Trama dei capitoli precedenti
Il capitano Isabella Swan ha viaggiato nel tempo per
intraprendere una misteriosa missione denominata M.O.R.T.E., che, spera, potrà
salvare il futuro da cui proviene. Arrivata, ha perso la lettera che era una
chiave fondamentale dell’operazione. Per la prima volta è in superficie, in un
mondo di cui non conosce niente: automobili, semafori e metropoli sono solo parole
nei libri di storia per lei, ma il vero choc sono le centinaia di persone che
popolano il passato. Il mondo è ignaro di quel che si nasconde nei vicoli bui,
ma Bella ha già trovato quel che popola i suoi incubi: un vampiro.
M.O.R.T.E.
Missione Organizzata Respingi Tizi Esaltati
· ∙
Vampiro
Sento
il mio corpo che viene girato. Lo sento, ma è come se lo vedessi in modo
distaccato. Non ho percezione di quello che c’è intorno a me. Ma il mio istinto
mi dice che non sta succedendo niente di buono. Lotto contro me stessa per rivenire
a galla, e quando ci riesco è come se mi fossi tolta degli occhiali appannati
con cui sentivo tutto come un eco.
Sono
sdraiata, la guancia è schiacciata contro il freddo cemento, in
contrapposizione al liquido caldo che mi bagna il resto del viso. Il male alla
fronte. La presenza che incombe sopra di me. Niente che prometta bene, insomma.
<<
Cazzo fai, Mark! >>
Dopo
queste parole si sente il rumore di qualcosa che si scontra contro dei bidoni
di ferro.
Con
gli occhi mezzi socchiusi riesco a vedere che la figura sopra di me è il
vampiro. Avvicina le zanne alla zona del collo, sotto l’orecchio. Sento il suo
respiro pesante sulla pelle.
Ho
solo pochi secondi prima che mi morda.
Istintivamente
gli mollo un pugno. Un colpo non molto preciso che però ottiene il risultato di
fermarlo sorpreso per un paio di secondi. Giusto il tempo di prendere la
pistola che avevo infilato nei pantaloni, dietro alla schiena.
Il
metallo è una presenza rassicurante tra le mie dita, che mi fa rinsavire dalla
confusione e dalla velocità dell’azione. Il colpo parte diretto al petto del
vampiro: una luce gialla esce dalla canna e colpisce in pieno il cuore
dell’essere. So che sono stata precisa, nonostante non abbia preso la mira,
perché cade immediatamente all’indietro in un tonfo. Ho mirato dritto, anche se
fissavo i suoi occhi. Neri, un tutt’uno con le pupille. Spaventosi.
Non
credo di capire ciò che sta succedendo: mi sento le membra pesanti e l’unica
cosa che vorrei fare è sdraiarmi, ma appena chiudo gli occhi mi sento di nuovo il
suo schifoso fiato sul collo, nel punto in cui mi voleva mordere.
La
paura mi ha attanagliato le gambe. Giro la testa e il braccio, che impugna
ancora la pistola anti-vampiro, avanti e indietro, verso l’uscita e la fine del
vicolo. Sobbalzo ad ogni fruscio e alito di vento.
Dopo
un tempo imprecisato di puro terrore, le gambe cominciano a rispondere di nuovo
ai miei comandi. Mi alzo traballante, continuando a osservare ogni ombra e ogni
cavità dove la poca luce non riesce a schiarire la notte. La pistola sempre
puntata davanti a me.
Okay, Bella. Adesso devi darti una
calmata. Dico a me stessa. Prendo un respiro profondo e,
lentamente, abbasso l’arma. Il cuore continua a battermi forte nel petto, le
gambe tremano.
Devo
ragionare per priorità. La prima cosa è sbarazzarsi del corpo del vampiro.
Dalla
cavità più bassa nell’impugnatura della pistola estraggo una boccettina di
plastica contenente un liquido trasparente. Una formula chimica inventata nel
laboratorio dell’Arca. La svito e lascio cadere una piccola goccia sulla sua
guancia. La soluzione scivola ad arco sulla pelle fredda e morta, lasciando una
scia rossa sul percorso intrapreso. Sembra quasi che l’essere pianga sangue. Lo
stesso sangue di cui si è impossessato uccidendo umani innocenti.
Mi
allontano di un paio di passi, incuriosita da come quella singola goccia
incenerirà il corpo, ma sempre guardandomi furtivamente le spalle. Quando il
liquido è penetrato interamente, la pelle comincia velocemente ad arrossarsi,
fino a diventare rosso vivo in alcuni punti e nero carbone in altri. La
soluzione consuma ogni tessuto che incontra sulla sua strada, portando con se
anche gli indumenti che aveva indosso. Sembra di vedere un legno supersite di
un intenso focolare, ormai ridotto a brace.
Al
primo alito di vento si disintegra, lasciando solo cenere.
Al
secondo posto nella lista delle priorità, mi lampeggia la scritta: testimoni.
Solo
pochi secondi fa c’erano due ragazzi, il più giovane, quello con gli occhiali
verdi, è sparito. Mentre cammino ispezionando il perimetro, mi accorgo che il
vicolo non è chiuso come pensavo. Una stretta viuzza non illuminata, spunta
sulla sinistra. Probabilmente, quando ha visto che le cose si stavano mettendo
male è scappato di lì. Grazie alla mia vista sviluppata, vedo che il vicolo
sbocca in un altro più illuminato, e che entrambi sembrano vuoti.
Quindi
la mia attenzione è per il ragazzo sdraiato per terra contro dei barili di
ferro che emanano un odore ripugnante. Accucciata vicino a lui sento il suo
cuore battere, ma anche i suoi capelli pieni di sangue. Questo mi ricorda della
mia ferita alla fronte. Mentre l’adrenalina scivola via, il dolore si fa più
forte, ma non credo che sia una ferita grave. E comunque al momento non ho
tempo per preoccuparmene. Do qualche pacca sulle guance del ragazzo, ma questo
non sembra voler rinvenire.
È
già quasi buio ed io non ho concluso nulla, tranne essere attaccata da un
vampiro. Non ho altro tempo da perdere.
Esco
dal vicolo nella sera rischiarata dalle luci accese dei pali.
· ∫ ∙
Sono
arrivata, non so come, ad un oggetto sollevato da terra dove ci si può sedere. Somiglia,
infatti ad una sedia, ma è più lunga. Quando sono arrivata era piena di persone
che si sono alzate all’improvviso, ed io, allertata, mi sono fermata a
osservare.
Dopo
poco si è fermato una di quelle automobili enormi, e sono saliti tutti,
lasciando la panchina libera.
Esausta
mi sono seduta appoggiando la schiena alla struttura di plastica trasparente
che ripara l’oggetto. Quando è ripartito il mezzo, ha lasciato solo una signora,
che è venuta a sedersi accanto a me.
Mi
sono ritratta un po’, lasciando dello spazio tra di noi. Non saprei dire quanti
anni abbia, se l’avessi incontrata sull’Arca avrei detto che è vecchia, ma nel
passato il tenore di vita era più lungo.
<<
Sai mica se la Linea 21 è in ritardo, cara? >>
Mi
giro verso la fonte della voce e capisco che la signora sta proprio parlando
con me.
Non
ho mai parlato con qualcuno che non ho mai visto, se non consideriamo gli
episodi con i ladri e quando cercavo di capire in che città fossi, all’Arca ci
conosciamo tutti ed io non parlavo molto neanche con loro.
<<
Non lo so. >> dico pettinandomi frettolosamente i capelli davanti alla
fronte, per nascondere il sangue secco che avrò sicuramente.
<<
Spero di no, cara. Sai, ho fatto più tardi del previsto e non mi piace
viaggiare col buio, ma dovevo per forza rientrare. Mia madre mi ha proposto di
rimanere da lei a dormire, ma domani ho il lavoro e come farei ad arrivare a
Forks in tempo? Poi lei è una tale chiacchierona che mi farebbe…
>>
<<
Forks? >> la interrompo velocemente. Non ho capito molto bene il resto
del discorso, il dolore alle tempie è aumentato rendendomi quasi sorda, ma
quando ha pronunciato quel nome mi sono rinvenuta. Forks. È il nome della città
della missione, non quella dove si trova la casa bianca, ma quella dove sarei
dovuta andare dopo. Quella dove ci dovrebbero essere quei vampiri.
<<
Si, la conosci? È dove abito, sei di lì? Non credo di averti mai visto, ma sai,
vedo così tanti ragazzi tutti i giorni.. È una piccola cittadella non molto
lontana da qui. Vedi? >> Gira il busto indicando il pannello dietro le
nostre spalle. Non ci avevo fatto caso, è una cartina!
<<
Eccoci qui, Seattle. Prendendo la Linea 21 ci si arriva diretti, all’unica
fermata di Forks, davanti all’ospedale. Sai, anche se è solo di una piccola
città è molto rinomato, forse lo conosci? Casa mia fortunatamente è lì vicino,
così non devo camminare troppo al buio. Anche se comunque è una città sicura,
molto più di Seattle, di sicuro. Tu dove hai detto che devi andare? Non è
sicuro girare col buio. >>
Sento
la signora parlare e parlare ancora, ma i miei occhi sono ancora sulla cartina
a fissare la piccola scritta che dice Forks e quella della città dove, a quanto
pare mi trovo ora, Seattle.
Qualcosa
mi tocca la spalla, ed io trasalisco. Sono troppo
esausta per alzarmi, ma mi metto più dritta e scruto il buio che si fa più
vicino.
<<
Ho detto, dove devi andare? >> A parlare è stata la signora, ed anche a
toccarmi per reclamare la mia attenzione. Sono proprio esausta, non ho più la
percezione di quello che si trova intorno a me. La testa pulsa sempre più
forte. Mi sento pesante e vorrei solo sdraiarmi qui e dormire.
<<
Forks. >> ripeto. È l’unica cosa a cui riesco a pensare. Ci sono così
vicina..
<<
Cosa, vai a Forks? Allora possiamo fare la strada assieme, ci sediamo vicine
sul pullman, così mi puoi raccontare dove vivi e chi sono i tuoi genitori. Vai alla
Forks High School? Non ti ho mai notata, ma, scusami
se lo dico, i ragazzi di oggi hanno un po’ tutti la stessa faccia. Sai ieri è
venuto uno che…. >>
La
signora continua a parlare, ma io non la ascolto e lei sembra non
preoccuparsene. Mi sembra così strano, ma forse era normale nel passato parlare
con chiunque, anche se non lo conosci e non l’hai mai visto prima.
Sento
le forze che piano piano mi stanno abbandonando. Non svenire,
mi comando. Apro una cerniera esterna dello zaino e prendo un pezzo della
barretta energetica di cui mi hanno fornito all’Arca. Con tutto questo
trambusto mi sono anche dimenticata di mangiare.
Con
qualcosa sotto i denti, riesco a trovare la forza di alzarmi quando arriva il
nostro mezzo. La signora mi precede e, saliti i primi gradini, mi fa segno di
accomodarmi sulla sedia imbottita accanto a lei.
Mi
sento ancora confusa, per non parlare del dolore alla testa, e non riesco a
ragionare bene. Sento solo il borbottio confuso della signora che continua a
parlare, accanto a me.
Quando,
però ripenso al vampiro con cui mi sono battuta poco fa, solo pochi minuti fa,
qualcosa mi attanaglia lo stomaco. Un gran
ben venuto, Bella. Mi impongo di non pensarci.
Dopo
un tempo sorprendentemente breve, la signora si alza. Ed io la seguo di
riflesso.
Scendiamo
lentamente, io per poco non inciampo sui gradini. La testa mi scoppia e lei
continua a borbottare qualcosa, ma oramai non riesco neanche più a concentrarmi
sul comandare ai miei piedi di fare un passo davanti all’altro.
Credo
di essere caduta per terra. Chiudo gli occhi, o forse li ho già chiusi.
L’ultima
cosa che sento sono due mani inumanamente ghiacciate ai lati del mio viso. Un brivido
freddo mi percorre.
· ∫ ∙
Oggi mi sono obbligata a finire il capitolo e sono rimasta
tutto il giorno a scrivere solo per voi che mi avete scritto parole così belle
e mi seguite (spero) anche se ci metto eternità ad aggiornare.
A proposito di questo,
ditemi se preferireste leggere capitoli a metà, ma aggiornati più spesso, o va
bene così con i capitoli interi. Io prometto solennemente che mi impegnerò a
scrivere più spesso.
Oggi un enorme grazie
speciale a EdwardandBellaforever per aver recensito lo
scorso capitolo. Mille grazie a chi mi ha aggiunto ai
preferiti/seguite/ricordate e anche a chi legge silenziosamente.
Avevo pensato di
pubblicare il capitolo ieri per la festa della donna, ma non sono riuscito a
finirlo. Comunque, vi auguro lo stesso tanti auguri, e spero che siate tutte
delle donne forti come la mia Bella di questa storia. Avete visto ha sconfitto
un vampiro?
Se volete mi potete
aggiungere come amica su Facebook
e potete trovare il mio gruppo sulla storia.
Alla prossima.
Silnica