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Autore: Silnica    09/03/2015    1 recensioni
È l’alba di un nuovo secolo e i vampiri hanno dominato ogni terra emersa da ormai ottant’anni. Sono la razza evoluta, dicono loro. Sono il progresso, dicono loro.
Gli umani sono allevati come animali da pascolo, per essere bevuti vivi, caldi e senza che oppongano resistenza.
Ma c'è una piccola flebile speranza. Il Capitano Isabella Swan è stata scelta per la missione denominata M.O.R.T.E., un viaggio per cambiare il presente e donare un futuro.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
Capitoli:
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Trama dei capitoli precedenti

Il capitano Isabella Swan ha viaggiato nel tempo per intraprendere una misteriosa missione denominata M.O.R.T.E., che, spera, potrà salvare il futuro da cui proviene. Arrivata, ha perso la lettera che era una chiave fondamentale dell’operazione. Per la prima volta è in superficie, in un mondo di cui non conosce niente: automobili, semafori e metropoli sono solo parole nei libri di storia per lei, ma il vero choc sono le centinaia di persone che popolano il passato. Il mondo è ignaro di quel che si nasconde nei vicoli bui, ma Bella ha già trovato quel che popola i suoi incubi: un vampiro.   

 

 

M.O.R.T.E.

Missione Organizzata Respingi Tizi Esaltati

 

 

 

·

 

 

Vampiro

 

 

Sento il mio corpo che viene girato. Lo sento, ma è come se lo vedessi in modo distaccato. Non ho percezione di quello che c’è intorno a me. Ma il mio istinto mi dice che non sta succedendo niente di buono. Lotto contro me stessa per rivenire a galla, e quando ci riesco è come se mi fossi tolta degli occhiali appannati con cui sentivo tutto come un eco.

Sono sdraiata, la guancia è schiacciata contro il freddo cemento, in contrapposizione al liquido caldo che mi bagna il resto del viso. Il male alla fronte. La presenza che incombe sopra di me. Niente che prometta bene, insomma.

<< Cazzo fai, Mark! >>

Dopo queste parole si sente il rumore di qualcosa che si scontra contro dei bidoni di ferro.

Con gli occhi mezzi socchiusi riesco a vedere che la figura sopra di me è il vampiro. Avvicina le zanne alla zona del collo, sotto l’orecchio. Sento il suo respiro pesante sulla pelle.

Ho solo pochi secondi prima che mi morda.

Istintivamente gli mollo un pugno. Un colpo non molto preciso che però ottiene il risultato di fermarlo sorpreso per un paio di secondi. Giusto il tempo di prendere la pistola che avevo infilato nei pantaloni, dietro alla schiena.

Il metallo è una presenza rassicurante tra le mie dita, che mi fa rinsavire dalla confusione e dalla velocità dell’azione. Il colpo parte diretto al petto del vampiro: una luce gialla esce dalla canna e colpisce in pieno il cuore dell’essere. So che sono stata precisa, nonostante non abbia preso la mira, perché cade immediatamente all’indietro in un tonfo. Ho mirato dritto, anche se fissavo i suoi occhi. Neri, un tutt’uno con le pupille. Spaventosi.

Non credo di capire ciò che sta succedendo: mi sento le membra pesanti e l’unica cosa che vorrei fare è sdraiarmi, ma appena chiudo gli occhi mi sento di nuovo il suo schifoso fiato sul collo, nel punto in cui mi voleva mordere.

La paura mi ha attanagliato le gambe. Giro la testa e il braccio, che impugna ancora la pistola anti-vampiro, avanti e indietro, verso l’uscita e la fine del vicolo. Sobbalzo ad ogni fruscio e alito di vento.

Dopo un tempo imprecisato di puro terrore, le gambe cominciano a rispondere di nuovo ai miei comandi. Mi alzo traballante, continuando a osservare ogni ombra e ogni cavità dove la poca luce non riesce a schiarire la notte. La pistola sempre puntata davanti a me.

Okay, Bella. Adesso devi darti una calmata. Dico a me stessa. Prendo un respiro profondo e, lentamente, abbasso l’arma. Il cuore continua a battermi forte nel petto, le gambe tremano.

Devo ragionare per priorità. La prima cosa è sbarazzarsi del corpo del vampiro.

Dalla cavità più bassa nell’impugnatura della pistola estraggo una boccettina di plastica contenente un liquido trasparente. Una formula chimica inventata nel laboratorio dell’Arca. La svito e lascio cadere una piccola goccia sulla sua guancia. La soluzione scivola ad arco sulla pelle fredda e morta, lasciando una scia rossa sul percorso intrapreso. Sembra quasi che l’essere pianga sangue. Lo stesso sangue di cui si è impossessato uccidendo umani innocenti.

Mi allontano di un paio di passi, incuriosita da come quella singola goccia incenerirà il corpo, ma sempre guardandomi furtivamente le spalle. Quando il liquido è penetrato interamente, la pelle comincia velocemente ad arrossarsi, fino a diventare rosso vivo in alcuni punti e nero carbone in altri. La soluzione consuma ogni tessuto che incontra sulla sua strada, portando con se anche gli indumenti che aveva indosso. Sembra di vedere un legno supersite di un intenso focolare, ormai ridotto a brace.

Al primo alito di vento si disintegra, lasciando solo cenere.     

Al secondo posto nella lista delle priorità, mi lampeggia la scritta: testimoni.

Solo pochi secondi fa c’erano due ragazzi, il più giovane, quello con gli occhiali verdi, è sparito. Mentre cammino ispezionando il perimetro, mi accorgo che il vicolo non è chiuso come pensavo. Una stretta viuzza non illuminata, spunta sulla sinistra. Probabilmente, quando ha visto che le cose si stavano mettendo male è scappato di lì. Grazie alla mia vista sviluppata, vedo che il vicolo sbocca in un altro più illuminato, e che entrambi sembrano vuoti.

Quindi la mia attenzione è per il ragazzo sdraiato per terra contro dei barili di ferro che emanano un odore ripugnante. Accucciata vicino a lui sento il suo cuore battere, ma anche i suoi capelli pieni di sangue. Questo mi ricorda della mia ferita alla fronte. Mentre l’adrenalina scivola via, il dolore si fa più forte, ma non credo che sia una ferita grave. E comunque al momento non ho tempo per preoccuparmene. Do qualche pacca sulle guance del ragazzo, ma questo non sembra voler rinvenire.

È già quasi buio ed io non ho concluso nulla, tranne essere attaccata da un vampiro. Non ho altro tempo da perdere.

Esco dal vicolo nella sera rischiarata dalle luci accese dei pali.

 

· ∫ ∙

 

Sono arrivata, non so come, ad un oggetto sollevato da terra dove ci si può sedere. Somiglia, infatti ad una sedia, ma è più lunga. Quando sono arrivata era piena di persone che si sono alzate all’improvviso, ed io, allertata, mi sono fermata a osservare.

Dopo poco si è fermato una di quelle automobili enormi, e sono saliti tutti, lasciando la panchina libera.

Esausta mi sono seduta appoggiando la schiena alla struttura di plastica trasparente che ripara l’oggetto. Quando è ripartito il mezzo, ha lasciato solo una signora, che è venuta a sedersi accanto a me.

Mi sono ritratta un po’, lasciando dello spazio tra di noi. Non saprei dire quanti anni abbia, se l’avessi incontrata sull’Arca avrei detto che è vecchia, ma nel passato il tenore di vita era più lungo.

<< Sai mica se la Linea 21 è in ritardo, cara? >>

Mi giro verso la fonte della voce e capisco che la signora sta proprio parlando con me.

Non ho mai parlato con qualcuno che non ho mai visto, se non consideriamo gli episodi con i ladri e quando cercavo di capire in che città fossi, all’Arca ci conosciamo tutti ed io non parlavo molto neanche con loro.

<< Non lo so. >> dico pettinandomi frettolosamente i capelli davanti alla fronte, per nascondere il sangue secco che avrò sicuramente.

<< Spero di no, cara. Sai, ho fatto più tardi del previsto e non mi piace viaggiare col buio, ma dovevo per forza rientrare. Mia madre mi ha proposto di rimanere da lei a dormire, ma domani ho il lavoro e come farei ad arrivare a Forks in tempo? Poi lei è una tale chiacchierona che mi farebbe… >>

<< Forks? >> la interrompo velocemente. Non ho capito molto bene il resto del discorso, il dolore alle tempie è aumentato rendendomi quasi sorda, ma quando ha pronunciato quel nome mi sono rinvenuta. Forks. È il nome della città della missione, non quella dove si trova la casa bianca, ma quella dove sarei dovuta andare dopo. Quella dove ci dovrebbero essere quei vampiri.

<< Si, la conosci? È dove abito, sei di lì? Non credo di averti mai visto, ma sai, vedo così tanti ragazzi tutti i giorni.. È una piccola cittadella non molto lontana da qui. Vedi? >> Gira il busto indicando il pannello dietro le nostre spalle. Non ci avevo fatto caso, è una cartina!

<< Eccoci qui, Seattle. Prendendo la Linea 21 ci si arriva diretti, all’unica fermata di Forks, davanti all’ospedale. Sai, anche se è solo di una piccola città è molto rinomato, forse lo conosci? Casa mia fortunatamente è lì vicino, così non devo camminare troppo al buio. Anche se comunque è una città sicura, molto più di Seattle, di sicuro. Tu dove hai detto che devi andare? Non è sicuro girare col buio. >>

Sento la signora parlare e parlare ancora, ma i miei occhi sono ancora sulla cartina a fissare la piccola scritta che dice Forks e quella della città dove, a quanto pare mi trovo ora, Seattle.

Qualcosa mi tocca la spalla, ed io trasalisco. Sono troppo esausta per alzarmi, ma mi metto più dritta e scruto il buio che si fa più vicino.

<< Ho detto, dove devi andare? >> A parlare è stata la signora, ed anche a toccarmi per reclamare la mia attenzione. Sono proprio esausta, non ho più la percezione di quello che si trova intorno a me. La testa pulsa sempre più forte. Mi sento pesante e vorrei solo sdraiarmi qui e dormire.

<< Forks. >> ripeto. È l’unica cosa a cui riesco a pensare. Ci sono così vicina..

<< Cosa, vai a Forks? Allora possiamo fare la strada assieme, ci sediamo vicine sul pullman, così mi puoi raccontare dove vivi e chi sono i tuoi genitori. Vai alla Forks High School? Non ti ho mai notata, ma, scusami se lo dico, i ragazzi di oggi hanno un po’ tutti la stessa faccia. Sai ieri è venuto uno che…. >>

La signora continua a parlare, ma io non la ascolto e lei sembra non preoccuparsene. Mi sembra così strano, ma forse era normale nel passato parlare con chiunque, anche se non lo conosci e non l’hai mai visto prima.

Sento le forze che piano piano mi stanno abbandonando. Non svenire, mi comando. Apro una cerniera esterna dello zaino e prendo un pezzo della barretta energetica di cui mi hanno fornito all’Arca. Con tutto questo trambusto mi sono anche dimenticata di mangiare.

 

Con qualcosa sotto i denti, riesco a trovare la forza di alzarmi quando arriva il nostro mezzo. La signora mi precede e, saliti i primi gradini, mi fa segno di accomodarmi sulla sedia imbottita accanto a lei.

Mi sento ancora confusa, per non parlare del dolore alla testa, e non riesco a ragionare bene. Sento solo il borbottio confuso della signora che continua a parlare, accanto a me.

Quando, però ripenso al vampiro con cui mi sono battuta poco fa, solo pochi minuti fa, qualcosa mi attanaglia lo stomaco. Un gran ben venuto, Bella. Mi impongo di non pensarci.

Dopo un tempo sorprendentemente breve, la signora si alza. Ed io la seguo di riflesso.

Scendiamo lentamente, io per poco non inciampo sui gradini. La testa mi scoppia e lei continua a borbottare qualcosa, ma oramai non riesco neanche più a concentrarmi sul comandare ai miei piedi di fare un passo davanti all’altro.

Credo di essere caduta per terra. Chiudo gli occhi, o forse li ho già chiusi.

L’ultima cosa che sento sono due mani inumanamente ghiacciate ai lati del mio viso. Un brivido freddo mi percorre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

· ∫ ∙

 

 

 

         Oggi mi sono obbligata a finire il capitolo e sono rimasta tutto il giorno a scrivere solo per voi che mi avete scritto parole così belle e mi seguite (spero) anche se ci metto eternità ad aggiornare.

A proposito di questo, ditemi se preferireste leggere capitoli a metà, ma aggiornati più spesso, o va bene così con i capitoli interi. Io prometto solennemente che mi impegnerò a scrivere più spesso.

 

Oggi un enorme grazie speciale a EdwardandBellaforever per aver recensito lo scorso capitolo. Mille grazie a chi mi ha aggiunto ai preferiti/seguite/ricordate e anche a chi legge silenziosamente.

Avevo pensato di pubblicare il capitolo ieri per la festa della donna, ma non sono riuscito a finirlo. Comunque, vi auguro lo stesso tanti auguri, e spero che siate tutte delle donne forti come la mia Bella di questa storia. Avete visto ha sconfitto un vampiro?

 

 

 

 

Se volete mi potete aggiungere come amica su Facebook  e potete trovare il mio gruppo sulla storia.

 

 

Alla prossima.

 

Silnica

 

 

 

   
 
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