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Autore: KiarettaScrittrice92    06/03/2015    8 recensioni
- Buona notte fanciulla...
- Buona notte mio Angelo...
- Ladri per sempre...
- ...bianchi e liberi!
- We can...
- ...do magic!
Questa storia è molto importante per me, ci ho messo tutta me stessa a scriverla parecchio tempo fa ed ho deciso solo ora di pubblicarla qui, per questo motivo sarà strutturata in modo diverso dalle mie altre fanfiction.
Innanzi tutto sarà divisa in tre parti (ossia tre grandi storie) che ovviamente avranno un filo conduttore che le unisce come se fossero una il sequel dell'altra.
Poi per ogni capitolo metterò l'angolo dell'autore (di solito non lo faccio con le long, ma con questa ci tengo a farlo) e lo metterò ad inizio capitolo non alla fine, pregherei tutti di leggerlo (ma se non volete pazienza).
P.S. Tutto quello che leggerete qui è strettamente collegato alle trame di Gosho, ma non sempre le seguirà alla lettera. Quindi se vedete delle incongruenze sono volute apposta (soprattutto nella storia del passato di Kaito), inoltre tutti gli spoiler della saga di Bourbon non esistono.
Per concludere il raiting giallo è messo solo per un singolo capitolo, quasi alla fine della storia, ma è tranquillamente raiting verde.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaito Kuroba/Kaito Kid, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Kaito & Kiaretta'
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Angolo dell'autrice:
Uno dei miei lettori mi ha fatto notare che Shinichi nello scorso capitolo sembra OOC, perché si comporta in modo quasi meschino nei confronti del mio personaggio, volevo rassicurare tutti dicendo che non è così, ma il fatto è che essendo guardata tutta dal punto di vista del mio personaggio è normale che certe cose appaiano nel modo sbagliato, perché è il personaggio che le vede nel modo sbagliato.
Palrando invece del capitolo di oggi, qui capirete cosa intendevo quando all'inizio dissi che la trama di Gosho non è seguita alla lettera. Infatti qui scoprirete che Kaito non ruba per cercare Pandora, anzi l'organizzazione che cerca Pandora non esiste affatto, ma ovviamente non ruba neanche per suo interesse personale, o almeno non tutto.
Ringrazio di nuovo i miei fedeli lettori che continuano a seguirmi sempre.
Buona lettura ^-^

Due imprendibili amici



Paura nella notte
 

Erano passati tre giorni da quando Shinichi Kudo mi aveva fatto quell’orribile proposta. A scuola Kaito non mi rivolgeva la parola e io non avevo intenzione di farlo. Non ero arrabbiata con lui e, a dirla tutta, il non rivolgergli neanche uno sguardo mi pesava parecchio, ma sapevo che facendo la vittima non avrei ottenuto nulla, perciò decisi che era meglio soffrire in silenzio e fare finta che non l’avessi mai conosciuto. 
Quel giorno stavo tornando a casa, o meglio, verso l’appartamentino che mi ero affittata per quell’anno scolastico. Nell’attraversare la solita stradina stretta che solitamente era sempre vuota, qualcuno mi prese alle spalle. Era un uomo. Mise una mano attorno alla mia vita mentre l’altra teneva un coltello, che mi premette sulla gola.
In un attimo il panico assalì il mio corpo e poi sentii la voce dell’uomo.
«Sappiamo che stai assieme a quel ladro da strapazzo di Kid – disse con una voce che faceva gelare il sangue nelle vene – Abbiamo un conticino in sospeso con il tuo amico, perciò vieni con noi.»
Mi bendarono e mi caricarono su un camion, almeno credo fosse un camion.  Viaggiammo per ore e quando, finalmente, mi fecero scendere, camminammo ancora per qualche metro. Poi sentii una porta scorrevole che si apriva, il campanello di un ascensore e una porta che cigolava.
Quando mi levarono la benda ero in una stanza piccola e buia. L’aria era irrespirabile e c’era un acre odore di muffa, le tavole di legno, di cui era fatto il pavimento, cigolavano sotto i piedi e l’unica parte illuminata era l’angolino sotto la finestra, dove la fievole luce della luna entrava. 
L’uomo che mi aveva trascinata fino a lì mi gettò a terra. Era robusto e portava un paio di pantaloni rossi e una camicia bianca. Il suo compare era più mingherlino, ma sembrava comunque forte. Anche lui indossava una camicia, ma i suoi pantaloni erano lilla. 
Dopo avermi lasciato l’uomo robusto prese il cellulare e digitò un numero.
«Ora chiamiamo il tuo amichetto… – disse ridacchiando, poi probabilmente Kaito rispose al telefono – Ascoltami bene piccolo demonio, ce ne hai combinata una in più del dovuto, ne abbiamo le scatole piene dei tuoi scherzi, vieni qui entro domani mattina o la tua amica ne pagherà le conseguenze.» poi riattaccò.
«Bene, ora conviene che ti prepari, il tuo amico è troppo vigliacco per venire.»
«Ti sbagli, lui verrà, perché…» mi bloccai.
Ma che stavo dicendo? Kaito mi odiava, l’avevo fatto soffrire. Non sarebbe mai venuto a salvarmi. O forse sì, forse aveva solo bisogno di pensare, forse quella era l’occasione buona per fare pace. Ebbi fiducia in lui, nel mio Angelo, fino alla fine.

 

Mancavano ormai pochi minuti all’alba. Pensavo rassegnata che ormai era inutile illudermi, che non sarebbe venuto, magari aveva pensato che fosse Aoko quella in pericolo e, non appena aveva scoperto che era al sicuro, aveva creduto in uno scherzo. 
Passai quei minuti in preda al panico, mi avevano legata con le mani dietro la schiena, perciò neanche i trucchi di magia mi avrebbero aiutato a fuggire da quella situazione. 
Quando la luce del sole entrò nella stanza dalla finestra, l’uomo robusto fece un ghigno.
«Mi dispiace per te... Ma il tuo amico ha avuto troppa paura di venire…» così dicendo puntò la pistola dritta al mio petto. 
Chiusi gli occhi per il terrore. Sentì lo sparo, il proiettile sfrecciare, ma il dolore non arrivò.
Aprii gli occhi e davanti a me vidi Kaito che mi dava le spalle, la sua giacca bianca aveva una macchia rossa sul fianco.
«Kaito…» sussurrai stupita.
«Kiaretta… perdonami, ero arrabbiato e… avevo paura di perderla…  – disse lui ansimando per la ferita – …ora però rischiavo di perdere te… Sono in un bivio e non so più cosa fare…» disse con aria pentita.
«Per prima cosa ce ne andiamo via da qui…» dissi io, sorridendo per rassicurarlo.
Lui aveva già atterrato l’uomo, prima ancora che mi rivolgesse la parola, con una delle sue carte. 
A quella mia proposta, annuì e con un po’ di fatica si alzò. Mi prese la mano e mi trascinò verso l’apertura che aveva creato sotto la finestra per entrare.

  
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