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Autore: releuse    09/03/2015    9 recensioni
... lo faceva sorridere pensare che in Giappone non si era mai avvicinato a una chiesa: andare a messa gli era sempre sembrata una cosa da sfigati. Invece, a Parigi, quando era bambino, non vedeva l’ora di recarsi alla maestosa cattedrale di Notre-Dame, attratto dai mostruosi quanto affascinanti Gargoyles, che sarebbe stato capace di fissare per ore.
Makoto Soda X Louis Napoleon
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Luis Napoleon, Makoto Soda/Ralph Peterson, Nuovo personaggio, Pierre Le Blanc
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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… ogni tanto ritornano. Ebbene sì, sono tornata io e sono tornati Makoto e Louis. Con una fanfiction perfetta per questo periodo, visto che è ambientata… a Natale XD Vabbè, l’avevo cominciata a novembre, ma fra una cosa e l’altra non sono riuscita a finirla in tempo, quindi ve la propino ora ;p. Avrei potuto modificarla con Pasqua, ma non avrebbe avuto lo stesso senso, visto che si parla del compleanno di Napoleon che è il 25 dicembre!! Eh, ce la teniamo così!

Sono felice che piano piano riesco a continuare a scrivere di questi due testoni… è la coppia più complicata che abbia mai gestito! È da quando hanno 15 anni che è scattato qualcosa fra di loro e ora che ne hanno 21 devono ancora fare chiarezza sui loro sentimenti! Ci vorrà dell’altro tempo perché le cose si sistemino definitivamente, i passi sono lenti… ma arriverà la resa dei conti. Come dissi per DisSimile-Fil Rouge, godetevi la quiete prima della tempesta! Perché sarà una vera tormenta! ;) In verità, qui ho inserito altri tasselli che andranno a comporre tutta la storia, che è articolata e coinvolgerà anche altri personaggi.

 

Allora, questa storia è nata su ispirazione della ff “A Christmas Tale” Di Agatha, dove il protagonista è Louis e dove è inserita anche una scena con Soda che mi ha resa felicissima! <3 In pratica Makoto chiama Napoleon per dirgli che nel periodo di Natale sarà a Parigi dai suoi zii e gli dice di tenersi libero per il suo compleanno, il 25 dicembre. Dopo un buffissimo battibecco (ma anche tenero a mio avviso… quei due comunicano amore con le minacceXD) si salutano consapevoli che si sarebbero rivisti a Natale. E Da qui la mia testa ha frullato tutto il contorno su questo aneddoto, legandolo alla mia storia. Comunque, Makoto&Louis a parte, andatela a leggere perché è davvero piacevole e bella!

Come sempre utilizzerò quel bellissimo personaggio che è Juliet (Jules per gli amici), sempre di proprietà di Agatha!

 

Un Ringraziamento speciale va a SoltantoUnaFenice, che è stata la mia beta per questo capitolo! Grazie di cuore sorella mancata <3

 

E ora vi lascio alla lettura di Regalo Mancato!!

 

A presto,

la vostra Rel che vi adora!

 

 

 

DisSimile- Regalo Mancato

 

 

In Francia, il gelo era calato presto quell’anno. I notiziari avevano riferito che un inverno simile non si vedeva da almeno un decennio: i francesi se lo sarebbero ricordato per un bel pezzo. Eppure, Makoto aveva l’impressione che i parigini non temessero l’aria pungente, visto che osavano sfidarla affollando la città rinchiusi nei giacconi e protetti da sciarpe pesanti, paraorecchie e simili. Inoltre, era la Vigilia di Natale: orde di persone impazzite invadevano le strade come enormi formicai, i negozi erano strapieni di clienti e lungo i marciapiedi l’odore di caldarroste e dolciumi solleticava l’olfatto, facendo girare la testa già stordita dalla confusione.

 

Da quel punto di vista, il Natale era proprio uguale ovunque, pensò il difensore dei Gamba Osaka, sfregandosi le mani intorpidite, nonostante i guanti di lana. Non sentiva più nemmeno le dita dei piedi. Se avesse dovuto calciare un pallone, di sicuro avrebbe frantumato piede, caviglia e arto annesso.

 

Tuttavia, il Natale di Parigi era diverso da quello di Osaka per altri motivi. Anche nella sua città le luminarie colorate ornavano i palazzi e gli abeti seminati per le vie, anche lì le cascate di luce inframezzavano le strade, dando l’impressione di essere travolti da una pioggia sfavillante. In apparenza era tutto uguale, ma cambiava l’atmosfera. In Giappone si avvertiva che il Natale era una festa importata, la gente non lo sentiva come proprio e lo viveva come qualcosa di esclusivamente commerciale. Ci si scambiava dei regali, perlopiù fra fidanzati ma, probabilmente, nessuno sapeva bene per quale motivo. C’era da dire che la sua famiglia non era cattolica, anche se i suoi genitori erano influenzati dalla tradizione cristiana, forse per i continui viaggi all’estero. L’unica volta che aveva festeggiato il Natale in Giappone, l’aveva fatto con Meiko*, ma, anche allora, non era riuscito a gustarne l’atmosfera autentica.

 

Quando però era a Parigi cambiava tutto. L’Arco di Trionfo e il viale degli Champs-Élysées rivestiti di luci dorate e argentate lo incantavano ogni volta. La Torre Eiffel, poi, a dicembre raggiungeva il suo massimo splendore. Il cenone con i parenti francesi aveva tutto un altro sapore. Ancora, come dimenticare la frenesia con cui, da bambini, lui, Vivianne e Sophie aspettavano l’arrivo di Babbo Natale? Gli stratagemmi con cui genitori e zii nascondevano in casa i regali per poi farglieli ritrovare sotto l’albero al rientro dalla messa di mezzanotte erano da Oscar. Lo faceva sorridere pensare che in Giappone non si era mai avvicinato a una chiesa: andare a messa gli era sempre sembrata una cosa da sfigati. Invece, a Parigi, quando era bambino, non vedeva l’ora di recarsi alla maestosa cattedrale di Notre-Dame, attratto dai mostruosi quanto affascinanti Gargoyles, che sarebbe stato capace di fissare per ore.

 

Anche ora che era un adulto, subiva fortemente il fascino della Ville Lumière in quel periodo.

 

Di tutto quello detestava una cosa sola: la corsa ai regali dell’ultimo minuto.

 

“Maledizione al traffico!” Imprecò Vivianne, decelerando e scalando la marcia, accodandosi al semaforo per l’ennesima volta in quel pomeriggio. Makoto, seduto al lato passeggero, scosse la testa ghignando un “… dovevamo aspettarcelo, visto che è la Vigilia di Natale!”

“Lo so…” Sospirò la ragazza, mettendo in folle l’auto nell’ attesa di ripartire. Poi alzò il riscaldamento. Makoto la guardò sibilare un “Brr, che freddo…” e sfregare i palmi sulle maniche del suo giubbotto color cacao. Lui, invece, indossava un piumino ben imbottito color ghiaccio. Nessuno dei due aveva avuto il coraggio di spogliarsi prima di salire sulla macchina.

Erano usciti per ritirare il regalo di Sophie: un cd di un gruppo punk che lui non aveva mai sentito nominare. Purtroppo era quasi introvabile e, alla fine, Vivianne era riuscita a ordinarlo in un negozio di dischi che l’aveva fatto arrivare proprio quella mattina. Tempismo perfetto! Passate prima la fase dark e poi quella modaiola, ora Sophie era andata in fissa con la moda punk. Se ripensava ai capelli colorati di viola fotonico che la cugina minore sfoggiava, Makoto si sentiva male.

 

“Ma tu non prendi alcun regalo?” Domandò Vivianne, mentre ripartiva, tenendo sempre lo sguardo attento alla strada.

“I vostri li abbiamo portati dal Giappone…” Rispose il difensore dei Gamba Osaka.

Sua cugina ridacchiò. “Anche quello per ‘la tua donzella parigina’?” Al che Makoto fece una smorfia sorpresa per poi recuperare con fatica la sua solita espressione saccente. “Tsk, figurati… non se ne merita!” Ormai, Vivianne era convinta che il cugino frequentasse una ragazza lì a Parigi, e Makoto preferiva non negare piuttosto che imbastire una serie di improbabili bugie alle quali sua cugina difficilmente avrebbe creduto. Non aveva di certo dimenticato che l’ultima volta che si erano visti, Vivianne avesse intuito il vero motivo che lo aveva portato lì. E Makoto si sentiva ancora in colpa per quello*. Però non si sbilanciava a dire altro e Vivianne, comunque, rispettava il suo silenzio.

Il difensore pensò quindi a Louis e al fatto che un paio di settimane prima l’aveva chiamato per dirgli di tenersi libero il giorno del suo compleanno*. In un primo momento aveva tentennato. Solo che, alla fine, si era reso conto di aver riferito a Napoleon che sarebbe stato a Parigi per Natale*, quindi non avrebbe avuto senso far finta di nulla. Al telefono gli aveva detto che si sarebbero risentiti al suo arrivo in Francia ma, a distanza di poche ore dal 25 dicembre, non lo aveva ancora ricontattato. Questo perché, con l’avvicinarsi del giorno, si era sentito in difficoltà e si stava convincendo di aver fatto una cazzata. Certo, era vero che con Louis si erano detti di prendere le cose come venivano e, benché lo stessero facendo, tutte le volte che si vedevano, lui…

“Nooo!” Gridò Vivianne, facendolo sobbalzare. “Qui non c’è uno straccio di parcheggio, non ne usciremo più!”

Erano davanti a un centro commerciale e Soda impallidì alla vista dell’ingorgo delle macchine che occludevano le vie prossime ai parcheggi ormai pieni. “Ok, dai, fermati qui, scendo io!” Esclamò il ragazzo, tirando fino al mento la chiusura lampo del piumino.

“Ma no, Makoto…”

“Tranquilla!” La rassicurò il ragazzo. “Preferisco fare una volata che rompermi i gemelli a girare a vuoto… risparmiamo tempo!”

“Ok, grazie!” Vivianne rise. “Mi fermo qui, guarda!” E così dicendo, si collocò in doppia fila e accese le quattro frecce. “Ti aspetto!”

Makoto annuì, poi calcò il berretto di lana coprendosi le orecchie, si sistemò la sciarpa e uscì dalla vettura inveendo contro il freddo.

 

La temperatura nell’abitacolo cominciava a farsi accettabile, così Vivianne si sfilò i guanti che fino a quel momento le avevano disturbato la guida. Accese lo stereo e cominciò a cercare una canzone piacevole con la quale ingannare l’attesa ma, non essendo una grande amante di musica, conosceva poco di ciò che c’era in giro. Dopo diversi tentativi inutili, lo spense di nuovo. Fece allora partire l’immaginazione, provando a ipotizzare che tipo fosse la donna che piaceva a Makoto. La immaginò con lunghi capelli lisci e biondi e molto più grande di lui. Anche se non lo dava a vedere, Vivianne moriva dalla voglia di saperne di più, ma non insisteva visto il carattere spinoso del cugino.

Mentre giocherellava con un boccolo castano, pensò poi ad Aurèle, il suo ragazzo. Si sarebbero visti il giorno dopo, nel pomeriggio. Chissà che faccia avrebbe fatto nello scartare il suo regalo: un paio di guanti di una famosa marca italiana di moto che aveva fatto arrivare direttamente dal Belpaese. Per lui che era un grandissimo appassionato del mondo delle due ruote, sarebbe stata una sorpresa gradita. Era ancora persa nel suo mondo, quando un urto sulla vettura la fece sobbalzare. Si voltò indietro, notando che l’auto nel parcheggio le aveva preso in pieno lo sportello posteriore facendo marcia indietro. “Non è possibile…” Balbettò allibita. Scese veloce, sfidando il freddo e impallidì nel vedere il solco sulla carrozzeria della sua utilitaria. “L’avevo presa da poco…” Pigolò, con un groppo in gola.

“Scusami, non ti avevo vista.” Disse il conducente dell’altra auto, sceso anche lui. “Non si dovrebbe, però, parcheggiare in doppia fila…”

“Avevo le frecce accese!” Rispose infastidita Vivianne. Quello scrollò le spalle. “In effetti ero distratto, stavo parlando al telefono…”

“Beh, allora non si dovrebbe neppure parlare al telefono mentre si è alla guida!”

L’altro le rispose con un sorriso. “Suvvia, non prendertela in questo modo. Quanto vuoi che costerà far cambiare il pezzo di una macchina così, non perdiamo tempo con il CID, se sentiamo il carrozziere ti pago anche subito. Il problema sarà far riparare questa.”

Solo in quel momento, Vivianne si rese conto che l’altra auto era una Lamborghini e, perciò, apprezzò davvero poco il commento del suo conducente. Guardò quel ragazzo dritto negli occhi: le sue parole l’avevano decisamente offesa. La propria sarà anche stata anche un’utilitaria di poco conto rispetto a quel gioiellino, ma l’aveva comprata con soddisfazione dopo mesi di lavoro. “Non li voglio i tuoi soldi, facciamo il CID e basta!”

“Ma… come vuoi.” Disse il ragazzo, colpito da tanta suscettibilità. Il sorriso serafico e altamente galante che accompagnò le sue successive parole, gelarono Vivianne molto più delle condizioni atmosferiche. “Parliamone davanti a una tazza di tè. Offro io, ok? Almeno non congeliamo stando qui impalati.”

“Come?” Vivianne era allibita. Prendere una tazza di tè? Ma quel tipo diceva sul serio, voleva provarci… o cosa? L’imperterrito atteggiamento di sussiego che sfoggiava la irritò ulteriormente. Odiava i ragazzi che facevano i gentili in quel modo impietoso e finto.

“Vivianne, tutto bene?” All’improvviso arrivò Makoto, in una mano reggeva una busta colorata, l’altra era al riparo nella tasca del giubbotto. Il difensore dei Gamba Osaka lanciò un’occhiataccia al ragazzo in compagnia di sua cugina, intuendo che qualcosa non quadrasse. Per questo gli era venuto spontaneo parlare in giapponese. “No. Questo cretino mi ha toccato la macchina.” Rispose lei, nello stesso idioma. Il kamisori fighter guardò la carrozzeria dell’auto e subito notò l’avvallamento sullo sportello. “Diamine… è un bel danno…”

 

“Soda?” Si sentì chiamare. Sia l’interpellato che Vivianne si voltarono sorpresi. Makoto guardò interrogativo il ragazzo di fronte a lui: sciarpa e berretto gli coprivano gran parte del viso, ma gli occhi verdi spiccavano come gemme.

“Non mi riconosci?” Disse questi, dissimulando una risata, mentre scuoteva un po’ la testa per liberarsi della sciarpa. Solo allora, i due cugini notarono i lunghi capelli biondi legati da una coda bassa e Makoto riconobbe così il capitano del Paris St. Germain. “Pierre!” Esclamò stupito. L’altro confermò con un sorriso fiero. Si strinsero la mano. “Allora sei arrivato…” Commentò l’Artista del Pallone e, al solito, Soda notò con riluttanza che era ben informato sul suo conto.

“Vi… conoscete?” Domandò Vivianne, guardandoli di sottecchi.

“Beh… è strano che non lo conosca tu. Lui è Pierre El Cid, capitano del Paris St. Germain e della Nazionale Francese.”

 

La ragazza non riuscì a nascondere la sorpresa. Squadrò la persona che aveva di fronte: il viso delicato ma deciso, quegli occhi, i capelli lunghi… sì, era proprio bello come lo descrivevano. Da vicino forse anche meglio che nelle riviste. In ogni modo, come avrebbe potuto riconoscerlo sotto quel lungo cappotto scuro, la sciarpa e il berretto? Le vennero in mente i commenti delle amiche invaghite di lui, le quali celebravano la sua bellezza con uscite poco caste. Ma a lei, Pierre El Cid era sempre stato del tutto indifferente. Non era tipa da infatuarsi di personaggi famosi e irraggiungibili. E anche ora che ce l’aveva davanti, non era cambiato proprio nulla. Poteva essere la stella del calcio francese o il Président de la République in persona, ma per lei quello era e rimaneva un vero e proprio cafone! Nella sua testa si rafforzò l’idea che le persone famose fossero un branco di gente montata. E si sentì fiera di non esserci mai entrata in fissa.

Alla fine, comunque, si trovò costretta a seguirli in uno dei bar della galleria, dove placarono il freddo con un tè bollente sorseggiato al volo e dove lei e Pierre poterono compilare il CID. Il capitano francese non disse altro rispetto all’incidente, ma si scusò di nuovo. Per tutto il resto del tempo parlò con Soda, evitando di proposito ulteriori disquisizioni con Vivianne.

Lui e Makoto conversarono su questioni perlopiù calcistiche, Pierre sembrava infatti molto interessato al campionato della J League e volle informarsi sulla carriera di Misaki.

“Quindi ha proprio deciso di rimanere in Giappone…” Sospirò, riferendosi all’artista del campo giapponese.

Makoto scrollò le spalle. “Mah, che vuoi che ti dica. Tutti noi pensavamo che sarebbe tornato in Francia, e invece…”

“Che peccato! Il calcio francese si addiceva proprio al suo stile… ho perso l’occasione di confrontarmi ancora col mio più grande rivale!”

Soda sentì un nodo d’inquietudine attanagliargli il cuore, ma nascose egregiamente. Sentire parlare di rivali gli scatenò una tempesta di emozioni antitetiche. Anche lui aveva il suo più grande rivale in Francia. Il loro conto era in sospeso da davvero troppo tempo… “Abbiamo ancora le Olimpiadi di Madrid. Misaki ci tiene molto…” Aggiunse con una certa urgenza di distrarsi.

“Giusto! Ci saremo di sicuro!” Esclamò El Cid, mostrandosi entusiasta. “Non vedo l’ora!” Stava poi per pagare le consumazioni, ma Vivianne lo anticipò, mettendo i soldi sotto il naso del cassiere. “Non preoccuparti, offriamo noi!” Disse con un sorriso tutt’altro che spontaneo.

“Ok…” Pierre ringraziò poco convinto, mentre Makoto si rese conto di non aver mai visto Vivianne così scontrosa. “Ok, forse è meglio che andiamo… dobbiamo prepararci per il cenone…” Disse, deciso a tirarsi fuori da quella situazione. Non solo perché aveva notato che fra il capitano della Nazionale francese e sua cugina c’era dell’attrito, ma anche per evitare che lui…

“Che fai domani?” Gli chiese El Cid all’improvviso.

“Come? Domani? Nulla…” Rispose Soda, colto alla sprovvista.

“Domani è il compleanno di Louis e io e Juliet gli abbiamo organizzato una festa a sorpresa a casa nostra. Perché non ti unisci a noi?”

Ecco, Makoto pensò che gli era sembrato strano che Pierre non avesse ancora nominato Napoleon. Aveva sperato di potersene andare senza toccare l’argomento, ma capì all’istante che l’altro l’aveva fatto di proposito. Prima l’aveva messo a suo agio col suo fare placido, per poi speronarlo improvvisamente. E ora non poteva neppure arrabbiarsi, nonostante il suo istinto glielo chiedesse, perché con lui c’era anche Vivianne.

“Festa a sorpresa?” Ripeté per prendere tempo. ‘Maledizione!’, inveì, invece, mentalmente.

“Ti passo a prendere intorno alle sei, ok?” Gli disse Pierre, ignorando la sua domanda.

“Non c’è bisogno. So dove state.” Rispose Makoto, alterato. Solo che subito dopo si pentì di aver parlato. Quando era stato da Louis, Pierre non c’era.

Il capitano della Nazionale francese sorrise con arguzia. “Lo so bene…” Il tono era vagamente ironico, ma Makoto incassò senza fiatare. Era ovvio che Pierre sapesse. Anche se tutta quella confidenza fra lui, Louis e Juliet non gli era mai piaciuta troppo.

“È che non vorrei correre il rischio che tu cambiassi idea.” Aggiunse El Cid.

“Veramente non ho ancora deciso nulla.” Gli fece notare Makoto, incrinando il tono. Al che, Pierre gli mise una mano sulla spalla. “Non fare troppe storie. Gli farà piacere. E poi, così gli tiri un po’ su il morale a quell’idiota. Ultimamente è intrattabile.”

Soda spalancò gli occhi: “Come mai?”

Pierre passò oltre, levandogli la mano dalla spalla. “Secondo te?” Domandò, voltandosi nuovamente per guardarlo dritto negli occhi.

La stoccata si piantò nello stomaco senza lasciargli il tempo di reagire. Solo dopo qualche secondo, riuscì a rimettere insieme i pensieri. “Sai che novità… Napoleon nervoso. Mi sarei stupito del contrario.”

Stavolta, Pierre rise. “A Domani, Soda.” Salutò brevemente anche Vivianne che gli rispose alla stessa maniera.

**********

 

 

 

“Certo che quel tipo se la tira un mondo!” Sbuffò Vivianne appena ripartirono.

“Dici?” Makoto la notò afferrare il volante in maniera nervosa. La ragazza gli raccontò così il loro breve scambio di battute. “Solo perché ha i soldi, quello lì, non ha il diritto di trattare la gente come fosse morta di fame!”

A Makoto venne da ridere, ma subito dopo impallidì, visto il sorpasso che sua cugina avevano appena fatto in prossimità di una curva. Quando era arrabbiata, Vivianne assumeva una guida piuttosto sportiva. “Dai, calmati…” La sollecitò Soda “… è un calciatore famoso.”

“Beh, anche tu sei un calciatore famoso, in Giappone. Ma mica te la tiri così. O sbaglio?”

La risposta di Soda tardò ad arrivare e la ragazza notò che faceva il prezioso. “Noi calciatori famosi possiamo avere quello che vogliamo!” La prese in giro e Vivianne gli diede un colpetto in testa, prima di scoppiare a ridere.

“Pierre non è una persona cattiva, credimi. Lui… è proprio così. Non penso ti abbia detto quelle cose per male. In fondo, la sua famiglia ha una lunga tradizione aristocratica. È proprio di un altro mondo… ma è una persona leale. Non solo sul campo.” Makoto si mise le mani dietro la nuca e ripensò a quella volta in cui, dopo la sconfitta subita dall’Olanda, El Cid era andato da lui per cercare Louis. Era difficile dimenticare lo sguardo stanco che gli aveva alterato i tratti del viso, di solito composto e fiero*, indice di una sincera preoccupazione. E ripensò anche allo schiaffo che aveva dato a Louis durante la semifinale del Mondiale Giovanile: Napoleon aveva incassato senza replicare, piegato dall’autorevolezza del suo capitano.

“Di sicuro è come dici tu. Ma la mia è un’antipatia a pelle.” Spiegò Vivianne, calmandosi.

“Beh, questo cambia tutto…” Le rispose Makoto, distratto. Di colpo aveva ricominciato a pensare a Louis: con la storia del compleanno si era messo davvero in un bel casino. Ora, se non si fosse fatto sentire, o a quel punto, vedere, sarebbe passato per un vigliacco.

 

“Non compri un regalo al tuo amico?” Gli domandò all’improvviso Vivianne. Makoto raddrizzò la schiena. “A chi, scusa?”

“Al ragazzo che fa il compleanno domani…”

“Ah… non ho mica deciso se andarci.”

“Beh, ma se è un tuo amico potrebbe rimanerci male…”

Soda forzò un sorriso. “Ma no… lui…”

 

‘Non è un mio amico’. Stava per dirlo, ma evitò. Poi gli venne da sorridere, questa volta seriamente. Un sorriso per nulla borioso, ma decisamente ironico. “A dirla tutta non mi importa granché di lui. Ma perché privarsi di una serata di bevute?”

 

Ormai era il solito copione ben preciso, se ne stava accorgendo. Interpretare la parte di quello a cui non importava nulla lo faceva stare meglio e gli dava il coraggio di fare ciò che altrimenti si sarebbe negato e che in fondo desiderava. Già. Se non gli fregava alcunché di Napoleon, vederlo non gli avrebbe causato alcun problema, no?

*********************************

 

 

Forse Louis avrebbe dovuto fare l’attore. Fu questo che aveva pensato Soda nell’istante in cui i loro sguardi si erano incrociati nel soggiorno dell’appartamento che il cannoniere condivideva con Pierre. C’era appena stata l’esplosione degli auguri, seguita a un silenzio tombale spezzato soltanto quando il bomber francese aveva aperto la porta, ignaro che ad accoglierlo ci fossero una decina di amici pronti a festeggiare i suoi ventun anni.  Napoleon aveva reagito con non poca sorpresa e aveva guardato confuso gli artefici di quella trovata ma, quando con gli occhi aveva scorto la presenza di Makoto, il suo volto aveva mutato repentinamente espressione, assumendone così tante nel giro di così pochi secondi che nessuno, a parte il kamisori fighter, ci aveva fatto caso. Esclusi Juliet e Pierre.

Il bomber francese salutò gli amici, ringraziandoli a uno a uno, in primis Jules ed El Cid. Lasciò per ultimo Makoto, volutamente.

 

“Ehi…” Si avvicinò infine con fare beffardo.

“Auguri, eh! Per Natale e per il Compleanno.” Disse Soda, con un risolino serafico che Louis ricambiò. “Non avrei mai immaginato di trovarti qui.”

Makoto fece spallucce. “Hai visto? A volte accade l’impensabile!”

“Oh, beh… infatti. Pensavo fosse precipitato l’aereo, visto che non ti sei fatto più sentire.” Il tono era vagamente accusatorio.

Soda lasciò correre il tremito che lo scosse e, guardandosi intorno per accertarsi che nessuno li stesse ascoltando, accentuò l’inflessione sarcastica della propria voce. “Ma era una sorpresa, no? Pensavo ti avrebbe fatto piacere. Non avrei mai pensato che mi aspettassi come una ragazzina infatuata.”

“Tsk. Figurati. È il mio compleanno. Lo coronerei volentieri spaccandoti il muso, ma farei un torto ai miei compagni.” Louis rispose alla provocazione, ma aveva una strana luce negli occhi. Il bomber francese poggiò poi una mano sulla spalla del rivale, mentre il sorriso che si scioglieva sulle sue labbra lasciava Makoto di stucco. “Goditi la serata. E grazie di essere venuto.” Lo scansò, raggiungendo i compagni che avevano cominciato a stappare le bottiglie di alcolici, cominciando a fare casino insieme a loro.

 

Al contrario di quello che Soda si era aspettato, la serata si rivelò piacevole. Oltretutto, fra i presenti c’erano un paio di ragazzi che avevano frequentato con lui gli allenamenti da Giraud, i quali si avvicinarono facendogli un sacco di feste.

“Dai, non sapevo che avessi mantenuto i contatti con Louis!” Disse Alain, offrendogli una birra. I suoi denti erano ancora più sporgenti di quanto si ricordava. A tratti, gli ricordava Hajime Taki.

“Mah, diciamo che è stato un caso il trovarmi qui. Ero venuto a Parigi per passare il Natale coi miei zii. Ma devo tornare in fretta, il campionato riprende la prossima settimana.” Rispose, dando un lungo sorso alla bevanda e cercando di dirottare altrove il discorso. Per fortuna, il tentativo andò a segno.

“Allora? Come procede il vostro campionato?” Domandò curioso Denis. Soda gli sorrise, soprattutto perché era riuscito nell’intento. Guardò l’amico, notando che era cambiato molto in soli due anni. Si era fatto più massiccio e dei suoi capelli lunghi ora non rimaneva più alcuna traccia, rimpiazzati da una rasatura perfetta. “Il campionato bene, anche se la mia squadra sta soffrendo molto… ma ci rifaremo!”

 

Soda continuò la conversazione con i due amici, che si allargò ad altri presenti. Con Louis non aveva più avuto occasione di parlare, anche se aveva l’impressione che si stessero evitando per tacito accordo. Comunque, non lo perdeva di vista. Aveva bisogno di ritrovarlo nel suo campo visivo di tanto in tanto e, dentro di sé, voleva essere sicuro che non scomparisse da qualche parte, magari con una delle poche figure femminili presenti. Fu solo quando si rese conto che quelle erano le fidanzate di alcuni dei ragazzi che si rincuorò.

 

Osservando Louis si rese conto che era davvero euforico, scherzava e faceva il buffone con tutti, rimbalzando qua e là per il ricco buffet di salati che stava sopra due tavoli avvicinati per l’occasione. Lui, invece, non aveva tanta fame: il cenone della sera prima lo aveva messo ko.

Certo, il rivale stava bevendo parecchio, ma Makoto aveva l’impressione che lo stesse facendo solo per la compagnia. Quando Pierre gli aveva detto che in quel periodo Napoleon era nervoso, si era preoccupato, pensando che magari avesse avuto problemi in squadra. E sapeva bene che quando era demoralizzato tendeva ad alzare il gomito.

 

Considerando l’allegria di Louis di quella sera, eliminò subito dalla sua testa il dubbio che potesse essere stato lui la causa del suo malessere.

 

“Louis mi sembra rinato, tu che dici, Pierre?” Juliet incrociò le braccia, sospirando di malavoglia.

“Già. La festa è riuscita bene, vedo.” Le rispose El Cid, gustando il retrogusto fruttato dello champagne che aveva portato.

“Io non credo sia soltanto per la festa. Anzi, non so perché ma ho l’impressione che Louis l’avesse capito. Quindi non è stata una vera sorpresa” Borbottò Jules, aggrottando la fronte*.  Posò poi gli occhi sul piccolo albero di Natale che stava all’angolo vicino alla finestra. Ricordò quando l’8 dicembre aveva aiutato lui e Napoleon ad addobbarlo. Si abbandonò a un sorriso mesto. “La vera sorpresa gliel’hai fatta tu, portando Soda. Sei stato in gamba. Io non so se l’avrei fatto.”

Pierre ridacchiò. “E perché mai?”

“Beh… perché…” Sembrò pensarci su, poi scosse la testa. “Perché è un prepotente, vuole sempre l’ultima parola. Ed è pure aggressivo.”

“Come Louis.”

“Ahah.” Annuì la ragazza.

“Beh io invece credo che avresti fatto come me. Magari prima lo avresti strigliato, Soda. Poi, però, l’avresti chiamato. Per fare contento Louis. Era da tanto che non lo vedevamo così, no?”

Juliet alzò lo sguardo sull’amico. “Sì, è vero.” Il suo tono si addolcì. “… certo che se non ci fossimo noi, Louis non riuscirebbe a sbrogliarsi dalle situazioni.” Constatò un po’ compiaciuta.

“Già. A questo servono gli amici, no?” Le strizzò un occhio Pierre.

“Chissà, magari presto Louis si deciderà ad affrontare le cose con le sue sole forze, facendo chiarezza soprattutto sui suoi sentimenti.” Disse Jules con lieve rammarico. “E non avrà più bisogno di noi. Bell’amico!” Sbuffò risentita. Stava evidentemente scherzando, ma non capì come mai Pierre non le stesse rispondendo. Per un istante le sembrò essersi ghiacciato di colpo. Non ebbe il tempo di dire qualcosa, che si sentì chiamata in causa da una voce sempre più vicina.

 

“Ehi, Fukawa. Sbaglio o non mi hai ancora salutato?”

“Buon Natale anche a te, Soda. Che cosa volevi, che ti stendessi il tappeto rosso?” Rispose subito la ragazza, rivolgendosi a Makoto.

“Mh, perché no. Per questa volta sono venuto io. Contenta?”  La punzecchiò il difensore.

Juliet gli scoccò un’occhiata torva: sembrava proprio divertirsi a farla alterare. “Risparmiami la tua ironia!”

“Dai scherzo. Come vanno le cose?” Domandò poi il ragazzo, rinunciando al battibecco. Al che, anche la rabbia di Juliet svanì. “Tutto bene, dai...” Rispose.

“Mi ha detto Vivianne che l’hai seguita tu per un periodo, dopo le prime sedute del dottor. Gaillard*.”

Gli occhi di Juliet si illuminarono. “Vivianne! Dimmi, come sta?”

“Sì è ristabilita completamente. Ho saputo che la tua fisioterapia ha fatto miracoli. Complimenti.”

Un sorriso brillante spuntò sulle labbra di Juliet.  Era davvero felice quando sentiva che le sue cure avevano effetto.

“Vivianne? Parlate di quella tua cugina scontrosa?” Si intromise Pierre. Purtroppo, Juliet non si era resa conto che fino a quel momento l’amico si era tenuto a distanza.

“Non è scontrosa, diciamo che c’è stato qualcosa che hai detto che l’ha fatta alterare. E credimi, per far arrabbiare mia cugina ce ne vuole. È la calma in persona!” Esclamò Makoto divertito. Sapeva bene che sarebbe stato difficile per Pierre capire perché Vivianne si fosse offesa.

Il biondo capitano della Nazionale Francese scrollò le spalle. “Rinuncio a capirle, le donne.” Disse, sventolando la mano come un principe indignato. Pierre si era messo a spiegare a Juliet dell’incidente del giorno prima quando, dal fondo della sala arrivò la voce alticcia di Louis. “Ehi, ragazzi! Sono finite le birre!” Il bomber sventolava una bottiglia vuota. “Come è possibile che non ce ne siano più?”

 

“Veramente…” Juliet si avvicinò, le mani sui fianchi e lo sguardo accigliato. “Ce ne sono altre quattro casse nel mio appartamento.”

“Allora portatele, no?”

 “Magari se alzi il tuo culo e vieni a darmi una mano, invece di impartire ordini…”

“Eddai, Jules. Non dirai sul serio? Sono il festeggiato!”

Juliet assottigliò lo sguardo. Guardò Louis: era proprio rosso in viso, ma di sicuro non completamente ubriaco. L’aveva provocata di proposito.

“Benissimo.” Disse, voltandogli le spalle. “Soda, vieni tu a darmi una mano, per favore?” Calcò sul ‘per favore’ spiazzando Makoto con quel tono gentile. “Ok, certo.” Rispose il giapponese, seguendola.

Peccato che il più spiazzato di tutti fu Louis. “Ehi!” Esclamò in direzione dell’amica, ma questa non gli rivolse né occhi né parole, svanendo oltre la porta insieme a Soda.

 

 

 

“Accidenti, avete fatto le cose in grande!” Makoto era stupito dalle bibite e dai salati che riempivano il tavolo della cucina di Juliet.

“Beh non sapevamo in quanti venivano… e poi è meglio abbondare.” Sospirò Juliet.

“Ma… li hai fatti tu?” Soda indicò i tramezzini e le pizzette. Quando li aveva assaggiati, di là, aveva avuto l’impressione fossero fatti in casa.

“Ma no!” Ridacchiò la ragazza. “Ha fatto tutto Simone, la mamma di Louis! Lei è bravissima in queste cose.”

Nel sentire il nome della madre di Napoleon, Makoto ricordò di quando si erano incontrati e si sentì in imbarazzo come un ragazzino. La signora era stata così gentile con lui.

“Tu comunque non la conosci!” Gli disse poi Juliet e Soda se ne stupì. Fu però felice di sapere che Napoleon non raccontasse proprio tutto tutto ai suoi amici.

“Si è data un bel daffare! Se poi finiva la roba chi lo sentiva Louis! Hai visto, prima?” Gli ricordò la padrona di casa.

“Beh, in effetti è stato un po’ stronzo. Gli avete organizzato la festa e fa pure pretese!”

Juliet difese l’amico. “Ma no. Non lo dà a vedere, ma gli ha fatto piacere.” Sorrise. “Che vuoi farci, Louis è fatto così.”

 

“Ehi ma quanto ci mettete?” D’un tratto, videro Louis entrare in cucina e sbraitare. “Sono ore che vi aspettiamo!”

“Che cazzo dici? Guarda che siamo appena arrivati. Che sei, già sbronzo?” Gli rispose a tono Makoto.

Juliet ridacchiò fra sé, gustandosi la scena. Era stata pronta a scommettere che se Makoto fosse andato con lei, magicamente Napoleon li avrebbe seguiti. Ormai conosceva troppo bene Louis. “Oh, guarda! Due baldi giovani accorsi in mio aiuto! A ‘sto punto posso anche fare a meno di affaticarmi… portate voi tutto quanto.” Ordinò tassativa.

“Ehi!” Si lamentò Makoto, ma la ragazza lo redarguì: “Niente storie!” Esclamò, abbandonando il proprio appartamento.

 

Per qualche istante aleggiò il silenzio. Louis capì che Juliet l’aveva fregato ben bene. “Strega…” Sibilò fra sé.

Makoto, invece, aveva cominciato a sentire una strana tensione. Finché erano stati nell’appartamento accanto, a festeggiare tutti insieme, si era sentito tranquillo, ma ora… non riusciva nemmeno a muovere un dito per portare di là quelle dannatissime scorte. Non aveva la concentrazione adatta.

 

Louis squadrò il ragazzo da cima a fondo. “Stasera non mi sei sembrato così giapponese. Hai bevuto talmente tanto da sembrare un francese. O un tedesco.” Lo derise. “Una volta lo schifavi, l’alcool.”

“Eravamo minorenni.” Sibilò Makoto, urtato dalle sue parole.

“Uuuh, le regole nipponiche...” Continuò Napoleon. “In effetti i tuoi occhi a mandorla me lo ricordano sempre che sei uno stupido giapponese…”

Makoto inasprì lo sguardo. Napoleon stava cercando lo scontro, lo sapeva bene. Ma non gliel’avrebbe data vinta. Voleva evitare che rabbia e strani sentimenti debordassero ancora una volta. E in una situazione come quella. “Mi dispiace che i miei occhi ti diano fastidio… ma non posso di certo cavarmeli!” Disse scocciato.

“Ma io non ho mai detto che mi danno fastidio…” Ridacchiò Louis, avvicinando al suo viso una mano che, tuttavia, Soda bloccò, afferrandogli il polso.

“Stammi bene a sentire, Napoleon: guardali bene” indicò i propri occhi “ficcateli bene in testa, perché questi saranno gli occhi della persona che ti straccerà alle prossime Olimpiadi!”

“Oh, beh… tutto da vedere… prima qualificatevi.” Rispose il francese, senza fare una piega.

 “Napoleon” Makoto fece un passo verso di lui, stringendo la presa. La sentiva, quella tensione serpeggiare nello stomaco e lungo la schiena. “Non ti spacco la faccia solo perché è il tuo compleanno: non ci faresti una grande figura a tornare di là con un occhio nero.”

“Non aspettare che ti ringrazi…” Louis ghignò. “E comunque…” Continuò, sedendosi sul tavolino dietro di lui, poggiando il palmo della mano libera sul legno freddo. “I tuoi occhi non mi dispiacciono” Le iridi azzurre del francese lo catturarono come potenti calamite.

“La pianti di sparare cazzate?”

“… lo sai che sparare cazzate è la mia specialità…”* Napoleon si liberò dalla sua stretta e, afferrandogli la nuca con la mano lo tirò a sé, facendogli assaporare ancora una volta le proprie labbra. Makoto si sentì avvampare e capì subito che non era colpa dell’alcool andato in circolo. Imprigionò così Louis fra le sue braccia per ricambiare quel bacio rovente. Il cannoniere francese aprì le gambe e le richiuse dietro la sua schiena, spingendo Soda sopra di lui.

 

Era sempre così, fra loro. C’era chi faceva la prima mossa, anticipando l’altro per condurre il gioco, sempre troppo improvviso e per questo inarrestabile. Era incredibile che a distanza di anni finissero ancora l’uno fra le braccia dell’altro in quel modo. Immuni a ogni sorta di controllo.

 

Un gemito sfuggì dalle labbra di Makoto, così come la padronanza di quelle mani che si aggrappavano alla felpa del francese, desiderose di strappargliela via. Quelle stesse mani si fecero poi strada sotto l’indumento: una raggiunse la schiena, l’altra scivolò oltre i pantaloni, indugiando sulle natiche sode. Louis lo baciava, leccandogli il collo con la voracità animale che gli dimostrava ogni volta che facevano sesso e lui rispondeva in modo altrettanto morboso. Le eccitazioni fregarono l’un l’altra nonostante l’impedimento dei pantaloni, fomentando brividi in tutto il corpo. Le sensazioni fino ad allora avviluppate nello stomaco trovarono finalmente sfogo, travolgendo anche i rispettivi cuori, che cominciarono a battere all’impazzata.

 

“Fe… fermati, Louis. Fermiamoci.” Makoto parlò con un filo di voce, allontanandosi dalle labbra del rivale. Aveva fatto appello agli ultimi neuroni rispondenti del suo sistema nervoso per frenare l’incoscienza del momento. “Se non torniamo, rischiamo che venga qualcuno e…”

“Ci scopra?” Lo anticipò Louis, lasciandosi cadere con la schiena sul tavolo. La cavalcata di emozioni sembrò placarsi al contatto con la superficie fredda. Il francese sospirò. “Per una volta mi trovo costretto a darti ragione. E poi chi la sente Juliet se ci trova a scopare sul suo tavolo?”

**********************

 

 

Erano appena passate le tre di notte. Il vociare della festa ormai svanito aveva lasciato spazio a un fastidioso silenzio. L’ultimo invitato era andato via da nemmeno cinque minuti e Makoto stava giusto pensando che avrebbe fatto meglio ad andare via con lui o con Alain o con Denis, almeno avrebbe sfidato subito il freddo ed evitato quella situazione d’impasse. Pierre si era messo a raccogliere gli ultimi bicchieri di plastica rimasti in giro per il soggiorno, mentre Napoleon gli teneva aperto un sacco nero. Anche la Fukawa era andata via da un po’, visto che la mattina doveva alzarsi presto per il tirocinio, nonostante fosse S. Stefano.

 

Soda ammise però fra sé di non voler tornare a casa, almeno non subito. Dopotutto, avrebbe voluto stare un altro po’ con Napoleon. Subito i suoi pensieri corsero a metà serata, quando si erano ritrovati da soli, e abbassò gli occhi imbarazzato, nonostante nessuno lo stesse guardando. Certo, non poteva negare che avrebbe voluto continuare da dove avevano interrotto, però… non era soltanto per quello. Si ricordò dell’ultima volta che era stato nell’appartamento di Louis: si era trovato bene. E, stranamente, aveva nostalgia di quegli istanti, anche se continuava a darsi del cretino per il solo fatto di starci pensando.

 

“Chiamo un taxi… almeno vi lascio andare a dormire!” Esclamò non troppo convinto, mentre tirava fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Louis strinse con forza il sacco che teneva fra le mani, catturando l’attenzione di Pierre. Quest’ultimo glielo levò via, ci fece un nodo e lo posò vicino alla porta. “Guarda che non ci sono problemi...” El Cid alzò lo sguardo in direzione del Giapponese. “Io me ne sto andando a dormire e, se non vi prendete a pugni alle tre di notte, direi che puoi anche dormire qui.” Terminò con un sorriso accennato.

Impreparati a quelle parole, i due ragazzi faticarono a trattenere l’imbarazzo.

“Pierre!” Esclamò Louis, riprendendolo.

Anche Makoto provò a dire qualcosa, ma il capitano della Nazionale Francese lo interruppe con un “Fate come vi pare. Buonanotte!”, alzando la mano in segno di saluto e svanendo nel corridoio. Lo sentirono entrare in camera e chiudersi la porta alle spalle. Era ovvio che li avesse lasciati soli di proposito, n’erano coscienti entrambi. Solo che a Makoto quell’atteggiamento infastidiva assai, si sentiva trattato come un ragazzino e pensò che Pierre dovesse smetterla di scoccargli quel tipo di frecciate. In quel momento, abbracciò la teoria di Vivianne sul fatto che Pierre sfoggiasse un atteggiamento da ‘persona superiore’. Stava ancora speculando sul da farsi, quando vide Louis mettergli il palmo della mano sotto il viso e guardarlo con aria sollecita.

“Che vuoi?” Domandò, perplesso. Napoleon corrugò la fronte. “Te ne stavi andando…” Disse, ma non terminò, suscitando nell’altro ancora più confusione.

“E quindi?”

“Il mio regalo.” Lo illuminò il francese. “Non me l’hai ancora dato.”

Soda spalancò gli occhi, maledicendosi all’istante. Preso com’era stato dall’andare o meno alla festa, aveva finito per dimenticarsene! E dire che Vivianne gliel’aveva anche fatto presente. “Guarda che è stato Pierre a trascinarmi qui all’improvviso. Dove lo trovavo il tempo per andarti a prendere il regalo?” Si difese, con una buona dose di altezzosità. “E poi non li conosco mica i tuoi gusti!”

Louis lo guardò di sbieco. “Ho capito. Te ne sei dimenticato. E dire che te l’avevo anche detto al telefono” Sbuffò, chiudendo la mano a pugno per sventolarglielo vicino al viso, ricordandogli la minaccia*. “Ma comunque…” Le sue labbra si piegarono improvvisamente, dando forma a quel sorriso sfacciato che il difensore giapponese gli aveva visto sfoderare più volte. “Qualcosa me la puoi regalare…” Il bomber afferrò l’altro per le braccia e si protese verso di lui, sfiorandogli l’orecchio con le labbra.

 

“Andare in camera… e lasciare che sia io a prenderti…” Sussurrò.

 

“Scordatelo!” Reagì Makoto, indietreggiando di un passo, le mani di Louis che ancora lo tenevano stretto. Pochi istanti dopo, però, avevano allentato la presa. Il giapponese si pentì immediatamente di quella reazione istintiva. “Scusa, è che…”

“Stavo scherzando…” Louis gli rivolse un’occhiata derisoria, mostrando di non aver dato a quella risposta il peso temuto da Makoto, ovvero che lui disprezzasse il suo ruolo quando finivano a letto insieme.  Anzi, il bomber francese sembrò per nulla stupito.  “Codardo…” Sussurrò un’ultima volta, prima di posare nuovamente le proprie labbra sulle sue.

***************

 

Pierre si era svegliato con un forte mal di testa. Sapeva che la colpa era della serata trascorsa: aveva bevuto più del solito e sopportato tanta confusione. Ma, alla fine, l’importante era che Louis fosse rimasto contento della sorpresa.  La serenità del suo migliore amico era una delle cose che gli stavano più a cuore. Certo, sapeva bene che una festa non sarebbe bastata a fargli tornare il buonumore, negli ultimi tempi svigorito. Per quello aveva insistito tanto con Makoto.

 

Si stiracchiò per bene, sentendo il bisogno di una bella tazza di caffè. Quindi indossò una felpa e spalancò la finestra, lasciando entrare i deboli ma luminosi raggi di quella giornata tersa. Ancora un po’ assonnato aprì la porta della propria camera, ma finì dritto nel getto di una folata d’aria che lo intirizzì.

“Dannazione, la finestra del soggiorno, Louis!” Imprecò, pensando che ancora una volta il compagno si era dimenticato di chiuderla. Uno strano e improvviso ‘clack’, però, richiamò la sua attenzione. Notò che la corrente aveva aperto di pochi centimetri la porta della camera di Napoleon. Nemmeno in seguito sarebbe riuscito a spiegarsi il motivo del gesto che compì subito dopo. Di norma, avrebbe rigato dritto senza curarsi degli affari dell’altro, rispettoso della sua privacy. Eppure, in quel momento, fu come se una mano invisibile lo guidasse, cosicché si trovò appoggiato allo stipite della camera del coinquilino, trattenendo il respiro per paura di essere udito. Mai, nella sua vita, aveva tenuto un comportamento del genere. E di rado il suo viso si era contratto in quel modo, come nell’istante in cui i suoi occhi si posarono sul letto dell’amico, scoprendolo addormentato a pancia in giù sul torace del rivale giapponese che gli cingeva la schiena con il braccio. Non avrebbe dovuto sorprendersi. Conosceva benissimo il tipo di relazione che avevano, lui stesso l'aveva più volte agevolata. Allora perché...

 

“Chissà, magari presto Louis si deciderà ad affrontare le cose con le sue sole forze, facendo chiarezza soprattutto sui suoi sentimenti. E non avrà più bisogno di noi…”

 

Pierre non capì. Non capì cosa stava provando, né per quale motivo le parole di Juliet si ripetessero nella sua testa in quel modo. Non comprese del tutto l’irritazione che lo assalì in quei brevissimi istanti, perché fu subito sostituita dalla vergogna. Richiuse velocemente la porta, scuotendo la testa, non riconoscendosi in quel gesto. Non ebbe il coraggio di soffermarsi sui motivi. Ritenne solo di essere ancora molto stanco e di aver bisogno di una doccia gelata. Poi sarebbe andato a correre per almeno mezz’ora.

 

Era sicuro che solo così avrebbe cancellato quell’irrazionale senso di vuoto e di rabbia.

 

FINE

 

 

 

- Meiko, nominata in DisSimile, è la prima ragazza fissa di Makoto. Lei e Soda erano stati insieme prima poco prima delle qualificazioni asiatiche per il World Youth.

- DisSimile- Fil Rouge, primo capitolo. Vivianne si era fatta male al braccio cadendo dal motorino e, in una discussione con Makoto, gli dice che trovava assurdo che lui si fosse fatto il giro del globo solo per sapere come stava, visto che non aveva nulla di grave. Quindi ammicca all’esistenza di un altro motivo per cui lui si trovava lì.

- A Christmas Tale, fanfiction di Agatha. Le sarò sempre grata per questa splendida ff *_* Makoto telefona a Louis per dirgli di tenersi libero il giorno del suo compleanno e i due hanno un battibecco bellissimo e tanto ammmmorevole *_*

- Il CID, Convention  d'Indemnisation Directe, è stato inventato proprio in Francia.

- DisSimile- Fil Rouge- Extra Amore Materno.

- DisSimile, 4 capitolo. Dopo la sconfitta subita dall’Olanda, Louis scompare e Pierre va a cercarlo da Makoto. In quell’occasione gli dice che ha capito quanto lui è importante per Napoleon.

- In A Christmas Tale, Agatha ci rivela che Louis aveva capito tutto della festa a sorpresa, ma finge di non sapere nulla per non dispiacere l’amica.

-DisSimile- Fil Rouge. Il dottor. Gaillard è il fisioterapista che cura Vivianne quando si rompe il braccio. Juliet è la sua tirocinante.

- In DisSimile, I capitolo, Louis offre la birra a Makoto, ma questo la rifiuta dicendo che sono ancora minorenni. Al che Louis lo prende in giro.

- Il fatto che Louis ‘spari cazzate’ richiama l’ultimo capitolo di DisSimile, quando, in auto con Makoto, e privo di difese, Napoleon ammette con amarezza di dire e fare spesso cose senza senso.

- In A Christmas Tale di Agatha, al telefono, Louis dice a Makoto di presentarsi con un regalo, altrimenti gli farà assaggiare i suoi pugni.

 

 

 

E Così è finita anche questa storia. Finalmente ho mosso meglio Vivianne, ci tenevo tantissimo! Poi c'è Sophie sempre con una moda nuova! la prossima volta la farò in stile figlia dei fiori o seguace di qualche filosofia zenXD E anche Pierre qui inizia a cambiare… a infastidirsi per qualcosa che nemmeno lui sa spiegarsi. No, non è innamorato di Louis, assolutamente. Ma diciamo che comincia a capire che forse è lui ad avere bisogno di Napoleon, di un amico da consigliare sempre e del quale essere un punto di riferimento. Se gli crolla questo… chissà. Spero poi di poter arrivare a scrivere davvero tutto tutto. Sarà lunga, ma non ho intenzione di mollare! Mentre Makoto e Louis… ahi. Fra loro sta diventando tutto molto naturale e Louis si è esposto un po’ di più, ma sempre col suo fare da bastardo inside… di certo non dice cose romantiche! Makoto avrà notato oppure no? Cosa sente davvero e come reagirà? Scoprirete tutto nella prossima ff che sarà su di lui e su Gakuto Igawa, la new entry!

Grazie a voi che mi seguite

 

Alla prossima,

 

la vostra Releuse <3

  
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