno di un perché dopotutto? Non basterebbe semplicemente dire “Non ti amo più?”, ci resterebbe male e mi odierebbe! Non voglio essere odiata.
Soprattutto, non riesco a sentirmi perfettamente a mio agio qui al Namec, sia per la civetteria degli altri compagni di scuola sia per il mio stato d’animo, non completamente in linea con quello che potrebbe definirsi “normale”.
“Smettila di chiamarmi tesoro, Yamcha, è da bambocci!”, lo riprendo, scontrosa, “E comunque è ora di andare! Il film inizia solo tra…” lancio un’occhiata all’orologio, “appena trenta minuti”, farfuglio tirandolo via dalla sedia e da questo postaccio. Maledetta me per esserci voluta venire!
“Un momento Bulma, lasciami almeno finire il mio drink! E poi Goku e gli altri non sono ancora qui!”, protesta. Glielo darei in testa il suo drink, se non fossi sicura di calamitare maggiore attenzione dagli astanti. O forse dovrei dire spettatori? “Vorrà dire che non vedendoci ci raggiungeranno direttamente là!”
E dire che una volta sentirmi al centro dell’attenzione generale mi inorgogliva; adesso mi è solo d’impiccio. Probabilmente perché sono la prima a non capire un accidenti della matassa sentimentale in cui mi sono impigliata da sola; l’interesse degli altri mi è inutile, se non riesco a trovare, io stessa, il capo del filo.

 

Ci mettiamo in fila per entrare, “Non capisco perché hai voluto iniziare la fila da adesso, Bulma!”
“Senti, Yamcha, sono già di pessimo umore e sai bene perché, una boccata d’aria non può che farci bene.”
“Potevamo farci una passeggiata, se era questo che volevi”, raramente Yamcha sprizza tanta logica come questa sera.
“Così poi saremmo entrati per ultimi!”
“Tanto dobbiamo ancora aspettare gli altri.”
“Allora, vorrà dire che compreremo i biglietti anche per loro!”
“Come se ci fosse una fila disumana, siamo venuti oggi proprio perché ci sarebbe stata poca gente, visto che la prima c’è stata ieri. Ricordi? È stata una tua idea!”
“So benissimo che è stata una mia idea, grazie! Ma non è un buon motivo per entrare per ultimi e beccarsi dei posti in ultima fila.”
Sarebbe tutto più ragionevole se, semplicemente, gli spiegassi che uno, restare al Namec mi metteva in imbarazzo, e che due, restare da sola a passeggiare con lui, come un’irriducibile coppia di innamorati, mi avrebbe fatto sentire ancora peggio.
Ho anche un terribile mal di testa che mi rende insopportabile tutto quanto! Ce l’ho dal pomeriggio, da quando io e Chichi abbiamo iniziato a sistemare i festoni per il ballo di San Valentino. Tutti quei cuori mi hanno disgustata, ricordandomi la mia codardia.
“Di’ un po’, hai invitato anche lui, per caso?”
“Eh?”, faccio svogliata, “Non stavo ascoltando!”
“Me ne sono accorto che non stavi ascoltando!”, mi rimbecca risentito, “Dicevo, hai invitato anche Arensay stasera?”, domanda infine.
“No, perché?”, Yamcha non risponde, spunta il mento in direzione di Vegeta davanti al botteghino.
Giuro, se fossi riuscita a controllarmi meglio, non avrei agito così. Di fatti, non appena lo scorgo, mi illumino più dell’insegna al neon del cinema! Inizio a sbracciarmi in un saluto gioioso tanto quanto quello di un naufrago alla vista di una nave in mezzo al mare.
A scuola ho sempre rispettato i suoi spazi, convinta volesse restare solo per via della morte del padre.
Tuttavia, questa sarebbe anche l’occasione migliore per avvicinarmi a lui e capire come si sente e come sta affrontando la cosa; a scuola mi sfugge sempre con la scusa di dover studiare.
Non gli avrei chiesto nulla direttamente; vorrei solo capisse che, nonostante tutto, io gli sono amica.
Lui ci nota, e io avvampo quando mi rendo conto di essere agitata tanto in presenza Yamcha; la mente mi si confonde, abbasso le braccia senza dir nulla.
Anche Vegeta resta fermo, non un cenno, indeciso?
Infastidito. Ci volta le spalle ed entra in sala.
Adesso mi vergogno di averlo saluto in modo tanto plateale! La gioia di averlo visto mi aveva fatto dimenticare le circostanze. Insicura io stessa dei miei problemi sentimentali con Yamcha dell’attaccamento che nutro per Vegeta, da non rendermi conto di essere risultata del tutto fuori luogo.

 

All’arrivo dei nostri amici entriamo in sala anche noi. Sono irrequieta per tutta la durata del primo tempo: continuo a pensare alla figuraccia di poco prima. Yamcha non ha detto nulla, questa volta, ma dubito gli abbia fatto piacere. Beh se vogliamo, nemmeno a me ha fatto piacere il suo tradimento!
Ecco, che il risentimento torna a galla. E mi torna in mente anche quella frase sentita in macchina con Vegeta “Si perdona finchè si ama”. Se è vera, vuol dire che innamorata non lo sono più. Eppure, se continua a darmi fastidio, vorrà pur dire qualcosa! Che sono gelosa. E se sono gelosa, forse non è vero che sono del tutto indifferente a Yamcha!
Che pasticcio. E Vegeta? Perché mi evita così da quando è morto suo padre?
Posso capire il suicidio del padre, voglio capire anche il suo dolore; ma perché chiudersi così di fronte all’aiuto che io stessa gli ho sempre offerto?
Ed è da questo momento che smetto del tutto di prestare attenzione al film. Sono rivolta allo schermo, ma penso a Vegeta e a tutta quella forza che dimostra nell’affrontare ogni tormento, la sua maturità e chiarezza mentale. La passione che mette nel raggiungere i suoi obiettivi. Tutte qualità che ostento ma che rivedo in lui soltanto. Mentre io ho bisogno che la mia sicurezza arrivi dal riconoscimento degli altri, mettendomi sempre al centro dell’attenzione, lui non basta che a se stesso, restando fedele alle proprie convinzioni.
Adesso capisco il mio bisogno egoistico di stargli accanto: essere amata da una persona così, mi renderebbe piena di orgoglio. Riuscire dove nessun’altra è riuscita, dove persino C18 così simile a lui ha fallito, mi riempirebbe piena di amor proprio.
Lo userei per innalzare me stessa.
Come può, inoltre, esserci equilibrio dove il mio attaccamento nasce dalla pena che provo per lui?
Ha ragione. Ha ragione lui a odiare chi osa impietosirsi. Di per sé, un riconoscimento di superiorità verso chi si reputa svantaggiato. Ecco perché il suo orgoglio lo tiene lontano da me, perché mi evita.
Gli impongo la mia consolazione come fosse un cane bastonato, quanto è chiaro che la condivisione e l’empatia possano esserci solo laddove ci sia equilibrio.
Si è allontanato dopo l’incidente del padre per via del mio atteggiamento da crocerossina. Sono io che ho rovinato tutto, con la mia stupida apprensione da maestrina! E quindi non capisco se ne sono davvero innamorata, o se solo bisogno, il mio, di essere apprezzata tanto quanto Yamcha mi ha disprezzata tradendomi.
Mi sento una stupida, un cretina. La rabbia mi occlude la gola. Che senso ha, rimuginare sui i miei sentimenti, quando io stessa sono incapace di capirli.
Come posso continuare a mettere da parte il mio amor proprio per un cretino come Yamcha? Io non sono così, io sono Bulma Brief!
Ed ecco che, nel mezzo di questo mio delirio di convinzioni, qualcuno viene ad occupare il posto rimasto vuoto accanto al mio. Persino nella penombra riconoscerei la sua improbabile capigliatura.
“Vegeta!”
“Ho finito i miei e c’era troppa fila al bancone!”, dice, afferrando il mio pacco di Popcorn, nel contempo facendomi quasi rovesciare addosso la mia bibita.
“Ehi, sta’ attento!” sbraito.
Shhh, Esorta una ragazza dietro di noi, che io ovviamente ignoro, “Questo è un maglione di mohair, hai idea di come l’avresti ridotto?”
Shhhhhh, fanno dietro di noi con più insistenza.
“Io parlo quando mi pare! Nessuno mi fa shh!” Sbraito furiosa con una gomitata contro lo schienale della mia poltrona, per rendere il concetto più chiaro contro quella smorfiosa che mi ha interrotto nel mezzo di una ramanzina.
“È la raffinatezza che ti contraddistingue.” Mi prende in giro Vegeta.
Shhhhh, ma insomma la smettete di blaterare! Lasciateci vedere il film!
“E tu la smetti di sibilare come una lucertola, vecchia strega?”, sbotta Vegeta, girandosi verso la donna che aveva osato indispettirlo.
“E ridammi i miei Popcorn!”, aggiungo io non appena torna a sedersi composto; faccio per riprenderli dalle mani di Vegeta, il quale tiene salda la presa prima di mollarla. Più di una manciata finisce a terra.
“Scusami,” sussurra suadente al mio orecchio, e sto per sciogliermi in un perdono quando, strafottente, aggiunge, “Credevo fossi ormai abituata alle briciole!” Spunta il mento in direzione di Yamcha, che non ha sentito l’ultima frase ma, nella penombra, vedo la sua mascella contrarsi dal fastidio di avere Vegeta di nuovo tra i piedi. E a ragione, considerato il casino che abbiamo combinato. Tuttavia, più che sentirmi in colpa verso Yamcha sono furiosa con Vegeta.
Non posso credere che fino ad un attimo fa stavo ammettendo a me stessa di provare qualcosa per lui. Ma stavo dimenticandomi la sua più grande caratteristica: è un’irriducibile stronzo! Cerco di calmarmi, perché sono una signora, altrimenti dovrei fare a pezzi tutto il cinema. Non voglio comunque fargliela passare liscia. Mi preparo a rispondergli a tono, quando Yamcha, cavallerescamente propone sussurrandomi: “Se ti sta dando fastidio lo sistemo io!” credendo sia tutta colpa di Vegeta, quanto in realtà siamo complici.
Ricordo ancora com’è finita l’ultima volta che ha pensato a sistemarlo! Allora desisto, per evitare ulteriori complicazioni.

 

“Ciao, Vegeta!”, saluta Goku alzandosi quando, a fine proiezione, accendono le luci della sala, “Cosa ci fai qui?”, domanda, quasi ricadendo dalle nuvole.  
“È un cinema, mi pare ovvio cosa ci faccia!”, risponde l’altro, piuttosto spiccio, la cui scontrosità non riesce ad intaccare la giovialità del mio amico.
“E ti è piaciuto il film?”, continua infatti quest’ultimo già infilando un braccio nella manica del giubbino.
“Non credo ci abbia fatto molto caso!”, si intromette Yamcha, riferendosi al teatrino tra me e Vegeta.
“A me sono piaciuti molto i Sayan,” cerco di smorzare i toni, “Soprattutto il Principe senza regno, è così affascinante!” Faccio sognante.
“Il Principe? Ma è un psicopatico.” Controbatte Crilin, “Un assassino senza scrupoli che pensa solo a se stesso!”
“Beh non è quello che facciamo tutti?”, ribatte Vegeta, in difesa del personaggio, “L’unico con un po’ di personalità.”
“É poi quel suo passato tormentato! Ho sempre avuto un deboli per i cattivi!”, concordo congiungendo le mani in adorazione.
“Beh, io preferisco il ragazzo lupo.”, dice Yamcha, mentre ci avviamo all’uscita, sentendosi messo da parte.
“Ah sì? E quale sarebbe la sua specialità oltre ad essere il primo a morire?” lo sbeffeggia Vegeta, ridendo, “É quello con meno spina dorsale. Sai, mi ricorda proprio qualcuno!”
“Cosa vorresti dire?”, domanda Yamcha minaccioso, mostrando il pugno. Ultimamente è particolarmente suscettibile su tutto, soprattutto quando Vegeta è nei paraggi.
“Coraggio, ragazzi, non litighiamo.” Riporta la pace Goku.
“E chi litigava, ho solo evidenziato un dato di fatto.”
“È un personaggio leale e che sbaglia e lo ammette! Il tuo, invece, manda tutto in rovina a causa del proprio orgoglio e della sete di potere”
“Io non la chiamerei sete di potere, quanto voglia di libertà!”, controbatto con aria saputa, alzando un indice, “È vero che le sue azioni sono tutt’altro che lodevoli, ma chiunque, con quella storia alle spalle, avrebbe agito allo stesso modo!”
“Vuoi forse dire che è giusto calpestare gli altri per il proprio egoismo?”
“Attento Yamcha, mi pare la tua difesa stia prendendo una brutta piega.” Stiletta Vegeta, mellifluo e trionfante. Anche Yamcha non ha mostrato molto altruismo quando ha calpestato i miei. Tuttavia non credo che l’intento di Vegeta sia stato di difendermi, quanto piuttosto di mettere zizzania: ha trovato un solido appiglio, e adesso lo sta caricando con tutto il peso. Gode parecchio a riversare i suoi sentimenti ombrosi sugli altri, vuole che tutti entrino nelle sue tenebre. Infatti continua, “Anche l’altruismo può essere una forma di egoismo, se non vado errato. Lo sapresti se avessi studiato filosofia!”, bercia, riducendo il discorso ad una glorificazione della propria cultura. Sto quasi per concedermi un sospiro di sollievo pensando, ingenuamente, sia finita lì. Com’è ovvio, tuttavia, dopo aver colpito non può che affondare, “Ma sono discorsi troppo complicati perché un idiota come te li capisca!”.
L’idiota in questione sta per ribattere, già lo vedo stringere i pugni, quando Chichi fa “Beh, se volete saperlo a me è dispiaciuto che quel ragazzino non abbia potuto finire gli studi!”.
“Oh Chichi, possibile che pensi sempre a studiare?” Ride Goku, cingendola con un braccio.
“A proposito di studio, ragazzi, mi avete ricordato che devo finire la relazione di storia per domani!”, si rattrista Crilin, affatto allettato dalla prospettiva di dover finire la serata tra i libri.
“Inutile che ti sforzi, tanto farà schifo lo stesso!”, si sente, però, in dovere di puntualizzare Vegeta con cattiveria; evidentemente non contento di non essere ancora riuscito a rovinare la serata a tutti, di portarci tutti nel suo baratro.
“Scusa tanto se non siamo tutti sapientoni come te, Vegeta.” Si difende Crilin, squadrandolo con astio.
“Guarda, guarda che coraggio!”, ghigna, cinico, Arensay, “L’altra volta non mi sei parso così spavaldo, quando ho rotto il naso al tuo amico.”
“Adesso basta, Vegeta!”, lo riprende Goku, questa volta con un cipiglio serio, per nulla adatto al suo viso da bambino.
“Perché altrimenti l’eroe della favola mi riempie di botte?”, gli punta un dito contro, chiamandolo per cognome, “Non ho paura di te, Kakaroth!”
“Vuoi fare a pugni, Vegeta?”, Goku si allontana da Chichi e fa un passo avanti, “Perché mi pare tu non stia cercando altro questa sera! Fatti avanti allora,” lo provoca, “Ma sappi che non attutirai il rancore che provi verso tuo padre.”
Vedo Vegeta fare un passo avanti, la folla all’uscita del cinema si è ormai diradata; a scompigliargli i capelli tira un vento piuttosto freddo, carico degli odori di un ristorante poco più avanti. Stringe i pugni e gli occhi in uno sguardo che non gli avevo mai visto. Un sentimento la cui note non riesco a decifrare; probabilmente, un sentimento che non proverò mai in tutta la mia vita.
Poi le labbra sottili si tirano in un ghigno, l’apparecchio si illumina dei lampioni della strada; sistema gli occhiali sul naso dritto e fa un passo indietro, piegando la testa da un lato. “Non mi importa niente di mio padre.” Sentenzia con un dito medio bene alzato rivolto a tutti, pima di girare i tacchi e andare via.
E con quella precisazione, credo di capire perché ha evitato di battersi: probabilmente non vuole scoprirsi così tanto con noi. Prendere a pugni Goku, o chi per lui, nonostante sia stato forse il suo intento dall’inizio, sarebbe come ammettere due cose: che Goku ha ragione e che la sua sofferenza e rabbia sono tali da non riuscire a contenerle.
Non appena ci dà le spalle e si allontana, capisco di essere al bivio che, in fondo avevo sempre sperato. Una scusa per poter finalmente scegliere tra Yamcha e Vegeta. L’occasione di sentire in me stessa chi vorrei davvero seguire. Con mia grande sorpresa, però, mi accorgo che non mi va di seguire nessuno. Due rette indipendenti nella stessa direzione, ecco com’è una relazione, senza bisogno di completarsi ma solo incontrarsi.
“Yamcha,” Dico, “Torno a casa a piedi!”
“Cosa?”
E mi separo da tutti, con Vegeta già lontano, “Ci vediamo domani alla partita, ragazzi!” Saluto sorridendo tutti come niente fosse, girata lancio uno sguardo sbieco a lui e prendo in mezzo quella parallela d’astio tra i miei amici e Vegeta.
Torno a casa, da sola.
Mentre camminavo sentivo che ogni passo lontano dai miei amici era un passo in più verso Vegeta, con la testa. Vedevo la strada dritta davanti a me, ma nei pensieri lui soltanto, con quelle spalle larghe abbastanza da sorreggere la sua vita complicata. Senza abbattersi, sempre a combattere se stesso per mantenersi forte, inattaccabile.
Adesso, arrivata finalmente a casa, posso dire di averlo raggiunto, così come la chiarezza mentale che mi pervade e riscalda in questa fredda notte invernale.
Scontroso, rude, profondo, oscuro come i sentimenti che gli ingarbugliano l’animo e rendono fosco lo sguardo. Sono finita nel suo angolo buio, incapace di vedere altri che lui, consapevole di non poter non percepire la sua essenza per sempre.
Non voglio più che lui cerchi il mio aiuto, come volevo accadesse; ma che mi cerchi senza condizioni, soltanto perché sono io.
Non gli parlerò dei miei sentimenti, perché la pietà che provo adesso toglierebbe loro lo smalto della particolarità.
Infilo la chiave nella serratura, un piccolo intoppo a minare la fluidità dei miei pensieri. E risento sulla mia pelle l’irrequietezza che ha contraddistinto Vegeta per tutta la serata, in cerca solo di una miccia per esplodere e sfogarsi; e rivedo Vegeta vacillare davanti a Goku, fermo come una roccia che il vento attraversa ma non può scalfire, e penso.
Penso che se persino lui per un attimo avrebbe potuto perdere la lucidità e la concentrazione che lo tiene ancorato all’imperturbabilità con cui sta affrontando tutto questo, come potrei io non cedere difronte alla sua tempesta? Come potrei non crollare vedendolo immerso nei suoi sogni infranti, quando io, al contrario, sono libera di scegliere la strada che voglio?
Così il dubbio di non poter essere abbastanza, si impossessa dell’energia che avevo recuperato solo alcuni istanti prima. Sento che “amore” è riduttivo ed è un oceano in cui mi perdo, vasto e tempestoso, eppure di vacillante c’è solo la certezza che lui non capisca.
Ho preso la mia decisione.

 
Liceo Toryama, ore 10:30.

 

“Bulma, sei ancora sicura di volerlo fare?”, mi chiede Chichi apprensiva, bloccandomi il passo prima dell’entrata in scena allo stadio. Indossa il completo da cheerleader che io stessa ho ideato per l’occasione; è così bella che dovrebbe bastare a darle sicurezza, ma il suo sangue freddo è tradito dalla fronte imperlata di sudore. In realtà, crede la coreografia dell’apertura della stagione di football sarà uno schifo. In fondo, non è mai stata d’accordo con la mia idea fin dall’inizio.
“Ti renderai ridicola, lo sai?”, chiede, le mani posate sulle mie spalle imbottite del costume di scena. Sicuramente il miglior vestito abbia mai indossato! “Cosa penserà Yamcha?”, decisamente nessuna della mie proposte le era parsa abbastanza ragionevole.
“Oh Chichi, a dirla tutta non mi importa nulla di quello che penserà lui. È una questione di principio capisci? Qualcuno doveva pur far qualcosa,” mi libero dalla mani di Chichi e sistemo i capelli in una coda di cavallo che sa di fragola, “Marion ha finalmente l’occasione di combinare qualcosa di buono, sta a lei coglierla.” Mi tolgo un pelucco dalla bocca.
“Non credi di mandare un messaggio sbagliato?”
“Oh santo Dende, Chichi, il mio messaggio arriverà. Forte e chiaro a chi di dovere.”
“Credo ancora sia meglio parlargli direttamente e dirgli come ti senti, invece di questa messa in scena. Sono sicura Yamcha capirà!”
Sbuffo, questa conversazione inizia a starmi stretta più dei collant che indosso! “Non capisci, Chichi. Ho detto che il messaggio arriverà.” Dico risoluta, e adesso sono io a poggiarle le mani sulle spalle.
“Ora si va in scena!”, con un occhiolino decreto la questione conclusa; infilo gli ultimi dettagli del costume e corro via, in posizione.
Ho la bocca secca. Sono terrorizzata. Mi volto verso Marion, la quale, questa mattina, non era tanto convita del suo ruolo di oggi; se ne aspettava un diverso, prima che io cambiassi i piani all’ultimo minuto, e ora teme di fare una figuraccia.
Deglutisco, anche se non ho abbastanza salivazione per farlo. La mani inguantate e sudate, le stringo a pugno. La canzone parte. La coreografia inizia. Spettacolare e colorata! Forse troppo per un liceo, ma ho voluto fare le cose in grande, affinché il mio messaggio arrivi, chiaro e forte come questo sole freddo di oggi.
Sento gli sguardi di Yamcha seguire la coreografia. Avrà sicuramente gli occhi fissi su di Marion che sgambetta incerta nel suo costume vistoso e ingombrante, inondata dalla sua capigliatura turchina e particolare, come la mia.
È bellissima.
 Indossa il costume più bello, scelto da me. Una maschera ottocentesca le copre il volto, e pare quasi ci sia io lì dietro. Lo pensano tutti. Lo pensa anche lui. Non riesco a vederlo, ma immagino il suo ghigno strafottente. Crederà io sia una bamboccia.
La coreografia giunge al termine, ci riuniamo in gruppo al centro del prato; un turbinio di colori carnevaleschi, come da tema. Ed io, al centro, vengo sollevata in alto dalle mie compagne in quanto mascotte della squadra: un goffo, voluminoso, puzzolente drago verde dalle “zampe” in calzamaglia gialle. Lanciano tutte la loro maschere eleganti in aria.
Poco prima che la canzone finisca, mi libero anch’io dell’enorme casco di peluche; un colpo di testa fuori copione. Ed eccomi, struccata, sudata, con i capelli, non più di fragola, appiccicati al volto accaldato su cui soffia l’aria fredda di questo Febbraio. Sfoggio il mio sorriso più brillante; il petto scosso dal fiatone. Mi sento bellissima e forte. Invincibile.
Finalmente Vegeta capirà di che pasta sono fatta! Bella, senza bisogno di artefici per sembrarlo; risoluta, perché solo lui può capire il mio gesto fino in fondo. La migliore, e considerata tale anche senza mascara e inondata di sudore.
Guardo lui, dopo averlo scorto, da solo, poggiato alla fine degli spalti. È troppo lontano per capire la sua espressione, ma immagino un ghigno su quelle labbra sottili.
Io posso scegliere dove stare e non raccolgo le briciole di nessuno, perché sono Bulma Brief e sono capace di restare sempre me stessa, Vegeta.
Scendo giù a terra. Raccolgo la testa di drago, trofeo della mia vittoria personale. Gli occhi sono comunque puntati su di me, continuo a sorridere mentre mi avvicino ad un confusissimo Yamcha. Non ha prestato la minima attenzione al fagotto verde che saltellava ridicolo dietro alle bellezze mascherate; guardava Marion, convinto fossi io. Ora guarda me con aria da ebete.
Gli mollo il testone da drago addosso, “È finita, Yamcha!”, dico raggiante senza ammettere repliche. Nemmeno mi interessano, che faccia pure una partita di merda, pensando a me. Me ne frego.

 

Alla fine delle lezioni ne parlano ancora tutti, e ne avrebbero parlato per settimane. Bulma Brief, la reginetta della squadra delle cheerleader, intrappolata in un costume mefitico per portare alla ribalta la ragazzetta che aveva osato andare a letto col suo ragazzo. Un piano così bene architettato, dicevano, che la poverina non capiva di essere stata fregata, nonostante sia stata la più bella della coreografia.
Vegeta, spero tu capisca che sbagli a considerarmi come gli altri, che non puoi ridurre a pietà le mie attenzioni verso di te e il mio orgoglio non sarà mai infranto. Nemmeno dal tuo.
Non ci siamo rivolti nessuna parola, né sguardi, per tutta la durata della giornata scolastica. Eppure io mi sento trionfante, perché la mia presenza è impertinente anche quando ci ignoriamo, Vegeta.
All’uscita di scuola mi aspetta tuttavia una brutta sorpresa: C18, l’unica virgola fuori posto di questa giornata. Bellissima e glaciale, avanza verso di me, nella divisa grigio e ocra del Liceo Lemon, prendendosi la scena che, fino a quel momento, era stata mia soltanto.
Resto sorridente, e sorridente l’accolgo mentre lei mi sbatte in faccia il volantino colorato del Ballo degli Innamorati, “Di’, l’avete già fatta questa pagliacciata?”
“Come ti permetti di definirla così! Sono io stessa l’organizzatrice, in quanto rappresentante d’istituto, e sarà una festa fantastica!”
“Ma non mi dire…”, sbeffeggia, gli occhi le scorrono sul volantino, “Avete già trovato la band per la serata?”.
“Veramente non ancora!”, esclama Chichi, “Sai con tutto quello che è accaduto, abbiamo dovuto posticipare i preparativi. La festa non si terrà che questo week-end.”
Rifilo a Chichi una gomitata, “Piuttosto che ci fai qui?”, domando.
“Fai parte del Liceo Scientifico Lemon, non è così?”, le chiede, però, anche Crilin, mentre si stropiccia le mani sudaticce, toccandosi gli indici, leggermente arrossato.
“Mi pare ovvio!”, stiletta lei, riferendosi alla sua divisa, senza raccogliere il tentativo di conversazione iniziato dal mio amico, degnato neache di uno sguardo. “Sei sempre l’ultimo ad uscire.” Dice poi la ragazza, sorpassandoci tutti alla volta di Vegeta.
Il cuore mi batte forte. “Bulma, dobbiamo parlare, è tutta la giornata che cerco di farlo!”, arriva Yamcha, inopportuno.
Accidenti, “Non adesso, Yamcha!”, infatti sono più curiosa di sapere di Vegeta e C18. Credevo si fossero lasciati. Maledizione, con questa folla e chiacchiericcio (provocato da me tra l’altro), non riesco a sentire cosa si dicono quei due.
“Bulma, ti prego ascoltami!”, mi riprende per un braccio, “Mi dispiace non aver guardato te, durante la rappresentazione, non credevo che quella in maschera fosse Marion.”
Ecco come Yamcha non ha capito un accidenti di quello che intendevo: pensa me la sia presa per questa sciocchezza. “Sul serio, Yamcha, non importa!”, lo rassicuro un po’ distratta, mentre cammino verso Vegeta e C18 che si stanno allontanando insieme.
Yamcha mi si para, tuttavia, davanti, ed arriva anche Marion. Oh no, il piano mi si sta rivoltando contro, proprio adesso! Ho gli occhi di tutti puntati addosso, tranne i loro che continuano per i fatti propri.
Ho perso la salivazione, l’odore nauseabondo del costume che ho indossato questa mattina mi torna nei polmoni.
Yamcha e Marion mi parlano, ma io non gli ascolto, concentrata su Vegeta e C18 che stanno litigando?
In tutto questo marasma, mi paiono in una bolla inaccessibile. Irraggiungibile. Che sia stato tutto inutile? Che il significato del ghigno di Vegeta sia stato di disprezzo, anziché approvazione?
C18 gli punta il dito contro.
“Bulma ti prego, perdonami!”
“Bulma, mi prendono tutti in giro oggi, spiegami perché!”
Ma non ascolto questi due, tra le fessure dei loro corpi paratimi davanti, intravedo Vegeta scuotere la testa. Il cipiglio indispettivo di C18, che lancia nel vuoto un oggetto dal bagliore metallico.
“Fottiti, Vegeta!”, le leggo sulle labbra, prima di vederla sparire.
“Cavolo!” esclamo, sconsolata, intrappolata nella mia stessa macchina della gloria. Quando finalmente riesco a liberarmi, con gli occhi di tutti puntati addosso, mi getto verso il cancello dell’uscita alla ricerca di Vegeta e della bionda. Spariti.

 

 

 

 Continua...

 

 Nuovo capitolo, lungo e succoso (lo spero!). Spero anche che vi sia piaciuto. Non posso promettervi nulla riguardo la velocità con cui verrà postato il prossimo capitolo (avrete ormai capito che gli aggiornamenti sono piuttosto random!), dico solo che sono stata travolta da un'ispirazione inaspettata e che, quindi, potrebbe già essere in cantiere! :P 

Grazie a tutti coloro che, di recente, hanno aggiunto la storia alle seguite (come Died e Bibi84), alle preferite e alle ricordate! :)

 

 

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: sese87