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Autore: Zomi    04/03/2015    2 recensioni
Gettò i piatti nel lavandino in acciaio, scheggiandone uno.
Fissò con occhi colmi d’ira la piccola lamina di ceramica volteggiare nell’acqua insaponata, giocando tra le bolle mentre la prendeva in giro.
Soffiò dal naso nervosa.
Dannazione: cos’altro doveva capitare ora?
Ringhiante, respirò dal naso, cercando di calmarsi e ritrovare la giusta tranquillità per il suo lavoro, ma allo battere violento della porta stantuffo della cucina, ringhiò nuovamente, spaventando l’aiuto cuoco Sanji, che la squadrò spaventato.
-Ehm… tutto bene mia cara?- sorrise debolmente, posando alcuni piatti vuoti sul bordo del lavandino.
-Secondo te?!?- sbottò acida, iniziando a lavare freneticamente le pentola incrostate, sbattendole una sull’altra.
-Baby chan, tesoro mio…- cercò di rabbonirla il biondo, posando le mani su quelle delicate della mora -… c’è la lavastoviglie per questo ingrato compito. Non posso permettere che le tue meravigliose mani si rovin…-
-Stai forse dicendo che non hai bisogno di me?- piagnucolò Baby, sollevando gli occhi lucidi su di lui
*Panda Day*
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Baby 5
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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GIGLI INCAS
*favoritismo*
 
 


Gettò i piatti nel lavandino in acciaio, scheggiandone uno.
Fissò con occhi colmi d’ira la piccola lamina di ceramica volteggiare nell’acqua insaponata, giocando tra le bolle mentre la prendeva in giro.
Soffiò dal naso nervosa.
Dannazione: cos’altro doveva capitare ora?
Ringhiante, respirò dal naso, cercando di calmarsi e ritrovare la giusta tranquillità per il suo lavoro, ma allo battere violento della porta stantuffo della cucina, ringhiò nuovamente, spaventando l’aiuto cuoco Sanji, che la squadrò spaventato.
-Ehm… tutto bene mia cara?- sorrise debolmente, posando alcuni piatti vuoti sul bordo del lavandino.
-Secondo te?!?- sbottò acida, iniziando a lavare freneticamente le pentola incrostate, sbattendole una sull’altra.
-Baby chan, tesoro mio…- cercò di rabbonirla il biondo, posando le mani su quelle delicate della mora -… c’è la lavastoviglie per questo ingrato compito. Non posso permettere che le tue meravigliose mani si rovin…-
-Stai forse dicendo che non hai bisogno di me?- piagnucolò Baby, sollevando gli occhi lucidi su di lui.
Il futuro chef balbettò, incapace di sostenere quello sguardo bagnato di lacrime, sentendosi il cuore in pezzi per aver causato  tutta quella sofferenza.
-Oh mia diletta, no non piangere!!!- si agitò, muovendo le mani verso Baby –Lava, lava pure, fa tutto ciò che vuoi!!!-
-Oh allora hai bisogno di me?- si illuminò la mora, unendo al petto le mani giunte, bagnando la divisa da cameriera del ristorante.
Sanji annuì velocemente col capo, affrettandosi a tornare ai fornelli e da Zeff, il capo cuoco, aiutandolo nella preparazione di ogni singolo piatto, evitando altre crisi di possibile pianto nella bella cameriera mora.
Con ritrovato sorriso, Baby si mise d’impegno, affondando fino al gomito con le braccia nel lavandino placcato della cucina, sfregando e scrostando le pentole e i piatti del ristornate.
Aveva bisogno di lavorare, di impegnarsi, di liberare la mente dagli eventi accaduti la mattina stessa, a scuola.
Non poteva ancora crederci, era impensabile, impossibile.
Lui le aveva fatto tutto ciò.
Lui, a lei!!!!
Se ci pensava le venivano nuovamente le lacrime agli occhi, e una profonda fitta al petto.
Era stato così duro, cattivo, distante.
Con lei poi.
Perché si era comportato così?
Perché le aveva fatto questo?
Per cosa poi? Per una stupida sigaretta?
Si passò la manica della divisa sugli occhi, ora bagnati e tristi,il cui sguardo velato di una spessa coltre di nebbia umida.
Stupido, stupido Sai… come aveva potuto farle quello?
Se solo ripensava agli venti di quella mattina, sapeva che avrebbe scoppiata a piangere come una fontana.
Ma come poteva non pensare a…
 
 
Aspirò con avidità la nicotina dalla sigaretta, perdendo lo sguardo sulla densa coltre di fumo che la circondava nel retro dell’edificio scolastico.
Con la gola arsa dal fumo, si guardò attorno, notando Marco accendersi una Wiston Blue, la professoressa Kureha scoccare l’accendino a Sanji, che bellamente svolazzava con aria da Casanova attorno a Viola, per nulla interessata alla zona fumatori della scuola, ma bensì al biondo latin lover, seppur lo dimostrasse con indifferenza e calcolata strategia da cacciatrice.
Emettendo una densa nuvoletta di fumo, Baby aspirò nuovamente cercando dio ripensare alla sua giornata.
Avrebbe passato a scuola le successive tre ore, cercando di non addormentarsi per il tono apatico e soporifero del professor Aokiji, sarebbe arrivata a casa per le due per poi filare al lavoro, uscire per le sette di sera dopo una buona cena offerta dal caro Sanji, suo collega, e passare un’oretta romantica con il suo Sai nel suo piccolo appartamento.
Arrossì a quel progettino languido, imporporando le gote di un timido rossore.
Si guardò attorno, ben attenta che nessuno notasse i suoi occhi sognanti, il sorriso innamorato, e le nuvolette di fumo a forma di cuore che emetteva con il respiro.
Dondolò sulle punte, stringendosi nelle spalle, crogiolandosi all’idea di un’intera ora passata sul divano del suo Sai, a sentirlo balbettare impacciato mentre lei si accoccolava sulle sue gambe, contando i secondi che correvano veloci.
Era una relazione anomala, pericolosa a detta di Monet, la sua miglior amica, ma lei amava Sai, lo amava veramente.
E non le importava che fosse un professore della sua scuola, seppur non suo, non le importava se il sentimento che la legava a lui era, sempre a detta di Monet, un effetto della mancanza di suo padre, che lei cercava di compensare rivolgendo le sue attenzioni a un uomo nettamente di età superiore alla sua.
Ma a Baby non importava: lei amava Sai, e sapeva che lui amava lei.
Glielo diceva mentre erano soli, a bassa voce per timidezza, glielo dimostrava quando a scuola si incrociavano e lui, galante, le cedeva il passo, arrossendo sulla pelle bronzea, sbraitando contro gli alunni nei corridoi per nascondere l’imbarazzo.
Non le importava della differenza d’età, dei ruoli nell’ambiente scolastico, o delle malelingue che additavano il professor Hippo come una scimmia con il tutù, per l’impaccio che dimostrava nell’indossare giacca e cravatta a scuola.
Lei era maggiorenne, sulla soglia dei diciannove anni, amava quell’uomo con la sua mole corpulenta e poca graziata, e il suo odio per le cravatte: e non lo avrebbe scambiato per nulla al mondo.
Pizzicò la sigaretta ardente, lasciando cadere al suolo di ghiaino la cenerina, aspirandone un’ultima boccata dal filtro arancio, prima di gettarla a terra e spegnerla con il tacco della ballerina, respirando a pieni polmoni il fumo passivo che la circondava.
Stava già assaporando il dolce sapore della serata con il suo Sai, dimenticando presto l’amarognolo stordente della nicotina, quando, da dietro l’angolo della scuola, proprio sotto l’ombra delle scale antincendio da cui era appena emersa, vide apparire proprio il professor Hippo.
Le sue carnose labbra si allargarono in un smagliante sorriso, gli occhi le brillarono d’amore, mentre, cercando di sembrare tranquilla e coordinata nei suoi oscillanti movimenti, lo salutava da brava alunna, avanzando per sorpassarlo.
Lo squadrò di striscio con gli occhi scuri, notando come il gessato gli cadesse elegantemente lungo i fianchi morbidi, molto morbidi quasi abbondanti, la cravatta stretta tirata nel colletto e la faccia scura dell’uomo.
Mosse appena le dita, a salutarlo con maggior calore, arricciando le labbra in un muto bacio, ma subito il professore la fulminò con lo sguardo, grugnendo.
-Dove sta andando, signorina Five?- abbaiò secco, sollevando un braccio a fermarla.
Baby sgranò gli occhi, scossa dal suo tono duro e autoritario, quasi furioso… con lei?
-Stavo tornando in classe, professor Hippo- sussurrò piano, fermandosi a pochi passi dall’enorme uomo.
Lo vedeva squadrarla da capo a piedi, iracondo per chissà quale motivo e tremante di rabbia.
-Professor Hippo…- sussurrò, piano mantenendo la distanza alunno-insegnante, ma avvicinandosi di un piccolo passo verso il suo uomo -… qualcosa non…-
-È severamente vietato fumare a scuola!!- sbraitò l’uomo, incenerendola con lo sguardo, puntando poi gli occhietti, piccoli e neri, verso il gruppetto di giovani intenti a fumare.
-Avete capito razza di bambocci formato adolescenziale?!?- avanzò dio un passo verso le scale anti incendio, iniziando ad additare uno ad uno i vari alunni.
-Ma professore, c’è anche la professoressa Kureha e il professor Smoker con noi…- indicò gli insegnanti Sanji, apprestandosi a inspirare una buona boccata di fumo, prima che gli fosse vietata.
-Non me ne importa un accidenti!!!- urlò a pieni polmoni, ringhiando poi verso i colleghi.
-Dannazione Smo: la lavata di capo di questa mattina da Sengoku non ti è bastata?!?- fulminò il professore di diritto, arrossendosi di rabbia nel vederlo, annoiato e arrogante, aspirare ancora i suoi sigari.
-Quella vecchia capra può belare quanto gli pare: se smetto di fumare uccido qualche alunno…- emise una lunga boccata di tabacco, incrociando le braccia al petto.
-Quella capra è il preside!!!- s’imbestialì Hippo, pestando subito i piedi innervosito –Kureha smettila di scroccare accendini!!!-
-Calmati Sai, o ti verrà un infarto…- ridacchiò, aspra come una pera cotogna, stirando le rughe della gola.
L’imponente professore ringhiò, allargandosi il nodo della cravatta, prima di sbottare irritato.
-Voi fate come vi pare…- ringhiò, voltandosi poi verso gli alunni presenti -… ma voi, siete tutti in punizione!!!-
Gli studenti trasalirono a quelle parole.
-E perché?- sbuffò Marco.
-Perché è vietato fumare e il regolamento prevede due ore di punizione a qualsiasi studente sorpreso a fumare nel perimetro scolastico…- grugnì infastidito il professore, facendosi spazio tra gli alunni sorpresi della nuova regola.
S’incamminò oltre l’ombra dell’edificio scolastico, rallentando quando si trovò dinanzi la figura di Baby ancora una volta.
-Qualsiasi studente…- sottolineò nuovamente, distogliendo però gli occhi dalla moretta-… nessun favoritismo-
Baby trasalì a quelle parole, risvegliandosi dal leggero torpore che l’aveva colta nel fissare il suo amato montato dalla rabbia.
-C-come?- sgranò gli occhi, rivolgendoli all’ampia schiena del professor Hippo, che l’aveva appena superata.
-Anch’io?!?- s’indicò il petto, sconvolta –Due ore di punizione? A me?!?-
Lo rincorse, strattonandolo per la giacca del gessato.
-Ma, ma così…-
La sua giovane mente aveva già fatto tutti i calcoli: due ore di punizione, ritorno a casa alle quattro, fine del turno al Baratie alle… nove.
Addio oretta romantica.
Addio baci rubati al suo imbarazzato Sai.
Addio al morbido divano nel suo appartamento da single.
Addio all’occasione di stare con lui.
-… ma così… noi…- piagnucolò, sentendosi il cuore tremarle nel petto.
Sai abbassò lo sguardo al cortile in ghiaino, grugnendo sconfitto.
-Ordine del preside- diede la colpa a Sengoku –Tutti gli studenti trovati a fumare subiranno due ore di punizione…-
-Ma io non stavo fumando!!!- urlò, sull’orlo del pianto e con la voce già incrinata.
-Nessun favoritismo!!- dichiarò severo e duro, guardandola fissa in viso.
Baby si morse il labbro inferiore, trattenendo le lacrime.
Come poteva farle questo?
Come poteva costringerla a rinunciare alla loro unica ora insieme nell’arco della settimana?
Come?
-Mi spiace…- sussurrò rauco il professore -… nessun favoritismo...- ripeté come un mantra imposto dall’alto -… io… mi spiace signorina Five… scusa Baby…-
E sussurrate quell’ultime due parole, s’incamminò lungo il cortile, mentre la campanella suonava fragorosamente, attutendo il singhiozzare della mora.
 
 
Si passò la manica della divisa sugli occhi, appannati nuovamente di lacrime.
Sapeva che il suo Sai non l’aveva fatto apposta, che stava solo rispettando il regolamento imposto dal preside Sengoku, ma sperava davvero che per lei, lei, facesse uno strappo alla regola.
Un piccolo, insignificante strappo: infondo che male faceva?
Favoritismo.
In cuor suo Baby sapeva che un favoritismo del genere di Sai per lei, avrebbe insospettito qualcuno.
Non era un suo professore diretto, nessun ora in comune, eppure la trattava con un occhio di riguardo?
Sospetto, sospetto… troppo sospetto.
Forse era meglio perdere una sola ora della loro relazione, che tutta.
Sospirò, posando l’ultimo bicchiere pulito sulla mensola, guardando di striscio l’orologio ticchettante appeso al muro.
Le nove, era ora di andare.
Si slacciò la piccola traversa bianca con il bordo ricamato, appendendolo all’appendi abiti.
-Zeff io vado- bofonchiò malinconica, salutando con un moto lento della mano il proprietario del ristornate, intento a litigare con Sanji.
Uscì nell’aria fresca della notte, portandosi subito alle labbra una sigaretta.
Prese l’accendino, pronta per accenderla, ma si bloccò, storcendo le labbra e riponendo la pagliuzza nel pacchetto, disgustata.
Era tutta colpa di quella stupida sigaretta se era finita in punizione, perdendo la sua amata ora con Sai.
O era colpa di Sengoku? No, il preside lo faceva per il bene dei suoi alunni… lui aveva bisogno di lei, come alunna!!!!
Sospirando si avviò alla sua auto, smanettando con il cellulare, inviando un messaggio alla madre, dicendole che da lì a poco sarebbe arrivata a casa.
Di solito glielo inviava quando faceva ritorno dall’appartamento di Sai, rassicurandola che stava bene e che l’uomo non aveva fatto nulla di male… purtroppo.
Ticchettando sulle ballerine si avvicinò all’auto, puntando già il portachiavi alla vettura per aprirla con la chiusura centralizzata, ma il movimento del pollice sul bottone del portachiavi si fermò a mezz’aria, quando gli occhi scuri di Baby si posarono sul mazzo di fiori posato sul cruscotto.
Tremò appena, correndo nel parcheggio dei dipendenti dei Baratie, afferrando a mani piene il bouquette.
Con gli occhi colmi di lacrime, annusò i candidi fiori di acacia, misti ai giacinti alti e morbidi e ai tigrati gigli.
Aspirò a pieni polmoni i fiori, euforica, afferrando con dita tremanti il piccolo e bianco bigliettino che li accompagnava.
Le tremò il labbro inferiore di felicità nel leggero, mentre calde lacrime di gioia misto imbarazzo incomprensibile le bagnavano gli occhi.
“Acacia amore segreto: il nostro.
Giacinto viola perdonami, ti prego: ho bisogno di te
Giglio degli incas, devozione, preferenza, favoritismo: perché nessuno è come te.
Importante come te”
Ripiegò il biglietto, baciandone le grossolane lettere, stampate sulla carta con un inchiostro nero e caratteri storti e tremati di imbarazzo.
La scrittura di Sai, del suo Sai.
Entrò in auto, accendendola e impennando sull’asfalto scuro.
Si diresse verso l’appartamento di Sai, e lo sapeva: avrebbe fatto tardi, molto tardi.
E preferiva decisamente così, che tornare a casa e piagnucolare malinconica, pensando a lui.
Perché di una cosa era sicura Baby: Sai preferiva solo lei.
 
 


 
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Prossimo Prompt: Fango
Zomi 
   
 
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