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Autore: DulceVoz    09/03/2015    5 recensioni
Che ne sarà di noi? Questa non è una vera e propria domanda, è piuttosto una frase vaga che si ripetono tre fratelli, da quando la loro vita è stata sconvolta da una disgrazia più grande di loro, un uragano di sofferenza che ha stravolto duramente le loro giovani esistenze. Che ne sarà di noi? Si chiede una zia amorevole, che potrebbe trovarsi costretta a vivere con loro a causa di un testamento sorprendente, il quale la vedrebbe obbligata sotto lo stesso tetto anche con il suo peggior incubo, ovvero l’uomo che si interrogherà con la medesima questione, nascondendosi dietro ad una maschera di indifferenza. Dal dolore puo’ nascere amore? E, soprattutto… l’amore puo’ aiutare a superare un dramma tale? Questo e molto altro, lo dovranno scoprire i nostri protagonisti… perché a sanare le loro profonde ferite, dovrà pensarci proprio questo potente sentimento.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Diego, Leon, Pablo, Violetta
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Farsi coraggio. Cap.20
 
“- Si puo’ sapere perché Priscilla ha scelto questo posto per le foto?” Angie scese dalla sua auto con stizza, affondando subito un tacco in una zolla d’erba fangosa e imprecando sotto voce, venendo comunque sentita da Galindo che, per tutta risposta, ridacchiò sotto ai baffi. “- E’ la sua villa di campagna… ha lasciato qui i vestiti e il trucco per il servizio ma non vuole che ci siano addetti al makeup, capelli o roba del genere… te l’ha già detto: foto semplici ma d’effetto.” Pablo si avvicinò al cancello di quella enorme villa che gli si stagliava di fronte e tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi prestate lui dalla stessa direttrice del giornale per cui lavorava: quella casa era un sogno già da fuori, ma, varcandone l’entrata, se possibile, era anche meglio. Un giardino enorme si aprì davanti a loro e i due sgranarono gli occhi alla vista di quel vero e proprio paradiso terrestre: due fontane zampillavano allegramente, aiuole rigogliose e zeppe di fiori rendevano il prato una tavolozza di colori e un enorme scalinata in marmo portava a quella che era la porta d’accesso principale.
“- D’accordo, mi aveva detto che sarebbe stato tutto in salotto… quelli sono gli abiti.” Pablo, entrato in quella reggia, seguito dalla donna che continuava a guardarsi intorno estasiata, le indicò un carrello su cui erano appesi almeno una quindicina di vestiti e, sotto ad ognuno di essi, vi erano tacchi di ogni colore e modello. “- Wow…” Ebbe la forza di balbettare Angie, avvicinandosi piano a quella sfilza di capi di vari stilisti tra i più famosi al mondo. La bionda sfiorò piano la superficie di quelle stoffe e pensò di non star riuscendo a godersi appieno il momento come avrebbe voluto: in fondo la moda le era sempre piaciuta e quello, probabilmente, sarebbe stato un sogno per qualunque donna… ma per lei non lo era, era una sorta di incubo ad occhi aperti. Non aveva ancora parlato ai nipoti del fallimento del suo amato Restò Bar e stava inventando scuse su scuse anche solo per uscire di casa, come quando era andata a vari colloqui, o per la cena con Priscilla… per fortuna quella mattina lei e Pablo erano andati alla villa della Ferro dopo che i ragazzi fossero andati a scuola… ma tutto quel mistero le metteva un’ansia incredibile. Come avrebbero preso quella novità i Castillo? Prese un profondo respiro e Galindo, avvertendo la sua tensione, l’avvicinò a passo lento, smettendola di armeggiare con la sua ultratecnologica attrezzatura fotografica. “- Andrà tutto bene, rilassati e va’ a cambiarti.” Le sussurrò piano all’orecchio, vedendola voltarsi di colpo: ecco il secondo motivo del suo nervosismo, ce l’aveva esattamente di fronte in quel preciso istante. Stare in casa con Pablo quando c’erano i nipoti era una cosa, riusciva ad evitarlo più facilmente per allontanarlo dalla sua mente e dal suo cuore… in quella residenza enorme però erano da soli e Angie al solo pensiero che sarebbe potuto accadere qualcosa credé seriamente d’impazzire. “- Vado…” Esclamò di colpo, prendendo una gruccia con un vestito rosso fuoco ampio e le scarpe abbinate ad esso per poi, a passo rapido, andare a cercare un posto dove cambiarsi e indossare quella meraviglia d’alta sartoria, facendo attenzione a non rovinare nulla. Galindo la vide scappare letteralmente via da lui a passo rapido e si lasciò cadere a peso morto sull’enorme divano nel salone: era evidente che Priscilla avesse voluto che fossero da soli in quella villa, che tifasse per loro, che, probabilmente li appoggiasse tanto perché in qualche maniera sapeva che la Saramego lo avrebbe reso migliore… ma per quanto lui avesse combattuto, sarebbe mai riuscito a convincere Angie che nel loro amarsi reciproco non ci fosse nulla di male? Ok, avrebbero dovuto affrontare Gregorio Casal, i ragazzi… ma poi era certo che avrebbe potuto rendere felice la Saramego, era diventato quello il suo vero e unico obiettivo. Si portò la testa tra le mani e si fregò il viso con stizza: perché doveva tutto essere così dannatamente difficile? Una voce melodiosa, nel bel mezzo delle sue riflessioni, lo fece però sobbalzare. “- Sono pronta… credo.” Incerta, la bionda fece qualche passo verso l’uomo che, voltandosi di colpo, rimase abbagliato dalla meraviglia che era la donna: i capelli le ricadevano dolcemente sulle spalle, quel vestito le stava d’incanto e sembrava una principessa uscita da qualche fiaba. “- Mi aiuti con la cerniera…?” Domandò lei, essendo riuscita a chiudere la zip sul retro del corsetto solo fino a metà. Pablo deglutì a disagio e, scattando in piedi, la vide voltarsi in imbarazzo, spostandosi la chioma dorata su una spalla, per facilitare il lavoro di Galindo. Aveva fatto di tutto per tentare di chiuderlo da sola, ma non ci era riuscita e, se aveva chiesto al moro quel favore, era solo perché non aveva avuto altra scelta. Il fotografo rimase immobile alle sue spalle: la schiena nuda e candida della donna lo avrebbe fatto sragionare in passato ed era chiaro che ora non fosse molto diverso, ma tentò con tutte le sue forze di contenersi, limitandosi a far salire la lampo del bustino provando a pensare ad altro… inutilmente. Quel momento così semplice l’aveva mandato in tilt e dovette fare un grande sforzo per apparire rilassato, per fermare quel tremore alle mani che si era impossessato di sé, mentre, ad Angie, non fu di certo più facile: il fiato sulle sue spalle dell’uomo la mandò in estasi e socchiuse gli occhi, costringendosi a concentrarsi su altro… lo sapeva che quella questione del servizio fotografico era un errore, un maledetto errore e a maggior ragione se doveva restare tutto quel tempo in contatto con Galindo… ma che colpa ne aveva lei? Cosa poteva saperne che Priscilla avrebbe lasciato fare a loro due… da soli? Si aspettava almeno una decina di persone intorno a loro, tra parrucchieri e truccatori… e invece niente. Lei e Pablo, lì, senza nessun altro in giro. Purtroppo.
“- Ecco fatto.” Sorrise Pablo, risistemandole i capelli e conducendola fino al giardino: dovevano iniziare da lì, la luce era ideale e sarebbero venute delle foto stratosferiche. La donna lo seguì e, superato il suo iniziale imbarazzo, si lasciò completamente guidare da lui che, dovette ammetterlo, sul lavoro era tutta un'altra persona, professionale e serissima, seppure, di tanto in tanto, si rese conto che si perdesse a fissarla più del necessario seppure, a differenza di prima quando il suo sguardo scorreva su tutto il suo corpo, ora era focalizzato nei suoi occhi, con aria innamorata che in passato non gli era mai appartenuta. Fecero vari scatti sia all’esterno della villa che all’interno, e l’atmosfera magica fu favorita anche dall’estremamente elegante arredamento della casa di Priscilla. Arrivarono alla fine giusto un’ora prima che i ragazzi stessero per rientrare a casa e, un po’ stanca ma felice, la donna si lasciò per un secondo cadere sul grande divano, seguita dall’uomo che fece lo stesso. “- Sono distrutta! Non pensavo che sarebbe stato così estenuante!” Sorrise Angie, finalmente distrattasi dai suoi meri pensieri, più rilassata. “- Visto? E tu che ti lamentavi di gestire il Restò Bar!” Ironizzò il fotografo, facendola sorridere amaramente: per quanto amasse la moda, la sua priorità sarebbe sempre rimasta il suo piccolo locale e non vedeva l’ora di poterlo riaprire, dopo aver saldato tutti i debiti. “- Ma quando mai io mi sono lamentata?! Tu, casomai… scansafatiche che non sei altro!” Rise lei, vedendolo sghignazzare di gusto. “- Sai, ho notato che non abbiamo mai fatto una foto insieme io e te… a parte in rare ed eleganti occasioni…” Sentenziò il moro, alzando lo sguardo dallo schermo dalla sua fotocamera sulla quale stava osservando le immagini catturate alla sua modella d’eccezione poco prima. “- E perché dovremmo averne?” Ribatté lei, fingendosi piccata… doveva tenerlo lontano e, invece, perdeva tempo a scherzare con lui, sentendosi dannatamente bene nel farlo ma maledettamente in colpa. “- Cheese!” Sorrise lui, provando a fare una foto ai due con la stessa macchina super tecnologica che teneva appesa al collo, appoggiando il capo sulla spalla della Saramego per far entrare tutti e due nell’obiettivo. “- Siamo venuti bene… tu sei più bella ma questo è ovvio e lo sapevo già...” Commentò lui, armeggiando con l’apparecchio, per passarlo poi a lei che, sorridente, fissò quell’immagine di loro due in quella vera e propria reggia. “- Anche tu non sei male…” Ghignò la bionda con gli occhi fissi sul display della fotocamera, sentendosi improvvisamente avvicinare da Pablo che le depositò, a tradimento, un caldo bacio sul collo, lasciandola basita e immobile: quello che provò a quel contatto non avrebbe saputo spiegarlo… era così tremendamente felice, avrebbe voluto implorargli di continuare seppure dovesse dirgli, invece, di fermarsi… ma non ci riuscì, tanto che, anche quando Galindo la fece stendere sotto di sé su quell’enorme sofà, non fu in grado di proferire parola alcuna, né di opporre resistenza. Angie lo voleva, avrebbe voluto tanto che accadesse qualcosa ed era in balia del suo cuore che batteva come un forsennato sembrando quasi che le volesse schizzare fuori dal petto, mentre l’uomo, fissandola dolcemente, aveva appena depositato un altro bacio sotto al lobo e poi un altro ancora più in basso, allungandosi su di lei e sentendola sospirare profondamente, socchiudendo gli occhi.
“- Pablo, no… noi non… non possiamo.” Non sapeva neppure dire come, eppure, d’un tratto, Angie ebbe la forza di balbettare quelle parole, appoggiandogli le mani sul petto e allontanandolo da sé lentamente, nonostante fosse travolta da una marea di sensazioni contrastanti: gioia, serenità, senso di completezza… ma anche ansia, paura, nervosismo… no. La mente aveva prevalso sulla sua anima e, a quelle parole, lo vide sollevarsi piano da sé, imbarazzato e con lo sguardo basso, mentre anche lei rimase tesissima, riavviandosi alla meglio i capelli e sistemando le pieghe alla gonna dell’abito con le mani, quasi come a volersi distrarsi da ciò che era avvenuto e, ancor peggio, da quello che sarebbe potuto accadere se quel barlume di lucidità non l’avesse colta.
“- Perdonami, però io… io ti amo, Angie, dannazione, e… so che non possiamo, ma io non riesco più a starti lontano, non ce la faccio! E’ una punizione troppo difficile da sopportare…” Il fotografo, alzando gli occhi e incatenandoli a quelli smeraldo di lei, sussurrò un po’ a disagio quelle parole e lei, mordendosi nervosamente un labbro, scosse il capo, mestamente. “- Dobbiamo.” Sentenziò in un mormorio amaro la donna, alzandosi e avvicinandosi alla stanza in cui si stava cambiando d’abito per le foto. Gli aveva detto che l’amava e lei doveva respingerlo… quanto stava male per quella terribile situazione? Troppo. Angie avrebbe voluto gridargli con tutto il fiato che aveva in corpo che aveva imparato a conoscerlo e ad amarlo anche lei, con un’intensità che non aveva mai provato… ma dovette resistere, ancora una volta. “- Andiamo via, tanto abbiamo finito, no?” Chiese lei ancora in imbarazzo, vedendolo asserire tristemente con il capo. “- Perfetto. Vado a mettermi i miei vestiti e torniamo a casa.” Aggiunse la Saramego, sospirando profondamente per allontanarsi dall’uomo, con un dolore lacerante alla base del cuore. Per quanto ancora avrebbe dovuto reprimere i suoi sentimenti? Per sempre, certo… ma ci sarebbe riuscita? Si richiuse con stizza la porta alle spalle e si portò le mani al volto, scivolando con la schiena lungo il legno in ciliegio dell’accesso a quello che, più che un bagno, per dimensioni e classe, pareva un appartamento a sé stante. La Saramego scese fino a toccare il pavimento e pianse amare lacrime, le ennesime… perché tutto doveva essere così dannatamente complicato? Si costrinse quasi subito a mettersi in piedi e si sciacquò il viso con acqua fredda… i ragazzi sarebbero rientrati tra poco da scuola e lei doveva farsi trovare in casa, cosicché non sospettassero nulla… per quanto ancora avrebbe potuto mentirgli riguardo al servizio fotografico e al Restò Bar? Sbuffò sonoramente, specchiandosi nervosa: il trucco le era colato, era meno accaldata ma comunque era agitata… poteva farcela, un passo alla volta… sperando che tutto, prima o poi, si sarebbe risolto.
 
 
Il garage dei La Fontaine si era appena svuotato della band e solo Diego aveva chiesto il permesso al padrone di casa di restare ancora un po’ lì per continuare ad aggiustare una delle chitarre che, oltre a mancare di una corda, necessitava di una sistemata urgentemente. Il ragazzo era seduto sullo sgabello che di solito occupava Leon, quello di fronte al microfono, riflettendo su ciò che gli era accaduto con Francesca. Ancora non riusciva a credere al potere che aveva su di lui quella giovane, sul suo animo: si sentiva bene, dannatamente bene con lei che lo capiva, lo ascoltava, sapeva come consigliargli sempre la cosa giusta… e non voleva lasciarla andare, tanto che, dopo ciò che era accaduto nel suo giardino, aveva continuato a frequentarla, tuttavia ancora come un’amica. Non c’erano stati altri gesti troppo romantici, piuttosto chiacchieravano, ridevano, scherzavano eppure, più di una volta, aveva avuto l’impulso di riprovare quelle emozioni sentite durate quel bacio… era come se la La Fontaine lo avesse risvegliato da una sorta di trance fatta unicamente di sofferenza in cui era caduto, come se, solo con lei accanto, stesse finalmente iniziando una lenta ripresa per ritornare a stare meglio. Finalmente, dopo tanto armeggiare con lo strumento che ora imbracciava dopo essere riuscito anche ad accordarlo, iniziò quasi meccanicamente a strimpellare e ad intonare delle parole, le prime che gli passarono per la testa:
 
“Es el amor lo qué arrancó, el dolor,
Es mi valor, la fuerza, el corazón...
Lo qué cambió,
Y estoy mejor, estoy mejor, estoy mejor,
Por ti, por mi.”
 
Si fermò e sentì un lieve applauso provenire dalle sue spalle: Francesca, scesa in garage dall’entrata interna della casa, era appoggiata con la schiena alla parete e lo fissava, euforica. Quella strofa le piaceva parecchio, era orecchiabile, dolce e la voce di Diego rendeva il tutto più entusiasmante. “- Wow, non sapevo di avere una spettatrice!” Esclamò il moro, voltandosi verso di lei e posando la chitarra sul suo supporto, per poi avvicinare la ragazza. “- Non sono una semplice spettatrice, sono proprio una fan, la numero uno, oserei dire!” Lo corresse la bruna, un libro di Astronomia sotto ad un braccio e l’aria sorpresa: fino a poco tempo prima, Diego non voleva nemmeno sentir parlare di musica ed ora lo trovava a comporre un brano… era felicissima dei suoi passi da gigante e quelle parole erano la chiara dimostrazione che si sentisse almeno un po’ meglio… mentre una domanda continuava a vagarle in mente:  quell’amore nato nel dolore, di cui lui parlava in musica… poteva essere riferito al loro? “- Perché non componi anche il resto? E’ molto bella…” Aggiunse Francesca, indicandogli lo sgabello, con il chiaro desiderio di volerlo sentire ancora cantare. “- Ci penserò… per ora non abbiamo ancora un brano per la gara, ma ci sta pensando tuo fratello.” Commentò lui, sorridendo: Leon si stava impegnando tantissimo per tentare di scrivere una canzone ma ancora non aveva nulla di concreto in mano, se non una base molto elettro che piaceva molto sia a lui che a Seba. “- Proponigliela, sicuramente piacerà anche a lui… ora però è corso di sopra a prepararsi, so che esce con Vilu stasera!”. A quelle parole, la giovane vide lui annuire in silenzio: doveva ancora fare l’abitudine al fatto che il suo migliore amico stesse frequentando la sorella, ma in fondo, lui non poteva dire proprio nulla visto che stava facendo lo stesso con la gemella di Leon. “- Che c’è, sei ancora geloso?” Lo provocò la ragazza, dandogli un buffetto sul braccio che lo fece sghignazzare, un po’ a disagio. “- Chi, io? No, affatto! Mi basta che il tuo fratellino faccia il bravo!” Sbottò, incrociando le braccia al petto e osservando Francesca ghignare divertita. “- …E non guardarmi così! Ho già chiarito con il tuo gemellino!” Esclamò piccato lui, appoggiandosi con la schiena contro la parete accanto a lei. “- Sì, lo so… e lui ha chiarito con te su… ecco… noi due.” Rispose l’altra, un po’ a disagio per aver toccato, quasi involontariamente, quell’argomento. Diego rimase spiazzato da quelle parole e annuì, restandosene zitto: in un certo senso si erano già dichiarati eppure si sentiva in imbarazzo con lei, molto più di prima che tutto ciò accadesse. “- Diego…” Provò la bruna, ma lui la interruppe, parandolesi di fronte e stringendo le mani della ragazza con le sue, lasciandola stupita da quel gesto così dolce. “- Voglio andarci con i piedi di piombo io… ci tengo a te e… ecco, voglio che tu lo sappia.” Iniziò Castillo, vedendola annuire: il giovane non usciva da un periodo facile ed era normale che il correre troppo lo spaventasse. “- Non c’è nessuna fretta…” Sorrise dolcemente la La Fontaine, mordendosi il labbro inferiore, un po’ a disagio. “- Scusami io… beh, mi viene difficile parlare ma se hai sentito quella sorta di strofa prima, beh… esprime tutto ciò che vorrei dirti.” La voce di Diego era ridotta quasi ad un sussurro e la giovane, istintivamente, gli accarezzò piano una guancia, con tocco tremante ed estrema delicatezza. “- L’ho sentita, Diego… l’ho sentita.” Mormorò Francesca, osservandolo sorridere: il ragazzo si beò di quel gesto tanto dolce della bruna e credé di impazzire per l’estrema serenità che riusciva a trasmettergli… che incantesimo gli aveva fatto mai? Non lo sapeva ma, senza pensarci troppo, l’abbracciò di slancio, depositandole un bacio sulla sommità del capo, ispirando a pieni polmoni il profumo di camomilla proveniente dai capelli castano scuro di lei. “- Sto meglio, Fran. Sto meglio per te… e anche per me.” Soffiò, stringendola a sé, facendola commuovere: le piaceva starsene tra le braccia di Diego, si sentiva dannatamente bene e sapere che gli facesse quell’effetto così positivo la rese ancor più felice. Rimasero per alcuni secondi così, poi il ragazzo, staccandosi da lei e sorridendole, tornò a strimpellare sullo sgabello, segnandosi di tanto in tanto note e parole su un foglietto sgualcito, posto su un mobiletto alto attaccato al muro. Francesca rimase rapita ad ascoltarlo, accomodata su uno scatolone, stringendo al petto il suo libro… ormai era certissima di amarlo e, anche a costo di aspettare tutta la vita, voleva stare con lui a qualunque prezzo. In fondo nemmeno a lei andava di correre con la loro storia, non era di certo abituata a stare con un ragazzo che non fosse frutto della mente di un qualche autore letterario! Per ora si godeva quei momenti brevi ma intensi in sua compagnia: era contenta di essere la sua cura per farlo uscire da quel mare di sofferenza e voleva continuare, come diceva quella canzone in via di composizione, a farlo: stare meglio.
 
 
“- Stai scherzando? Sono sul serio i biglietti per il Boca? Caspita, ma erano introvabili!” Leon, euforico, aveva sgranato gli occhi alla vista di quei tickets nelle mani della ragazza quel pomeriggio, facendola sorrise furbescamente: in realtà quei tagliandi erano di proprietà di Pablo che, un pochino, si stupì quando lei gli aveva chiesto se potesse prenderli… cosa ci doveva mai fare? Possibile che volesse andare allo stadio per assistere a quella partita? Con calma aveva spiegato all’uomo che intendesse regalarne uno a Leon per accompagnarlo e lui, capendo perfettamente la sua intenzione, vi aveva rinunciato, regalandoglieli senza opporre alcuna resistenza… in fondo gli faceva piacere vedere la giovane così felice, lui poteva vedere il match in tv, e poi tifava per l’Independiente, quindi poco gli importava, per quanto fosse appassionato di quello sport, di quei posti in tribuna, vinti da lui stesso qualche giorno prima grazie ad un concorso radiofonico. Addirittura, la figlia di German gli aveva lanciato le braccia al collo, euforica per quel dono, stritolandolo in un forte abbraccio come non era mai accaduto prima, sotto lo sguardo estasiato della zia.
Adesso, i due ragazzi, appena scesi dalla potente moto di La Fontaine, erano fuori dall’enorme stadio, la cosiddetta: “Bombonera” che era già circondato di venditori ambulanti di ogni gadget e tifosi, i quali, allegramente, si avvicinavano ai cancelli per accedere alle varie sezioni delle gradinate. “- Ammetti che non ti aspettavi riuscissi a trascinarti qui!” Lo provocò Violetta, osservandolo annuire, ancora sorpreso da quell’idea geniale della ragazza. “- E sì, ma soprattutto ammetto anche che non mi aspettavo amassi tanto il calcio!” Ribatté lui sorridendole, curioso: che uno dei segreti nascosti della sorella di Diego fosse la passione per il pallone? Riusciva sempre a sorprenderlo, quello era sicuro! Quando, quel pomeriggio. gli aveva detto che voleva portarselo alla partita, lo aveva lasciato alquanto spiazzato… ma, ovviamente, lui aveva accettato, felice. “- Molte cose non sai di me, La Fontaine!” Sbottò lei divertita, guardandosi intorno soddisfatta: quella di trascinarsi il ragazzo lì era stata un’ottima idea, nonostante il gioco tanto amato da suo fratello non la facesse particolarmente impazzire… “- I biglietti me li ha regalati Pablo, e se tu ti sei sopportato ‘Amor y Vampiros’ io merito di guardarmi questo big match per farmi perdonare!” Aggiunse la castana, vedendolo sgranare gli occhi… era così evidente che avesse odiato quel film? Probabilmente sì, tanto che, tesissimo, cambiò discorso, consultando i biglietti che la giovane gli aveva ceduto e cercando il varco dal quale avrebbero dovuto accedere per assistere alla gara. “- Ecco, dobbiamo salire quella gradinata e poi dovremmo ritrovarci nelle tribune…” Indicò con un gesto della mano, vedendola annuire in silenzio ma con un bel sorriso stampato sul volto. “- Una volta ci sono stata con papà e Diego… e devo dire che mi divertii un sacco…” Balbettò amaramente la Castillo, con tono tuttavia malinconico ma non troppo, per non far pesare al ragazzo quella situazione. “- Vedrai che ci divertiremo anche oggi… la partita si promette uno spettacolo calcistico da veri intenditori!” Riuscì a distrarla il giovane, stringendole istintivamente una mano e prendendo a salire le scale al suo fianco. Violetta avvertì un brivido attraversarle l’intero braccio a quel contatto e prese un profondo respiro, sperando di non inciampare per l’emozione. “- Non ti preoccupare che io sono un’esperta!” Scherzò la ragazza, dandogli una piccola spinta che lo fece barcollare su un lato, ridendo. “- Certo… di pallidi vampiri innamorati!” La schernì, facendole però un dolce occhiolino. Dopo molto camminare, finalmente, i due giunsero sugli spalti e il figlio di Matias cominciò a vantarsi delle sue conoscenze storiche oltre che sportive per fare ulteriormente colpo... “- Sai perché questo posto è chiamato “Bomboneira”?” Le chiese a bruciapelo, sedendosi accanto a lei e osservandola scuotere il capo, curiosa. “- …In realtà lo stadio si chiama Alberto Jacinto Armando ma uno dei suoi progettisti, lo paragonò, una volta finito, ad una scatola di ‘bombones’, di cioccolatini, quelli che gli avevano regalato per la sua inaugurazione.” Raccontò con tono solenne e serio, mentre Violetta pendeva interessata e incantata dalle sue labbra: per quanto la riguardava, Leon poteva dirle tutte le storie che voleva, lei comunque sapeva che se ne sarebbe rimasta immobile a sentirlo parlare… era troppo dolce il suo della sua voce, l’avrebbe ascoltato per ore. “- Wow, caspita quante ne sai!” Si complimentò la Castillo, ammirata, facendolo sorridere soddisfatto. “- Se ne sapessi la metà di sport e un pochino in più di matematica e letteratura sarebbe meglio, in effetti…” Si prese in giro da solo il giovane, facendola scoppiare a ridere di gusto. “- E dimmi, espertone, ti sei portato la giusta dose di popcorn, almeno?” Lo schernì la figlia di German, ironizzando sulla voracità del La Fontaine che alzò le braccia in segno di resa. “- Mi hai beccato! Sì, ho cibo a bizzeffe!” Rise, facendole ruotare gli occhi al cielo, tuttavia divertita. “- Sei incredibile!” Esclamò, osservandolo aprire lo zaino che portava in spalla e cominciare a cercare qualcosa: improvvisamente, Leon tirò fuori due sciarpe blu e gialle e, senza pensarci due volte, ne passò una alla giovane che rimase inizialmente un po’ interdetta… poi, però, se la mise al collo sorridente e lo stesso fece lui, con aria solenne come se si trattasse di un oggetto sacro. “- Senza queste non siamo credibili come tifosi!” Scherzò Leon, vedendola annuire, fiera. “- Eh già! Non sia mai che ci scambino per comuni mortali!” Commentò lei, sghignazzando. Doveva ammettere che Leon, oltre ad essere bellissimo, era anche tanto simpatico e la cosa le piaceva davvero molto… mentre, dal canto suo, il ragazzo, scoprì in Violetta una sottile ironia che non si aspettava ma che lo sorprese in positivo, ancora una volta.
La partita cominciò dopo pochissimo e, subito, le azioni si fecero interessantissime tanto che, più volte, la squadra di casa andò vicina al goal, facendo scattare in piedi i ragazzi, soprattutto Leon, il quale si disperava ad ogni occasione sprecata. “- Maledizione, guarda quella difesa! Fa acqua da tutte le parti! Devono marcarli stretti gli avversari, non lasciargli fare ciò che gli pare!” Sbottò stizzito il La Fontaine, portandosi le mani al volto, esasperato dagli errori dei suoi idoli sportivi. “- Dai, vedrai che ora segnano! In fondo stanno attaccando moltissimo! Prima o poi il goal verrà fuor…” Un boato. Gente in visibilio in ogni dove, ovunque si voltassero. Leon alzò il viso rendendosi conto solo in quell’istante che, per disperarsi, si fosse perso la magistrale azione in contropiede del Boca il quale, in meno di trenta secondi, era andato a segnare un eccezionale punto di vantaggio. “- GOOOOL!” Urlò poco dopo il giovane, abbracciando di slancio Violetta che ricambiò, gridando, a sua volta, felice. Lo stadio era ancora un’insieme indefinito di applausi e cori euforici, mentre i giocatori festeggiavano in mezzo al campo per quella rete, avvenuta nonostante la squadra stesse soffrendo per la forza degli avversari. “- Te lo avevo detto! Te lo avevo detto! Te…” Violetta tutto si sarebbe aspettato tranne quello: Leon, in meno di un secondo, ancora entusiasta dell’uno a zero dei suoi beniamini, le prese il volto tra le mani e fece combaciare le loro labbra, seguendo solo il suo cuore. La ragazza si sentì avvampare e, non sapendo di preciso cosa fare, essendo il suo primo bacio, gli allacciò le braccia al collo lasciandosi trasportare dal momento e seguendo i suoi movimenti, mentre intorno a loro la gente ancora esultava per il risultato del match. Il ragazzo fece scorrere le mani sulla schiena di lei appassionatamente mentre Violetta si lasciò travolgere da quell’attimo, in cui credé di essere su una nuvola: si sentiva dannatamente bene, lo amava da tempo indefinito e con quel bacio pensò seriamente che stesse vivendo un sogno. Quando si staccarono, Leon le prese la mano e, tenendo le dita intrecciate alle sue, si sedettero simultaneamente. Il ragazzo era al settimo cielo: non era mai stato un codardo in fatto d’amore, anzi… eppure prendere l’iniziativa con Violetta gli era costato, il coraggio gli mancava e ogni volta che la guardava sentiva che il cuore gli tremasse… insieme alle gambe. Poteva esserci solo un motivo per il fatto che non l’avesse baciata prima: il castano voleva essere sicuro al cento per cento dei suoi sentimenti, conoscendola meglio, accettando che l’amasse perdutamente. Aveva imparato col tempo che la Castillo non era una mocciosa infantile, aveva appreso quanto fosse forte, che avesse sicuramente più coraggio di lui e che nascondesse ancora altre mille risorse, consapevole del fatto che fossero solo alcune quelle di cui lui era venuto a conoscenza. “- Io… non esulto sempre così, eh… è colpa tua!” Esclamò Leon d’un tratto, serissimo, fissandola però dolcemente. “- …Mi… mi hai fatto innamorare di te e… tu sei tutto ciò che non credevo fosse possibile trovare in una ragazza.” A quelle parole tesissime ma sincere, Violetta sorrise teneramente, notando quanto fosse imbarazzato il giovane, il quale, facendo cadere lo sguardo sulle loro mani, ancora intrecciate, continuò: “- …Sei così… forte, decisa, coraggiosa… eppure tanto fragile e… e poi sei bella, molto bella, sai?” Sussurrò appena il La Fontaine, ormai ignorando completamente il match. “- Voglio stare con te, Vilu… voglio proteggerti, io… voglio che tu mi doni un po’ della tua grande personalità che, per quanto appaia sicuro, credimi, mi manca. Sei eccezionale.” A quelle parole, lei si appoggiò con il capo nell’incavo della sua possente spalla e lui le circondò le sue con un braccio, tenendola così, stretta a sé. “- Leon, tu mi piaci dal primo istante in cui ti ho visto e… anche se forse tu mi reputavi solo la sorellina di Diego, sappi che io ti ho sempre considerato il ragazzo dei miei sogni.” Violetta, alzò gli occhi e si ritrovò incatenata a quelli smeraldo del giovane che cominciò ad accarezzarle la schiena dolcemente. “- Sì, e sono stato un cretino. Tu sei stata la più matura sin dall’inizio e il bimbo, per giunta tonto… io. Scusami.” Le sussurrò piano, posandole un tenero bacio sulla fronte, sentendola, dopo quel romantico gesto, accoccolarsi ancor di più a lui. Rimasero così per un tempo indefinito, sembrava ad entrambi di vivere un sogno e, quando la partita terminò, rimasero ancora per lunghi istanti abbracciati: esistevano solo loro, erano insieme, ormai. Finalmente insieme.
 
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Leonetta! Sodoofof Finalmente abbiamo avuto il loro primo bacio! Spddppd :3 E poi abbiamo i Diecesca! Dieguito inizia a comporre “Ser Quien Soy”… :3 Inoltre i Pangie alle prese con il sevizio fotografico per “Top”! Ddofof (beh, qui ci dobbiamo lavorare ancora, ma vi assicuro che non manca molto alla formazione di quest’altra coppia! :3) Che ve ne pare di questo 20? Spero vi sia piaciuto! :3 Grazie come sempre a tutti e alla prossima, ciao! :) DulceVoz. :)
  
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