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Autore: Kathermiontrisbethlen    04/03/2015    0 recensioni
Una guerra tra Ateniesi e Spartani, tra strateghi e combattenti.
Le sorti della terra sono nelle mani degli Dei; soccomberanno o salveranno l'umanità?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Atena stava seduta sul freddo pavimento di marmo della sala del trono immersa nella lettura di un antico trattato filosofico quando un rumore la fece sobbalzare.
Si alzò in piedi e notò di essere sola. Per quanto tempo era rimasta lì?
Come al solito, durante il Grande Consiglio degli Dei, tutti avevano cominciato ad azzuffarsi e incolparsi a vicenda, e lei aveva preferito rimanere in disparte perché, se aveva imparato qualcosa in quell'eternità che aveva vissuto, era proprio che la democrazia e la ragione non sarebbero mai riuscite a contrastare un grosso, grasso dio arrabbiato.
Si guardò intorno per cercare di capire da dove provenisse il rumore e notò una testa rossa scomparire dietro una colonna.
<< Ti ho visto >> sibilò Atena.
<< Allora è proprio vero che non si può nascondere nulla alla dea della conoscenza >>.
Un uomo muscoloso le andò incontro. Era bello –molto bello-. Era abbronzato e aveva folti capelli rossi e occhi del colore della tempesta, ora blu, ora verdi, ora grigio piombo.
<< Ma guarda, il grande Poseidone, dio dei mari e degli oceani, dio di tutto ciò che nuota e creatore dei cavalli. Qual buon vento ti porta qui? >>. Il sarcasmo di Atena era palese nella sua voce.
<< Anche per me è un piacere vederti Cervellona >>. Poseidone sorrise e i denti bianchi risaltarono sulla pelle scura << Ma mi dispiace informarti che non sono qui per te. Sono stato convocato per il Grande Consiglio. Sai dirmi dove sono tutti? >>.
<< La riunione è finita da un pezzo >>.
Il dio fece una faccia preoccupata che fu subito rimpiazzata da un ghigno canzonatorio. << E immagino che adesso sarò punito >>.
Atena si voltò e si incamminò verso l’uscita.
<< Ciò che fai non è affar mio. Non sono la tua balia né tua madre >>.
<< Per fortuna >> le urlò dietro Poseidone. Ma la dea aveva già lasciato il tempio.
Uscendo Atena si immerse di nuovo nel caotico mondo al quale era abituata: bambini che correvano e schiamazzavano in giro, Pegasi che volavano su in cielo e scendevano in velocissima picchiata per poi scartare solo all’ultimo secondo, attività frenetica di commercianti, botteghe, forni, bancarelle, empori e cantori che raccontavano le grandi gesta degli dei, omettendo sistematicamente il grande aiuto che ad ogni impresa davano gli umani; gli dei erano così orgogliosi, pensò Atena, così restii a ringraziare eppure così pronti a scaricare le proprie responsabilità sulle spalle dei poveri eroi e semidei. 
La dea era talmente immersa nei suoi pensieri da non prestare attenzione alla strada e da finire dritta dritta contro la persona meno gradita da lei, forse anche meno di Poseidone: suo cugino nonché dio della guerra violenta Ares.
<< E sta un po’ attenta! Oh, ma sei tu cara cuginetta >> sorrise con un ghigno malvagio.
<< Già, non sei ancora riuscito a liberarti di me >> sibilò Atena.
<< Percepisco astio e vibrazioni negative nei miei confronti o sbaglio? Su cara, propongo una tregua! Posso offrirti una spremuta di ambrosia? >> Ares continuava a parlare con una faccia beffarda e un sorriso tirato, palesemente finto ma Atena decise di assecondarlo.
<< Perché no! Accetto, cugino >> disse e si incamminò con lui verso una vicina bottega.
***
<< Allora dimmi dea, pensi ancora che la strategia in guerra sia più importante della forza? Con la ragione non si uccidono gli uomini, con la ragione non si vince! >> Ares la provocò.
<< In guerra nessuno vince >>. Atena stava perdendo la pazienza.
<< In guerra vince il più forte! Colui che ha le armi e i guerrieri migliori! >>
<< Durante le battaglie sono tutti vinti. Tutti perdono qualcosa. Chi perde la vita, chi la libertà, chi ancora il proprio regno. Tutti sono accomunati dalla perdita di qualcosa. A questo serve la strategia. A limitare le perdite, qualunque esse siano >>. La dea aveva alzato talmente tanto la voce da far voltare tutti i presenti.
<< Oh ti sbagli >> Ares quasi sussurrava, pieno di rabbia << Il mio esercito non potrà subire perdite. E io vinco sempre e vincerò tra poco! >>.
<< Quale esercito? Di che vittoria parli? >>
<< Niente, erano solo supposizioni >> Ares ghignò << Si è fatto tardi cara cuginetta >>.
<< Ares, hai davanti l’eternità >> rise Atena a disagio.
<< Già, è questo il bello >>.
                                                           ***
Atena si specchiò sulla grande parete bronzea del tempio: i capelli neri d’inchiostro le ricadevano morbidi sulle nude spalle bianche e gli occhi grandi variavano continuamente dal blu al grigio, senza sosta, veloci come i suoi pensieri.
Quella appena trascorsa era stata una strana giornata: il Consiglio, quello scocciatore di Poseidone e infine Ares; le sue parole l’avevano turbata molto e adesso non faceva altro che pensare e cercare di collegare le informazioni in suo possesso.
Per schiarirsi le idee, decise di fare ciò che faceva sempre quando era confusa: scendere nel mondo dei mortali.
Cambiò forma e diventò una bellissima donna umana, pelle di seta e corporatura esile, peplo bianco drappeggiato attorno al seno, e braccia scoperte e si materializzò all’interno del Partenone, il suo maggiore tempio in Grecia.
Le luci erano soffuse ma l’enorme statua della dea, alta dodici metri, era ben visibile, come se risplendesse di luce propria.
Atena guardò il suo doppio che le restituì uno sguardo austero e freddo. Aveva davvero quell’espressione?
Si guardò intorno e in un angolo vide le ancelle e le nobili fanciulle della città intente a ricamare il peplo sacro per la grande festa in onore della dea, chiamata Panatenee, che sarebbe arrivata di lì a pochi giorni.
Le donne lavoravano freneticamente e con estrema grazia, cucendo motivi geometrici e splendide civette di perle iridescenti.
Atena sorrise. La festa in suo onore era una grande manifestazione sacra, ricca di rituali, sacrifici, gare di tessitura e atletiche; quest’ultime erano divise in competizioni esclusive per gli ateniesi e gare aperte a tutti i greci. Le più importanti erano le gare di corsa con i carri e di lotta tra gli opliti: i vincitori sarebbero stati ricoperti di gloria eterna e avrebbero vinto anfore d’olio prodotto in città. 
Tuttavia, ben più importante dei giochi, era la processione che si concludeva con l’arrivo del peplo sacro al’interno del Partenone; per ogni oplita sarebbe stato un privilegio parteciparvi come guardie d’onore.
La grande festa si teneva ad Atene e durante la settimana di cerimonie ogni guerra era sospesa e la popolazione non lavorava, tuttavia c’era sempre grande tensione tra i cittadini: ogni anno, nello stesso periodo, a Sparta si tenevano dei festeggiamenti in onore di Ares tutt’altro che sacri o pacifici; uomini di ogni dove si recavano in città per partecipare a combattimenti sanguinosi e gare di spada o lancia mortali. Spesso durante questi giochi venivano attuate campagne militari contro le città vicine, del tutto indifese, che venivano saccheggiate.
Era interesse di ogni ateniese surclassare i festeggiamenti spartani e per fare ciò impiegavano ogni risorsa e ogni uomo a loro disposizione.
Ares.
Ogni volta che la dea pensava al cugino, un brivido le passava lungo la schiena; era sicura che lui avesse qualcosa di oscuro in mente.
Doveva riuscire ad ottenere più informazioni e c’era solo un modo per averne.
Atena usci velocemente dal maestoso tempio, si nascose dietro una colonna, si trasformò in una bellissima civetta e volò in direzione di Sparta; era sicura che lì avrebbe trovato qualcosa e poi, che male c’era nello spiare un po’ gli avversari?
La civetta si muoveva velocissima fendendo il vento con le ali e scrutando il paesaggio in basso con i piccoli occhi da rapace. 
In pochi minuti il rapace atterrò su un alto ramo e si guardò intorno. Subito si slanciò in avanti e si lasciò cadere dall’albero riacquistando la sua forma mortale e atterrando agilmente sul terreno morbido.
Atena si incamminò verso il centro cittadino e una volta arrivata in piazza notò una grande folla che confabulava.
Provò ad avvicinarsi ma un soldato la respinse indietro: << Questa è un’assemblea di soli uomini >>.
La dea lo guardò negli occhi ed egli cambiò espressione, sfoggiando sul volto un sorriso pacifico e addormentato e scostandosi per farla passare.
La donna allora si coprì il capo con la stoffa e avanzò tra la folla prestando attenzione alle parole che venivano pronunciate.
<< Se proviamo ad attaccare sarà la guerra! >> urlò qualcuno accanto a lei.
<< La guerra porta alla carestia… morte,dolore! >>. Le grida si confondevano in un coro di voci stonate.
<< Uomini,compagni! >> una voce possente sovrastò tutte le altre e azzittì i presenti come per magia.
<< Dobbiamo attaccare e lottare o verremo schiacciati. Stiamo già rischiando di affondare, di soccombere sotto la sua egemonia, dobbiamo ribellarci, dobbiamo imporci. Dobbiamo distruggere Atene! >>
La dea sgranò gli occhi e rimase senza fiato. Chi era il pazzo che aveva preso questa decisione?
L’uomo continuò: << Dobbiamo attaccare durante i giorni di festa in onore di quella dea. Dobbiamo coglierli impreparati e massacrare donne, bambini, uomini. Dobbiamo liberarci dalla schiacciante fama di Atene. Dobbiamo ottenere il potere. Chi è con me? >>
Si sollevò un brusio indistinto di voci ma nessuno ebbe il coraggio di parlare.
La folla si disperse pian piano, lasciando sospesa la domanda dell’uomo dagli occhi neri come pece, stranamente familiari ad Atena.
La dea rimase in piedi sulla piazza, sconvolta e senza parole, cercando di riconoscere quel volto spigoloso e quegli occhi terrificanti.
Davanti agli occhi le passavano scene di massacri, vite perse e territori resi aridi dal sangue versato da innocenti.
Capì cosa doveva fare e si materializzò subito sull’Olimpo.

***
<< Padre, ti dico che l’ho sentito! >>
<< Basta Atena! Hai già detto tutto ciò che dovevi. Ripeto che nessun rivoltoso vuole attaccare la tua amata città, nessuno Spartano si sognerebbe di scontrarsi con l’esercito più potente al mondo!
E se così non fosse, io lo saprei! Sono il dio del cielo, il più importante, io so tutto e vedo tutto. >>
<< Padre ti prego ascoltami, evitiamo spargimenti di sangue, neutralizziamo questa… >>
Era, che fino a quel momento era rimasta zitta, intervenne a favore del marito: << Non c’è nulla da neutralizzare! Quell’uomo che hai sentito sarà un pazzo! Nessuno lo seguirà! Credi che sia possibile? Non voglio più sentir parlare di ciò. Pensa invece a prepararti per le grandi Panatenee. Avvengono una volta ogni quattro anni, ti consiglierei di evitare di rovinarle alla tua amata città >>.
Atena alzò gli occhi e incontrò quelli del padre che erano stranamente vacui, senza espressione. Era la guardava corrucciata in viso e visibilmente irritata.
Atena allora si voltò e corse via dal tempio Olimpico. Suo padre non l’aveva mai trattata in questa maniera e le aveva sempre creduto, qualunque cosa dicesse. 
Tutto ciò non sembrava minimamente sfiorare Zeus ed Era, né gli altri dei.
Forse avevano ragione e Atena stava solo viaggiando troppo con la mente. Ma allora come spiegare la sensazione di angoscia che sentiva nello stomaco?
   
 
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