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Autore: Hinageshi13    07/03/2015    3 recensioni
«Ma non puoi stare sempre con lui»
«Perché no?»
«Perché è impossibile: quando ti sposerai, per esempio, ed avrai dei figli, come potrai stare sempre con George?»
«Facile: ci sposeremo insieme con due belle bambine e costruiremo due tane vicine, con la porta comunicante!»
One-shot sulla giornata più lunga e noiosa dell' infanzia di Fred e George- ma anche quella con l'epilogo più dolce.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia, Weasley, Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, George, Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Dedicata a Sol & Lele, che mi hanno inspirata con la loro fantasia e dedizione ai personaggi nel roleplaying.

La Tana non era più la stessa da quando quelle pesti dei gemelli avevano raggiunto un'età tale da poter camminare ed interagire col mondo; giocattoli in giro, grida e schiamazzi, piccole impronte di fango sul pavimento e danni qua e là, davvero ci voleva un santo per non arrivare ogni sera sull'orlo dell'esasperazione e ringraziare a gran voce Merlino per aver dato al giorno soltanto dodici ore.
I due bambini, concepiti e nati insieme, una volta venuti alla luce non avevano rinunciato alla loro abitudine viscerale di passare ogni singolo minuto del giorno e della notte insieme, inseparabili in ogni azione: persino la pipì veniva spesso condivisa, per non perdere un solo secondo di risate, scherzi e gioco. Avevano presto scoperto che l'unione faceva la forza: era molto più facile estorcere favori da Bill con quattro occhi dolci piuttosto che con due, o riprendersi i giocattoli confiscati da Percy mentre l'uno lo distraeva e l'altro sgattaiolava nel nascondiglio per riconquistare il tesoro. O ancora, arrampicarsi fino all'ultima credenza per raggiungere, uno sull'altro, i biscotti di mamma Molly, o cercare di costringere gli gnomi del giardino a suicidarsi nello stagno. Il loro raggio d'azione nell'escogitare idee pericolose e combinare pasticci, già molto esteso per la loro energia, si moltiplicava così per due, dando ai genitori ed ai fratelli il doppio dei problemi che un normale bambino troppo vivace avrebbe apportato.
L'iperattività di Fred e George aveva così conferito nuova vita alla Tana, più di quanta non ne avesse mai avuta in realtà: Bill, Charlie e Percy non erano mai stati dei tornado come le ultime due piccole canaglie di casa Weasley, seppur anche loro avessero avuto la loro parte. Soltanto i gemelli, però, erano riusciti a far dire, in un momento di sconforto, al tranquillo e gentile Arthur Weasley frasi del tipo: “Basta, questa volta ci faccio il nodo” - nonostante Molly fosse già in attesa del loro sesto figlio.

«Perché ci sgridate sempre? Non ci volete bene?» chiese George in lacrime alla mamma una volta, dopo essere stato punito assieme a Fred per aver fatto cadere con un tonfo tremendo un'intera mensola della cucina con tutti gli utensili e piatti allegati.
«Non è questo, è che combinate sempre dei guai! Dovreste darvi una calmata e giocare come tutti i bambini!» spiegò loro Molly esasperata, per niente intenerita dalle loro lacrime effimere.
«E come giocano gli altri bambini?» s'intromise Fred, curioso.
«Sono più tranquilli, non fanno vedere i sorci verdi ogni singolo minuto del giorno a mamma e papà. Andate in camera vostra, e non uscitene per nessun motivo finché non ve lo dico io!»
Ma nessuna punizione era mai abbastanza per togliere ai gemelli quell'iperattività che naturalmente possedevano. Mamma Molly le aveva provate tutte: dal segregarli in casa per una settimana, al costringerli a mangiare i broccoli per cena ogni sera, fino al diventare manesca, assestando loro una bella sculacciata all'occorrenza: nessun metodo aveva sortito l'effetto desiderato. Le due pesti rimanevano tali, ingestibili ed incontrollabili.
Una mattina di Dicembre, quando il tempo era bello ed il sole splendeva alto nel cielo, i due marmocchi, liberi dall'ultima punizione che aveva impedito loro di uscire di casa, decisero di andare finalmente all'aperto a giocare, più precisamente al tiro a segno con gli gnomi del giardino, che aggiungevano le loro imprecazioni e grida di dolore a quelle di giubilo dei fratellini.
Il gioco fu interrotto da un improvviso temporale, accolto dagli gnomi come una manna dal cielo, poiché costrinse i due bambini a ritirarsi necessariamente in casa. Delusi e scontenti, tornarono in cucina già bagnati come pulcini, soccorsi in poco tempo dal papà che li fece cambiare e li posizionò davanti alla stufa perché non prenderessero ulterioremente freddo.
«Uffa, non ci voleva! Proprio quando ti stavo dimostrando quanto sono più bravo di te nel centrare sempre lo stesso punto!» esclamò Fred, con le manine protese davanti alla stufa.
«Non è vero, non sei più bravo di me! Hai barato!» protestò George.
«E come avrei fatto, scusa?» ribattè scettico il gemello.
«Hai corrotto gli gnomi affinché ti aiutassero!»
«Non è vero!»
«Sì che lo è!»
Ma la conversazione fu interrotta da un forte colpo di tosse di George, che preoccupò l'altro bambino. In effetti, il piccolo aveva il naso tutto rosso, quasi come il colore dei capelli, e le lentiggini accese di due toni più forti: non sembrava stare in grande forma. Fred chiamò la mamma, che accorse e poggiò una mano sulla fronte di entrambi i figli, constatando così quanto quella di George fosse più calda di quella del fratello.
«A George è venuta la febbre» sentenziò, prendendo il bambino in braccio «è meglio che lo porti a letto.»
Fred fece per alzarsi e seguire Molly, ma lei alzò una mano e lo fermò: « Rimani pure qui tesoro, torno subito.»
Il piccolo rosso allora si acciambellò sul divano, attendendo il ritorno della mamma e del fratello, tastandosi la fronte per cercare di capire da solo se anche lui avesse la febbre o meno. Ma no, si sentiva benissimo, come durante il gioco con gli gnomi. Dopo pochi minuti udì dei passi scendere le scale, dunque balzò dal divano, pronto a ricominciare a giocare, quando con sua grande delusione, vide tornare soltanto Molly.
«Mamma, e George?»
«E' a letto, deve aver preso troppo freddo» rispose, accucciandosi davanti a lui ed iniziando ad esaminarlo, «tu stai bene? Hai i brividi? La tosse..?»
«No mamma, sto bene!»
«Meglio così.» concluse, sorridendo al monello e passandogli una mano tra i capelli. «Mi raccomando, non ti venga in mente di andare da George.»
«Perchè???» esclamò il piccolo, allarmato.
«Perché sta male, rischieresti di fargli peggiorare la febbre o di prenderla a tua volta.»
Il mondo crollò addosso al povero Fred, che si limitòa guardare la madre con occhi sgranati, incapace di ribattere pur lasciando la bocca semiaperta.
«Se lo lasci riposare gli passerà in fretta. Nel frattempo, puoi giocare con uno dei tuoi fratelli più grandi.» “Poveri loro”, pensò, già figurandosi la faccia di Percy e tutte le sue proteste. Non osò nominarglielo, sicura che il bambino avrebbe fatto una smorfia tremenda ed avrebbe scosso energicamente la testa per sottolineare quanto brutta trovasse un'idea simile.
«Mnh... va bene....» Fred era deluso. Non gli era mai successo di dover giocare con altri a sostituzione di George, ma capiva la situazione. Annuì mogio alla mamma, che lo accarezzò di nuovo per poi lasciarlo e recarsi in cucina a preparare il pranzo.
Lasciato solo, il piccolo Weasley salì le scale ed andò a bussare in camera di Bill per chiedergli di giocare.
«Piccolo, mi dispiace ma tra poco devo uscire, non posso proprio», e con una carezza, lo congedò.
Fred non si perse d'animo, scese le scale ed andò a bussare in camera di Charlie, per ottenere lo stesso risultato: «Piccolino, mi dispiace ma ora non posso, devo studiare: le vacanze natalizie sono corte, la scuola riaprirà presto e sono davvero indietro con i compiti.»
Respinto da entrambi i fratelli più grandi, provò addirittura a chiedere l'aiuto di Percy, il quale però aveva lo stesso problema di Charlie e non ci mise molto a liquidarlo con un puzzle.
Ma siamo seri: come si può anche solo sperare che uno dei due tornadi di casa Weasley possa accontentarsi di un puzzle? Dopo i primi tre pezzi messi in fila, Fred lo aveva già accantonato e chiedeva alla mamma se ora George stesse meglio per tornae a giocare con lui; il terrore si dipinse sul suo visino quando la donna gli spiegò che ci sarebbe voluto qualche giorno, prima che George guarisse completamente.
Il mondo già crollato del povero Fred ricevette così uno scossone peggiore del primo: se ne andò, ciondolando, sul divano, dove si sdraiò “aspettando George” - sue testuali parole in risposta al padre, che in quel momento tornava a casa dal lavoro.
Quel giorno fu il più noioso che il piccolo Fred passò nella sua vita: casa Weasley sembrava tornata indietro nel tempo di almeno 3 anni, quando i gemelli non erano ancora in grado di far impazzire tutti gli inquilini. Ogni dieci minuti, Fred si recava in cucina dalla mamma a chiedere se potesse andare da George, ricevendo sempre dalla donna un no categorico, seguito dallo stesso motivo. Provò con il papà, che gli diede però la stessa risposta e cercò di distrarlo con un manufatto elettronico babbano fatto apposta per i bambini. Ma a Fred, di quel “Game boy” non poteva importar di meno, lui voleva giocare con George, o per lo meno andare da lui a parlargli.
«Ma papà, se vado da lui e gli parlo e basta che succede? Mica gli aumenta la febbre!»
«Devi lasciarlo in pace, deve dormire!»
«Ma non può sempre dormire, quando si sveglia si annoia!»
«No Fred, potrebbe attaccarti la febbre, non se ne parla.»
Povero Fred! Seduto ai piedi delle scale, con i gomiti sulle ginocchia ed il viso sulle manine, fissava il pavimento con espressione mogia ed abbattuta: i genitori, per quanto dovessero essere dispiaciuti per lui, si ritrovavano ad essere entusiasti di aver scoperto il modo di avere una tregua dai terribili gemelli scavezzacollo.
«Bastava separarli! Ci voleva tanto poco.»
«Già cara, ma guarda che faccino triste che ha Fred...»
«Oh beh, è abbastanza da usare la cosa come minaccia in futuro, una nuova punizione! Forse l'unica che possano temere.» E compiaciuta, proseguì a sparecchiare il tavolo dai piatti della cena, mentre Arthur le dava ragione e si accingeva a leggere il giornale sul divano, fumando la pipa.
«Papà...» lo chiamò Fred, avvicinandoglisi.
«Cucciolo, non fare quella faccia... George è qui di sopra, ha solo un po' di febbre, vedrai che guarirà presto. Non è la fine del mondo.» lo consolò, dandogli delle pacche affettuose sulla spalla.
«Uffa... ma io mi annoio senza di lui!»
«Ma non puoi stare sempre con lui.»
«Perché no?»
«Perché è impossibile: quando ti sposerai, per esempio, ed avrai dei figli, come potrai stare sempre con George?»
«Facile: ci sposeremo insieme con due belle bambine e costruiremo due tane vicine, con la porta comunicante!»
Arthur rise di cuore, scompigliando i capelli del figlio «La trovo un'ottima idea. Ma tu stai facendo storie soltanto perché lui è al piano di sopra, la porta comunicante non risolverebbe un bel niente di questo passo!»
«Uffaaaaa» Fred nascose il viso nel petto del padre, per poi rialzarsi, guardarlo e sbarrare gli occhi nel panico: non aveva considerato il fatto che lui, con George, ci condivideva anche il letto. Dove avrebbe dovuto dormire quella notte, se nessuno gli permetteva di avvicinarsi a lui?
«Dormirai nella stanza di Bill, lui si è offerto di dormire sul divano per lasciarti tutto il letto» spiegò dolcemente Arthur. «Così starai bello comodo!»
Ma tale prospettiva non era abbastanza per allietare Fred. Avuto il bacio della buonanotte dalla mamma, la pregò di lasciare la porta socchiusa per permettere ad un sottile raggio di luce fioca di penetrare nella stanza di Bill, che non era mai stata così teatra e paurosa. Le ompre sembravano tutte minacciosi mostri pronti ad attaccarlo appena avesse chiuso gli occhi, la finestra uno scorcio sull'abisso oscuro della notte. Si girò e rigirò nel letto, coprendosi fino alla testa, lasciando fuori soltanto il naso per respirare meglio, seppur timoroso di poter essere catturato da qualche creatura solo per quello. Di dormire non c'era verso, doveva farsene una ragione. Ma come avrebbe potuto passare tutta la notte sveglio, impaurito ed agitato da tutto quello che sentiva e vedeva? Persino il russare monotono di Charlie nella stanza di sotto lo faceva sentire irrequieto.
Passò diverso tempo, interi minuti, forse persino ore. Poi, decise che era troppo.
Scese dal letto, cercando di non pensare al fatto che qualcuno avrebbe potuto catturarlo nell'ombra da un momento all'altro: lo scopo di quel suo atto di coraggio era abbastanza da fargli superare qualsiasi paura. Si accostò alla porta, la aprì leggermente: ormai tutto taceva. Probabilmente, sia i suoi fratelli che i genitori dormivano, bastava soltanto stare attenti e fare piano.
Richiuse la porta alle sue spalle, lasciandola socchiusa così come aveva fatto la mamma, poi scese lentamente le scale, fermandosi ad ogni gradino con una smorfia esitante sul viso per via dello scricchiolio sotto i suoi piedini. Sperò che non fosse abbastanza per far svegliare nessuno: per nulla al mondo avrebbe voluto essere scoperto e rispedito in camera di Bill.
Scese ancora con lentezza estenuante le scale, combattendo contemporaneamente la sua paura dei mostri nell'oscurità ed il timore di essere scoperto pensando a quanto sarebbe andato tutto bene se solo fosse riuscito nel suo intento. Doveva farcela, e non soltanto per sé.
Arrivò finalmente l'ultimo gradino, che superò trionfante con un gesto spontaneo del braccio: poi, un rumore non ben definito lo scosse e lo terrorizzò. Si lasciò sfuggire un grido, subito soffocato dalle proprie mani. Si rese conto che quel rumore altri non era stato che il vento contro i vetri della finestra alla fine delle scale, dunque non aveva di che preoccuparsi. Si rannicchiò in un angolo, sperando con tutte le sue forze che nessuno lo avesse udito: fortunatamente, la casa rimase silenziosa. Riprese il coraggio: ormai mancava poco. Attraversò cauto il corridoio, fino ad arrivare alla porta della propria stanza: con un gesto attento e infinitamente lento la aprì, per entrarvi furtivamente e richiuderla alle proprie spalle. Tutto era buio e silenzioso. Poi, una voce.
«Chi è?»
«George! Sono io!»
«Fred!! Finalmente!»
Il bambino tossicchiò nel letto, alzandosi a sedere per cercare di metter a fuoco la figura del fratello nell'oscurità.
«...perché, mi aspettavi?»
«Da tutto il giorno.»
«Io...» Fred abbassò lo sguardo, guardandosi i piedi scalzi, intirizziti dal freddo «mi dispiace.»
«Vieni qui!» lo incitò George, alzando la coperta per fargli posto. Fred scivolò furtivo nel lettino, per poi rannicchiarsi sotto le coperte accanto al gemello.
«Che fine avevi fatto?»
«Non mi facevano venire da te perché non vogliono che prenda la febbre... o che tu peggiori.»
«Credevo mi avessi abbandonato» confessò George, triste.
«Sai che non lo farei mai!» ribattè Fred sconcertato da quell'affermazione.
«E allora perché ci hai messo tanto?»
«Te l'ho detto!»
«Perdi i colpi... avresti dovuto travare un modo. Sai che noia stare tutto il giorno a letto, da solo?»
«Ehi, mi dispiace. Non credere che io mi sia divertito un mondo. E poi, sai quanta paura ho del buio no? Beh, sono venuto fin qui dalla camera di Bill da solo.»
«Non ci credo!»
«Invece è così! Pensi che mi abbia accompagnato mamma?!» protestò Fred, gonfiando le guance.
George ridacchiò. Si strinse a lui, accoccolandoglisi ad un fianco.«Scherzavo. Sei stato molto coraggioso.»
Fred sorrise, e finalmente si sentì contento e tranquillo, al sicuro nel proprio letto, accanto al suo gemello dal quale era stato separato per un intero giorno, il più piatto e noioso della sua vita.
«Non mi piace passare il tempo senza di te, mi annoio e mi sento triste, come se mi mancasse qualcosa. Preferisco prendere la febbre, piuttosto che passare un altro giorno come oggi!» confessò Fred.
«Anche io. A mamma ho fatto una testa grande così, chiedendole di farti venire su.»
«Allora lo sapevi! Il motivo per cui non sono venuto prima!»
«Ehi, su queste cose non mi fido della mamma. Preferisco sentirle dire da te. Ma in realtà ero certo che prima o poi saresti venuto.»
«E come facevi a saperlo?» gli chiese Fred, curioso.
«Perché io lo avrei fatto!» spiegò George.
«Ma io non sono te!»
«Gia, ma mi somigli tanto.» Sorrise, per poi allontanarglisi leggermente e tossire un po'. Alla fine, tornò nella posizione che aveva prima, accanto al fratello. Lui lo abbracciò.
«Ti voglio tanto bene George» confessò Fred un po' commosso, sfinito da quella giornata assurda, dal freddo ai piedini, e dalla sua estenunate prova di coraggio, che pure lo aveva portato da lui.
«Anche io!» rispose George deciso, appoggiando la testa sulla sua spalla e chiudendo infine gli occhi.
 
La mattina dopo, Arthur tornò in camera a svegliare Molly, che ancora dormiva, per farle vedere cos'aveva trovato nella cameretta dei gemelli quando si era alzato per andare a controllare come stesse il piccolo George. In piedi davanti al letto, non riuscirono nemmeno lontanamente a pensare ad un remoto rimprovero, guardando i due bambini dormire tranquilli e beati insieme, abbracciati l'uno all'altro. Si ritrovarono entrambi a sorridere commossi; la fronte di Fred, però, ora scottava quanto quella di George.

~Angolo della scrittrice
Ciao a tutti! Spero che questa piccola one-shot sull'infanzia dei gemelli Weasley possa strapparvi un sorriso di tenerezza così come è successo a me nello scriverla :)
Se voleste lasciare commenti o recensioni sarei davvero felice. Grazie!
Amyina13
   
 
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