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Autore: Hesper    05/03/2015    0 recensioni
Non era umana. Aveva l'aspetto di una ragazza, ma l'anima era corrotta e marcia come quella di un dannato. Stava attraversando il periodo della giovinezza, ma era bianca come un cadavere. Viveva, quindi doveva vedere la Luce del Sole, ma appariva solo quando la Notte la accoglieva sotto il suo freddo manto.
Lei non era altro che la serva, la figlia preferita della sua Madre, della Matrona dai mille occhi lucenti.
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mammon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Notte. Il nome della fredda matrona dal manto stellato con cui cela nell’oscurità i suoi figli, i suoi demoni,  aiutandoli a raggiungere i loro obiettivi.
Sì: demoni. Creature vili, subdole, ingannatrici, che la Luce del Sole ha rifiutato. Che i Figli del Giorno hanno rifiutato.
 
Lei era una di loro, un essere nato sotto l’iride cerea della Notte.
Adorava stare sotto il manto di lei. Così protettivo, così perfetto per nascondersi, così freddo
E i sentimenti erano ricambiati. Era la figlia prediletta della Matrona, lei.
Quella, amorevole com’era nei suoi confronti, l’aveva sempre sostenuta, aiutata nelle sue imprese, sorvegliandola compiaciuta con i mille occhi lucenti, e premiandola con un manto che tanto rispecchiava il suo.
E non c’è bisogno di dire che la creatura non si faceva perdere l’occasione di ricevere una mano dalla Mamma.
Nemmeno in quel momento.
 
Il Silenzio, un altro dei Figli della Notte, fu prontamente scacciato via. Una voce, delle grida soffocate echeggiarono in quello che era ormai un campo di battaglia.
Una battaglia impari, però.
Dei vincoli lunghi e viscosi, infatti, si affrettavano ad avvilupparsi nel corpo dell’avversario – no, vittima -, stritolandolo sempre più forte. E la situazione peggiorò quando quelle cose si arrampicarono sempre più in alto, arrivando ad abbracciare il collo del povero sventurato.
Quei tentacoli, quei rami di edera parassita, però, avevano un proprietario.
Uscivano dal freddo e nero mantello della Figlia Prediletta della Notte.
Una figura impassibile, imperturbabile ma elegante, la sua. Di perfetto esempio per i fratelli.
Una persona normale sarebbe rimasta scioccata, o si sarebbe sentita in colpa nel fare e vedere uno spettacolo così macabro.
Ma una creatura come lei non aveva spazio per emozioni.
Il suo volto candido come la luna emanava la stessa aura della sua postura. Un’aura fredda, congelante, che avrebbe fatto morire di ipotermia chiunque vi si fosse avvicinato.
 
Tutt’altro si poteva dire del vinto.
Più cercava di svincolarsi dalla trappola che soffocava sempre più le sue membra, più i muscoli del suo volto, un tempo rilassati, si contraevano in una smorfia di dolore.
Ma ciò che colpiva di più erano i suoi occhi. La disperazione e la rassegnazione li avevano tramutati in due strali infuocati, che, pian piano, tentavano invano di conficcarsi nel cuore di ghiaccio della giovane. E le mandavano un messaggio, questi occhi. Dicevano: “Non è umana, questa creatura”.
E come se non bastasse, l’uomo emise anche con la voce quella stessa frase. In fondo, non aveva più nulla da perdere: era questione di secondi affinché i suoi occhi non potessero più accogliere luce.
Il suo ultimo sforzo non fu poi così inutile, dopotutto. Nonostante i suoni rochi con cui accompagnò la frase, e nonostante l’accaduto, le sue parole aleggiavano pesanti nell’aria.
 
“Non è umana”…
E come poteva esserlo una come lei?
Bastava guardare il corpo e il portamento. Un essere così freddo, così pallido, non poteva appartenere a quel mondo. Poteva essere un fantasma forse, o anche la Morte stessa, essendo così magra, esile, e coperta da quel lungo mantello.
Bastava vedere di cosa era capace. La Mamma le aveva conferito il dono di penetrare nelle menti altrui, sconvolgendone le percezioni e cancellando da esse ogni traccia di salute e razionalità. Tutto ciò che desiderava diventava reale: era sufficiente immaginarlo. Anche volare era possibile, per lei.
Giusto un demone poteva avere questo potere.
E poi, bastava sapere quali erano i suoi scopi. La sua coscienza, nonostante la giovane età, era più sporca di quella di un dannato. E ciò che l’aveva lordata era un peccato. Un grave peccato che la guidava, la dominava, portandola a compiere azioni nefande.
L’avidità. La fame della lupa che, dopo un ricco banchetto, non si sente sazia. Il desiderio sfrenato di voler sempre di più di ciò che già si ha, e per cui si compiono anche atti che non ammettono perdono.
Ma la sua brama non era per il prestigio, la fama, il successo. Era per ciò con cui si ottiene qualsiasi cosa: i soldi. Quei pezzi di carta che ti consentono di guadagnarti da vivere.
E il problema era che lei non li voleva solo per quel motivo. Lei li collezionava e basta, e, a momenti, si dimenticava persino la causa del suo comportamento, tanto era abituata ad adottarlo.
L’unica cosa a cui teneva erano loro. Nessun amore, nessun affetto… Solo soldi, soldi e ancora soldi.
Non poteva essere umana una creatura così. Poteva giusto essere uno spirito maligno, ma nulla di più.
 
Appena ebbe verificato che sia il respiro sia il cuore della sua vittima si fossero spenti, la Figlia Prediletta della Notte ritirò i suoi tentacoli, che si nascosero di fretta sotto il lungo mantello.
Non provava felicità, né tristezza nel vedere ciò che si presentava davanti agli occhi. Non sentiva assolutamente niente. Solo la soddisfazione lasciò tracce sul suo volto, ma solo quando il pensiero che il suo conto bancario avrebbe avuto qualche cifra in più attraversò la sua mente.
E senza esitare si dissolse nel nulla, pronta ad accogliere un nuovo incarico dai suoi due signori: la Notte e Pluto.

 

 
 
Note: La lupa come allegoria dell’avidità è un riferimento alla Commedia di Dante Alighieri (Inferno, Canto I, versi 49-54). Queste geniali trovate appartengono a lui e non ad Hesper, ergo i credits, almeno per quanto riguarda queste due cosucce, vanno a questo grande letterato che io adoro. E poi, non so se si nota che un po’ di influenza l’Inferno ce l’ha avuta *guarda l’uso delle parole “demone”, “dannato”, “peccato” e “avidità” che le ricordano vagamente la lezione di letteratura italiana dell’anno scorso*…
 
Oh, e la serie appartiene ad Amano Akira, ovviamente.
 
 
Uhm… Salve!
Il vento dell’ispirazione è venuto a casa mia, perciò ho deciso di scrivere (sempre di getto) questa One Shot. Spero vi sia piaciuta (più che altro devo sperare che ci sia davvero gente che ama questo genere di storie, ma dettagli. Per la serie: ecco che ci ritenta)!
Ah, e lo so: sembra quasi un AU... Ma vi assicuro che non lo è: è solo ambientata prima che Mammon/Viper diventasse un'Arcobaleno. Nulla di strano.
Non ho molto da dire, quindi terminerò così: se volete condividere le vostre impressioni con l’autrice stessa, siano esse positive o negative, siete liberi di farlo recensendo. Ve ne sarei grata, molto grata.
Alla prossima (spero)!
-Hesper
  
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