Le cronache di Dokim
“La
morte è soltanto un'altra via.
Dovremo prenderla tutti.”
-Il Signore degli anelli: il ritorno del Re.-
-La
morte del Re-
Le
sue mani erano intrise di sangue e un lieve vapore usciva dalle sue
labbra data la fredda temperatura che la circondava. Le lacrime che
scendevano dai suoi occhi si mescolavano con gli schizzi di sangue
che le avevano inquietantemente colorato la pelle.
Qualche
fine ciocca dei suoi capelli le si era appiccicata sul viso e le
provocava prurito, ma non diede sollievo a quella fastidiosa
reazione, bensì continuò a fissare il cadavere
sotto di se e a
respirare affannata.
L'armatura
d'acciaio era rigata in più punti e la cotta di maglia aveva
perso
qualche anello sui bordi rendendoli frastagliati. La nera chioma era
intrisa di sangue e sgocciolava sulla candida neve che aumentava di
volume a causa della violenta tempesta, la stessa che aveva causato
troppe sviste in quella maledetta battaglia.
Aveva
liberato il suo popolo dal male, ma aveva pagato un caro prezzo.
Molti anni prima...
La
stanza del Re di Ftharok era intrisa dall'odore del disinfettante e
di quello di diverse pozioni che continuavano a somministrare al
Sovrano da due giorni ormai.
Nastae
aveva passato giorno e notte chiusa nel Tempio degli Dei a pregare
perchè suo padre guarisse, ma i Divini non sembravano
volerle dare
ascolto.
-Vi prego Signori del giorno e della notte, del sole e della luna, del cielo e della terra, vi scongiuro di salvare mio padre, poiché il popolo ha bisogno del proprio Re tanto quanto ha bisogno di voi.- continuava a ripetere in ginocchio davanti all'altare ricolmo di cibo e spezie.
La
città di Demerok era silenziosa, nessun bambino giocava per
strada,
nessun mercante allestiva le proprie bancarelle per vendere la merce,
nessuno si recava in locanda a bere, ridere e scherzare con i propri
amici. Neppure il cielo era sereno.
Le
guardie parevano statue, immobili davanti all'ingresso facevano la
guardia al Palazzo del Re, nella speranza che ci fosse ancora un Re
da difendere.
-Signori della pace e della guerra, della fauna e della flora, della gioia e del dolore, io vi scongiuro, vi prego di salvare mio padre.- sussurrava trattenendo le lacrime.
Non si voltò nemmeno quando sentì la porta del tempio aprirsi e qualcuno avvicinarsi a passo lento.
-Mia Signora, vostro padre vuole parlarvi.- disse il soldato.
Ella
alzò il volto per guardare quello del Dio Akòn,
il creatore del
sole, della luna e delle stelle, colui che lei amava di più,
poi si
alzò lentamente dalla posizione inginocchiata che aveva
mantenuto
per ore e traballante si girò verso il soldato che schiuse
le labbra
stupito di vedere la Principessa riversare in quello stato.
L'acconciatura
di fini treccioline si era in parte sciolta, delle occhiaie violacee
avevano scavato i suoi occhi e il viso aveva perso colorito lasciando
il posto ad un pallore cadaverico.
Il
delicato abito azzurro aveva la gonna stropicciata ed era
visibilmente sporca all'altezza delle ginocchia, ma poco le importava
in quel momento.
Seguì
il soldato fino a Palazzo, poi una servitrice le fece strada, come se
non conoscesse casa sua a memoria, fino alla camera di suo padre.
Quando
entrò non vide i medici vicino a lui, nessuno lo stava
visitando,
nessuno controllava quella terribile ferita infetta, gli studiosi di
erbe mediche e chirurgia rimanevano d'un lato ad osservare il loro Re
coricato sopra il suo sudore.
Nastae
si avvicinò al capezzale di suo padre e si sedette accanto a
lui,
poi gli accarezzò il viso e una lacrima le sfuggì
dagli occhi.
Il
Re non aveva più di centoventicinque anni, ed erano davvero
pochi
per un uomo di stirpe reale, ma i suoi giorni erano terminati e
Nastae lo sapeva.
I
neri capelli del padre erano adagiati sul cuscino, gli occhi
cerchiati dalla malattia, le labbra secche e pallide e il volto
imperlato di sudore erano protagonisti del dolore più grande
che
avesse mai provato la giovane Principessa.
-Nastae...- sussurrò Re Erdar.
-Sono qui padre.- rispose lei cercando di trattenere un pianto disperato.
-Non devi piangere figlia mia, devi essere forte.- continuò il Re stringendo debolmente la mano della donna.
-Cercherò di esserlo...- disse lei portandosi la mano del padre alle labbra e baciandone il dorso.
-Dovrai governare le regioni di Dokim in modo giusto e saggio.-
Le labbra di Nastae cominciarono a tremare, gli occhi non riuscirono più a trattenere le lacrime e un debole singhiozzo uscì dalla sua gola.
-Promettimi che sarai una Regina giusta e coraggiosa Nastae.- disse lui con un filo di voce e deglutendo a fatica.
Ella si portò la mano del genitore sul petto e la strinse come fosse l'unica cosa a cui aggrapparsi per poter salvarsi da un dolore che non poteva sopportare.
-Si padre... ve lo prometto.- rispose cominciando a singhiozzare sonoramente.
Sul volto del Re si dipinse un lieve sorriso e prese a fissare il soffitto, come se oltre la tenda del baldacchino potesse già vedere le aule degli Dei.
-Tua madre mi attende Nastae, siede al tavolo degli Dei e brinda alla mia salute.- disse prima di chiudere gli occhi ed esalare l'ultimo respiro.
Un medico si avvicinò al letto ed appoggiò due dita sulla giugulare del Re, abbassò lo sguardo e appoggiò una mano sulla spalla di Nastae.
-Il Re è morto.- annunciò.
Nastae appoggiò il capo sul petto di suo padre e lo strinse cominciando a piangere disperata per la perdita del genitore.
Ci
fu un sontuoso funerale per il Re e tutto il popolo si riunì
vestito
di nero e con rose rosse in mano, a dar l'ultimo saluto ad un uomo
che aveva dato la vita per proteggere la propria gente.
Dietro
la carrozza che portava il cadavere del Re, vi era sua unica figlia
Nastae con un velo scuro che le copriva il volto rigato di lacrime e
un mazzo di rose in mano, le stesse che venivano buttate davanti al
carro, come a voler stendere un tappeto per quel sovrano che tanto
aveva fatto per il suo Regno.
Arrivarono
alle catacombe reali e una porta venne aperta. Sei soldati
sollevarono il corpo del loro Sovrano ed entrarono in quel luogo il
cui odore umido investì tutti i presenti.
Solo
i sacerdoti e Nastae entrarono nelle catacombe ed ella vide i soldati
calare suo padre nella loggia funebre dove vi era stato inciso:
“Qui giace Erdar, figlio di Damnel,
Ottavo Re di Ftharok e delle regioni libere
di Dokim.”
Chiusero
la loggia con una spessa lastra di marmo, poi abbandonarono le
catacombe uno ad uno con lo sguardo spento e il cuore infranto.
Nastae
lasciò per ultima quel luogo, poiché voleva
salutare in solitudine
il genitore.
Si
avvicinò alla bara di pietra l'accarezzò, poi ci
appoggiò i fiori
sopra sfilando una sola rosa dal mazzo per poterla appoggiare sulla
loggia di sua madre.
Quando
uscì dalle catacombe, il popolo, i sacerdoti, i soldati e
tutti
coloro che avevano servito suo padre erano li ad attenderla;
s'inchinarono appena la videro ed urlarono:
-Lunga vita alla Regina!-
Il
lutto venne mantenuto per due settimane nelle quali Nastae
pranzò e
cenò a stento nelle sue stanze e non fece entrare nessuno
che non
fosse la cameriera che cercava di cibarla.
La
sua incoronazione avvenne nella terza settimana, quando la
città di
Demerok sembrava aver ripreso vita, mentre il suo cuore ancora non ne
dava segno.
La
vestirono di bianco e oro e le sciolsero i capelli incastrando solo
qualche anello d'argento tra una ciocca e l'altra.
-Sorridete mia Signora, oggi verrete incoronata!- le disse una sarta mentre finiva di cucirle una decorazione sulla manica.
Lei
sorrise debolmente, ma il suo pensiero tornò subito nelle
catacombe,
accanto al suo adorato padre.
Percorse
la breve via verso l'altare del tempio a piedi nudi e sotto lo
sguardo di tutti; i sacerdoti l'attendevano in semicerchio con in
mano bastoncini d'incenso profumato che riempivano l'aria.
Il
sommo sacerdote stringeva tra le mani la corona dorata delle Regine
di Dokim: aveva sei punte su cui sopra vi erano incastonati dei
rubini, tutt'intorno ad essa risplendevano zaffiri e smeraldi e una
scritta vi era incisa sul bordo:
“Con
le mani spezzerò le spade. Con il cuore farò
giustizia. Con la
testa guiderò il mio popolo.”
Nastae
s'inginocchiò davanti al sacerdote ed egli
pronunciò il rito:
-Gli Dei ti hanno scelta per proteggere Dokim, sarai tu degna di questo grande dono?-
-Si, lo sarò.- ella rispose.
-Sarai giusta, saggia e coraggiosa per il tuo popolo?-
-Si, lo sarò.- rispose ancora.
-Combatterai per mantenere la pace a Ftharok e in tutte le regioni di Dokim?-
-Combatterò.- disse.
Il
sacerdote appoggiò la corona sul suo capo e con un liquido
argenteo
le disegnò il sole e la luna sulla fronte, simbolo delle
regioni
libere di Dokim.
Nastae
si alzò e si voltò verso tutti i presenti, poi il
sacerdote
concluse annunciandola:
-Ella è Nastae, figlia di Erdar, prima del suo nome e vostra Regina indiscussa!-
Un coro di approvazione si levò tra la folla, ma lei non gioì, poiché era salita al trono pagando un caro prezzo.
Angolo autore:
Questa è una storia scritta di getto che spero di riuscire a proseguire e spero che vi piaccia. Ditemi cosa ne pensate :)