As Love commands
Dicite eis quos
amabam
Me numquam obliturum
[A
te.]
1. Lyanna
Valyria è un
grande impero – ma è un
grande impero cupo, come i teschi di drago neri e lisci che riempiono
la sala
del trono, i resti spaventosi della città, a loro volta
scuri e fiammanti e
terribili. La famiglia Targaryen ha attraversato il mare per sfuggire
al
Disastro, e pare che ogni membro ne porti una traccia negli occhi.
Dicono
che la salute della principessa
Elia di Dorne, moglie del principe Targaryen, sia così
fragile che la sua
seconda gravidanza potrebbe ucciderla, e che sia pressoché
impossibile vedere
la nascita di un altro bambino Targaryen. La
terza testa del drago pensa Lyanna. Dicono che il principe
abbia emesso il
suo primo vagito mentre il fuoco dilaniava Summerhall e uccideva il Re
e che,
per questo, la sua malinconia sia ancora più profonda.
Dicono – anzi, lo dice Brandon – che il
signore di Casterly Rock avrebbe voluto vedere la figlia, e non la
principessa
Martell, al fianco del principe. Cersei
Lannister. Lyanna l’ha vista un paio di volte e ne
è rimasta incantata:
capelli biondi, occhi verdi, corpo armonioso. Se
il principe Targaryen avesse potuto scegliere, di sicuro avrebbe
scelto lei.
Lei
si siede tra i fratelli, sbirciando
le donne che prendono posto sulle tribune. Senza difficoltà
riconosce Elia
Martell, alta e sottile e scura, vestita di arancione e giallo. Trema,
si
stringe nella cappa – nonostante i colori accesi dei suoi
abiti, la principessa
quasi scompare accanto alla sua dama, Ashara Dayne.
Mentre si sistema, Lyanna nota lo sguardo
attento di suo fratello Eddard. – Ned – gli
sussurra con dolcezza – continua a
fissare lady Dayne con tanta intensità e ser Barristan ti
caverà gli
occhi.
Suo fratello si volta a guardarla,
sorpreso. – Non so di cosa parli – borbotta. Lei fa
un sorriso pigro e si piega
dall’altra parte, accosta le labbra all’orecchio di
Brandon e gli suggerisce di
convincere lady Dayne a ballare con suo fratello, dopo il torneo.
Il
sorriso di Brandon è affilato. –
Senza alcun dubbio, mio fratello ha buon gusto.
2. Rhaegar
Lo scudiero gli ronza
attorno, veloce ed
efficiente come un’ape, e gli assicura l’armatura
al corpo, quando nella tenda
entrano due donne. La prima è lady Dayne, che scuote la
testa e lo guarda
dritto negli occhi – occhi violetti, simili ai suoi.
L’altra è sua moglie.
Non è pallida, ma l’apprensione che le
vela gli occhi e la spinge a toccarsi spesso la pancia la fa sembrare
più
vecchia. E più malata. – Mia signora –
dice Rhaegar – dolce moglie.
Elia tira fuori dalla manica un
fazzoletto rosso. – Portatelo come pegno, mio signore
– sussurra, chinando il
capo. Il principe lo afferra con due dita e lo chiude nel pugno, quasi
a
nasconderlo. Attende.
– Grazie, mia signora – dice infine, con
voce rigida. Riapre la mano e la avvicina alle labbra per deporre un
bacio
cieco nella seta. Lady Dayne stringe le labbra. Disapprova
il mio comportamento. Sua moglie, invece, rivolge un
sorriso minuscolo a quel nido di stoffa ed esce dalla tenda.
Rhaegar
fa legare il fazzoletto di seta
sopra il gomito destro. La sua armatura è acciaio dipinto di
nero, con
decorazioni sottili di rosso sui bordi delle placche, simili a
cicatrici, o a
tagli puliti, causati dalla più affilata delle spade. Elia
non è stupida. La
seta ha lo stesso identico colore dello stemma che campeggia sul suo
petto: il
drago a tre teste, simbolo della Casa.
Per un attimo, mentre lotta con le
redini, si sente colpevole. Sua moglie gli ha donato un pegno
d’amore, ma ha
fatto in modo che pochi o nessuno, tra gli spettatori, lo riconoscano
come
tale.
Spinge
i talloni nei fianchi del
cavallo, e scende in pista.
Mentre
si rigira l’elmo tra le mani,
sente uno sciame di risatine e sospiri tra il pubblico.
Non ha bisogno di alzare lo sguardo per
sapere che quelle risate e quei sospiri appartengono alle servette e
alle
ladies più giovani. I capelli bianchi sono già
raccolti in una lunga coda che
gli batte ritmicamente sulla schiena mentre fa avanzare il cavallo.
Alza
lo sguardo, sangue del Drago.
Tra
gli spettatori, vestiti di grigio e
azzurro e bianco come gazze o ghiandaie, ci sono gli Stark –
riconosce il
maggiore, e il metalupo ricamato sulla sua cappa, mentre parla ai
fratelli.
Sente, ed è quasi doloroso, il membro gonfiarsi
nell’armatura. Consapevole che,
sebbene sia impossibile che questo si noti, altrettanto non si
può dire del
calore che gli sale al volto e del respiro che gli si mozza in gola.
In fretta, Rhaegar indossa l’elmo.
–
Sono gli Stark, quelli? – domanda
indifferente, tendendo la mano per avere la lancia. Lo scudiero si
guarda
intorno e annuisce. – Lord Brandon, lord Eddard, lord Benjen
e loro sorella,
lady Lyanna.
Lyanna.
La fanciulla ha la pelle molto chiara, le clavicole levigate e
sporgenti. I
capelli sono scuri, gonfi, acconciati con negligenza.
Dal fondo della lizza, Rhaegar la vede
voltarsi a destra e a sinistra, eccitata.
– Fa’ preparare una corona di rose blu.
– Quelle di Winterfell? – lo scudiero è
sorpreso.
Lui stringe gli occhi, impaziente, ma il
ragazzo non può notarlo, attraverso la celata
dell’elmo.
– Sì, quelle! – sbotta e quello lascia
andare le redini, colpito e confuso. Per un attimo, sembra sapere e
temere
quello lui ha intenzione di fare, ma non osa contraddire il suo ordine.
–
Vincerà il torneo, dunque? – domanda solo.
–Sì.
3. Elia
La donna di Dorne non teme
per la vita
del suo sposo, neppure per un istante. Spesso la mano le scivola sul
ventre
rotondo. Il mantello la copre, ma continua a temere di prendere
più freddo di
quanto debba, e solo gli sette dei sanno se non dovrà fare
una fatica mostruosa
a partorire il suo secondogenito – sente che è un
maschio, un principe.
Uno scontro dopo l’altro, lei parla con
Ashara e, ridendo, stilano pregi e difetti di ogni cavaliere.
Alla
fine della giornata, è suo marito a
trionfare.
Gli araldi lo gridano e lui si toglie
l’elmo, con un sorriso orgoglioso.
– Miei signori! Miei signore! – grida,
andando avanti e indietro sulla lizza. I suoi occhi sono di un viola
cupo, ma
brillano come i granati che ornano la sua armatura. Di contro, i
capelli sono
la più pura cascata d’argento che abbia mai visto.
– La corona! – trilla una dama, puntando
l’indice verso lo scudiero di Rhaegar, che si avvicina, rosso
in volto, con una
splendida ghirlanda di rose blu. Anche a una certa distanza, e nella
luce
incerta del crepuscolo, i boccioli sono opulenti e freschi.
Elia appunta le immagini che le si
susseguono in mente: zaffiri, uova di pettirosso, spicchi di cielo.
Ma quando suo marito ordina al cavallo
di muoversi, sente un brivido lungo e gelido scenderle lungo le
braccia, e
nella sua testa appare un mezzo volto bianco-grigio, con un occhio
azzurro e
scintillante. Un Estraneo. Anche a
Dorne si spaventano i bambini con le storie sugli Estranei –
creature sparite
da secoli, eppure Elia è certa che fossero proprio
così.
Afferra il polso di Ashara, che si volta
a guardarla perplessa. – Mia signora?
– Non è giusto – soffia lei.
Rhaegar
prende la corona – e con che
delicatezza le dita lunghe sfiorano quei petali rigogliosi! Sembra che
stia
suonando la sua arpa. Elia si chiede se non debba aspettarsi che le
rose si
mettano a cantare con voce acuta.
Rhaegar le passa davanti senza degnarla
di uno sguardo, la mascella tesa. Con la coda dell’occhio,
Elia Martell vede i
sorrisi svanire da ogni volto, come se passando oltre suo marito avesse
rubato
la felicità del pubblico.
Alla
fine, il principe Targaryen posa la
corona in grembo a Lyanna Stark. I due si guardano, due sguardi limpidi
e
freddi; lei ha gli zigomi arrossati, lui tiene le labbra serrate, ma
non ci
sono altri segni di turbamento.
Passano
pochi secondi e già qualcuno
sussurra, un cavaliere vestito di nero e oro getta via con rabbia la
spada.
Diverse teste cominciano a voltarsi verso di lei, per studiare la sua
reazione.
Elia batte le palpebre. Io sono limpida
come acqua di sorgente. Guarda fisso davanti a sé,
le labbra morbide, collo
e spalle dritti.
Nessuno
dirà che sono ferita, spezzata... Ashara ha gli
occhi pieni di fuoco viola, quando la guarda. – Mia signora
– dice con voce
bassa e rabbiosa – andiamo via! Non devi stare qui a subire
questa vergogna,
questa ingiustizia!
Elia la guarda calma, ma risponde piano
perché prevede che la voce le tremerà.
– No. Aspettiamo che anche gli altri se
ne vadano.
Torna a vagare con lo sguardo tra gli
stendardi che garriscono al vento.
Il
dolore, se c’è, è solo un puntolino
ardente al centro del suo petto.
4. Ser
Barristan
Quello con Rhaegar
è stato l’ultimo
scontro della giornata – entrambi, ora lo comprende appieno,
mossi dalla
volontà di onorare una donna, più che il proprio
valore – e lui era convinto di
poter vincere.
Il principe non è stato crudele, né
violento, ma quando si ritrova seduto a terra, il suo orgoglio ne
soffre. Volta
la testa, sotto la celata, per guardare la principessa Elia e la sua
dama, lady
Ashara.
Soffoca il risentimento perché non c’è
altro da fare, si congeda con cortesia e rientra nella sua tenda. La
corona era
pronta. La prende in mano, con l’armatura inzaccherata ancora
addosso, e la
disfa: fiori bianchi, screziati di viola, cadono a terra.
Il
bianco che indossa non gli è mai
sembrato tanto pesante quanto in questo momento. Alla luce dei bracieri
e delle
candele, la fanciulla è bella ed evanescente come un sogno.
Le mani di Eddard
Stark sembrano troppo grosse, troppo rozze per cingerle la vita.
Ciò nonostante, lui può
ballare.
Ser Arthur gli sorride. – So che mia
sorella è brillante – afferma, una mano che sale a
toccare il pomello di Alba,
come per un rito scaramantico. Ser Barristan si schiarisce la voce.
– Suppongo
di sì – replica con voce asciutta.
Il re è tutto preso a tormentarsi le
dita, a fissare le fiamme e a mormorare “bellissimo,
bellissimo... come brucia,
come brucia...”. Non ci sono pericoli in agguato.
Ashara Dayne si inchina allo Stark di
mezzo e gli volta le spalle per tornare dalla principessa. Per un breve
attimo,
il suo sguardo viola sorvola le teste dei commensali – forse
attirato dalle loro
armature bianche. Sorride al fratello, poi lo guarda. Se
solo avessi vinto contro Rhaegar pensa lui.
5. Lyanna
Porta la corona di rose sul
capo. I suoi
fratelli hanno volti duri e bianchi come ghiaccio.
– Cosa dirà Robert? – le sussurra Ned,
stringendole un braccio, fuori dalla sala del banchetto.
– È un dono del principe Targaryen. Un
dono del figlio del re –
calca
sull’ultima parola.
Suo fratello non può ribattere: re Aerys
è sempre più sospettoso, permaloso, basta una
minuzia a farlo infuriare. Tutti –
anche i suoi collaboratori più fidati, i suoi amici
più stretti – si muovono
attorno a lui in punta di piedi.
Per
buona parte della serata, Lyanna
danza e chiacchiera e si intrattiene brevemente con Robert Baratheon.
La promessa
che lega le loro famiglie è nota a tutti. La
promessa che lega me a lui. Si sforza di sorridere, anche se
ha visto il
suo promesso sposo lanciare occhiate lunghe e significative alle dame
più belle.
Oh, Ned.
E, nel frattempo, sente gli occhi del
principe Targaryen incollati alla pelle, come se il crepuscolo
protendesse le
dita violacee attraverso le finestre. A un certo punto, con un calice
di vino
speziato tra le mani, riesce a vederlo – e non la sorprende
scoprire che la sta
fissando. Lyanna beve ed è dolce, ma una traccia zuccherina
le rimane sul
labbro superiore. Lo lecca, innocente, distratta. Gli occhi di Rhaegar
si fanno
del colore cupo del vino.
Molte
ore dopo, quando entrambi hanno i
muscoli affaticati e i nervi scossi di chi ha condotto una lunga
caccia, il
principe le capita davanti. – Mia signora – dice
dopo il baciamano – voi siete
lady Lyanna Stark, o sbaglio?
– Non sbagliate... mio signore – si
ricorda le buone maniere. Per fortuna.
Rhaegar sorride. – Dicono che il
paesaggio del Nord sia... come dire... selvaggio.
– Oh, così potrebbero pensare le genti
del Sud. Io sono una Stark; conosco la bellezza del Nord.
– L’Occhio degli Dei? L’avete visitato?
Lyanna è cauta. – Non bene quanto avrei
desiderato, forse.
– Sembra che nelle prime ore del mattino
la sua atmosfera sia seducente.
E se ne va, con un sorriso benevolente,
quasi stesse benedicendo la folla di Approdo del Re.
6. Rhaegar
– Sembra che stia
tornando la primavera
– dice e sorprende Lyanna Stark alle spalle.
Lei sussulta visibilmente. – Così
parrebbe, mio signore – replica. Rhaegar indugia, ascoltando
il suono delle
gocce che piovono dagli alberi. La giovane sembra una statua dipinta.
– Mi sono sempre chiesto – annulla la
distanza tra loro e fa scivolare la mano sulla guancia di lei. Il suo
sguardo è
macchiato da una punta di incertezza, ma per il resto è
duro, splendente – se non
sarebbe più opportuno scegliere un motto diverso da
“L’inverno sta arrivando”. Cosa
succede, ragazza-lupo, quando arriva l’estate?
– Mio signore... – la sua voce si spegne.
Relegarla nell’ombra è un sacrilegio
agli occhi degli dei, così indietreggia, lasciando che la
luce del sole torni a
spandersi – liquida – sul suo viso. Lyanna alza la
mano e gliela posa tra i
capelli; un attimo dopo, preme la bocca contro la sua.
Rhaegar sospira, le palpebre frementi. È
incatenato ai suoi occhi chiari: diversamente da ogni altra donna, non
chiude
gli occhi, non si perde in un proprio sogno. Non si abbandona, eppure
il suo
abbandono è più vasto di ogni altro.
7.
Rhaegar.
Lyanna
Per diversi istanti, quello
che ha di
fronte non è altro che un giovane uomo. È sul
punto di sguainare la spada – ma
non sa se sia per trafiggere lui, se stesso, ogni prova del tradimento
di
Lyanna – quando la riconosce: è vestita da uomo,
il viso sporco, i capelli
tagliati rozzamente.
– Andiamo – dice lei, guardandosi alle
spalle. Anche il suo cavallo è nervoso.
Lui annuisce. – Andiamo – ripete.
I
cavalli volano sulla Strada del Re. Rhaegar
ascolta il suono degli zoccoli che battono sul terreno sassoso. Ogni
tanto, si
volta a guardare Lyanna. Lei è china sul collo
dell’animale, il vento notturno
le ha spinto indietro il cappuccio – e
c’è eccitazione sul suo volto, nella linea
nuda e tesa del suo collo.
La loro meta ultima non è Approdo del
Re, non è Dorne, non è nessun luogo –
è la strada che si dipana davanti a loro,
è l’indolenzimento delle braccia che frustano le
redini. Per la prima volta, da
quando ha intrapreso quel folle piano, Rhaegar sente il cuore pieno di
amore e
libertà.
Il
principe Targaryen la bacia molte
volte, a lungo, prima di appoggiare la fronte alla sua e sussurrare:
–
Perdonami.
Robert e Ned muovono verso Sud, verso
Approdo del Re – verso Dorne. Pensano che Rhaegar
l’abbia rapita, e in nome di
questo intendono destituire anche il re folle. Lei non ha inviato
corvi. Non c’era
nulla che potesse spiegare – non dopo che suo padre e suo
fratello sono morti
nel modo più turpe, non mentre il cuore di Ned sanguina.
La ferita che gli infliggerebbe,
ammettendo di aver voltato le spalle alla famiglia, sarebbe troppo
profonda,
troppo dolorosa.
– Non c’è nulla per cui io debba
perdonarti.
Rhaegar geme, posa la testa sul suo seno.
Solo con lei, e di rado, si scopre così tanto. È
il sangue del Drago, ma è
anche carne viva, e la carne viva può sanguinare,
può rompersi, può morire. – Non
andare – mormora – resta con me. Fuggiamo.
Attraversiamo il mare, seguiamo tua
madre. Rhaegar...
Lui scosta la sua veste da camera con il
naso, comincia a baciarle i seni.
I
loro corpi aderiscono. Lyanna vuole
imparare la forma, la consistenza, il tepore... tutto quello che
appartiene a
Rhaegar mentre sta dentro di lei, immobile, quasi attendesse di essere
assorbito
nella sua carne. Lei gli accarezza i capelli con una mano –
con l’altra,
percorre la sua schiena muscolosa.
8. Elia
La Montagna che cavalca
sbriciola la
porta, entra e attende. Elia
Martell
stringe il piccolo Aegon. Avrei preferito
morire di parto, piuttosto che vivere questo momento.
– Ebbene? – dice,
sdegnosa.
Gregor Clegane fa un sorriso orribile. –
Ebbene... – indica il letto. Amory Lorch lo raggiunge a
grandi passi, vi infila
sotto la mano e tira fuori la bambina.
Elia sente il sangue fuggirle dal viso.
– No! – si alza, allunga la mano, ma
l’uomo se la scrolla di dosso. – È solo
una bambina!
Rhaenys grida, con il viso rosso e
lucido di lacrime, mentre il cavaliere sguaina la spada.
La Montagna strappa Aegon dalle braccia
della donna, gli stringe la testa con una sola, gigantesca mano, e lo
sbatte
contro il muro. Elia si lascia scivolare in ginocchio, si strappa i
capelli. Piange
in silenzio, gli occhi infossati fissi sulla orribile macchia rosa,
rossa e
grigiastra dipinta sul muro.
– I miei bambini... non li amavi... non
li amavi? – balbetta, mentre Gregor Clegane le torce i
capelli in una mano e le
strappa i vestiti di dosso.
Non
amavi i tuoi figli, Rhaegar?
9. Lyanna
Non conosce questa
malattia. La febbre
che l’avvolge è untuosa, infida, come se fosse
immersa in acqua stagnante. Da
sola non può combattere le malattie del Sud. Le donne sono
fuggite dalla Tower
of Joy, sono rimasti solo i tre cavalieri – ma sono
giù, davanti alla porta.
Ser Arthur Dayne ha guardato con terribile tristezza il suo corpo
devastato, ma
le sue mani sono gentili solo quando brandisce Alba.
– Mi spiace. Per gli dei, mi dispiace,
lady Lyanna! – ha detto, prendendole la mano. Lei ha sorriso:
il metallo era un
freddo balsamo sulla sua pelle.
Si
sveglia udendo una voce. Nelle
tenebre del sogno, ha sperato fosse Rhaegar, e ora il cuore le fa male,
mentre
tende le orecchie. Altre parole. È Ned. Ned.
Ned, non Rhaegar. Capisce che da qualche parte, forse ai
piedi della torre
stessa, Rhaegar è caduto.
Ora ricorda. Ha sognato acque scure e
turbinose, sulle quali si è affacciata – e ha
visto il suo amato, sotto le onde.
La sua pelle era già sottile e grigia come carta. I suoi
occhi erano chiusi.
Lyanna si è alzata, e ha capito che era un fiume di sangue.
–
Ned! – grida – Neeeed!
Le lacrime sembrano evaporare sulle sue
guance. Piange, e il respiro si fa difficoltoso, come se respirasse
acqua. Afferra
la corona di rose azzurre – sempre quella, quasi secca
– e la fa a pezzi. Non le
importa né del sangue che le ruscella tra le dita,
né dei petali che le piovono
addosso, né tanto meno delle forze che se ne vanno, come
acqua che filtra nella
terra.
Se Ned vuole vederla – vederla viva
– dovrà affrettarsi.
Lei non ha intenzione di facilitargli il
compito: hanno ucciso Rhaegar. Come ha potuto non capire? Come ha
potuto lasciare
che le portassero via l’uomo che ama? Lascia cadere quel che
resta della corona
sul proprio grembo, e si preme le mani sugli occhi.
Il sangue si mescola alle lacrime,
mentre lei chiama con rabbia il proprio fratello.
10. Ser
Barristan
Sulle rive della Forca
Rossa pregava di
vivere – ora non più. Se potesse obbligare il
proprio corpo a non guarire, lo
farebbe. Si lascerebbe
mangiare vivo dalla cancrena. Le notizie che giungono al suo capezzale
non sono
confortanti – sono orribili. Elia Martell e i suoi due figli
morti e portati al
nuovo Re come bestie qualunque, la giovane sorella di Ned Stark morta
di
malattia tra le braccia del fratello. Anche il Re folle è
morto, tradito da una
cappa bianca. Morto Rhaegar, sotto il martello di Robert Baratheon.
Morti i
suoi compagni, fedeli fino all’ultimo respiro, ai piedi della
Tower of Joy.
Ser Barristan Selmy pensa che si
troverebbe a suo agio tra i morti, piuttosto che tra coloro che sono
rimasti.
Morta
anche Rhaella Targaryen, nel dare
alla luce una bimba.
L’ultima
notizia gliela porta Eddard
Stark in persona, allibito e ferito. L’uomo che ha ucciso ser
Arthur Dayne, la
spada dell’Alba, che ha un senso dell’onore
talmente elevato da essersi recato
a Starfall per riconsegnare Alba a quel che resta della famiglia.
Mentre Ned Stark racconta, lui si agita
e geme – affinché le lacrime che gli solcano le
guance possano sembrare causate
da dolore fisico. Semplice, pulito, dolore che si combatte con fuoco e
medicamenti.
Ashara.
– Che grande tragedia – sussurra Ned,
scuotendo la testa. Fissa allucinato il fagotto che ha tra le braccia.
Barristan lo indica. – Suo... figlio?
L’altro scuote la testa. – Nessun figlio
da lady Dayne. Questo è... – indugia – mio
figlio.
Ashara Dayne si è gettata da una torre
del castello, quando il lord è giunto portando la spada di
suo fratello. –
Questa guerra... ha portato via molte persone... che non meritavano di
morire...
– sussurra il cavaliere – come ogni guerra,
dopotutto. Almeno adesso abbiamo un...
buon re.
Subito dopo, gli chiede di andarsene e
di lasciarlo riposare.
Non
c’erano speranze. Da Guardia Reale,
doveva sapere... e sapeva... che non poteva toccare una donna. Ma lady
Dayne...
e la principessa Martell, i suoi poveri figli... quanta gente che non
meritava
di morire.
Ser Barristan
chiude gli occhi. Tutti gli uomini devono
morire.
Sì... ma tutti gli
uomini devono vivere.
Note:
Okay.
Questa è la prima fan fiction che
scrivo in questo fandom [emozionante!]. Ci sono talmente tante trame e
personaggi che spero di non aver fatto casini e/o errori. Ogni
recensione sarà ovviamente
ben accetta, ma soprattutto spero che questa cosa vi emozioni. Le due
frasi
citate appartengono al brano “In noctem” dalla
soundtrack di HP6. Il titolo proviene
da una poesia di epoca Tudor.