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Autore: Ystava    04/03/2015    1 recensioni
Un piccolo tuffo nel passato di Clarke sull'Arca con suo padre.
{Bellarke - ambientata tra la 2x12 e la 2x13}
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bellarke2 "Aiutami a cercare la roba di Clarke" disse Octavia, scostando l'entrata della tenda e cominciando a rovistare senza riguardi tra sacche e coperte.
"Perchè vuoi il suo orologio?" domandò Lincoln, seguendola.
"Lo vuole Raven. Vuole provare ad aggiustarlo. Crede che Clarke stia per crollare, e che qualcosa di carino potrebbe aiutarla."
Lincoln non commentò. Non riusciva a capire come un orologio potesse aiutare Clarke a guidare la sua gente nel migliore dei modi, ma c'erano tante cose degli Sky People che non comprendeva. Octavia, invece, conosceva la storia dell'orologio, e anche quella di Clarke e di suo padre. La ragazza Blake ricordava il peluche che aveva da bambina, che le dava la forza di affrontare la paura quando doveva tornare nel buco sotto il pavimento in cui viveva. Non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, ma poter avere tra le mani quel giocattolo ancora una volta sulle prime l'avrebbe devastata, ma poi le avrebbe dato nuova forza per affrontare quella guerra.
"Qui ci sono alcuni suoi vestiti" disse Lincoln, tirando su due giacche da un ammasso di coperte stracciate.
"Quella!" esclamò Octavia, facendo un balzo nella sua direzione e afferrando la giacca che Clarke aveva indosso quando erano atterrati sulla Terra. Infilò la mano nella prima tasca e ne estrasse alcuni fogli sporchi di carboncino. Erano piegati più volte e sembrava che non venissero spiegati da parecchio tempo. La verità era che Clarke non li guardava da prima di venire arrestata, perchè li aveva ricevuti dalla madre insieme al suo più caro ricordo del padre poco prima di venir lanciata nello spazio. Credeva si trattasse di lettere, e le aveva chiuse in una tasca. Non voleva perdersi nei ricordi, voleva solo indossare l'orologio del padre, ma da quando aveva scoperto come Finn lo aveva recuperato, anche quello era stato nascosto alla vista.
Nell'altra tasca, Octavia fu più fortunata. "Possiamo andare" disse, con un sorriso, prendendo l'orologio.
Ma Lincoln fu attratto dai fogli. Li dispiegò e si accorse che si trattava di disegni. "Non sapevo che Clarke disegnasse" disse osservandoli. Anche lui disegnava, e trovare un punto in comune con Clarke lo sorprese non poco. Octavia si avvicinò incuriosita, prendendo dalle mani del Grounder i fogli che di volta in volta le passava. Non erano molti. Il primo era lo schizzo di un sorriso di donna, con qualche dettaglio del profilo del viso e dei capelli. Nell'angolo del foglio c'era una scritta, corta, che però si era rovinata. La ragazza lo osservò per parecchio tempo prima di riconoscere la bocca di Abby. In fondo, non credeva di averla mai vista sorridere. Il secondo disegno erano un paio di mani maschili che armeggiavano con la rotellina dell'orologio da polso che ora lei aveva messo al sicuro nella propria tasca. O almeno, così sembrava, perchè l'artista si era palesemente concentrata di più sulle mani. Qui poteva distinguere bene la scritta: papà. Il terzo foglio ritraeva un ragazzo visto da dietro, il profilo delle spalle e della testa scura solo leggermente voltata di lato. Solo con l'aiuto della W nell'angolo della pagina Octavia capì che poteva trattarsi di Wells.
Lincoln esitò prima di porgerle l'ultimo disegno. "Cosa c'è?" domandò la ragazza, quasi strappandoglielo di mano.
Qui non c'erano scritte, solo un paio di occhi familiari che la guardavano. Il naso e i capelli erano appena accennati, Clarke si era concentrata sugli occhi scuri e sullo sguardo, e Octavia non fece alcuna fatica nel riconoscerlo. "E' mio fratello..." sussurrò.

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"Ci sarà anche Wells, giusto?" domandò Jake Griffin alla figlia, mentre insieme percorrevano i corridoi dell'Arca, diretti alle stanze dei Jaha. Le mise un braccio intorno alle spalle e la guidò con passo tranquillo. Nessuna fretta. Solo una passeggiata e una chiacchierata.
"No, ha una lezione" risposte la ragazza, lievemente risentita, ma si capiva che cercava di nasconderlo a tutti i costi.
Clarke portava i capelli biondi raccolti in una treccia piuttosto disordinata. Non si curava molto del suo aspetto, ma in fondo, lì sull'Arca, nessuno lo faceva. Erano rari i momenti in cui ci si preoccupava di apparire al meglio. Ad un matrimonio, a una festa, ad un primo appuntamento. Nella vita di tutti i giorni, invece, la priorità assoluta era la praticità. I suoi genitori, in questo, erano molto diversi. Ogni tanto il padre riusciva a trasformare qualche inutile scarto in un accessorio per i capelli, o in un braccialetto, o in un ciondolo, ma lei non li usava quasi mai. Un tempo Jake Griffin regalava quelle cose alla moglie, e lei le indossava volentieri, ma già da anni non era più così, ed Abby Griffin aveva perso la capacità di gioire delle piccole cose. La ragazza ricordava che quando era piccola le cose erano molto diverse, ma da quando la donna era diventata Consigliere lo stress aveva preso il sopravvento.
"Ma come! E si perde il tuo sedicesimo compleanno?" la prese in giro il padre.
Clarke sorrise. "Non importa. Non è un compleanno speciale".
L'uomo sospirò. Quanta pazienza, con le donne Griffin. "Fammi indovinare: questa mattina tu e tua madre avete salvato la vita a qualche bambino".
Lei lo guardò sorpresa, ma solo per un momento. "Era una donna." rispose. "Come fai a saperlo?"
"Fai sempre osservazioni di questo genere quando aiuti a salvare la vita di qualcuno. Cose come: le priorità nella vita sono altre, questa cosa non è importante se paragonata alla morte, e blablabla" la stuzzicò, dandole una spintarella.
"A volte ti comporti come un ragazzino... ops! Lo sei!" lo prese in giro la figlia, prima di tornare seria e stringersi nelle spalle. "E' la prima volta che si perde un mio compleanno. Posso perdonarglielo" concluse sorridendo. Ed era vero. Wells era la persona più importante nella sua vita, dopo i suoi genitori. A suo modo, anche lui faceva parte della famiglia di Clarke, si prendeva cura di lei, e lei di lui. Saltare le lezioni era contro la legge, e Clarke non avrebbe mai voluto che Wells facesse una cosa del genere. Il signor Jaha era il Cancelliere, e il figlio era sempre molto rispettoso delle regole. A volte Clarke pensava che per l'amico non ci fosse nulla di più importante della legge, nulla! Ma in fondo, non valeva lo stesso anche per lei? Era giusto così.
"D'accordo. Ma per consolarti... ho un regalo per te". Jake Griffin infilò la mano in tasca e, sotto lo sguardo stupito della ragazza, estrasse un fazzoletto sporco, maneggiandolo con molta cura. Si fermò e glielo porse, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
Clarke guardava il fazzoletto con gli occhi sgranati, trattenendo il fiato. No, non poteva essere vero. Prese il fagottino con mani tremanti, e scoprì una dozzina di carboncini, neri, tutti grandi più o meno quanto il suo dito indice, alcuni più spessi, altri più sottili. Per lei, brillavano come diamanti. Era da più di due mesi che non disegnava. Negli ultimi tempi Wells era riuscito a farle avere della carta pulita, ma nulla di più. E la cosa, più che farle piacere, l'aveva intristita molto. Aveva dovuto nascondere quei fogli alla propria vista, per non arrabbiarsi al pensiero di non poterli utilizzare.
"Non posso crederci..." sussurrò la festeggiata, sfiorando con le dita quei preziosi oggetti. Era così sorpresa, grata e felice, che aveva gli occhi lucidi. "Non capisco. Dove..."...ma non fece in tempo a concludere la domanda, perchè un carboncino le cadde e rotolò qualche metro di fronte a lei. Lo seguì immediatamente con lo sguardo, ma non c'era già più. Al suo posto c'erano un paio di scarpe.
"Hai perso qualcosa" disse un ragazzo, sorridendo. La ragazza alzò gli occhi dalle scarpe e risalì fino al viso. Lo sconosciuto era abbastanza alto, di qualche anno più grande di lei. Aveva capelli e occhi scuri, e Clarke era sicura di non averlo mai visto prima. Probabilmente non viveva in quella zona dell'Arca. Era impossibile conoscere tutti. Il ragazzo fece qualche passo verso di lei e tese la mano aperta, dov'era posato il carboncino, che gli aveva lasciato sul palmo delle macchioline di polvere nera.
"Grazie!" esclamò Clarke, riprendendoselo immediatamente. Sotto lo sguardo indagatore del ragazzo, lo rimise con gli altri ed infilò tutto in tasca.
"Di niente" rispose lui, e fece per andarsene, anche se avrebbe voluto con tutto il cuore tenersi quel piccolo oggetto. Gli sarebbe piaciuto poter dare ad Octavia qualcos'altro da fare per non annoiarsi.
"Aspetta!" lo fermò lei, e lui si immobilizzò, quasi come se si trattasse di vita o di morte.
Clarke si tirò una manica della maglia fin sul palmo della mano destra e guardò all'insù, sul viso dello sconosciuto. "La mano" ordinò con sicurezza, come quando chiedeva qualche strumento in sala operatoria con la madre.
Lo sconosciuto inarcò un sopracciglio. "Cosa?" chiese, con una piccola risata.
"Ti conviene fare come dice" scherzò il signor Griffin, lanciando un'occhiata al ragazzo. "Altrimenti saranno guai per te, giovane..." lasciò la frase in sospeso.
"Blake" rispose prontamente il ragazzo, quasi con orgoglio. "...Bellamy" aggiunse, con un ultimo sguardo al padre, mentre porgeva la mano sporca di carboncino alla figlia.
Clarke afferrò la mano del giovane Blake con la sinistra, poi arrossì lievemente, ed esitò un istante prima di pulire con la propria manica le macchie di carboncino. "Io sono Clarke" si presentò educatamente, mentre svolgeva l'operazione.
"Piacere" rispose Bellamy, mentre il signor Griffin chiedeva: "Stiamo andando ad una piccola festa a sorpresa, ti va di venire?".
Clarke guardò il padre con gli occhi sbarrati. "Una festa!?" Lasciò andare la mano del ragazzo. "Ma credevo... Quindi Wells..." ed era un po' arrabbiata, ma anche contenta, quindi alla fine sorrise.
Bellamy rise della sua espressione. "Mi dispiace, non posso" rispose, e poi, guardando Clarke negli occhi azzurri per più tempo del necessario: "Buon compleanno". Fece un cenno col capo ad entrambi, per congedarsi, e proseguì per la sua strada, dal lato opposto, lasciandosi padre e figlia alle spalle. Aveva bisogno di procurarsi qualcos'altro da mangiare per O, che era stata malata e doveva riprendere le forze. Non poteva perdere tempo. Soprattutto, prima spariva da quella zona, meglio era, così non ci sarebbero state troppe domande.
Dopo che lo sconosciuto si fu allontanato, i Griffin ripresero a camminare. "Sapete che odio le sorprese" commentò Clarke. "Come vi è venuto in mente di fare una festa?"
"E' stata un'idea di Wells. E proprio perchè so che odi le sorprese, guarda un po'... adesso non lo è più."
La ragazza sorrise riconoscente al padre. "A volte credo che Wells non sappia valutare cosa è meglio per me e cosa no" commentò con un sospiro rassegnato, pensando anche alla carta.
"Era in buona fede."
"Lo è sempre." Camminarono per un po' in silenzio. "E perchè mai lo hai invitato alla festa?!" domandò poi, all'improvviso, riferendosi allo sconosciuto.
"Non so... Sembra un bravo ragazzo" replicò il signor Griffin, fermandosi davanti la porta dei Jaha. Alzò il pugno, preparandosi a bussare. "Pronta?"

Quella sera, Clarke Griffin disegnò le mani del padre che aggiustavano per l'ennesima volta quel vecchio e inutile orologio, il sorriso della madre che non vedeva da tempo ma che era riuscita a scorgere durante la piccola festa, il profilo di Wells che le era così familiare da poterlo disegnare nel sonno, e gli occhi di uno sconosciuto che aveva incrociato la sua strada e che probabilmente non avrebbe mai più rivisto.





   
 
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