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Autore: heliodor    08/03/2015    2 recensioni
Nel palazzo di Minosse si nasconde il mostruoso Minotauro, metà uomo e metà toro. Da quando la creatura ha preso possesso della reggia, una maledizione è calata sull’isola. Solo il sacrificio di un innocente potrà spezzarla. Teseo, l’eroe venuto dal mare, affronterà il mostro con l’aiuto di Arianna e Icaro.
Ma non tutto è come sembra.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutto inizia con un blocco di pietra.
La roccia è dura e grezza, una lastra appena abbozzata piena di asperità e imperfezioni. Mani l'avvolgono tra le corde. Altre mani la issano al di sopra della buca in cui si trova. Altre ancora la adagiano su grandi rulli di legno.
Una coppia di tori per ogni lato viene legata all'imbracatura di corde agganciata alla slitta di legno posta tra la pietra e i rulli.
Nerbi di legno frustano l'aria, un coro di incitazione di alza dalla folla che si è riunita attorno alla cava. Voci e urla si mescolano al rombo sommesso dei tamburi e dei cembali che dettano il ritmo. Qualcuno intona una canzone, presto imitato dagli altri.
Uomini avvolti da tuniche color sabbia si inchinano al suo passaggio mentre scivola sui rulli e si fa strada tra basse colline color ocra. Il vento solleva mulinelli di polvere mentre una folla variopinta si apre al passaggio della lastra. Uomini e donne abbigliati con abiti sontuosi si inchinano al suo passaggio facendo tintinnare collane e braccialetti d'oro.
Accompagnata dai canti di donne vestite di bianco che spargono petali di fiori lungo la strada, la pietra passa sotto un arco alto come venti uomini adulti.
Oltre di esso si intravede uno scorcio della città. Templi si innalzano verso un cielo azzurro e terso. Edifici squadrati svettano per due o tre piani sulle strade strette e tortuose. Bambini vestiti con tuniche dai colori sgargianti giocano a rincorrersi nelle piazze e nei vialetti abbelliti da fontane che spillano acqua e aiole colme di fiori dai toni variopinti.
Un corteo di uomini, donne e anziani si snoda dietro la pietra come un lungo fiume che scorre attraverso la grande strada che porta al centro della città, alimentato da mille torrenti e rivoli di gente che si immette da ogni viuzza, vicolo o passaggio libero.
E infine la pietra giunge a un grande recinto, dove due file di soldati armati di lance e armature smaltate di oro e argento che luccicano sotto il sole, salutano il suo passaggio.
All'interno del recinto un toro grande il doppio del normale, un diavolo nero con corna lunghe tre palmi e affilate come sciabole, ne percorre la circonferenza sbuffando e scalciando.
La pietra e il corteo superano anche questa tappa e si dirigono verso un'ampia spianata che potrebbe accogliere diecimila persone. Un lato di questa è occupato dalla facciata di un edificio a gradoni che si innalza verso il cielo alto come cento uomini adulti. Sette piani formati da rocce via via più grandi, ognuna colorata in maniera diversa. Nera la base, poi porpora, ocra, azzurro, viola, verde e infine il bianco che riflette i raggi del sole.
Sulla cima, protetti da una tenda montata su quattro pali, due figure osservano ciò che accade nella spianata. Una di esse, barba nera e folta, occhi attenti e statura imponente, indossa una tunica bianca e rossa ricamata con motivi geometrici d'oro. Col braccio teso indica la roccia mentre viene posizionata davanti a un altare. ― A cosa pensi, Grodyon? ― domanda con voce profonda.
L'uomo che gli sta al fianco, un passo più indietro, arcua le folte sopracciglia, storce la bocca sottile e inclina la testa sormontata da capelli radi e chiari. Indossa una lunga veste colorata di azzurro con ricami verdi e neri. Rivolge un'occhiata severa all'altro. ― Penso che tu abbia perso il senno, Minosse. Se tuo padre fosse qui...
― Ma lui non è più tra di noi da dieci anni ― taglia corto Minosse. Si volta, l'espressione raggiante, un largo sorriso che mette in risalto la mascella squadrata. ― Possibile che tu non veda mai del buon in ciò che faccio?
Grodyon inarca il sopracciglio destro. ― Io vedo solo un uomo che ha smarrito il senso della misura.
Minosse gli rivolge un'occhiataccia. ― Attento a come parli. Sono pur sempre il tuo re. ― Scoppia in una fragorosa risata. ― Sto scherzando. ― Gli passa una mano sulle spalle. ― Sono troppo felice per prendermela. Oggi è un giorno di festa.
― Festa? Non mi sembra che oggi ci sia una particolare ricorrenza.
― Dovrai aggiornare il calendario. La mia sposa mi ha annunciato di aspettare un bambino.
Grodyon lo guarda perplesso. ― Dopo otto anni dal vostro matrimonio?
― Proprio così ― esclama Minosse felice. ― Avevamo quasi perso le speranze. Non è magnifico?
― Splendido ― risponde Grodyon senza cambiare espressione. ― Dovresti fare un sacrificio agli déi, invece di offenderli.
Minosse cammina fino al bordo della piramide. Gli scalpellini stanno lavorando attorno al blocco di pietra al centro della spianata. ― Mio padre ha proibito ogni sacrificio, lo sai bene.
― Puoi revocare quella legge quando vuoi. Tu sei il re.
Minosse si volta di scatto, lo sguardo severo. ― E tradire la memoria di mio padre? Mai.
― Non volevo. Perdonami ― dice Grodyon con tono sommesso. ― Ma con questa tua idea di consacrare il nuovo palazzo a un toro...
― È il simbolo della nostra terra.
― Un simbolo non è un dio. Attirerai la collera degli déi su di te. E Creta.
― Sciocche superstizioni ― dice Minosse agitando una mano nell'aria. ― Mio padre lottò a lungo contro di esse. Non renderò vana la sua battaglia.
― Eppure, da allora non abbiamo più vinto guerre né conquistato terre.
― Per il solo motivo che nessuno osa sfidare la nostra flotta. E non abbiamo bisogno di conquistare nuove terre. Abbiamo tutto ciò che ci serve proprio qui. ― Minosse allarga le braccia come a voler includere tutto ciò che lo circonda. ― I campi producono due raccolti l'anno, il mare è generoso con i nostri pescatori e i mercanti ci riforniscono di tutto ciò che non riusciamo a produrre da soli. Cos'altro possiamo desiderare?
Grodyon, lo sguardo cupo, fissa la spianata dove la folla sta iniziando a defluire in mille rigagnoli che si disperdono tra i vicoli della città. ― Non c'è niente che possa farti cambiare idea, mio re?
Minosse sta per rispondere, ma una voce squillante, femminile, lo anticipa. ― Sarebbe più facile per te cavalcare un toro per le corna.
Una donna sui trent'anni, lunghi capelli neri e lisci che le ricadono in piccole trecce annodate con nastri colorati, attende ai margini della tenda, un largo sorriso dipinto sul viso dai tratti regolari.
― Pasifae! ― Minosse la raggiunge e le prende le mani, baciandole. ― Perché ti sei alzata? Non devi affaticarti.
Grodyon si esibisce in un inchino. ― Mia regina. Il re mi ha appena messo al corrente della bella notizia.
Pasifae ricambia con un sorriso forzato. ― Parlavate di fare un sacrificio?
Grodyon si irrigidisce. ― Cercavo di convincere il re a non fare arrabbiare Poseidone.
― Ci sono otto templi solo in questa parte dell'isola ― taglia corto Minosse. ― Il padre dei mari non si arrabbierà se questo palazzo non gli sarà consacrato.
― Gli déi sono piuttosto gelosi ― dice Grodyon. ― Noi prendiamo tanto dal mare. È giusto restituire altrettanto.
Minosse scuote la testa. ― Sciocche superstizioni. La nostra forza si basa sulla solida pietra. A proposito, qualcuno di voi ha visto Dedalo? Doveva essere già qui per il suo resoconto quotidiano sui lavori.
― Sarà da qualche parte nel palazzo ― dice Pasifae.
― Non capisco perché non deleghi ad altri qualche compito. Gli ho assegnato venti assistenti.
― Lo sai com'è fatto. Gli piace dirigere di persona i lavori più delicati. Sarà qui molto presto. Abbi pazienza.
Minosse sbuffa e incrocia le braccia su petto. ― Scenderei a controllare di persona, ma il palazzo è così grande che rischierei di perdermi e vagare per giorni al suo interno. ― Ride. ― Non è una cosa meravigliosa?

ARIANNA
PRINCIPESSA DI CRETA

 
― Icaro. Dove sei figliolo? ― La voce risuona tra corridoi di pietra e sale di roccia color ocra.
― Icaro?
Un uomo in tunica bianca legata in vita da una fascia rossa, capelli scuri e radi e naso adunco, percorre il corridoio guardandosi attorno. ― Figliolo, sei qui? Sono tuo padre, Dedalo. Non aver paura. Esci fuori.
Un rumore di passi veloci lo fa voltare di scatto. Un'ombra attraversa rapida il corridoio e si infila in una sala.
Dedalo la segue di corsa. L'ambiente successivo è ampio e spoglio, un lungo rettangolo che termina con un altare sul cui piedistallo, altro quanto un uomo adulto, è stata sistemata la statua di un dio dalle corna simili a quelle di un toro.
Un bambino di due o tre anni la fissa a bocca aperta.
Dedalo si avvicina e lo afferra per le spalle. ― Preso! ― esclama costringendolo a voltarsi.
Il bambino si lascia trascinare via.
― Quante volte ti ho detto di non andartene in giro da solo? ― dice Dedalo accompagnando il bambino per un braccio. ― Il palazzo è immenso. Se ti perdi potresti non trovare più la strada per uscire.
Il bambino si volta verso la statua, gli occhi sgranati.
― Icaro, almeno mi stai ascoltando?
Icaro indica la statua col braccio teso. ― Chi è quello?
― È un dio.
― Come si chiama?
― Ha tanti nomi.
Icaro sgambetta fino a una sacca abbandonata sul pavimento. Quando la raccoglie, dal suo interno piovono matite colorate e un pupazzo di legno a forma di uccello.
Sulla parete di fronte una mano ha tracciato delle linee. Nella confusione si scorgono un ruscello e degli animali che vi si abbeverano.
Dedalo lo guarda con interesse. ― L'hai fatto tutto da solo?
Icaro annuisce.
Dedalo raccoglie l'uccello di legno. ― E questo dove l'hai trovato?
Icaro scrolla le spalle.
L'ala del giocattolo di legno si stacca con un suono secco. ― Te lo aggiusto io ― dice Dedalo soppesandolo nelle mani. ― Anzi, sai che ti dico? Te ne costruirò uno nuovo, con ali e zampe che si muovono. Che ne dici?
Icaro gli rivolge un sorriso.
Dedalo prende per mano il bambino e lo guida fuori dalla sala. ― Però devi promettermi che non verrai mai più da solo nel palazzo. Mai.
― Promesso.
Dedalo sospira. ― E ora andiamo da re Minosse. Scommetto che si starà chiedendo che fine ho fatto.
***
Il buio cala sulle strade della città. Un grande colonnato rettangolare raccoglie lo spiazzo davanti al palazzo di Minosse. Le finestre che da ogni livello affacciano verso l'interno sono illuminate. Una folla di uomini e donne in abiti sontuosi sosta davanti all'arco che fa da entrata al palazzo. I visi sono preoccupati.
Dall'interno giunge un grido di dolore soffocato.
un cocchio trainato da due cavalli attraversa al galoppo lo spiazzo e si ferma davanti all'entrata. Minosse salta giù accompagnato dall'auriga e marcia deciso tra la folla che si divide al suo passaggio.
Sulla soglia lo attende Grodyon che lo saluta inchinandosi.
― Pasifae? ― chiede il re preoccupato.
― Ha iniziato il travaglio questa mattina.
I due superano l'entrata e si inoltrano nei meandri del palazzo. Le pareti ocra e porpora sembrano ingoiarli mentre le attraversano scortate da due soldati che sorreggono una torcia ciascuno.
― È in anticipo di una luna sul suo tempo ― osserva Minosse, l'ombra che si allunga sulla parete del corridoio.
― Non c'è alcun dubbio che il tuo erede stia per vedere la luce ― dice Grodyon impassibile. ― Sarà un parto complicato.
― Non più del mio ― dice Minosse con voce incrinata. ― Mia madre mi partorì mentre era su di una nave.
― La regina era di tempra solida come la roccia.
― Anche Pasifae lo è ― risponde Minosse sicuro.
Grodyon si limita a inarcare un sopracciglio.
I due giungono a una porta ad arco presidiata da due soldati armati di lancia. Oltre di essa si apre un'ampia sala che termina con un balcone nascosto da un velo di colore azzurro così sottile che si intravedono il balcone e la città oltre di esso.
Al centro un letto a baldacchino attorniato da una dozzina di uomini vestiti di tuniche bianche e grigie. Su di esso è adagiata Pasifae, la testa sostenuta da cuscini di morbida stoffa color banco latte.
Il viso è pallido e madido di sudore, l'espressione sofferente.
Minosse si fa largo tra i presenti e si china sulla moglie dopo averle preso la mano. ― Mia amata.
― Minosse ― esclama lei con voce sottile. ― Credevo non arrivassi più.
― Ero dall'altra parte dell'isola ― si giustifica lui. ― Ho fatto prima che potessi.
Pasifae abbozza un timido sorriso. ― Non poteva nascere senza che tu fossi presente.
― Ora sono qui e tutto andrà per il meglio. ― Si volta, cerca qualcuno tra la folla con lo sguardo. ― Dedalo.
Un uomo nascosto in seconda fila si fa avanti. ― Maestà ― risponde con un inchino.
― Cosa ne pensi?
Dedalo si guarda attorno, gli sguardi severi degli altri presenti che lo squadrano dall'alto in basso. ― Mi chiedi un parere in un campo che non è il mio. I signori qui presenti sono tutti più esperti di me e ti potranno consigliare per il meglio.
Minosse fa un gesto stizzito con la mano. ― Non fare il modesto. Sei l'uomo più intelligente del mondo conosciuto. Scommetto che ne sai molto più di tutti loro messi insieme su come nasce un bambino.
Dedalo arrossisce. ― Non posso negare di essermi dedicato allo studio di questo argomento quando ero giovane...
― Vedi che ho ragione io? ― dice Minosse sorridendo. ― Guarda tu stesso.
Le sue parole sono accolte da teste che scrollano e sussurri infastiditi.
Dedalo si avvicina e con gesti lenti e cauti scopre il ventre di Pasifae, che emette un debole lamento. ― I bambini nasceranno prematuri.
― Bambini? ― domanda Minosse stupito.
Dedalo annuisce. ― Guarda la forma e l'ampiezza del ventre. Non c'è alcun dubbio che sia un parto gemellare. E credo che stia per avvenire proprio adesso.
― Ora? Fate venire le levatrici, presto ― ordina Minosse.
Una dozzina di donne di tutte le età fanno irruzione nella stanza. ― Dovete uscire ― ordina la più anziana.
Fuori dalla sala, Minosse prende da parte Dedalo. ― Credi che andrà tutto bene?
― È un parto prematuro. C'è sempre qualche rischio a venire al mondo prima del tempo.
Minosse annuisce.
Grodyon si avvicina quasi in punta di piedi. ― Vuoi che sacrifichi un vitello per rendere gli déi propizi?
― Non ci sarà bisogno di alcun sacrificio ― risponde Minosse seccato.
― Come desideri. Cosa posso fare per rendermi utile?
Dalla sala giunge il vagito di un neonato. Minosse si precipita dentro mentre una delle levatrici sta avvolgendo tra le bende un corpicino minuscolo che si agita tra le sue braccia.
Minosse si avvicina sorridendo. ― È lui?
― È una bambina ― dice la donna.
Minosse scopre le bende. Un faccino paffuto, le guance rosee e i pugni stretti che si agitano nell'aria sono racchiusi in un fagottino grande poco più delle mani che lo racchiudono.
Pasifae si lamenta sul letto. Le levatrici sono subito attorno a lei. La neonata viene adagiata sul fasciatoio mentre Minosse si avvicina al letto. ― Sta per nascere ― dice con voce rotta dall'emozione. ― L'erede che ho tanto atteso sta per venire al mondo.
Dedalo, ritto sulla soglia, osserva le levatrici che si accalcano attorno al letto e bisbigliano tra loro. Una di esse solleva qualcosa con le mani. Si sente il vagito di un neonato. Sui volti delle donne passa un'ombra di sgomento, una di esse chiude gli occhi e mormora delle parole sottovoce, un'atra distoglie lo sguardo.
Minosse si avvicina a quella che ha preso in braccio il neonato. ― Fammelo vedere ― dice con voce rotta dall'emozione. ― Voglio essere il primo a... ― Le parole si spengono nella gola non appena guarda il fagotto che la levatrice regge tra le braccia. Il viso diventa pallido come un cencio. Scuote la testa. ― Non può essere. Deve essere un errore. Non è possibile.
Una delle donne passa accanto a Dedalo e scuote la testa. ― Mostro ― sussurra uscendo dalla sala.
Minosse fa un passo indietro, si volta di scatto e corre fuori dalla sala.
Grodyon lo guarda allontanarsi, si avvicina al fagotto che è stato appoggiato sul fasciatoio accanto alla sorellina e gli lancia una lunga occhiata gelida. ― Come temevo ― dice scuotendo la testa. Si volta e attraversa la sala con grandi falcate. Mentre esce lancia un'occhiata gelida a Dedalo.
***
Minosse, il viso sconvolto e pallido, il petto che si alza e abbassa rapido, si appoggia a una colonna.
Dietro di lui, Grodyon si avvicina con passi felpati. ― Io ti avevo avvertito.
Minosse si volta di scatto. ― Sei venuto per prenderti la tua rivincita?
Grodyon alza le mani come in segno di resa. ― Sono qui come tuo amico, maestà. Ho servito fedelmente prima tuo padre e poi te.
Minosse torna a fissare il vuoto. ― E un giorno forse servirai un mostro. Non cogli l'ironia della sorte?
― Colgo solo la grande tristezza che deve attanagliare il tuo cuore in questo momento.
― La mia è più rabbia. Abbiamo tanto atteso un erede... perché è successo questo proprio a noi?
― Gli déi sono adirati.
Minosse agita un pungo verso il cielo stellato. ― Se è con me che sono adirati, perché non infliggere solo a me questa punizione? Perché farla ricadere sulla mia famiglia?
Grodyon gli passa una mano sulla spalla. ― Per loro non c'è alcuna differenza tra te e la tua famiglia. Gli déi ti hanno inviato un messaggio. Questa è una prova, mio re e tu sei chiamato a superarla per riscattarti ai loro occhi.
― Prova?
Grodyon annuisce. ― Ti viene richiesto un atto di fede. Un sacrificio che solo tu puoi compiere. Gli déi hanno designato la vittima ideale. Un essere di sangue reale, ma purtroppo segnato da una maledizione. Tu puoi spezzare questa maledizione che incombe sulla tua famiglia e rimettere a posto le cose.
Minosse si batte il pugno sul petto. ― Se vogliono il mio sangue, lo avranno.
― Non il tuo, Minosse. ― Grodyon guarda in direzione del palazzo. ― Non il tuo.
***
Minosse marcia deciso all'interno della sala, si avvicina al fasciatoio e prende tra le braccia uno dei fagotti.
Quelli che sono presenti e le levatrici lo fissano stupiti. Sulla soglio, Grodyon assiste con espressione compiaciuta.
Minosse si volta, esita, soppesa tra le braccia il fagotto di tessuti in cui è avvolto il neonato.
― È l'unica cosa da fare ― dice Grodyon con un cenno della testa.
Dal suo letto Pasifae, pallida e madida di sudore, una smorfia di sofferenza dipinta sul viso, solleva la testa. ― Minosse. Aspetta.
Il re si ferma, guarda la moglie, distoglie lo sguardo.
― Portalo qui ― dice Pasifae.
― Non voglio che tu veda ― dice Minosse con voce rotta.
Pasifae allunga le braccia verso di lui. ― Fammelo vedere un'ultima volta. Ti prego.
Grodyon scuote la testa. ― Mio re...
Minosse si muove verso il letto, si inginocchia al fianco della moglie e le mostra il fagotto e ciò che c'è dentro.
L'espressione di Pasifae si addolcisce. ― È un bambino.
― Lui non è... ― dice Minosse, ma le parole gli muoiono in gola.
― È l'erede che abbiamo sempre voluto.
― Grodyon dice...
― Lui non sa quanto l'abbiamo desiderato.
Minosse si piega sulle ginocchia. Le lacrime gli rigano le guance.
Pasifae gli passa una mano tra i capelli, scompigliandoli. ― Si chiamerà Asterione. come tuo padre.
Minosse abbozza un timido sorriso. ― Il mio gigante.
I due si abbracciano.
Grodyon sibila qualcosa tra le labbra e lascia la sala.
***
Una bambina sui cinque anni trotterella fuori dalla stanza, inseguita da una donna dai capelli raccolti in un'unica treccia che ondeggia nell'aria. ― Arianna. Principessa ― grida la donna mentre cerca di tenere il passo della bambina.
Arianna si volta e ridacchia. Il viso paffuto contrasta con il corpo sottile come un giunco e le gambe che si muovono veloci sul corridoio di pietra. Giunta a un incrocio svolta a destra.
La donna la segue, ma quando gira l'angolo la bambina è sparita. ― Arianna? Dove siete, principessina? Venite fuori o vostro padre si arrabbierà moltissimo.
Arianna, aggrappata a una sporgenza del muro, ondeggia a mezz'aria sopra la testa della donna che la supera e scompare dietro un angolo. Con un gesto agile si lascia scivolare sulle rocce fino a toccare il pavimento, dove atterra sugli arti, rimbalza come se fosse di gomma e si raddrizza.
Dall'altra parte del corridoio, una figura piegata a metà batte il pavimento con i palmi delle mani e saltella. Il corpo è ricoperto di peli bruni dalla cintola in su, le braccia muscolose e il torace ampio sono proporzionati a una testa enorme, sormontata da due escrescenze ossee poste poco sopra le tempie, dove i capelli fulvi non crescono, mettendole in risalto.
Arianna corre verso la figura accovacciata in un angolo. ― Asterione ― esclama con voce da bambina. ― Facciamo il gioco del tu mi prendi?
― Prendi ― dice Asterione articolando a fatica la parola con le labbra che sporgono in maniera esagerata da un viso schiacciato in cui il mento e il naso somigliano a quelli di un animale.
Arianna lo prende per mano e lo fa rialzare. Asterione la segue nel corridoio.
***
Pasifae siede all'ombra della tenda, il corpo abbandonato sulla lettiga. Accanto a lei, in piedi dinanzi a un tavolo, Minosse sta riempiendo un bicchiere con un liquido ambrato versato da una caraffa.
― Ti ho fatto preparare l'infuso che ti piace tanto ― dice porgendo il bicchiere alla moglie.
Pasifae gli rivolge un debole sorriso. È magra, lo sguardo spento e sofferente. Le mani tremano quando si porta alla bocca il bicchiere. Sorseggia un paio di volte, poi appoggia il bicchiere al lato della lettiga.
Minosse la guarda preoccupato. ― Devi berlo tutto.
― Lo berrò con calma. Tanto non scappa via.
Minosse sospira. ― Dedalo è in ritardo. Come al solito.
Un uomo scivola alle sue spalle. ― Stavolta, solo di poco, mio re.
― Tuo figlio ti sta dando ancora problemi?
― L'ho mandato in una bottega a fare esperienza ― sospira Dedalo triste. ― Ma sono più le volte che trova una scusa per starsene a casa a dipingere, che i giorni che passa a imparare un mestiere.
― I figli sono così.
Dedalo annuisce grave.
― Non restartene lì impalato. Vieni. ― Minosse si volta di scatto e con un gesto della mano lo invita ad avanzare. ― Come vanno le cose al porto?
Dedalo avanza strascicando i piedi. ― Male. Anche per questa luna non avremo abbastanza cibo per sfamare la popolazione.
Minosse distoglie lo sguardo. ― E le navi che dovevano arrivare da Atene?
― Si rifiutano di attraccare ai nostri moli. Dicono che l'isola è maledetta, che un mostro orribile affondi le navi che osano avvicinarsi.
― Sciocche superstizioni ― sibila Minosse.
― È la collera degli déi. ― Grodyon emerge dall'ombra. ― Tu li hai sfidati e ora ci stanno punendo tutti.
Minosse si acciglia. ― Ti ho già detto di non parlarmi in questo modo.
― Ti parlo da amico ― dice Grodyon fermandosi a qualche passo di distanza. ― La nostra bella isola sta morendo, Minosse. I campi si sono inariditi, il pesce è sparito dai mari, la pioggia non cade da intere lune e quando succede piante e frutti marciscono.
― È tutta colpa della montagna che è esplosa ― dice Minosse. ― Spiegaglielo tu, Dedalo.
Dedalo si schiarisce la voce. ― Gli inverni sono più lunghi e freddi del normale, le estati fresche ma secche. La nube prodotta dalla montagna ha oscurato il sole...
― Che mucchio di sciocchezze ― taglia corto Grodyon. ― Poi accusi me di inventare fandonie per spaventarti. Quando mai si è vista una nuvola in grado di seccare i campi e impedire alla pioggia di cadere.
― Eppure ― dice Dedalo. ― Le coincidenze sono molte. Tutto è iniziato con quel disastro.
― Non voglio sentire ― dice Grodyon tappandosi le orecchie. ― È chiaro che non avete ben capito a cosa stiamo andando incontro. Sarà sempre peggio. ― Punta un minaccioso un dito contro Minosse. ― Restaura l'antico culto dei sacrifici, consacra questo palazzo a Poseidone e forse gli déi avranno misericordia di noi e ci perdoneranno.
― Mai ― dice Minosse a denti stretti. ― E ora vattene.
Grodyon fa un leggero inchino. ― Come vuoi, ma io ti ho avvertito. ― Si volta e lascia la sala.
Pasifae emette un leggero lamento. Minosse si inginocchia al suo fianco. ― Che cosa c'è?
La regina mostra un sorriso forzato. ― Sei sempre il solito testardo. Sembri un toro che carica.
Minosse sorride.
― Hai fatto bene a non dargli ascolto ― dice Pasifae. ― Come quel giorno... ah. ― Chiude gli occhi, un brivido che le percorre il corpo.
― Non ti affaticare ― dice Minosse rialzandosi. A bassa voce, dice a Dedalo: ― Possibile che non ci sia niente che possiamo fare? È dal giorno del parto che diventa sempre più debole.
― La regina è sempre stata di salute cagionevole ― spiega Dedalo. ― Dovete starle accanto il più a lungo possibile.
Minosse annuisce. ― Se almeno ci fosse il modo di liberarci da questa maledizione...
***
Aggrappata alle mani di Asterione, Arianna si dondola sospesa a mezz'aria sopra la balaustra. Sotto di lei si apre un baratro così profondo che i soldati di guardia sul fondo sembrano minuscoli.
― È bellissimo ― esclama la bambina.
Sopra di lei, Asterione ride ed emette dei suoni gutturali facendo schioccare le labbra spesse e carnose.
― Ancora ― lo incita Arianna.
Asterione la fa dondolare come se si trovasse su di un'altalena.
― Sto volando ― esclama felice Arianna.
Grodyon cammina con passo veloce, si ferma a guardare Asterione e con sguardo severo punta verso di lui.
― Tu ― grida rabbioso puntandogli contro il dito.
Asterione sobbalza, una mano perde la presa su Arianna ma la recupera un istante dopo.
― Tu sei la causa di tutti i nostri problemi ― prosegue Grodyon gettandosi contro Asterione, che indietreggia e oscilla con un piede oltre il baratro.
― Se non fossi nati, la nostra amata isola sarebbe ancora florida ― grida Grodyon. ― Sei una maledizione, una sciagura che si è abbattuta su di noi a causa della stupidità di tuo padre e di tuo nonno.
Asterione risponde con un grugnito.
Grodyon ride. ― Sai fare solo dei versi come un animale. Il recinto dei tori dovrebbe essere il tuo posto, non le stanze di questo palazzo.
Asterione lo guarda con aria di sfida.
― Quando ti rivolgi a me devi farlo con rispetto, bestia. ― Grodyon colpisce Asterione al petto.
Il bambino scivola oltre il bordo. Prima di precipitare si afferra con una mano alla balaustra, mentre con l'altra regge Arianna, che ora ha smesso di ridere e guarda spaventata il pavimento.
― Asterione ― esclama la bambina guardando in alto.
Da sopra la balaustra il viso di Grodyon fa capolino, l'espressione disgustata. ― Che cosa stai facendo, mostro? Lasciala subito. ― La punta del bastone affonda nel fianco di Asterione, che grugnisce e stringe i denti.
― Lasciala ora ― grida Grodyon con voce stridula. Un secondo colpo affondo nel fianco di Asterione, che perde la presa e precipita verso il basso. La mano con la quale tiene Arianna si apre e la bambina precipita nel baratro.
Un tonfo sordo fa sobbalzare Asterione. Aiutandosi con le mani e i piedi si cala giù per la colonna che sostiene la balaustra di pietra.
Il corpo di Arianna giace riverso al suolo, i capelli scompigliati sparsi attorno alla sua testa.
Asterione le scuote un braccio. ― Arianna? ― riesce a dire masticando ogni sillaba.
Le guardie accorrono.
― È stato il mostro ― grida Grodyon da sopra la balaustra. ― Prendetelo. Avvertite il re.
***
Minosse e Dedalo arrivano di corsa. Pasifae, poco dietro, si trascina su gambe malferme. Quando vede il corpo di Arianna riverso a terra, scoppia in lacrime e si inginocchia.
Minosse strappa la figlia dalle mani di una guardia e la stringe al petto. ― Cos'è successo?
Le guardie si scambiano un'occhiata perplessa.
Grodyon, scendendo da una scala, si precipita come una furia contro Asterione, rannicchiato in un angolo. ― L'ha scaraventata giù dalla balaustra ― dice puntandogli contro l'indice. ― L'ho visto io. E anche le guardie.
Minosse si rivolge ai due soldati.
― Giocavano come al solito ― dice uno dei due. ― Non potevamo immaginare che...
Arianna tossisce e si lamenta.
Minosse la adagia sul pavimento. Dedalo si china su di lei.
― Ho male ― dice la bambina con un filo di voce.
― Dov'è che senti dolore? ― le domanda Dedalo.
Arianna si tocca la gamba destra.
Dedalo le passa una mano sull'arto, stringe, lo gira con delicatezza. Arianna emette un lamento. ― È rotta ― dice raddrizzandosi. ― Bisogna steccarla e fasciarla. Non è niente di grave.
Minosse emette un sospiro e stringe la figlia al petto.
Una delle guardie indica un punto alle spalle del re. ― La regina.
Quando si volta, Minosse sgrana gli occhi. Pasifae giace riversa al suolo.
***
Il petto della regina di alza e abbassa a fatica, le labbra si muovono formando parole silenziose. In ginocchio al suo fianco, Minosse le tiene la mano stretta tra le sue.
Dall'altra parte del letto, Dedalo si raddrizza e scuote la testa. ― Non posso fare altro. I guaritori saranno qui tra un giorno o due.
― È troppo.
― Mi dispiace. ― Dedalo si volta. ― Vi lascio soli.
***
Fuori dalla stanza, solo un velo separa Grodyon e le guardie dal re. Dedalo scosta il velo e si ritrova di fronte il sacerdote, che gli rivolge un'occhiata ostile.
― Come al solito le tue arti magiche si rivelano utili quando ce n'è più bisogno ― dice Grodyon aspro.
― Non è magia ― dice Dedalo calmo. ― Se un giorno ti degnerai di passare dalla mia bottega, potrei dimostrartelo.
― La tua bottega? ― Grodyon gli rivolge un ghigno di sfida.
Minosse emerge dalla stanza con l'espressione cupa. ― Andiamo da lui ― dice alle guardie.
***
La porta si apre su una cella minuscola, senza giaciglio e uno sgabello su cui sedersi.
Minosse è il primo a entrare, seguito da Grodyon e un soldato.
― Era qui ― dice indicando la cella vuota. ― L'ho rinchiuso di persona.
Grodyon guarda in alto, dove una finestrella quadrata si apre nella roccia. ― È passato di lì.
― Non andrà lontano ― dice Minosse uscendo.
Fuori dalla cella una dozzina di soldati sono in attesa.
― Setacciate tutto il palazzo ― ordina Minosse. ― Guardate sotto ogni pietra, se necessario.
Le guardie escono una a una. Solo quando l'ultima ha lasciato la stanza, Grodyon si avvicina a Minosse. ― Cosa farai quando l'avranno trovato?
Minosse trae un profondo sospiro. ― Lo rinchiuderò in una cella e lì lo lascerò finché non avrò deciso che cosa fare di lui.
― È una buona cosa, ma posso suggerirti un finale diverso?
Minosse lo fissa minaccioso.
― So che non sei d'accordo, ma alla luce di quanto è accaduto, non sarebbe il caso di fare un'accezione, almeno in questo caso? Quella creatura...
― Asterione.
― Quell'essere, ha portato una maledizione sulla nostra isola.
― È mio figlio.
― Ha cercato di uccidere Arianna, quella dolce e docile bambina che tutti noi amiamo. Non è sufficiente a farti capire che deve essere eliminato per il bene di tutti noi? Lasciamo che la sua vita plachi la collera degli déi. Essi sapranno cosa fare con la sua anima. Non è escluso che dall'altra parte si trovi meglio che qui, dove è un essere infelice.
Minosse distoglie lo sguardo. ― Ne riparleremo quando l'avremo preso.
***
Il soldato si avvicina con un'espressione cupa dipinta sul volto.
Minosse, in piedi sul balcone, fissa con sguardo vuoto la piazza dove la statua di un toro alta quanto trenta uomini adulti domina come un gigante. ― L'avete preso?
― Mio re ― dice il soldato. ― Non riusciamo a trovarlo da nessuna parte.
― Per gli dèi ― sbotta Grodyon. ― È soltanto un bambino. Possibile che riesca sfuggire a cinquanta soldati?
― Forse proprio perché è un bambino riesce a nascondersi più facilmente.
Minosse inspira una boccata d'aria. ― Sicuri che non sia scappato?
― Tutte le uscite sono sorvegliate ― risponde il soldato. ― Non è passato di lì.
― Manda altri uomini a cercarlo ― suggerisce Grodyon.
Minosse si volta di scatto. ― Ho un'idea migliore.
***
Minosse passa davanti a una coppia di soldati che stanno inchiodando delle assi su di un portone di legno. Poco più avanti, degli operai preparano la malta mentre un altro gruppo usa delle pietre per chiudere un passaggio a forma di arco.
Le ombre della sera si allungano lungo le strade e i vicoli che circondano il palazzo. Una folla di curiosi si è assiepata tra un edificio e l'altro. Guardano con un misto di timore e curiosità il re che passa in rassegna soldati e manovali che stanno sigillando tutte le entrate al palazzo, mentre da quelle ancora aperte altri uomini portano via a spalla suppellettili e altri oggetti.
Dedalo sopraggiunge di corsa. ― Minosse. Mio re ― dice col fiato corto. ― Sei sicuro che sia questa la cosa giusta da fare?
― Tu hai un'altra idea?
― Potrebbe essere stato un incidente.
Grodyon emerge dall'ombra. ― L'ha fatto di proposito. Io l'ho visto.
― Forse hai visto male ― lo ammonisce Dedalo.
― Perché difendi quella creatura? ― domanda Grodyon accigliandosi. ― Ha per caso a che fare con quello che combini nella tua bottega? Forse accetterò il tuo invito e mi presenterò con una dozzina di soldati per dare un'occhiata in giro.
― Sarete i benvenuti ― dice Dedalo calmo. ― Non hai risposto alla mia domanda ― prosegue rivolto a Minosse. ― Era davvero necessario tutto questo? ― domanda allargando le braccia.
Minosse fissa il palazzo che si erge sopra di loro svettando come un gigante tra gli altri edifici. ― Resterà sigillato per sempre nel palazzo ― dice con voce neutra. ― Come mio erede, gli ho concesso l'onore di scegliersi la propria prigione. Vuole restare nascosto lì dentro? Faccia pure, ma non potrà uscirne mai più fino alla fine dei suoi giorni. Questa è la mia volontà.

 
  
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