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Autore: ADelacroix    08/03/2015    1 recensioni
Grazie alle dichiarazione di un nuovo testimone, la squadra Cold Case può riaprire le indagini sull'omicidio del giovane agente di polizia Kenny Williamson ucciso nel settembre del 1965. Durante le indagini, però, i detective saranno costretti a fare i conti con un altro e ancor più sospetto delitto. Tra reticenza e fughe di notizie, nuovi incontri e vecchie conoscenze, l'unità Delitti Irrisolti riuscirà a scoprire la verità?
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Cold Case 8'
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[I can’t help myself – The four tops]
 
La tensione lo stava uccidendo, se fosse rimasto ancora un minuto seduto su quella sedia sarebbe potuto impazzire. Perché nessuno era ancora venuto a dirgli qualcosa? A spiegargli cosa avrebbero dovuto fare?
Kenny Williamson si alzò dalla sedia e iniziò a misurare a grandi passi il corridoio. Camminò dalla sua sedia fino alle finestre che davano sul parcheggio davanti all’edificio di mattoni rossi che era il dodicesimo distretto della Polizia di Filadelfia e guardò distrattamente fuori, ma l’unica cosa che vide, riflessa sui vetri leggermente opachi, era il suo riflesso: l’immagine di un ragazzo giovane, dai capelli biondicci corti ben pettinati che incorniciavano un viso affilato dai piccoli occhi castano chiaro che lo guardavano pieni di tensione. Lo sguardo scorse inevitabilmente verso il basso e non poté fare a meno di sorridere leggermente alla vista della divisa della polizia che indossava: la camicia grigia, il distintivo appuntato sul petto, la fondina vuota appoggiata al fianco. Stava indossando il sogno di una vita. Il desiderio più grande che aveva mai avuto si stava finalmente realizzando. 
Kenny si girò indietro e ripercorse a ritroso il corridoio tentando di scacciare la tensione. Alle sue spalle trovò, ancora seduto nella stessa posizione in cui l’aveva visto pochi secondi prima, Theodore Turner, l’altro agente appena uscito dall’accademia che quel giorno avrebbe preso servizio con lui al distretto.
Theodore, che però tutti chiamavano solo Ted, era un ragazzo nerboruto, alto almeno una spanna in più rispetto a Kenny, con le spalle larghe da giocatore di football e le gambe muscolose tipiche dei running back. Il volto severo, dai lineamenti un po’ rozzi, contribuiva a dargli un’aria da duro soprattutto grazie alla mascella squadrata, gli occhi scuri quasi neri e i capelli dello stesso colore. In quel momento, però, Theodore, aveva perso ogni traccia dell’aria scontrosa che normalmente aveva e sembrava ancor più nervoso di Kenny.
«secondo te quanto ci faranno ancora aspettare?» chiese Ted rompendo finalmente il silenzio.
«non lo so» rispose semplicemente Kenny alzando impercettibilmente le spalle al cielo «ma penso che tra poco ci chiameranno»
Il silenzio cadde di nuovo tra i due che in quel momento non riuscivano a trovare un altro valido argomento di conversazione per ingannare l’attesa.
«sono il primo della mia famiglia nella polizia» continuò Ted dopo alcuni minuti «ma il padre di un mio amico lo era»
Kenny annuì senza aggiungere nulla, all’improvviso gli sembrava che la gola gli fosse diventata così secca che non avrebbe potuto dire più nemmeno una parola.
«il padre del mio amico diceva che i primi tempi sono i più belli ma anche i più difficili: tutto è nuovo, sconosciuto, entusiasmante, ma è anche facile sbagliare e combinare dei disastri e poi … sai … i colleghi tendono a non prenderti molto sul serio inizialmente, ci mettono un po’ prima di accettarti nella squadra»
«che vuol dire?» chiese allarmato Kenny.
«bhe, che quando sei nuovo ti usano come galoppino per i lavori che nessuno vuole: scrivere i rapporti, le perquisizioni agli ubriachi, le retate nei posti peggiori, ecco: cose del genere»
«speriamo che qui non sia così» rispose con un filo di voce Kenny «o almeno che duri giusto un paio di settimane»
«comunque avremo a che fare con il peggio della feccia: siamo nel ghetto dei negri. Praticamente ogni settimana qui c’è un morto ammazzato, una sparatoria o una rapina»
«ma di sicuro non ci manderanno in pattuglia da soli la prima settimana» disse Kenny più per convincere se stesso che confortare Ted.
Finalmente un altro agente, un ragazzo poco più anziano di loro, ma che dimostrava più anni di quanti ne avesse realmente, alto e allampanato, dall’aria emaciata e con il volto  secco reso ancora più magro dai capelli castani rasati quasi a zero che nascondevano a malapena le tempie, si avvicinò ai due nuovi colleghi. Sulla divisa c’era scritto Walsh, il suo cognome.
«venite, il sergente vi sta aspettando nel suo ufficio» dopo si girò e, senza aspettare che i due si alzassero per seguirlo, si incamminò nella direzione opposta rispetto a quella da cui era venuto fino all’ufficio del suo capo, tre porte più in là.
L’ufficio del sergente era un luogo anonimo, del tutto simile agli altri uffici dentro quella stazione: i pavimenti in legno scolorito rigati dalle sedie strisciate per terra, le pareti bianco sporco a cui erano addossati numerosi schedari chiusi a chiave stracolmi di fascicoli, una finestra sulla destra da cui filtrava poca luce per via delle veneziane abbassate quasi completamente e al centro una scrivania coperta da faldoni su cui spiccava la targa in ottone con la scritta sergente.
Quando l’agente Walsh aprì la porta dell’ufficio una nuvola di fumo di sigaretta investì i due ragazzi. Dentro, tre uomini addossati alla scrivania, stavano fumando e parlando in modo concitato, almeno finché la loro conversazione non venne interrotta dal drappello di nuovi arrivati.
«ah, questi devono essere i nostri due nuovi rinforzi» disse l’uomo al centro, il più vecchio dei tre «grazie Walsh, può andare» ordinò il sergente e l’agente eseguì subito chiudendosi alle spalle la porta «agenti Turner e Williamson, giusto?»
I due ragazzi annuirono senza dire nulla.
«bene, bene … venite avanti» aggiunse poi staccandosi dalla scrivania e indicandogli con un gesto della mano che potevano spostarsi dalla soglia della porta.
Gli altri due agenti nella stanza, oltre al sergente e ai due nuovi arrivati, erano poco più vecchi di Kenny e Theodore. Il primo, che da poco aveva superato i trenta anni, sorrideva gentilmente ai due ragazzi: era un uomo dall’aspetto abbastanza comune, aveva il volto glabro e spigoloso, con grandi occhi marroni e capelli castano rossicci discretamente cotonati. L’altro, invece, benché avesse solo un paio di anni in più rispetto al primo, aveva un’aria cupa e stanca: era alto poco meno di Theodore, anche se meno muscoloso. Come il ragazzo aveva folti capelli neri che disegnavano al centro della spaziosa fronte una sorta di V, ma ciò che rendeva il suo aspetto così fosco era il piglio accigliato degli occhi che scrutavano torvi i nuovi arrivati senza che le sue labbra pallide e tirate potessero anche solo accennare un timido sorriso. 
«i vostri istruttori dell’accademia dicono grandi cose di voi, ma bisogna mettere subito in chiaro che qui non è l’accademia: il quartiere è pieno di negri e topi di fogna che venderebbero anche la madre per fare un po’ di soldi. Gli unici bianchi che vedrete qui in giro o sono poliziotti o sono criminali, quindi per ora ho deciso che farete coppia con gli agenti Montgomery e Mitchell» iniziò a spiegare ai due giovani agenti «vi guarderanno le spalle e faranno in modo che non vi cacciate in nessun guaio. Voi dovete eseguire ogni loro ordine alla lettera perché, se vengo a sapere che fate qualcosa di testa vostra, vi spedisco dietro una scrivania e potete dire addio a una qualsiasi forma di carriera. Montgomery e Mitchell hanno fatto coppia su queste strade per molto tempo e sanno cosa bisogna fare, quindi, se non volete finire in ospedale o peggio, è meglio che gli stiate attaccati come due sanguisughe»
I due ragazzi annuirono di nuovo sempre senza aggiungere nemmeno una parola.
«molto bene» esclamò compiaciuto il sergente «Turner, tu starai con l’agente Ray Montgomery» e indicò l’agente che sorrideva «Williamson invece con John Mitchell» e fece un cenno all’altro poliziotto «potete andare»
I quattro uscirono dall’ufficio, ma appena la porta venne chiusa alle spalle dell’agente Turner i due ragazzi si fermarono per ricevere le prime istruzioni.
«voi due» disse burbero Mitchell «tra dieci minuti giù nel parcheggio che iniziate con il vostro primo giro di pattuglia per il quartiere»
I due annuirono e affrettarono il passo per andare a recuperare negli armadietti degli spogliatoi le pistole.
«hai sentito? Se gli staremo attaccati non ci succederà nulla» parlò per primo Kenny mentre controllava che la sua pistola avesse la sicura inserita.
«speriamo» fu l’unica risposta di Ted mentre sistemava l’arma d’ordinanza nella fondina.
«fidati: andrà tutto bene» rispose Kenny chiudendo con una manata l’armadietto e avviandosi verso l’uscita senza aspettare il collega.
Sei mesi più tardi al dodicesimo distretto arrivò una chiamata: sotto il ponte del 65th strada, quello che scavalcava la ferrovia, c’era un corpo massacrato di botte, il cadavere di un giovane poliziotto dai capelli biondicci corti. Chi lo avesse ridotto così male non riuscirono a scoprirlo e il caso non venne chiuso. 
   
 
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