Disclaimers: Andiamo, non avevo nemmeno un computer nel ‘99! Come può quanto segue
essere reale, attendibile, o in qualche modo rappresentazione (retribuita)
della verità?
Before you read: Questa fanfiction parla degli Arma
Angelus, ma visto che i protagonisti sono Andy e Joe (e Pete) è segnata
anche sotto Fall Out Boy.
Gli Arma Angelus erano una band metalcore famosa nella
zona di Chicago, di cui Pete era leader prima di fondare i FOB. Si sono
avvicendati vari musicisti per varie formazioni, fino al 2002; nell’inverno del
‘99, in cui è ambientata la storia, facevano parte della band Pete (cantante),
Andy (sostituto di Tim Miller per un periodo), Joe (rimpiazzo di Chris
Gutierrez al basso per un tour) e i chitarristi Jay Jancetic e Daniel Binaei,
su cui purtroppo si trovano pochissime informazioni. Fatevi i vostri conti e
vedete come Pete aveva vent’anni, Andy diciannove e Joe appena quindici… mentre
Jay e Dan non ne ho idea :°D
(Altre notizie sono che Joe andò in tour con gli Arma
nell’estate 2000 circa, ma in dubbio ho preferito svolgere il tutto in inverno;
allo stesso modo, ben poco si sa sulle dinamiche del gruppo o il carattere dei
due chitarristi, quindi ho inventato spudoratamente. Se ne sapete di più e
trovate incongruenze non esitate a correggermi (: )
Dedicated to: Per il compleanno (cinque mesi fa!
Yu-huu!) di Sky- uh, no, Rey… la mia sorellina u_u”, che è una donna on the road e mi picchierà con una
mazza quando si renderà conto quale è la “band metal” che le avevo promesso
nella storia. Io - uh - ti voglio bene? *si nasconde sotto il tavolo*
So say, what are you waiting for?
( kiss him, kiss him )
I definitely got
initiated on that tour; they would rip my underwear off me everyday. I hated
it, dude. I should have stopped wearing underwear.
[Joe on the tour with Arma Angelus]
Non poteva ancora credere di essere in tour con gli Arma
Angelus.
Perché, insomma, era
in tour con gli Arma Angelus. A scuola non gli avrebbero mai creduto. Ma
lui non era lì in quel momento, era sul palco di un locale di Chicago a suonare
- con gli Arma! In tour! - e non
poteva davvero fregargliene di meno.
Il pubblico gridava impazzito, le assi sotto i suoi piedi
vibravano tanto da far tremare gli amplificatori, qualcuno aveva tirato una
bottiglia vuota sul palco e Pete - Wentz! Il
cantante degli Arma! - se l’era quasi presa in fronte.
Dio, non poteva crederci.
« GIÚ DALLE BRANDE! »
Joe si ritrovò, di nuovo, per l’ennesima volta, ancora con la faccia contro il pavimento
del van. Era diventato intimo amico del pavimento del van, a questo punto. Da
un giorno all’altro ci avrebbe scavato un buco a forma del suo naso, su quel
maledetto pavimento del van.
Ma perché non si svegliava mai prima di loro?
Jay saltò una fila di sedili per unirsi al divertimento
generale e fece cadere a terra metà della sua roba, cellulare compreso che
rimbalzò allegramente contro la sua faccia. Ow. Meglio quello dei piedi di Jay,
comunque.
Aprì un occhio ammaccato e vide sul display ben più
ammaccato dei numeri enormi che brillavano perfidi. Oh, ecco perché non si era
svegliato prima di loro. Perché erano le
cinque.
« Stronzi, è l’alba! »
« Cazzate » trillò Pete, sedendoglisi sulla schiena. « È
già mezzogiorno! Da qualche parte. Nel mondo. » Gli bloccò un braccio con le
ginocchia, impedendo a Joe di colpirlo in mezzo alle gambe. Che caro, quindici
anni appena e già così violento.
« Da qualche parte nel mondo è estate » aggiunse Dan. Pete
sorrise facendogli un mezzo inchino con la mano che non stava tentando di
disarticolare la spalla di Joe, e Dan si avvicinò facendo scrocchiare le dita.
« Porca puttana ragazzi, no- ahia! Pete mollami perdio! »
Sbatté la fronte a terra, esasperato. Era il quarto paio di mutande. Se
continuavano di questo passo sarebbe arrivato nudo alla settimana successiva.
Jay rise sguaiatamente quando Joe riuscì a piantare un
calcio sui denti di Daniel, una mossa di cui Joe andava fiero ma che, uhm,
forse gli era costata la mobilità del ginocchio per i prossimi mesi.
Tentò di tirarsi su, di sollevarsi un minimo, ma aveva
Pete Wentz sdraiato sulla sua schiena come una coperta stupida e ridacchiante,
e quel ragazzo sarà pure stato alto quanto un idrante ma dio se pesava. Poi
Jay, ancora sfottendo Dan, gli si sedette sulle caviglie, e con un’ultima
testata affranta contro il pavimento disse addio alle sue mutande rosse.
« Oh, è adorabile » disse affettuosamente Pete. Andy si
voltò a guardare Joe, che stava raccogliendo cupo brandelli di stoffa,
mormorando un torrente di improperi davvero notevoli per un ragazzino che ha
frequentato pub per sole tre settimane. Tornò a Pete perplesso.
« Dai, guardalo, è così incazzato! Scommetto che stasera
cercherà di nuovo di spaccarmi il basso in testa. » Sospirò tutto contento.
« È bello che tu esprima tutto questo affetto
strappandogli i vestiti ogni mattina. »
« Andy, amico » Jay gli mise una mano sulla spalla. « È
divertente. »
« Divertente un cazzo » borbottò Daniel con del ghiaccio
premuto in faccia.
Jay lo ignorò. « Davvero, è salutare. Per noi e per lui,
perché gli tempra lo spirito. Dovresti provare anche tu. »
« No, Andy vuole provarci
» ghignò Pete. Andy gli tirò qualcosa raccolto dal pavimento, che poteva essere
tanto un calzino quanto un ricettacolo di tifo vaiolo e salmonella, più
malattie veneree a scelta.
« Voglio riportarlo a casa intero. » Alzò gli occhi al
cielo. « Cosa che a nessuno di voi sembra importare ma, sapete, non ci tengo a
una denuncia. Non capisco ancora come hai fatto a convincere i suoi a
lasciartelo. »
« Ho charme »
sogghignò Pete. Poi sorrise, si appoggiò il mento su una mano, gli lanciò uno
sguardo sbieco e - be’. Era accattivante. Andy sarebbe stato accattivato, se
non avesse saputo fin troppo bene che era un pazzo instabile.
« Peter Wentz: affascina mamme e rapisce quindicenni, dal
1979. »
Pete soffiò un bacino con la manina a Jay, Jay gli
sventolò il medio, e Andy li lasciò lì a discutere in toni coloriti delle
preferenze sessuali di Pete e di quelle della madre di Jay.
Si sedette sul sedile davanti a Joe, incrociando le
braccia sulla spalliera per girarsi a fare conversazione. « Come va? »
« Come uno che ha dormito quattro ore e è stato spogliato
a forza quando fuori fanno cinque gradi. »
« Oh. » Forse doveva cercare un altro argomento di
conversazione. « Facciamo colazione? »
Joe si illuminò. Andy tirò una scarpa a Jay e Pete che
avevano improvvisato una canzoncina (“Joe ed Andy- ahi, fanculo!”), seguendo
Joe fuori dal van.
L’inverno a Chicago è qualcosa di indescrivibile. Viene da
chiedersi come possa accadere che una delle città più afose d’America in estate
diventi così inospitale allo scadere dell’autunno.
Il cielo è perennemente plumbeo, coperto da nuvole gonfie
che sembra impossibile siano sempre presenti con il vento che sferza
costantemente; le folate d’aria gelida sono violente e taglienti, imperterrite
anche davanti al più imbottito dei cappotti. Spesso nevica, o ghiaccia, o piove
- se si è fortunati fa solo un freddo cane.
È dura, per chi non è nato tra quei grattacieli segnati
dalle tormente.
Andy guardò Joe arrancare per arrivare alla porta della
tavola calda, il viso contratto contro il vento mezzo nascosto dietro una
sciarpa, i capelli pieni di neve. Spinse la maniglia con un grugnito, sfrecciando
verso la salvezza e qualcosa di caldo, possibilmente calorico e cioccolatoso.
Lo seguì ridacchiando piano mentre si slacciava il cappotto.
Joe si era messo a sgocciolare su uno dei tavoli più
lontani dall’entrata, vicino ad un termosifone che sembrava sul punto di
abbracciare, e stava chiacchierando con la cameriera che si era subito
avvicinata vista la scarsità di clienti in quell’ora fuori dalla grazia del
signore. Si sedette di fronte a Joe mentre questi ordinava.
« -e pancakes. No, aspetta, doppio pancakes. Con lo
sciroppo d’acero. Oh, e una tazza di cioccolata bollente! »
« Tu invece? » sorrise la ragazza, scribacchiando qualcosa
sul taccuino.
Andy diede un’occhiata distratta al menù al centro del
tavolo. Hamburger, sandwich, bacon. Uhm. « Pancakes anch’io, e un caffè. »
Joe lo guardò incuriosito. « Niente pancetta? »
« Niente pancetta.
»
« Okay, niente pancetta. »
La cameriera osservava attenta lo scambio, ancora in piedi
di fianco al loro tavolo con aria zelante. Dopo una manciata di secondi Andy si
girò perplesso verso di lei, che lo stava fissando. La ragazza arrossì e se ne
andò un po’ abbacchiata.
« Sei un idiota, ci stava provando. »
Si voltò di scatto. « Cosa? »
Joe fece un mezzo sorriso furbo. « Ci stava provando
palesemente. Potevi almeno ringraziarla… »
« Ma dai » sbuffò.
Joe scrollò le spalle. « Ehi, poi non è colpa mia se sei
l’unico che non rimorchia mai eh. »
Che roba, stava ricevendo una lezione di flirt da un
ragazzino. Lo osservò da sopra gli occhiali, le guance arrossate e i capelli
umidi appiccicati alla fronte, la felpa di Star Wars in cui cadeva dentro e da
cui gli uscivano appena le mani, i mezziguanti ancora indosso. Sembrava davvero
fuori posto, in una tavola calda che all’alba era frequentata solo da reduci da
feste e impiegati notturni; sembrava sempre fuori posto, quando si aggirava
dietro il palco nei locali a cercare di chiacchierare con i buttafuori o quando
dopo un concerto si sedeva con loro al bancone e se ne stava con aria delusa a
centellinare una banale Coca, ma stranamente non sembrava mai fuori posto sul
palco, a saltare come impazzito durante le canzoni.
Ma era così piccolo, nonostante tutto, e lui non aveva
intenzione di spiegargli un paio di cosette su come funzionavano o chi erano di
solito i “rimorchi” degli altri. (Inoltre si stava sforzando di non pensare a
certe altre cose cui non avrebbe dovuto pensare, e quelle di sicuro non c’era
bisogno di andargliele a dire.)
Si accorse che Joe si era messo a guardare la strada oltre
la vetrata sulla parete del locale, e che aveva lo sguardo distante e… triste?
« Manca casa? » chiese, perché si ricordava com’era dopo
un po’ starsene lontani dai propri genitori e dalla noiosa vita di tutti i
giorni.
Joe si riscosse, smettendo di giochicchiare con l’orlo
delle maniche. Fece una smorfia e scoppiò a ridere. « Oh no. Mi era venuto in
mente che di solito a quest’ora dormivo come un sasso. Solo che tra due ore mi
avrebbero trascinato a scuola, quindi no, grazie, sto benissimo. »
Sollevò un angolo della bocca. « Studiare è importante. »
« Disse l’uomo che aveva mollato la scuola. »
« Na-ah, disse l’uomo al primo semestre di antropologia. »
Trattenne una mezza risata all’occhiata sconvolta di Joe. « Sto preparando un
esame, tra l’altro. »
« …no » Joe non gli fece la premura di trattenersi dal
ridere. Ma porca- sembrava davvero così poco serio? La risata di Joe si
affievolì sotto la sua espressione lievemente scocciata, sfociando in un colpo
di tosse imbarazzato. « Wow. Cioè, non hai l’aria… » agitò una mano verso di
lui senza un senso particolare, con l’unico risultato di sottintendere
definitivamente che Andy sembrava una specie di debosciato analfabeta o - tipo
- Pete. Smise di gesticolare e si passò nervosamente la mano tra i capelli. «
Su cosa? »
Ora era lui a mordicchiarsi nervosamente l’interno del
piercing. « Antropologia del mito delle popolazioni amerindie delle Grandi
Pianure. »
Joe non disse niente. Non alzò gli occhi al cielo come
aveva fatto Dan, non gli fece una pernacchia come Jay e non si fece uscire la
birra dal naso come Pete; si bloccò con la mano all’altezza della nuca a
guardarlo con quei suoi occhi grandi. « …wow » ripeté, in quella che sembrava
ammirazione. Non che Andy la vedesse così, certo; era solo che a sparare
paroloni con i ragazzini si faceva sempre impressione…
Fu grato di poter attribuire al freddo il colorito sulle
proprie guance. Perché era colpa del
freddo. « Non è un corso tanto popolare, anzi, stavano pensando di sopprimerlo…
»
« No, che schifo » disse Joe con un’aria sinceramente
dispiaciuta « sembra divertente. »
« È divertente,
è interessante ed è fondamentale. C’è tanta di quella gente che pensa che gli
Indios fossero solo dei selvaggi sanguinari e che gli Europei abbiano fatto
bene a sterminarli, a farli morire di fame con la loro “civilizzazione”
inconsulta, quando non è per niente
così. » Sbuffò, ormai completamente perso. « Ho sentito un tipo dire che erano filonazisti perché usavano la svastica.
»
« La croce celtica? » chiese Joe perplesso.
« Il simbolo del sole nascente » ne tracciò distrattamente
le linee con un dito sul tavolo « comune a praticamente ogni cultura, niente di
inventato dal nulla. Non è che Hitler è andato da un designer a farsi creare un
logo accattivante. »
Joe ridacchiò. Andy alzò lo sguardo e lo trovò che lo
fissava attentamente, con i gomiti sul tavolo e la testa appena piegata di lato
appoggiata su una mano e ommioddio, stava flirtando?
No, era solo Joe che pendeva dalle sue labbra ma quel ragazzo doveva smetterla
di passare troppo tempo con Jay, perché stava prendendo le sue brutte
abitudini. Quella era una posa assolutamente provocatoria, non poteva essere
solo il cervello di Andy a vedere cose in cose dove quelle cose non c’erano.
(Anche se un cervello che se ne usciva con pensieri del genere non era
totalmente a posto.)
La cameriera arrivò, stracarica di piatti e tazze fumanti,
con una provvidenzialità tale che Andy fu tentato di genuflettersi ai suoi
piedi; le fece un enorme sorriso grato prendendole dalle mani il caffè, e alla
ragazza quasi scivolò di mano il vassoio mentre avvampava.
« Sei bipolare? » sghignazzò Joe appena la cameriera fu
fuori portata d’orecchio. Aveva mezzo pancake in bocca e l’altro mezzo pancake
sospeso miracolosamente sulla forchetta, ed era totalmente ador- ridicolo. Si dice ridicolo.
« E chi te l’ha spiegate parole del genere? » grugnì da
dietro il caffè.
Joe fece spallucce. « Pete. »
Non era male fare colazione con Joe. Insolito, diverso…
tranquillo. Per una volta faceva piacere non doversi svegliare solo per
scrollarsi di dosso Jay che gli scavava un buco nel fianco con i gomiti.
Probabilmente avrebbe apprezzato di più il momento se non fosse stato troppo
impegnato a non fare caso al modo in
cui la luce cadeva sul collo di Joe quando sbadigliava.
Sbadigliava molto. E si faceva sfuggire risate sonnolente
alle sue battute idiote e mangiava in una maniera indecente, ma che Andy
trovava indecente per tutt’altri motivi.
Non avrebbe mai più guardato dello sciroppo con gli stessi occhi.
Joe, d’altro canto, dopo una settimana di sveglie
antelucane che avrebbero messo in ginocchio persino Pete, era sostanzialmente
in catalessi. Non abbastanza, comunque, da riuscire ad ignorare il calore
insolito in zona viso e l’istinto di sorridere ogni volta che alzava gli occhi
su Andy; per questo stava spazzolando con metodica precisione la sua colazione,
contento di avere qualcosa con cui tenersi occupato per non ritrovarsi a
cincischiare con la felpa come ogni volta che si trovava da solo con il
batterista. Non gli incuteva timore - cioè, farsi incutere timore da uno come Andy sarebbe stata un’impresa - solo…
gli faceva venire voglia di cincischiare.
« Dovremmo andare prima che ci diano per dispersi… » disse
Andy riportandolo sulla terra. Non si era accorto di essersi perso in
contemplazione mistica. E non si era nemmeno accorto di star tormentando i
lacci della felpa, pensò infilandosi stizzito le mani in tasca.
« Dobbiamo andare da qualche parte? » chiese tanto per far
vedere di essere presente. Incominciò a raccattare sciarpa cappotto e annessi
accessori lanosi con la morte nel cuore al pensiero di dover uscire dal tepore
del locale. Anche se forse un po’ d’aria fresca gli avrebbe fatto bene.
« No, suoniamo nel locale di ieri, stasera, ma- » non voglio dare adito a congetture,
nelnomediddio « Dan mi tormenta da giorni per rivedere un pezzo e gli ho
promesso che oggi gli avrei dato retta. »
Joe seguì lentamente Andy verso la cassa, intorpidito
dalla colazione e dal calduccio della propria sciarpa. « Quindi si parte…? »
« Domani… » rispose distrattamente Andy, in cerca del
portafoglio. Dietro al bancone, la cameriera che li aveva serviti alzò di
scatto gli occhi da una rivista, attenta e sorridente. « Se Jay si ricorda di
fare il pieno al van. »
« Non possiamo abbandonarlo? È una
presenza molesta. »
Andy fece per scoppiare a
ridere, Joe fece per iniziare a guardarlo con una faccia da triglia, la
commessa era lì lì per cadere dal bancone per quanto si protendeva verso di
loro, ma tutti vennero interrotti da un tonfo sordo alle loro spalle. Il rumore
veniva da qualcosa che si era scontrato contro la porta a vetri del locale. Il
qualcosa che ci si era spalmato, constatarono tutti con diversi livelli di
orrore, era proprio Jay.
« Occrist- » Andy imprecò a
mezza voce. Joe non fece in tempo ad accennare una risata isterica che Andy si
era infilato la giacca, gli aveva schiaffato il proprio portafoglio tra le mani
ed era partito a passo di marcia per scollare Jay dalla vetrata. Lo
scampanellio della porta che si chiudeva, smorzando i primi insulti, lasciò un
Joe ed una povera cameriera attoniti. Ci volle qualche attimo di assestamento
prima che la ragazza tossicchiasse e Joe si girasse con aria colpevole.
« Scusa » mormorò senza
motivo, visto che non era lui il folle che si lanciava a stella marina sulla
prima superficie solida che trovava. « Ehm, quant’è? »
« Nove e ottanta. »
Nonostante fosse concentrato a contare la miriade di monetine nel portafoglio
di Andy, Joe si accorse dell’aria imbarazzata della ragazza. Alzò gli occhi incuriosito,
e quella si morse un labbro. « Ecco, mi chiedevo… » lanciò un’occhiata verso la
vetrata. « Il tuo amico è fidanzato? »
Anche Joe si voltò a guardare
fuori. Jay stava gesticolando con un sorriso abbastanza demente, mentre Andy lo
fissava con gli occhi vagamente a palla e la bocca semi aperta. Joe quasi si
strozzò con la propria saliva. « Nah, ad Andy non interessano le ragazze. »
« …ooh. »
Si voltò di scatto. La
ragazza non aveva cambiato espressione di molto, solo lo sguardo un po’ più
vacuo e l’aria spersa di chi ha appena ricevuto una mazzata da una direzione
inaspettata. Sbiancò subito. « No! Cioè! » e intanto fuori dalla porta Jay
saltava al collo di Andy, e la bocca della commessa prendeva una piega
decisamente afflitta. « Nel senso, è interessato ad altro! …allo studio, cioè, non ad altro altro. E poi suona, cioè, non è che non
gli interessano le ragazze, non ha tempo, è un tipo impegnato, sai com’è, ma se
fosse libero- »
Una risatina lo interruppe. «
Tranquillo, ho capito, non c’è problema. » La ragazza gli stava sorridendo
gentilmente, con un guizzo divertito negli occhi. Joe ricambiò debolmente, le
passò i soldi e la guardò fargli lo scontrino, ripetendosi le sue parole nella
testa.
Non c’era problema.
Chiaramente. Infatti, l’insensata stretta al petto che aveva sentito mentre
pensava ad Andy - Hurley, quello che parlava di capitalismo come delle
condizioni atmosferiche e che gli offriva la colazione, quell’Andy - con delle
ragazze era senz’altro un effetto della mancanza di sonno.
Ringraziò, salutò
cordialmente e uscì. Il bis della stretta, stavolta allo stomaco, stavolta
quasi gradevole, era senz’altro l’ennesimo effetto collaterale di tre ore di
sonno per notte, e non dello sguardo d’intesa che gli aveva lanciato Andy
durante lo sproloquio di quel decerebrato di Jancetic.
Insomma, Joe era piuttosto certo di non essere gay.
Per prima cosa, perché gli piacevano le tette. Molto. Anche se non ne aveva ancora
viste tante ma ehi, ci stava lavorando, okay?
Secondo, non era particolarmente stimolato dagli altri
ragazzi. C’era Pete e okay, ogni tanto intorno a lui diventava un po’ come una
groupie ma perché era Pete, cavolo,
l’uomo che suonava contemporaneamente con i Firstborn, gli Extinction, gli
Yellow Road Priest e i Racetraitor - Pete! Wentz! Che si era presentato a casa
sua ed aveva convinto sua madre a fargli saltare scuola perché lo voleva in
tour! Ma non gli piaceva Pete in quel senso.
Terzo… sì, tette. Erano un motivo più che sufficiente.
Quindi poteva dichiararsi eterosessuale.
A parte per come arrossiva quando lo beccavano a fissare
Andy durante le prove, o per come si sentiva riscaldato e contento quando Andy
veniva da lui a chiacchierare di fumetti, o il modo in cui gli veniva da
sorridere se si toccavano per sbaglio e la delusione che lo assaliva appena
qualcuno degli altri glielo portava via per fare qualcosa di più interessante. E sì, magari nei suoi momenti di
privacy si ritrovava a pensare a spalle ampie e muscoli che si muovevano sotto
intricati disegni d’inchiostro, ipnotici e vigorosi, piuttosto che alle care
tette - ma non era colpa sua, quella mole d’inchiostro avrebbe impressionato
chiunque!
Però non gli piacevano i ragazzi.
No. Gli piaceva solo Andy.
Dannazione.
« Ehi, Joe ti sta guardando. »
Andy non si alzò da dov’era rannicchiato tra rullante e
timpano. Fece un rumore neutro, senza sollevare nemmeno gli occhi dalla cassa.
Stava compiendo un’operazione importante; non voleva mica che il pedale si
staccasse di nuovo come la sera prima, e certi lavori bisognava farseli da soli
- i tecnici di certi locali erano inaffidabili. Era indispensabile per il
concerto.
E non era come se già non percepisse distintamente lo
sguardo di Joe tra le scapole da, tipo, giorni.
« No, amico, non ti sta solo guardando, ti sta guardando guardando » insisté Jay.
« Sono sicuro che stia guardando guardando qualcos’altro
di più interessante » grugnì. Certe chiacchiere infondate non lo aiutavano a
finire prima. Se poi il cacciavite avesse potuto evitare di rotolare dietro il
charleston…
« Posso assicurarti che in questo posto ci sono poche cose
più interessanti del tuo bel culetto, soprattutto quando lo agiti in quel modo.
»
Che stupido modo per attirare la sua attenzione, usare
certi mezzucci. Si tirò comunque su di scatto, sbattendo la testa, con
un’occhiataccia pronta e un rossore sulle guance che non era proprio dovuto
alla posizione scomoda.
Jay sorrise candidamente. Si appoggiò ai tom (i muscoli
facciali di Andy si contrassero istintivamente) con aria cospiratoria. « Ti
svelerò un segreto, Andy » si allungò di più, la batteria cigolò, Andy respirò
a fondo. « Quel ragazzino non aspetta altro che tu ti infili nei suoi
pantaloni. »
Andy si scostò i capelli dalla fronte, e si voltò appena
per seguire lo sguardo di Jay. Joe si accorse che lo stavano guardando, divenne
di una notevole tonalità porpora e fece per girare i tacchi e andarsene
dignitosamente. Centrò in pieno uno degli sgabelli al bancone buttandolo giù,
invece, e Jay gli fece allegramente ciao con la manina mentre Joe tentava di
risistemare tutto balbettando scuse a caso. Andy alzò gli occhi al cielo
tornando ad armeggiare con il pedale.
« Per l’ennesima volta, visto che evidentemente non vi
basta sentirvelo ripetere sedici volte al giorno, non ho intenzione di
portarmelo a letto. E, » aggiunse, in tono autoritario, tanto che Jay si
irrigidì un po’ per lo sguardo serio di Andy e un po’ perché, be’, cacciavite. « Nemmeno voi lo farete. Non
è questione di disponibilità, qui, il primo che tenta di fargli qualcosa che
non va si ritrova con le gambine spezzate. »
Ci fu un lungo silenzio, poi Jay annuì lentamente. « Lo
sai che non è normale, tutta questa apprensione, vero? » Se c’era qualcosa di
più ovvio di Joe era l’insistenza di Andy nel negare di essere regredito anche
lui allo stadio di dodicenne alla prima cotta. Quei due erano così ridicoli e perfetti, davvero. In maniera esilarante
e a tratti bizzarra, ma sempre ridicolmente perfetti.
« Voglio solo farlo uscire intero dal tour » disse a denti
stretti. Si ricordava com’era avere a mala pena l’età per guidare ed essere
talmente ubriachi da vomitare il pranzo del giorno prima, si ricordava com’era
farsi qualsiasi cosa gli finisse sotto tiro e quasi finire in ospedale, si
ricordava com’era non avere freni in una dimensione completamente nuova. Voleva
evitargli tutta la merda che lui aveva dovuto identificare come tale sulla
propria pelle, tenendolo lontano da certe cose che era ancora troppo piccolo
per provare. Aveva tempo a volontà per fare quello che voleva - e lui non era
d’accordo, okay, ma di certo non si attribuiva il diritto di decidere sulla
vita degli altri… quando fossero stati legalmente consapevoli delle loro
azioni.
E non c’entrava niente che Joe aveva sempre le guance
arrossate dal freddo, che quando si rannicchiava sui sedili del van per
recuperare un po’ di sonno si appoggiava la testa sulle braccia come a
nascondersi, e che i suoi occhi erano i più chiari che avesse mai visto. No,
proprio per niente.
Jay scosse la testa compassionevole, e se ne andò lasciando
Andy ai suoi problemi tecnici (e non).
« Non potete chiudervi da qualche parte? »
Andy odiava quando lo bloccavano nelle loro intense
sessioni di edonismo collettivo; primo perché lo bloccavano fisicamente, nel senso che si svaccavano
accatastati uno sull’altro davanti qualsiasi via di fuga, secondo perché gli
restava la puzza di fumo attaccata ai vestiti per giorni e vedevano una
lavanderia una volta al mese.
« Siamo chiusi da qualche parte. » Daniel si portò la
canna alle labbra con aria di sufficienza. « Siamo chiusi nel tuo camerino. »
« Iiiiio direi che dovremmo fare un gioco » esclamò Pete,
battendosi le manine sulle ginocchia. Circa. Battendo le manine su un punto di
pavimento dalle parti delle sue ginocchia.
« Obbligo o verità! »
« No, Jay. Poker! »
« Strip-poker! »
Andy si nascose il viso tra le mani. Era allarmante come
sfruttassero ogni occasione per togliersi più vestiti possibile, anche con
dieci gradi di media.
« Ma non abbiamo le carte » piagnucolò Jay. Pete si grattò
la testa. « Uhm, allora… strip-morra? »
« Io direi che è
ora di andarsene » disse, stringendosi l’attaccatura del naso. Si tolse gli
occhiali per massaggiarsi gli occhi, l’aria afflitta, mentre uno dei tre gli
faceva una pernacchia e gli altri due ridevano. Quando se li rimise e il mondo
assunse di nuovo dei contorni trovò Jay e Dan che si sfidavano, Dan che buttava
sasso e Jay un ibrido indefinibile tra carta e forbici, con tre dita tese. «
Devo portare via Joe » mormorò, a nessuno in particolare.
Joe era schiantato su un divano, un braccio ciondolante
sul pavimento e la faccia affondata tra i cuscini; russava lievemente.
Probabilmente era a sua prima sbronza: Pete gli aveva propinato un bicchierino
di qualcosa di alcolico, poi un altro di qualcosa di più alcolico, e poco prima
del terzo bicchiere stava saltellando sui braccioli. Poi si era spento,
crollando a faccia avanti sul divano.
« Su, Joe, Joseph? » Lo pungolò un po’. Joe grugnì
qualcosa, rotolando di lato con le braccia congiunte al petto e le labbra
socchiuse e Andy avrebbe fatto meglio a smettere di fissare o andare a trovarsi
un hobby come l’uncinetto. Per - er - distrarsi. « Joe? »
« Mmmh… » Rotolò supino, si stiracchiò sbadigliando con la
t-shirt che gli saliva su per i fianchi, l’impronta delle pieghe della stoffa
sulla pelle chiara. Decisamente, uncinetto.
« Alzati e cammina… » Lo tirò su a sedere di peso, e Joe
fece una smorfia sofferente, strizzando gli occhi confuso. « Uh? Cos? »
Andy sospirò. Si abbassò a prendergli un braccio e se lo
portò sulle spalle, gli passò un braccio attorno alla vita e lo issò in piedi
con uno sbuffo. Joe barcollò un po’ - “eh? cosa?” - appoggiato pesantemente ad
Andy per non sfracellarsi a terra.
Jay attaccò a ridacchiare istericamente. Andy sventolò il
medio nella sua direzione senza enfasi, troppo occupato a far camminare un Joe
in piena fase sacco-di-patate che non la smetteva di aggrapparglisi addosso in
maniera tristemente suggestiva. Doveva camminare in linea retta per due,
scansare ostacoli, gradini e muri che intralciavano il tragitto, raggiungere il
van a ben un parcheggio di distanza… insomma, troppe cose per badare ai fischi
di Pete.
Procedettero a passo incerto per corridoi che sembravano
eterni, fermandosi ogni pochi metri; Joe alternava mormorii privi di senso a
risatine acute nascondendo il viso nella maglia di Andy, mentre Andy cercava di
mettere un piede davanti all’altro senza pensare a com’erano sottili i fianchi
di Joe o a come era caldo, una presenza ustionante premuta contro il suo corpo.
Nonostante fosse inverno inoltrato, l’aria del parcheggio era a mala pena di
sollievo per le sue guance.
Entrare nel van fu più problematico di quanto programmato.
« Nuooo voglio tornare dillà! »
« No, di là ci sono, ehm, cose brutte. » Oh, quanto si
sentiva idiota. Un idiota con un quindicenne sbronzo drappeggiato sulle spalle
che cercava - in maniera piuttosto sbronza, per l’appunto - di impedirgli di
aprire la portiera agitandogli le mani davanti al naso. E agitandoglisi addosso.
« Ma c’è la vodka
» sussurrò con reverenza. Si strinse le mani al petto con aria sognante, dando
modo ad Andy di raggiungere la maniglia e portarlo finalmente dentro. « Che è
buona! »
« Non è vero » replicò distrattamente mentre cercava di
tenerlo dritto e liberare uno dei sedili dalla roba per farcelo sedere. Joe si
accigliò, gli si avvicinò al viso con aria critica e iniziò a pungolargli una
guancia con l’indice. « Tu che ne sai, neanche la bevi. »
« Già stato, già visto, già bevuto » mugugnò. Provò a
scrollarselo di dosso, con scarsi risultati.
« E com’è che non ti piace? »
« Non è che non mi piace- » roteò gli occhi, mentre gli
veniva infilzato un ditino nello zigomo. Joe cercò di infilarglielo su per il
naso, ridacchiando, ma abbassò le manine docilmente allo sguardo truce di Andy.
« Mi piacciono di più altre cose. Tipo svegliarmi ricordando cosa è successo la
sera prima. »
Joe si staccò un poco per guardarlo in faccia, tutto occhi
lucidi e cipiglio sincero. « Non fa bene divertirsi così poco! » Alzò per
chiarezza indice e pollice praticamente attaccati, scuotendo la testa con
enfasi. « Ti perdi troppe cose belle. »
« Certe volte alcune cose sembrano solo belle, e al
mattino diventano errori. » Distolse lo sguardo dagli occhi chiari e così
vicini dell’altro, staccandoselo di dosso bruscamente e mollandolo senza
convenevoli sul sedile. Joe si fece sballottare in silenzio, guardandolo con la
testa piegata un pochino di lato, immerso in elucubrazioni annebbiate
dell’alcol. Quando Andy fece per arretrare gli prese la maglia.
« È per questo che ti sto antipatico? » Andy tentò di
aprir bocca, negare tutto perché antipatico? lui?, ma Joe continuò senza dargli tempo. « È per questo che non mi
vuoi? »
« Ma certo che ti voglio. »
Okay, il vero
motivo per cui Andy odiava visceralmente il fumo? Gli bruciava qualsiasi
filtro. Ogni più vitale filtro cervello-mondo esterno. Andy odiava davvero, davvero tanto quando si mettevano a
fumargli davanti.
E in questo momento odiava che quel ragazzino avesse degli
occhi talmente azzurri e una presa talmente forte. Lui doveva fuggire
indecorosamente a buttarsi sotto un autobus, dannazione!
« Ma allora sei scemo? » chiese in tono lamentoso
tirandogli ripetutamente la maglia. Non sembrava particolarmente colpito dalla
rivelazione in sé, quanto dall’incomprensibile incoerenza del batterista.
« Indubbiamente » mormorò
prima di sedersi a fronteggiarlo in una discussione civile. Vagamente civile.
Insomma, ci si prova. « Senti, sei piccolo. Hai appena quindici anni e dovresti
essere a scuola adesso, dio santo, a tormentare i tuoi per i regali di Natale e
non in un van lurido, sbronzo come una pigna in attesa di fare chissà quanti
chilometri per suonare nel prossimo pub - dove, tra parentesi, non potresti
nemmeno entrare. » Joe fece una faccia così affranta che da una parte faceva
solo venir voglia di prenderlo e spupazzarlo come un peluche, e dall’altra
ribadiva crudelmente il concetto. « Mi piaci, sul serio, ma sei davvero piccolo e non voglio traumatizzarti per
sempre o rovinarti la vita o cos’altro. »
Joe lo fissò per un attimo. «
Non mi stai rovinando la vita » mormorò, annuendo appena con aria triste. « La
mia vita è molto bella da quando ci sei tu. » Diede un ultimo tiro poco
convinto alla maglia di Andy.
…cristosanto, era fisicamente impossibile restare
impassibili.
Gli passò un braccio dietro
il collo e lo abbracciò, con le mani che tremavano appena. Joe si lasciò
scappare uno strilletto acuto, gli occhi sbarrati e la testa che girava, per
l’alcol e il collo di Andy che era proprio
lì e lui poteva affondarci il viso e strusciarci il naso a piacimento.
Chiuse gli occhi con forza, cercando di ricacciare indietro le farfalle che
dallo stomaco gli erano schizzate in gola e non stavano propriamente
contribuendo ad alleviare il suo senso nausea. Non voleva vomitare addosso a
Andy, non ora che finalmente c’era lui
addosso ad Andy. Gli strinse timidamente le braccia alla vita, sistemandosi
meglio.
Andy era nel pieno di una
silenziosa crisi esistenziale. Stava facendo qualcosa che andava contro, tipo, tutti i suoi propositi, ma non riusciva
a pentirsi. Stava combattendo l’impulso di sorridere quando avrebbe dovuto
combattere ben altri impulsi che rischiavano di provocare solo danni. Non
voleva davvero portare problemi nella vita di un ragazzino che sembrava già
abbastanza incasinato di suo.
Ma, ma, ma… Forse era rimasto
troppo tempo sotto il fumo passivo.
Sospirò. « Ora dormi » disse
accarezzandogli i ricci, sorridendo nonostante tutto alle specie di fusa che
stava producendo Joe. Allungò un braccio verso il sedile posteriore per
prendere una coperta, visto che si prospettava una lunga nottata all’insegna
della scomodità. Poteva sopportarla, però, se Joe avesse continuato a
respirargli lentamente sulla gola, in una strana ninna nanna.
Era un problema se lasciava
cadere il discorso così?
Si svegliò con la sensazione che qualcuno si stesse
aprendo una via all’interno del suo corpo attraverso la schiena, con una
matita. Spuntata. Si mosse vagamente ed eccola, la matita, stavolta nel collo,
che gli scrocchiò in maniera sinistra. C’era un peso sulle sue gambe che
aprendo faticosamente gli occhi riuscì ad identificare come un Joe,
addormentato con il naso conficcato nella sua pancia, che sbavava lievemente.
Sorrise nonostante la chiazza sulla sua t-shirt e la spina dorsale frullata.
Si guardò assonnato intorno mentre si sgranchiva con
cautela il collo; dal sedile davanti si sentiva russare e un numero a piacere
di gambe penzolava dal bordo, segno che Jay e/o Daniel e/o vari ed eventuali
avevano trovato la strada per il van anche tra i fumi dell’alcol, crollando lì
sopra; in un angolo, seduto a terra sopra un sacco a pelo, Pete stava
rannicchiato a scrivere su un taccuino che teneva in grembo, cuffiette nelle
orecchie ed espressione distante. Alzò gli occhi proprio in quel momento, notando
Andy che lo fissava gufescamente senza gli occhiali, scivolati chissà quando;
gli sventolò la matita a mo’ di saluto, poi spostò lo sguardo su Joe e di nuovo
su di lui, con le sopracciglia alzate. Andy sentì molto caldo in zona faccia.
« Joe… » Gli smosse un po’ la spalla. « Credo che
dovresti, tipo, alzarti… »
Joe fece una smorfia, premendogli la fronte sulla pancia.
Rovesciò lentamente il capo all’indietro, poi sbiancò, sbarrò gli occhi e d’un
tratto era carponi sul pavimento, intento a vomitare l’anima sopra una felpa
che - Andy strizzò gli occhi per distinguerne il disegno - …era di Jay, perciò
poco male.
« Porca » gracchiò, pulendosi la bocca con una manica «
puttana. »
Pete gli tirò una confezione di aspirine e una bottiglia
d’acqua. Le prese Andy, perché Joe sembrava troppo occupato a dondolare
rannicchiato in posizione fetale anche solo per scansarsi dalla traiettoria di
lancio, e sicuramente un trauma cranico non gli avrebbe giovato.
« Ti porto in bagno… » disse, prendendolo di peso e
iniziando a trascinarlo fuori. Vide con la coda dell’occhio Pete posare il
block-notes a terra ed alzarsi per andare verso l’intreccio di arti collassati
sui sedili, ma preferì non preoccuparsi in vista di questioni più impellenti.
Iniziò a preoccuparsi quando fu accerchiato, davanti alla
porta del bagno del locale dietro la quale Joe si stava riconciliando con la
cena della settimana prima, da Pete e un Daniel e un Jay fin troppo svegli.
Deglutì, in ricerca febbrile di una via di salvezza.
« Ci sono stati riferiti fatti » proclamò Daniel incrociando le braccia al petto con
espressione seria e professionale. Jay lo scansò con una spallata per
appiccicarsi al naso di Andy e ciarpare: « Ma cosacosacosaCOSA ha combinato il
piccolo Andrew stanotte? »
« Non ho fatto niente » disse in fretta.
« Sì, tu. Ma il… “piccolo Andrew”? » Ammiccò con le
sopracciglia in corrispondenza delle virgolette, e - eew. Quell’uomo non aveva ritegno.
« Nessuno ha fatto nulla ieri sera. » Incrociò anche lui
le braccia, perentorio.
« Tu menti! Stai arrossendo! »
Cervello traditore, passargli proprio ora la replica della
grande dichiarazione, con dolby-surround e tutto. « Non abbiamo fatto nulla »
bofonchiò, stringendosi ulteriormente nelle braccia senza più un briciolo di
confidenza.
« Qualcosa però è successo » ghignò Pete con aria
compiaciuta, da bravo amico stronzo. « Oppure eravate davvero avvinghiati solo
per combattere il freddo. »
« Nudi. »
« Non eravamo nudi!
»
« Ma Pete ha detto- »
« Era per farvi sbrigare. »
Jay fece una faccia triste, insensibile al colorito
purpureo di Andy. Tre paia di occhi si puntarono impietosamente su di lui,
inchiodandolo balbettante al muro. « Lui, uh, lui ha detto che… allora, gli
piaccio. »
« …Pete, se mi hai svegliato solo per questo ti apro in
due col manico della chitarra, a partire da un buco a scelta. »
« Adesso migliora » annuì, manco fossero al cinema.
« Cioè, me l’ha proprio detto. E io, insomma… » borbottò qualcosa di incomprensibile.
« L’hai sbattuto per terra? »
« Fanculo, gli ho detto che ricambiavo! » strillò con la
voce acuta di quand’era nervoso, portandosi una mano alla fronte dove stava
sbocciando un’emicrania.
Pete si guardò intorno con la faccia da “visto? visto?”,
mentre Dan esclamava: « Vi prego, chiamiamoci Beautiful Arma. Sento che
dobbiamo farlo. »
Jay gli diede qualche pacca sulla spalla. « Dai, che vuoi
che sia, è una sciocchezza. Scommetto che si è dimenticato tutto. »
Per un attimo il pensiero che Joe non si ricordasse più
nulla, non una parola, non uno sguardo - non il modo in cui ad un certo punto
aveva infilato le mani sotto la maglia di Andy per scaldarsi o lui si era
addormentato con la guancia sulla sua testa, il profumo dei capelli di Joe
l’ultima cosa prima di chiudere gli occhi - il pensiero di esser costretto a
far finta di nulla per non distruggere l’equilibrio lo rese triste. Poi, grazie
al cielo, subentrò il buon senso. « Non è
nulla, e non toglie che ho fatto qualcosa che avevo giurato di non fare. »
« Andiamo, neanche te lo fossi portato a- »
« Non finire quella frase » ringhiò.
Jay si mise le mani sui fianchi, sprezzante. « Perché? »
chiese sarcastico « Qualche anno fa non ti facevi certi problemi… anzi. Cos’è,
sei innamorato? » Fece un sorrisetto irritante, portandosi le manine giunte
all’altezza del cuore.
Pete comparve tra di loro. « Jancetic, sei un coglione »
lo informò, voltandosi subito verso Andy per aggiungere: « Tu sei un coglione
paranoide e complessato. »
Daniel alzò gli occhi al cielo come per ringraziare di un
intervento provvidenziale. Pete guardò male Jay, sfidandolo a controbattere,
prima di troncare sul nascere le proteste di Andy. « Hurley, non devi rapirlo e
sposarlo, devi chiedergli di uscire. »
« Ma- »
« Oh perdio, è capace di intendere e di volere! Se ti dice
di no - e comunque non te lo direbbe - amen, se ti dice di sì e va male…
l’Illinois è grande, non sei costretto a restargli a piangere sotto casa.
Altrimenti evviva evviva. »
Lo guardò cupo, di fronte alla ridicola semplicità di un
discorso che gli stava solo raddoppiando i dubbi. « La fai facile, tu. »
Pete ghignò. « Io non sarei così stupido da innamorarmi di
un quindicenne. »
Andy nemmeno ribatté, e rimase lì a pensare, riscuotendosi
solo quando Joe riemerse dal bagno pallido come un cencio con un sorriso debole
sulle labbra, scusandosi per il casino.
Joe aveva saltato a piè pari la fase “ommioddio perché ho
bevuto così tanto”, appena superato il “mai più, non succederà mai più” ed era
momentaneamente fermo al “Dio, perché?”. Perché, in generale.
Era una domanda legittima per un povero relitto accasciato
su un tavolo, con la fronte premuta sulla superficie appiccicaticcia nella
speranza di refrigerio e una sbronza colossale da smaltire. Doveva cominciare
con qualcosa di più leggero. Cavolo, a casa sua nemmeno c’era mai stato dell’alcol.
Qualcuno avanzò a passi pesanti nella stanza schiamazzando
indecorosamente. In realtà era Pete che mormorava: « Hey » passando di lì, ma
l’effetto nella sua testa era quello di un trapano.
« Nnrgh » salutò. Pete scostò una sedia dal tavolo con uno
stridore agghiacciante e si sedette, appoggiando il mento sul palmo della mano.
« Benvenuto nel mondo dei grandi. »
Staccò la faccia dal tavolo per guardarlo, stravolto, due
occhiaie che erano un’ombra di morte
(sua, o di Pete) sul volto. « Riportatemi dov’ero prima » biascicò, lasciando
ricadere la testa sul legno. Ouch. OUCH,
mossa sbagliata.
Pete fece un sorrisetto nascosto dietro la mano. « Ma
come, proprio ora? »
Proprio ora cosa? « Gh? » riuscì ad articolare. Aprì un
occhio per guardare Pete dal basso, trovandosi di fronte ad una faccia da
schiaffi con un’aria d’insopportabile superiorità che non gli era di risposta.
Proprio ora cosa? Proprio ora che
avevamo deciso di smetterla di strapparti i vestiti ogni mattina? Mica proprio
ora che avevamo deciso di pagarti?
« Be’ sai, con Andy… »
Eh?
Pete lo fissò per un po’, come in attesa dell’arrivo della
grande rivelazione. Joe fissò in rimando con la profondità degna di un
copriteiera. « Non dirmi che non ti ricordi davvero » esclamò alla fine, sul
punto di scoppiare a ridere.
« Andy cosa? » Voleva suonare irritato, ma uscì solo
qualcosa di pietoso. Almeno non era isterico come la vocina della sua testa che
aveva iniziato a sfornare ipotesi su ipotesi in un tono acuto che gli stava dando
fastidio. Dio, anche le vocine della sua testa lo assordavano ora.
« Non posso aiutarti » annunciò con fin troppa gioia,
saltando in piedi. « Devi intraprendere da solo la strada verso la conoscenza,
mio giovane Padawan. »
Joe risbatté - piano, non era scemo - il capo sul tavolo,
mandando affanculo Pete. Spiritualmente, perché aprire la bocca faceva fatica.
Soprattutto quando i pochi neuroni in servizio dovevano lavorare tutti a pieno
regime per ricordare… qualunque cosa fosse successa.
Con Andy.
La vocina nella sua testa riprese a spron battuto da dove
si era interrotta, agitando delle ipotetiche manine nell’aria. Cosa aveva
fatto? Cosa aveva fatto? Cosa aveva detto?
Forse l’alcol lo faceva diventare logorroico. Forse aveva confessato cose
indicibili a tutti su Andy, o direttamente ad Andy che perciò sapeva tutto - o
magari aveva detto il contrario di quello che pensava, e adesso Andy lo odiava!
Non sapeva scegliere l’ipotesi peggiore. E ora il suo cervello, abbandonato a
sé stesso, stava ricordando che comunque quella mattina si era svegliato con i
pantaloni e altre considerazioni sul tema che gli facevano salire l’impulso di
infilarsi le mani tra i capelli e strillare.
Doveva trovare Andy. Anzi no, rettifica: doveva trovare
qualcuno che gli raccontasse tutto, poi escogitare un piano, poi trovare Andy.
…quando avesse avuto la forza di alzarsi.
Emerse però un problema: nessuno sembrava intenzionato ad
aiutarlo. Era già difficoltoso aggirarsi senza dare nell’occhio con la grazia
di un ippopotamo morente e con un mal di testa che non voleva saperne di
smettere di sfondargli la fronte anche dopo un’aspirina, cercando di trovare
qualcuno e di evitare Andy. Quando
poi tutti lo ostacolavano era da strapparsi i capelli.
Jay non c’era stato bisogno di cercarlo: era arrivato da
solo. Gli era comparso alle spalle e gli aveva stretto il collo in una morsa
ferrea complimentandosi a gran voce per Dio solo sapeva cosa (ma avrebbe fatto
piacere saperlo anche a lui). Poi aveva iniziato ridacchiando un discorso su “al
momento fatidico non farti trovare impreparato” e Joe era fuggito senza
pensarci due volte.
Daniel, invece, se ne era andato bofonchiando (“io ero
venuto a suonare, non a fare casting per Dawson’s Creek”) appena gli aveva
chiesto qualcosa.
Da quanto aveva capito dai mozziconi di risposte ricevuti,
la sera precedente, totalmente deviato dai fumi dell’alcol, aveva fatto
qualcosa di compromettente, non si sa bene davanti a chi - visto che il mondo sembrava essersi divertito come
un pazzo, ma doveva anche mettere in conto che si trovava in viaggio con le più
grandi comari spettegolanti dell’Illinois -, riguardante Andy. Doveva solo
capire a) cosa aveva fatto, b) se Andy lo sapeva e c) cosa sarebbe successo se
lo sapeva. Semplicissimo. Bastava trovare qualcuno che gli rispondesse, ed era a cavallo.
Ma Pete non l’avrebbe aiutato, Andy… no, perciò era solo.
E senza speranza.
« Sei senza speranza » ripeté Pete. Andy non alzò gli
occhi al cielo solo perchè li aveva già puntati al soffitto da mezz’ora. Non
che a Pete importasse, chiaro. « Cosa ti ci vuole ad andare lì e trascinarlo in
uno stanzino? »
« Pete, io non
voglio trascinarlo in uno stanzino. »
« …ma non dire cazzate » sbuffò, come se fosse lui quello
che stava affrontando un idiota. Andy lo ignorò e riprese a portare sul palco i
pezzi della batteria che stava cercando di montare, ma Pete gli saltellò
dietro. Perchè quella piccola piaga non aveva nessuno strumento da montare,
perchè? « Senti, non è che non si è capito che Joe ti piace, perciò perchè fai
ancora finta di niente? »
« Perchè è piccolo » disse, ancora una volta, e si sentì a
disagio notando come, ormai persino alle sue orecchie, suonasse tanto una scusa
campata per aria e non un’ineccepibile motivazione. Cosa che era,
indubbiamente. Ineccepibile. Motivazione.
Pete gli si puntò davanti da brava presenza fastidiosa. «
Non so cosa ti insegnano a quei tuoi corsi, ma non gli lascerai traumi perenni
che gli faranno scoprire la gioia di vestirsi da donna a cinquant’anni. »
C’era qualche problema se gli tirava il timpano? « Pete,
non va bene. Siamo i suoi tutori - per quanto nessuno l’abbia ancora capito -
non posso- non possiamo approfittare. È al limite della sindrome di Stoccolma!
»
Con un’occhiata esasperata Pete gli appoggiò le mani sulle
spalle. « Andy, leggi il labiale: non è stupido. » Sbatacchiò per buona misura.
« Ha quindici anni! » Avrebbe agitato le braccia se non le
avesse avute piene di roba, per cercare di evidenziare un punto che, a quanto
pareva, era il solo ad aver notato. « Non… cioè… quindici! »
« E tu sei comunque cotto » disse tranquillamente. Andy
ammutolì, mentre iniziavano a bollirgli le guance. « Davvero, cosa ne pensi di
Joe, dimmelo. Non intendo l’età di Joe, intendo Joe Joe. »
Cosa ne pensava di Joe? Era un ragazzo che non aveva esitato
due volte prima di riempire a caso uno zaino e partire in tour con persone che
non conosceva, che non si era pentito una sola volta - non quando venivano
fischiati, non le volte che si erano rifiutati di pagarli ed erano dovuti
fuggire dopo aver distrutto i bagni del locale, non ogni mattina che veniva
scaraventato a terra tra il freddo e lo sporco - di essere salito sul loro van.
Era un chitarrista che prima di unirsi a loro aveva tenuto in mano un basso
solo per accordarlo e ora era molto meglio di tanti bassisti della Chicago
scene. Era un ragazzo divertente, con ottimi gusti in fatto di fumetti e una
conoscenza pressoché maniacale dei film di fantascienza. Era quasi più alto di
lui, e aveva un sorriso timido e luminosi occhi azzurri che facevano perdere il
filo del discorso ad Andy ogni volta che li incrociava.
« Appunto. » Pete gli lasciò le spalle, compiaciuto,
quando lui non gli rispose. Sorrise, uno dei suoi soliti flash abbaglianti di
puro entusiasmo, e si spostò per lasciarlo passare. Quando si fosse ricordato
di muoversi. « Joe è grandioso, e più tempo perdi più rischi che si allontani. »
E come volevasi dimostrare, Joe sbucò dall’altro lato
della stanza, aprì la bocca per urlare qualcosa a Pete ma appena vide Andy
sbiancò e corse via. Lo sentirono sbatacchiare contro le pareti del corridoio
imprecando sentitamente.
Pete sollevò un sopracciglio eloquente, non visto, mentre
Andy gli dava le spalle e iniziava a pensare che forse, dopotutto, le sue
argomentazioni avevano qualche punto eccepibile.
Andy aveva a lungo ponderato la situazione, e poteva
tranquillamente affermare di essere diventato scemo.
Stava fissando la maniglia della portiera del van da ore -
anche se il suo orologio diceva che erano passati appena sei minuti, infido
mentitore - con l’unico effetto di iniziare ad avvertire un principio di
congelamento alle mani. Non era in attesa di una qualche epifania, d’altronde:
triste ammetterlo, ma l’epifania era avvenuta sotto forma di un cantante privo
di talento ma dotato di un’insistenza ammirevole che l’aveva costretto a dar
voce a quei pensieri che stava cercando di soffocare con tutte le sue forze.
Tipo una fata madrina.
Oddio, si stava immaginando Pete con bacchetta magica e
tutù. Oddio. Presto, qualcos’altro,
qualsiasi altra immagine mentale.
Gli comparve in mente Joe, gli occhi grandi e lucidi per
l’alcol, un labbro stretto nervosamente tra i denti, che gli tirava la maglia e
gli si avvicinava e- …forse non era la migliore
delle immagini, in quel momento, ma serviva a riportarlo al punto della
situazione: entrare nel van. Dov’era Joe. Per parlare.
Oh, ecco perché era lì imbambolato, non aveva il coraggio.
Settimane di menate sul sì, no, forse, magari non potevano scomparire così,
nemmeno Pete poteva fare nulla del genere. Se gli ci era voluto un mezzo trauma
a vedere tutta la storia sotto un altro punto di vista, probabilmente sarebbe
servito l’intervento di un Entità superiore per farsi forza e abbassare quella
dannata maniglia.
Poi sarebbe entrato e si sarebbe ridicolizzato in maniera
spettacolare, tanto da far piangere Jay per essersi perso tutto. Non aveva la
benché minima idea di cosa dire. Sapeva cosa ne pensava Joe, ma non rendeva le
cose più facili; cosa gli avrebbe raccontato? Come? E Joe si ricordava
qualcosa, o l’avrebbe preso per pazzo e sarebbe fuggito urlando a chiamare la
polizia? Stava tentando di sedurre un quindicenne, dopotutto. Forse nemmeno gli
interessava, a Joe, ed era stata solo colpa dell’alcol! Perciò l’avrebbero
sbattuto in galera non solo per molestie, ma per detenzione illegale e spaccio
di alcolici, e avrebbero buttato la chiave. L’avrebbero picchiato, e fatto
vestire da donna… e non avrebbe più sentito Joe parlare per due ore di fila di
Star Wars.
Okay, era impazzito definitivamente.
Fissò determinato la maniglia, prese un respiro profondo,
starnutì perché comunque faceva un freddo cane, aprì la benedetta portiera ed
entrò.
Joe era rannicchiato sui sedili, le ginocchia strette al
petto e una cupa aria pensierosa. Andy non era l’unico ad aver passato la
giornata meditando: erano ore che Joe fissava lo schienale del sedile davanti e
si sforzava di rievocare la serata precedente. Le aspirine avevano cominciato a
fare effetto, e all’andarsene del mal di testa era tornata un po’ di lucidità;
si era ricordato di come Andy l’avesse trascinato via che si reggeva a stento
in piedi, del tragitto barcollante al van, e con orrore aveva tracciato a
grandi linee i contorni di una conversazione sfocata. Ricordava qualcosa su ciò
che era divertente fare e su ciò che era bene, ricordava di essersi aggrappato
senza pudore ad Andy ad un certo punto e la frase “perché non mi vuoi”, prima
del più totale black-out.
Odiava essersi dimenticato la risposta, perché una
risposta doveva esserci stata; ricordava distintamente di essersi svegliato
sopra Andy (e di avergli quasi vomitato addosso), ma non sapeva dire che cosa
era successo durante la notte. Con tutta probabilità gli aveva fatto così pena
che Andy non aveva avuto il coraggio di mollarlo lì ad annegare nei propri
succhi gastrici. Come poteva uno come
Andy essere interessato a lui?
Alzò gli occhi e li sgranò quando si aprì la portiera,
desiderando intensamente di poter scomparire tra i cuscini luridi. Tanti sforzi
per sfuggirgli, e dopo si ritrovava intrappolato in una dozzina di metri
quadrati di spazio senza una via di fuga praticabile!
Andy era persino più pallido del solito, un colorito
vagamente bluastro e un’espressione per niente rassicurante. Si chiuse la porta
alle spalle e si fermò, fissando Joe mentre si tormentava le maniche della
felpa. « Ti stavo cercando » esordì, piuttosto inutilmente.
« …uh. » Non che Joe fosse da meno.
« Io, ehm. » Incrociò le braccia al petto, distogliendo lo
sguardo. « Ti ricordi di ieri? »
Ecco, era venuto per dirgli che grazie, sei un caro
piccino, ma a me piacciono più grandi. E magari con le tette. « No » mentì -
solo in parte! - perché non aveva intenzione di facilitargli le cose.
La piega delle spalle di Andy si afflosciò. Aprì la bocca
un paio di volte a vuoto, e solo arrossendo mentre fissava intensamente una
macchia del pavimento riuscì a sputare fuori: « Mi hai detto che ti piacevo. »
Joe sentì un vuoto allo stomaco. Si mosse un po’,
stringendosi di più le gambe, e mormorò: « Davvero? »
« Eri ubriaco, ma… »
Pausa. Joe non disse nulla, incassò il mento tra le
ginocchia in attesa del colpo di grazia; Andy alzò lentamente gli occhi verso
di lui, e c’era un velo di delusione sul suo viso.
Evidentemente era solo l’alcol, o il fumo, o la sindrome
di Stoccolma: Joe non era interessato a lui. Si sentì così stupido per averci
sperato, e si infilò le mani in tasca con stizza. « Capisco. Non ti ricordi un
cazzo. »
E adesso perché si arrabbiava? « Certo che mi ricordo »
bisbigliò, girandosi dalla parte opposta. Non gli bruciavano mica gli occhi.
Non si era mica fatto delle aspettative, che sciocchezza.
« Come? »
Si pietrificò. « Niente. »
« Che hai detto? »
Oh, tanto valeva… « Mi ricordo. Più o meno. » Si voltò e
quasi scivolò a terra, trovandosi Andy seduto accanto. Arrossì sotto
l’intensità dello sguardo.
« Mi hai detto che ti piacevo. » Joe annuì lentamente. «
Anche tu mi piaci. »
…fermi tutti. « Eh?
»
Andy sorrise, ricominciando a colorarsi in zona guance. «
Mi piaci. »
…fermi tutti di nuovo. Non poteva essere vero. Non poteva
- okay? - perché alla gente normale non succedeva che batteristi di band
famose, con lo sguardo dolce e tanti tatuaggi, si innamorassero di loro. E
perché la gente normale non si dichiarava in quel modo. Fermi tutti, quindi,
fermo al suo cuore che aveva preso a battergli all’impazzata in posti strani,
tipo la gola, ferma alla sua mascella che penzolava stupidamente di propria
iniziativa e fermi gli occhi che si stavano spalancando in maniera
preoccupante. Era il più grande idiota del mondo, con la faccia da triglia, e
la loquacità di una trigila, e Andy
gli sorrideva a quel modo?
Fermi. Tutti.
« Potresti ripetere? »
Andy stava ancora sorridendo. « Te l’ho già detto anche
ieri. »
« Be’, scusa se non processo » disse con voce strozzata.
Senza rendersene conto aveva poggiato i piedi a terra, e stava stringendo la
spalliera del sedile mentre si tendeva verso Andy per… farfugliargli in faccia,
probabilmente, o infartargli sul posto. Non era davvero normale la velocità
delle sue pulsazioni.
A quel punto Andy rise, scivolò verso di lui sul sedile e,
ancora con lo stesso sguardo felice, lo baciò.
Era… bizzarro.
Aveva baciato ragazze ovviamente - svariate ragazze, a
titolo informativo - ma questo non era poi così diverso. Cioè, sì, era diverso, sentiva barba pungergli il viso
e le mani di Andy erano sulle sue guance, gli sfiorava il collo e la nuca con
dita ruvide e forti. In compenso era lui a non sapere dove mettere le mani;
normalmente avrebbe cercato di infilarle sotto la maglia, magari riuscendo
addirittura a vedere uno spiraglio di reggiseno, o comunque avrebbe provato a
toccare qualcosa… che però qui sarebbe stato un po’ difficile.
Bizzarro. Ma non spiacevole. Non quando praticamente erano
giorni che si chiudeva nei bagni degli autogrill pensando solo a quello.
Quindi gli mise un po’ goffamente le mani sul petto,
perché non c’era tutta la solita superficie ma era ampio, e tiepido, e si
aggrappò alla stoffa quando Andy gli prese un labbro fra i denti prima di
staccarsi appena.
Lo guardò seriamente negli occhi. « Okay? »
Joe aveva la gola molto, molto secca. Annuì con forza
senza arrischiarsi a parlare; Andy fece un piccolo sorriso e si abbassò di
nuovo su di lui, e questa volta c’era anche lingua
coinvolta e -
Non si era mai sentito così. Non si era mai sentito così
euforico da avvertirlo sulla pelle, calore e gioia che si sprigionavano da
qualche parte in mezzo al suo petto e gli formicolavano in tutto il corpo,
nemmeno durante i concerti. Era persino meglio di suonare davanti decine e
decine di persone impazzite, e non credeva che esistesse qualcosa in grado di
superare quella sensazione di potere ed esaltazione.
Per questo si lasciò appoggiare contro la portiera del van
mentre Andy gli accarezzava la schiena, e si lasciò baciare con calma, una
calma che dentro di sé non sentiva minimamente ma che era fantastica.
Gli sfiorò timidamente il collo della t-shirt, e la gola.
Andy fece un piccolo verso contro le sue labbra così prese coraggio, gli si
strinse alle spalle passandogli le dita tra i capelli. Aveva un buon odore,
Andy, anche dopo una settimana di tour, e i suoi capelli erano morbidi.
Sussultò vistosamente quando sentì le sue mani sotto la
propria maglia, e Andy si allontanò subito, preoccupato. Porca miseria, chi gli
aveva dato il permesso di essere a più di due centimetri dalla sua bocca?
« Sicuro? »
« Certo » gracchiò.
« Ma hai- »
« Cazzo, hai le mani fredde. Per una volta potresti
smetterla di fare l’isterico? » sbottò, con un’intraprendenza venuta da chissà
dove e che svanì com’era arrivata, perché arossì subito e non potè che
ringraziare Andy quando, scuotendo appena il capo, premette di nuovo le labbra
sulle sue. Ancora. E ancora. E ancora e ancora e ancora.
Rimasero a baciarsi fino a sera. Finché le mani di Andy si
scaldarono a contatto della vita di Joe, le fece scorrere lungo i suoi fianchi
e le lasciò sulla sua schiena, senza muoverle più. Rimasero a baciarsi finchè
Joe non iniziò a sentirsi la colonna vertebrale accartocciata, e allora Andy se
lo tirò di peso a cavalcioni in grembo, sorridendo sul collo di Joe del suo
verso di sorpresa. Rimasero a baciarsi per ore, senza fretta, la pelle che
bruciava sotto le mani e le labbra arrossate e ipersensibili, finchè in certi
momenti non diventava quasi doloroso e Joe pensava vagamente di smetterla, ma
poi Andy faceva qualcosa di nuovo ed entuasiasmante col suo piercing e il
pensiero di fermarsi tornava ad essere semplicemente ridicolo.
Rimasero a baciarsi finchè non li interruppe uno dei
rumori più agghiaccianti che avessero mai sfiorato orecchio umano: la portiera
del van che si apriva.
Per una manciata di secondi non si mosse un granello di
polvere. Andy e Joe avevano solo spalancato gli occhi, ancora attaccati, e si
stavano fissando con orrore crescente; Joe allora si separò con uno schiocco un
po’ umido e imbarazzante e guardò verso la porta. Vide tre identiche facce
sconvolte, e fece giusto in tempo a scorgere la caduta libera in ginocchio di
Jay prima che Pete, quello alla testa del gruppo, richiudesse violentemente la
portiera con un fracasso apocalittico. Poi tre due uno-
« OMMIODDIOH! »
La risata da iena isterica di Jay avrebbe potuto svegliare
i poveracci che stavano cercando di dormire in
Messico.
« OMMIODDIOH! »
« Ce l’ha fatta! »
« Sì! Joe ce l’ha fatta! »
« No! Andy ce
l’ha fatta! Ha smesso di ammazzarsi di seghe mentali e finalmente può farsi
ammazzare di s- »
« ANNNNDY! Congratulazioni! »
Joe era arrossito, poi era sbiancato, e alla fine si era
stabilizzato su un’inquietante sfumatura a chiazze; Andy, che era una persona
integra, aveva optato per un verdolino uniforme. Si guardarono brevemente negli
occhi, poi Joe rotolò goffamente giù dalle gambe dell’altro per sedersi e
aspettare di venire inghiottito dai cuscini del sedile. Sembrava sempre
un’ipotesi allettante, e chissà quante altre cose ci avrebbe trovato per
ammazzare il tempo. Andy si alzò di scatto.
« Non farti venire una crisi » gli disse con voce stridula
Joe, che ne stava avendo una di suo. Non tanto per sé - davvero, ormai neanche
essere costretto a salire nudo sul palco l’avrebbe sorpreso - ma per Andy, che
ci aveva messo settimane solo a decidersi. Se ora che l’avevano colto in
flagrante avessero cominciato a farglielo pesare Andy avrebbe ripreso a
comportarsi come il coglione ambulante che era, e Joe non aveva intenzione di
rinunciare adesso che finalmente ce
l’aveva fatta (ma davvero, eh). Ne aveva abbastanza per una vita, di stress
emotivo.
Ma Andy sorrise. Si chinò, lo baciò di sfuggita e con quel
piccolo sorriso si avviò alla porta, dietro la quale gli schiamazzi non erano
diminuiti di un decibel. Non stava avendo una crisi, anzi… la situazione quasi
lo divertiva. Era arrivato ad un punto in cui niente avrebbe potuto fargli
cambiare idea - aveva fatto la sua scelta, l’aveva fatta convinto al cento per
cento e non una sola volta, nelle ore appena trascorse, si era pentito. Al
contrario, la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta non aveva fatto
altro che crescere. Perciò aprì la porta ed andò a fronteggiare il loro
pubblico con calma zen.
All’aprire della portiera venne accolto da un coro di
“ooooh!”. « ANNNNNDY! » gridarono in coro Pete e Jay, e Dan, con la faccia di
chi sta facendo uno sforzo titanico per restare serio, fece: « Come faremo da oggi
a strappargli le mutande? »
Il sorriso si storse appena in un ghigno. « Le mutande
posso strappargliele solo io, che sia chiaro. »
E mentre Andy usciva dal van accompagnato da uno scroscio
di fischi, Joe pensava che dopotutto non gli sarebbe dispiaciuto un altro
pochino di stress emotivo, a queste condizioni.
Gennaio 2000
« Trohman, Trohman, c’è il batterista dei Racetraitor che
chiede di te! »
Joe alzò lo sguardo dal proprio armadietto, rischiando di
farsi cadere tutti i libri addosso. Il tizio che lo stava chiamando - un
ragazzo del suo corso di matematica, John… James…? - aveva gli occhi sgranati e
saltellava sul posto mentre lo fissava come se avesse davanti la Madonna. « Io…
uh. »
« Trohman, è Hurley!
» Gli agitò le mani davanti al naso. « Dei Racetraitor! Che è davanti al
cancello! »
Joe si sporse oltre la spalla di James o John, sbirciando
oltre le porte a vetri dell’atrio, e piuttosto decisamente era Andy quello che
alcuni fissavano parlottando, con i suoi occhialetti tondi e i capelli più lunghi
e l’aria guardinga. Sentì lo stomaco fargli una capriola.
« Come fai a conoscerlo? » bisbigliò ammirato Joh… James…
oh, vabe’. Gli venne da ridere, pensando a tanto mistero per la persona che
lavava i calzini di Pete Wentz (solo quando iniziavano a camminare da soli,
avrebbe puntualizzato Andy).
« Ho suonato con loro, l’anno scorso. »
Gli occhi del ragazzo divennero due piattini da tè. « Con
i Racetraitor? »
« No » ridacchiò mentre l’altro faceva una smorfia delusa,
e aggiunse subito: « Con gli Arma Angelus. »
Chiuse l’armadietto e si mise lo zaino in spalla prima di
correre via con una risata, lasciando James o John a bocca aperta. Si sentì
gridare dietro “Joe Trohman, noi dobbiamo parlare più spesso!” e quasi avrebbe
sorriso, se non fosse stato troppo preso dal correre-facendo-finta-di-camminare
verso il cancello.
Andy si illuminò quando lo vide arrivare. « Hey. »
« Hey » disse col fiatone, sorridendo come un matto. Un
paio di ragazze li superarono, bisbigliando con gli occhi puntati su Andy. «
Che ci fai qui? »
Andy si mise le mani in tasca. « Ma niente, passavo di qua
per parlare con Dan… » e Joe ci avrebbe pure creduto se non avesse saputo che
Dan abitava dall’altro lato della città.
« Pensavo potesse servirti un passaggio. »
Veramente casa mia non è di strada per casa tua. Veramente
c’è l’autobus che ci mette dieci minuti. Veramente non vorrei far preoccupare
mia madre tornando con qualche ora di ritardo. « Grazie » esclamò, con il
battito del cuore che impennava allegramente.
Andy sorrise e si incamminarono insieme verso il
parcheggio, ricevendo qua e là qualche occhiata sorpresa. Non era cosa da tutti
i giorni vedere il batterista di una delle band più famose della zona
passeggiare tranquillo per quella parte di città, soprattutto con quel
ragazzino con tanti ricci. Facevano ancora fatica a credergli quando raccontava
di essere stato in tour con Pete Wentz.
Quando svoltarono l’angolo Andy gli infilò discretamente
una mano nella tasca dei jeans, e Joe arrossì facendo un piccolo sorriso. Non
poteva ancora credere di stare davvero con Andrew Hurley.
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Questa storia è stata un dannato parto, perciò grazie a tutte le sante donne che per tutto il tempo
mi hanno tenuto la manina e sopportato e dato retta e non cacciato a pedate
quando le tormentavo, e grazie a quella santissima donna di Chrystal che mi ha
dato una mano con il canon (e mi passava foto degli early days, che non è che
proprio aiutassero la mia
concentrazione, ma whatever). Grazie anche a chi legge perché LA GRAFORREA È
UNA MALATTIA /O\, e io ce l’ho, scusate.
E grazie a So’, che se si è letta tutto è un amore <3
sapere che sei disposta a sopportarmi quando scrivo così tanto sui Fallo Fuori
mi rende immensamente felice. Ti voglio bene, sistah, anche se non apprezzi le
meraviglie del bandom <3
Will