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Autore: nunu_from_here    07/03/2015    2 recensioni
"All alone she moves
into a broken paradise
without day and
without night".
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pallido Sogno

 

“non c'è peggiore sordo di chi non vuol sentire
tu pensa a chi non sente e poi ne vuol parlare
ma caro il mio Francesco è già mattina
qui mi devo svegliare

e allora avanti un altro”.

Ligabue – Caro il mio Francesco

 

Era una luminosa mattinata primaverile.

Un raggio di sole entrato dalla grande finestra della mia spaziosa camera verde prato e piena di libri, che avevo letto e riletto, ma che non mi stancavano mai, mi baciò il viso svegliandomi. Le piccole rondini, che avevano costruito la loro dimora sotto il tetto di casa mia, cinguettavano per richiamare l'attenzione della madre portatrice di cibo. Gli alberi erano più verdi che mai e nel prato c'erano tantissime primule gialle e margherite profumate. Nell'azzurro del cielo non si vedeva neanche una nuvola.

Nessuno mi avrebbe rovinato quella giornata iniziata così bene.

Dopo aver osservato a lungo quel panorama dalla mia bellissima finestra decorata con colori a vetro, mi alzai senza neanche troppa fatica, mi cambiai indossando dei comodissimi jeans blu notte e una maglietta decorata a fumetti di Topolino che adoravo, e andai allo specchio.

Quella vista non l'avrei mai dimenticata.

Il mio viso pieno di lentiggini e di solito pallido, era roseo, mentre i miei lunghi capelli rossi come fuoco e ricci, che io amavo così tanto, erano tutti arruffati, allora cercai di sistemarli con la spazzola.

Forse l'ultima volta.

I miei occhi verde smeraldo, invece, avevano qualcosa di diverso dal solito. Non avevano più le profonde occhiaie nere e non erano più rossi dalle lacrime versate. Ero felice, nonostante quello fosse il nostro giorno, infatti, quello stesso giorno di un anno prima, la mia migliore amica, Laura, era morta. Decisi, allora, in quell'istante, che quella splendida giornata l'avrei dedicata a lei che era deceduta per colpa di uno stupido incidente in motorino mentre andavamo in giro per il paese.
La Vespa, infatti, era la nostra passione in comune. La mia era color acqua marina, mentre la sua era rosa. Le avevo consigliato io quel colore vivace e un po' insolito, e lei aveva subito accettato la mia proposta, d'altronde era il suo colore preferito. Con in mente quei ricordi mi stava ritornado la voglia di piangere ogni particella del mio corpo, ma feci un profondo respiro e repressi l'istinto.
Dopo essermi sistemata per bene uscii e andai da Starbucks, il nostro posto preferito per fare colazione. Presi un cappuccino e un cornetto al cioccolato ricoperto di zuccherini che piacevano molto ad entrambe e mi diressi all'ospedale dove lavoravo come infermiera. Mi piaceva quel lavoro,

ma quelle sarebbero state le ultime ore che l'avrei svolto.

In quella mattinata vennero molti bambini, ma anche pazienti di varie età per fare i più svariati controlli medici. Ma, suonata la campanella per la pausa pranzo, me ne andai.

Avevo finito.

Avevo detto che quella giornata l'avrei dedicata a lei, quindi uscita da quel posto che mi piaceva tanto, ma che nel momento stesso mi metteva malinconia, mi diressi nel luogo in cui aveva avuto l'incidente. Ci andavo tutti i pomeriggi per due ore circa. Lì da parte c'era un ristorante pittoresco in cui mi fermai per pranzare. Presi il mio piatto preferito: crespelle al formaggio con prezzemolo e speck.
Finito di mangiare, mi misi a leggere. Lo facevo sempre perchè era un modo per evadere dalla realtà, da ciò che mi circondava e dalla tristezza che esternamente oscuravo con una maschera. Con un bel sorriso. Era tutto troppo falso e non ce la facevo più. Ma nessuno lo aveva notato. Credevano che fossi passata avanti, ma era, è troppo difficile. In quelle ore finii di leggere “From Here to Eternity” di James Jones, un bellissimo romanzo del 1951 che parlava dei soldati e di come “sopravvivevano” nel periodo della guerra. Quel libro, per certi versi, era molto romantico, ma anche crudo, duro, arrivava subito al punto. Era il mio racconto preferito. Una storia di mille e quaranta  pagine che avevo “mangiato” in meno di una settimana.
Dopo quelle ultime parole, dopo quell'ultima domanda, erano ormai le diciassette e mi recai in farmacia a prendere delle pastiglie.
Quando accadde l'incidente, mi ero promessa che sarei andata a trovarla solo il 15 marzo, nel nostro giorno.

 Nel giorno in cui tutti i dolori sarebbero finiti.

Allora, prendendo forza e coraggio, andai al cimitero e cercai la sua tomba. Quel posto mi raggelava il sangue. Tutte quelle pietre grigie con incisi quei nomi in stampatello e quell'unico albero senza colori al centro, mettevano lacrime di dolore e tristezza negli occhi di tutti.
Trovai quello che cercavo dopo cinque minuti. Mi fermai.
Non dissi preghiere o cose del genere perchè non ero credente, ma le raccontai la mia giornata, i pochi fatti e avvenimenti a cui avevo assistito in prima persona e che erano successi in quell'anno, e quello che volevo fare in quel momento: raggiungerla.
Bevvi quella miscela che mi ero preparata poco prima con pastiglie, prese al farmacista con un inganno, e acqua.

Chiusi gli occhi e non sentii più nulla.

Dopo tutto quel tempo che a me era sembrato un'eternità, aprii le palpebre pesanti pensando di rivedere la mia migliore amica, ma le uniche  entità che apparvero ai miei occhi furono le pareti della mia camera verde prato e

 un raggio di sole che colpiva il mio viso che ora era più pallido che mai.

        



"All alone she moves
into a broken paradise
without day and
without night".





NOTE DELL'AUTRICE
In realtà non so proprio da dove iniziare.
é la prima volta che pubblico una storia e mi ci è voluto tantissimo coraggio, ancheperchè è in parte personale.
Spero che vi piaccia e che non vi ho annoiato.
Vi sarei grata se recensiste. ;)

nunu_from_here
  
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