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Autore: Like Shakespeare    05/03/2015    0 recensioni
Tratto dal prologo:
“Ma non hai una coinquilina?” che ficcanaso, non poteva aprire semplicemente quella dannata porta. Non erano problemi suoi con chi vivesse o perchè non avesse suonato. Mica chiedeva il nome alle ragazze che sbagliavano appartamento quando cercavano lui.
“Non è in casa” stupida e bugiarda. Il ragazzo aprì con disinvoltura il portone tenendo lo sguarda su di lei. Si azzardò a sollevare leggermente lo sguardo e notò il suo ghigno mentre le teneva aperta la porta.
Per quanto potesse essere affascinante e per quanto quei jeans neri potessero stargli bene, doveva ammettere di avere davanti un perfetto esemplare di stronzo pieno di sè.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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PROLOGO
Nulla si forma. Tutto cambia. Tutto si modifica. Tutto si trasforma.

Eppure quel parco le sembra fermo nel tempo, le sembrava uguale a cinque anni prima.

Tutti cambiano. Tutti si modificano. Tutti si trasformano.

Eppure lei si sentiva la stessa di cinque anni prima. Con più responsabilità, con un bagaglio di esperienza maggiore. Ma uguale. Seduta lì, sotto quella quercia, si sentiva uguale.

Le sembravano gli stessi anche i passanti, era così assuefatta da quella sensazione da esserne quasi certa.

Da quella gita in primo superiore erano successe tante cose. Forse troppe. Qualcuna le aveva riempito in cuore di gioia, qualcuna era riuscita a farle gelare il respiro ma tutte, in un modo o nell'altro l'avevano segnata.

Sapeva benissimo che in quegli anni era cambiata, come tutti. Eppure, Quel paesino sulla costa azzurra la faceva sentire intimorita, inesperta e serena come durante il suo primo anno.

Antibes l'aveva stregata con le sue casette in centro che sembravano uscite da un film, tutte colorate con un giardino curatissimo e un barbeque messo un po' da parte.

Sofia ne era rimasta così impressionata che dal primo giorno in quella cittadina aveva già capito che sarebbe stata parte della sua vita. La scelta dell'Università e la disponibiità economica dei genitori le permisero di avvicinarsi alla felicità e di poter frequentare il corso di studi di medicina in quella cittadina.

Non ha esitato un solo secondo dal "si" di suo padre. Alice, la madre, non voleva prendere parte a quella decisione poichè sapeva perfettamente che avrebbe cambiato la vita di sua figlia e la sua, certo Sofia sarebbe stata felice, ma la maturità di Alice la portava a capire che insieme alla ragazza sarebbe partita una parte della sua vita e del suo cuore.

Ed ora era lì, determinata più che mai a non deludere i genitori, e non deludere se stessa, non di nuovo.

Non era una di quelle ragazzine abituate a piangersi addosso per piccole disgrazie giornaliere. Lei era solita osservare le cose, riflettere, concentrarsi e capire che non valeva la pena piagere, che il giorno successivo sarebbe potuto capitare qualcosa di peggiore o di migliore e che quindi quelle lacrime sarebero potute servirle, che fossero usate per gioia o per dolore.

Avvertiva la mancanza della sua famiglia, dei profili familiari della sua città. Quindi si era seduta lì sotto ed si era messa ad osservare ciò che un domani avrebbe considerato famigliare, forse più della sua amata Ascoli.

Sapeva che molto probabilmente Virginia, la sua coinquilina nonchè migliore amica dal primo giorno di superiori, era a casa a struggersi dal dolore per la lontananza dal suo ragazzo quindi a breve sarebbe rientrata nell' appartamento per farle avvertire la sua presenza.

Era fatta così, Sofia, non riempiva l'amica di domande, sapeva che se Virgnia l'avesse voluta rendere partecipe di qualcosa l'avrebbe fatto di sua spontanea voltà e questo in genere accadeva per tutto, per ogni cosa irrilevante.

Non poteva, però, certo dire che la giovane le ricambiasse il favore, la torturava di domande, era ansiosa di sapere tutto e conoscendo la timidezza di Sofia era solita affogarla nelle sua chiacchiere per distrarla e poi portarla a raccontare tutto quello che aveva bisogno di sapere.

Virginia conosceva benissimo la sua Sofia e sapeva quando poter essere esuberante ed asfissiante e quando invece no.

Quando capiva che Sofia era nella sua fase di osservazione per convincersi a non mostrare il suo dolore, si sedeva al suo finco ed osservava lo stesso punto dell'amica, sapendo che, in poco o molto tempo che fosse, prima o poi la ragazza le avrebbe espresso il problema.

Nel mentre, Virginia, rimaneva in silenzio, per far si che l'amica ascoltasse le sue stesse parole e capisse che espresse ad alta voce assumevano già un altro aspetto. Parlava solo per esporre la sua opinione dopo il classico "vai" detto da Sofia dopo aver elaborato tutti gli elementi che aveva assorbito.

La loro amicizia era così, fatta di patti stretti silenziosamente e discorsi futili urlati.

Sarebbe rimasa li in eterno ma si accorse che aveva appena iniziato a piovigginare e dato che la Costa Azzurra non si smentisce mai, sapeva che da un momento all'altro la cosa sarebbe potuta degenerare.


 

Lentamente rimise il portatile nella borsa e alzanosi in piedi se la caricò in spalla. Rimase un attimo ferma a guardarsi le converse bagnasi un po' senza pensare a nulla di preciso e stringendosi le braccia al petto prese a camminare diretta verso casa.

Il parco distava poco del loro appartamento, meno di dieci minuti a piedi, quindi Sofia presto scorse il portoncino di legno, un po' rovinato, di casa sua. Ci si fermò davanti e iniziò a rovistare nella borsa nel tentativo di trovare il mazzo di chiavi, che nonostante fosse di notevole dimensione era capace di nascondersi nei posti più oscuri della sua già troppo grande e disordinata borsa. Intanto la pioggia cominciava a farle sentire freddo e i capelli iniziavano ad appesantirsi.

Mentre sibilava parole italiane poco carine nei confronti delle chiavi e del porta chiavi poco appariscende sentì una voce roca e sensaltro maschile schiarirsi dietro di lei. Alzò il capo giusto il tempo per notare il volto poco familiare del ragazzo che aveva l'appartamento sopra il suo e che spesso sentivano in dolce compagnia, mentre la accoglieva sotto il suo ombrello.

"Scusami se mi permetto, ma ti ho vista in difficoltà, se mi lasci passare apro io."

In quel momento si sentiva così stupida, poteva evitare quell'imbarazzo e citofonare subito a Virginia, invece si era ostinata a cercare quelle stupide chiavi finendo per fare la figura della disperata con lui.

Doveva cercare qualcosa di brillante da dire, eppure in quel momento le sembrava tutto così stupido e allo stesso tempo complicato da pronunciare.

“Si, scusami. È che non le trovo mai.” che frase idiota. E pensare che ci si era anche impegnata.

“Ma non hai una coinquilina?” che ficcanaso, non poteva aprire semplicemente quella dannata porta. Non erano problemi suoi con chi vivesse o perchè non avesse suonato. Mica chiedeva il nome alle ragazze che sbagliavano appartamento quando cercavano lui.

“Non è in casa” stupida e bugiarda. Il ragazzo aprì con disinvoltura il portone tenendo lo sguarda su di lei. Si azzardò a sollevare leggermente lo sguardo e notò il suo ghigno mentre le teneva aperta la porta.

Per quanto potesse essere affascinante e per quanto quei jeans neri potessero stargli bene, doveva ammettere di avere davanti un perfetto esemplare di stronzo pieno di sè.

“Uhm, grazie. Io vado.” si affrettò a prendere le sale per evitare di continuare quella stupida conversazione anche in ascensore.

Una volta davanti alla porta suonò e dopo pochi secondi una sconvolta Virginia le aprì la porta.

“Hai flirtato con sono-figo-e-le-faccio-urlare-tutte.” la sua bocca era una O perfetta. La superò velocemente e lasciò la borsa per terra vicino al divano.

“Non ho flirtato proprio con nessuno.” disse brontolando e sfilandosi il giacchino.

“Si invece, ti ho vista dal balcone. E per l'amor del cielo Sofia, ti hanno regalato una Vuitton, non laciarla per terra.” urlò raccogliendo la borsa virginia.

“E' solo una borsa Vi”

“E' solo un ragazzo Safa”

“Non stavamo parlando della borsa?”

“E' bellissimo”

“La borsa è femminile”

“Lui è molto virile invece”

“E non chiamarmi safa”

“E' carino”

“Non capisco se parliamo della borsa, del nomignolo o del ragazzo”

“E' ovvio che parliamo del ragazzo, ci hai flirtato”

Sofia lasciò uscire dei lamenti dalla sua bocca socchiusa, poi le lanciò il giacchino.

“E se mi hai vista del balcone perchè non mi hai aperto?”

“Perchè sono una brava amica”

“Ci rinuncio. Cucini tu.”

“Stavamo parlando del ragazzo.”

“Tu stavi parlando del ragazzo”

“Sei gelosa?”

“Non ci credo che stiamo avendo davvero questa conversazione.”

Virginia ammorbidì i tratti del viso e sorrise all'amica. “Saf, perchè hai così paura dei ragazzi? Sono solo uomini, non sono difficili da capire o conquistare, hai 19 anni, sei bellissima, dovresti scegliere tranquillamente tra i tuoi spasimanti ed invece li eviti come se fossero fatti di acido.”

“Vi, ne abbiamo già parlato, non è paura. Semplicemente non voglio che la mia vita attuale venga condizionata da un uomo.”

“Di che uomo parli?”

“Di nessun uomo”

“E che uomo”

“Stai ricominciando?”

“Non ho mai finito."

Scosse la testa disperata.

"Vi, ora andrò a farmi una doccia e quando uscirò dal bagno faremo finta che questo discorso non sia mai stato pronunciato."

"Okay Saf."

"E non chiamarmi Saf."

"Okay Safa." Cazzo.

"Mi faranno santa." si avviò verso il bagno e poco prima di entrare si girò a guardare l'amica che era rimasta ferma e sorrideva malandrina.

"Vuoi che lo chiami per farti compagnia?"


 

  
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