Thinking
out loud
I’m thinking about how people fall in love in mysterious
ways
Maybe just the touch of a hand
Well, me – I fall in love with you every single day
And I just wanna tell you I am
“Un po’ più
stretto.”
“Ancora più stretto
di così e sverrai.”
“E sei già sulla
buona strada.”
Minto lanciò
un’occhiataccia verso Ichigo: “Mi basta un secondo per pubblicare online la
foto di te piegata a metà con la faccia nel sacchetto di carta, Miss
Non-So-Gestire-L ’Ansia-E-Vado-In-Iperventilazione.”
Zakuro terminò di
allacciarle le stringhe del corpetto con un tiro gentile: “Così è sufficiente.”
La mora si osservò nello
specchio a figura intera, lisciandosi inesistenti pieghe e corrugando la fronte
in una smorfia preoccupata: “Sei sicura, onee-sama? Non
vorrei che -”
La modella la voltò
verso di sé, appoggiandole le mani sulle spalle e sorridendole calorosa: “Sei
perfetta, Minto. Fidati della tua damigella d’onore.”
“Sì, Minto-chan, sei più bella di Zakuro nee-san!”
trillò allegramente Purin, che stava sistemandosi le ultime pennellate di fard
sulle gote tonde.
Minto arrossì
vistosamente: “Non diciamo cretinate.” borbottò, spiando dagli occhi abbassati
la figura slanciata e tonica della sua amica, fasciata in un lungo abito di
chiffon color cipria. “Quanto manca?”
Retasu, seduta poco
lontano a causa dell’evidente rotondità del suo ventre, controllò l’orologio
sul cellulare. “Dieci minuti, più o meno.”
“Okay,” Minto fece
un respiro profondo, muovendosi per la stanza con un fruscio di veli “E’ tutto
a posto, vero? Il vestito è qualcosa di nuovo, il bracciale è qualcosa di
vecchio –”
“La spilla nei
capelli te l’ho prestata io, e la fascia del tuo vestito è blu carta da
zucchero.” concluse Zakuro per lei. “Non ti manca nulla, te lo giuro.”
Ichigo rise e prese
le mani della mora: “Ma sei così anche prima degli spettacoli?”
Lei alzò gli occhi
al cielo: “Prima di salire sul palco almeno so cosa sto facendo.”
“E adesso non lo
sai,” la rossa replicò con aria sarcastica “Minto, è un anno che stai
progettando tutto meticolosissimamente. Non c’è nemmeno un petalo di peonia
fuori posto. Ti stai per sposare in una villa di Parigi, per la miseria, ed è
tutto semplicemente perfetto. Non potrebbe che esserlo, l’hai organizzato tu.”
“E di là ti sta
aspettando qualcuno che è completamente
pazzo di te.” Purin le raggiunse con un sorriso incoraggiante “Che
probabilmente morirà d’ansia se lo facciamo aspettare troppo.”
“Sempre che non si
sia già scolato tutto lo champagne,” borbottò Minto con una smorfia.
“Motivo in più per
andare,” Zakuro si ravvivò i capelli, lasciati sciolti in lunghe onde morbide
“Siamo pronte?”
“Prontissime!”
Ichigo e Purin tirarono la sposa per mano, accompagnandola verso il corridoio
decorato da raffinati tappeti.
Lì fuori, le stavano
aspettando il signor Aizawa e Seiji,
il primo con il solito cipiglio un po’ imbronciato che spesso poteva essere
trovato sul viso della figlia, il secondo invece splendente ed allegro nel suo
elegante completo nero.
“Sei bellissima,
sorellina,” l’accolse sincero “Ma dovresti sforzarti di sorridere.”
“Non ti ci mettere
anche tu,” rimbrottò lei.
Si agganciò al
braccio del padre, stringendo forte il bouquet di camelie bianche mentre Retasu
le sistemava il velo sopra la bassa crocchia di boccoli in cui le erano stati
acconciati i capelli.
“Si dia inizio allo
spettacolo!” trillò Purin, afferrando il suo bouquet più piccolo e aprendo la
via verso il salone in cui si sarebbe tenuta la cerimonia.
Minto fece un
respiro profondo, sentendo la salda e rassicurante presa di suo padre attorno
al braccio. “Merde, merde, merde.”
§§
“Smettila di
saltellare, mi stai facendo venire la nausea.”
Kisshu alzò gli
occhi al cielo al rimprovero del fratello maggiore. “Posso ricordarti cosa
facevi tu il giorno del tuo
matrimonio? Sudare sette camicie non è mai stato più veritiero di quella
mattina.”
Pai lo ignorò bellamente, spingendolo
verso le grandi porte doppie, da dietro le quali proveniva una dolce musica di
archi.
“Tu devi aspettare
in fondo,” lo redarguì “Poi arriveranno le ragazze, e poi Minto con suo padre.”
“Lo so, lo so. Sono quaranta giorni che facciamo
le prove. Ho capito. Posso avere
altro champagne?”
Il suo testimone gli
diede l’ennesima spinta tra le scapole: “Muoviti, deficiente.”
Il forte brusio
degli invitati accolse Kisshu quando le porte si spalancarono nel salone, e lui
si avviò lungo il corridoio ricavato tra le sedie di legno bianche, decorate
con nastri e peonie. C’erano forse circa trecento persone alla cerimonia, e lui
ne conosceva davvero una minima parte. Si schiarì la gola mentre camminava,
sentendo gli occhi di tutti fissi su di lui, e si aggiustò i gemelli delle
maniche del completo nero. Il farfallino, ovviamente, lo stava strozzando, ma
non c’era stato verso di convincere Minto a non costringerlo ad indossarlo.
Si posizionò davanti
all’altare proprio mentre la musica cambiava, introducendo le damigelle e i
suoi testimoni.
Quasi non si accorse
di non respirare finché Taruto, il primo ad arrivare, non gli diede un leggero
colpetto con il gomito quando gli passò accanto per mettersi alla sua sinistra.
Ichigo gli fece
l’occhiolino quando arrivò, mentre Shirogane sembrava spassarsela sotto i baffi
a vederlo così agitato.
“Sorridi,” gli
ricordò l’americano “Non è il tuo funerale.”
Kisshu stirò le guance il più possibile,
deglutendo rumorosamente. Era sembrato tutto molto meno spaventoso durante
tutte le prove che avevano fatto. Forse avrebbe dovuto insistere di più con la cornacchietta per una cerimonia semplice, di pochi intimi,
magari su qualche allegra spiaggia caraibica, tra palme di cocco e Margarita.
Ma no, lei aveva voluto il matrimonio in grande stile, da principessa, a
Parigi… e come poteva lui, in fondo, dirle di no? Era partita come una scheggia
ad organizzare tutto, con il suo solito bisogno di controllo minuzioso,
arrivando ogni giorno radiosa come non mai con le braccia cariche di scampoli
di stoffa, giornali, cataloghi, e lui era stato felice solo di vederla seduta
sul divano, le sopracciglia corrugate mentre discuteva con Zakuro della
differenza tra il bianco gesso e il bianco sporco, e quale le sarebbe stato
meglio addosso.
(Se proprio poteva
dire la sua, a lui Minto piaceva specialmente con quei succinti vestitini da
palco, ma non era decisamente l’abbigliamento migliore per una simile occasione,
quindi si era sempre accertato di tenere certi suggerimenti per sé).
L’ennesimo
cambiamento di musica gli segnalò che il momento era giunto; fece un respiro
profondo, spostando il peso da un piede all’altro e stringendo le dita per
evitare che la sua mano sinistra si scontrasse con la spalla di Pai, il quale apparentemente aveva deciso di ritrovare solo
ora tutto il suo senso dell’umorismo.
La smorfia forzata
che si era dipinto in volto si tramutò, però, in un tipico ghigno felice da
Kisshu non appena la vide varcare la soglia del salone, avvolta in un abito di
una tonalità di bianco che lui non sarebbe sicuramente riuscito a denominare
correttamente, ma che sembrava la facesse risplendere. E, cascasse il mondo,
avrebbe giurato che stesse arrossendo mentre percorreva a passo spedito il
corridoio fino all’altare.
“Ciao, passerotto,”
le sussurrò quando lei lo raggiunse, tendendole la mano per prendere la sua e
stringendola forte prima di avvicinarsela alle labbra per lasciarci un veloce
bacio.
Minto cercò di
lanciargli un’occhiataccia di rimprovero, ma nemmeno lei poteva evitare
l’enorme sorriso che proprio non voleva abbandonare il suo viso.
Si aggrappò con
forza alla sua mano, trovando familiarità nella presa salda, stupendosi invece
di come fosse, per una volta, lei quella più nervosa. La voce dell’officiante
era quasi ovattata mentre prendeva a recitare le parole di rito, e lei si
concentrò solo sulle dita calde di Kisshu tra le sue, sul pollice che le
disegnava cerchi rassicuranti sul dorso della mano, invitandola con dei piccoli
strattoni a sollevare di tanto in tanto lo sguardo per incontrare i suoi occhi.
Se ci ripensava,
forse era proprio così che si era innamorata di lui, quattro anni prima, e che
aveva capito di essere innamorata di lui: sentendo sempre, da quando era
tornato, la sua presenza forte e fiera accanto a sé, a sostenerla e spingerla a
guardare avanti.
Alzò il volto in
quel momento, incrociò il volto sorridente di suo fratello (che aveva legato
fin troppo con quel cretino del suo quasi-marito, era ormai assoggettato alla
sua pessima influenza), e poi quello più austero ma rilassato di Pai, che sembrava parecchio concentrato a controllare che
Retasu non si sforzasse troppo, con quella tonda pancia di sei mesi.
Minto rise
sottovoce, attirando l’attenzione di Kisshu; lui le strinse anche l’altra mano,
e per una frazione di secondo, disattivò il congegno che gli conferiva un
aspetto più umano, così che i suoi occhi potessero tornare del loro originale
color oro. Lei arrossì ancora, facendo un respiro profondo che tremolò per
l’emozione. L’alieno le fece l’occhiolino per tranquillizzarla – sarebbe
svenuto lui, probabilmente, se si fosse messa a piangere, e riconosceva quel luccichio
nei suoi occhioni scuri.
Lanciò un’occhiata
un po’ di panico verso Zakuro, come se la modella potesse intervenire e
prevenire quel disastro (era sempre un disastro se Minto piangeva, soprattutto
se era per colpa sua); ma lei si strinse nelle spalle con un sorriso, come a
dire io avevo sempre saputo che Minto
avrebbe pianto.
“Colombella, non ti
azzardare,” mormorò lui, abbastanza piano perché lo sentisse solo lei
“Ricordati quanto hai preso in giro Ichigo. Pensa al trucco.”
Lei rise ancora,
scosse la testa tirando appena su con il naso: “Sei un idiota.”
“E’ per questo che
mi ami.” replicò orgoglioso lui “Ed eccoci qua.”
Minto prese un altro
respiro, volendo solo che tutta quella cerimonia finisse per potergli
cancellare quella smorfia saccente dal viso con un bacio – un pensiero davvero
da Kisshu, niente meno.
Sbuffò appena,
concentrandosi meglio sulle parole dell’officiante, perché rischiava davvero di
perdersi il momento più importante di tutti, e per tutto il resto del tempo pensò
solo alla forte stretta delle mani di Kisshu sulle sue, perché non contava
nient’altro.
So honey now take me into your loving arms
Kiss me under the light of a thousand stars
Place your head on my beating heart
I’m thinking out loud
That maybe we found love right where we are
La musica suonava
allegramente, spandendosi per il giardino illuminato da eleganti lampade
bianche. Dello stesso colore erano i tendoni che erano stati eretti sopra alla
pista da ballo, contornata da tanti divanetti e tavolini dove gli ospiti
potevano appoggiare i calici di champagne che continuava a scorrere.
La cena era stata
suntuosa, abbondante, in una bellissima sala di quella antica villa decorata da
pregiati quadri, ma la parte preferita di Minto sarebbe stata proprio la festa
all’aperto, sotto il cielo estivo francese pieno di stelle.
Anche l’alta torta a
cinque piani, il regalo di Keiichiro, era stata
tagliata in giardino, sotto una pioggia di fuochi d’artificio – l’unica cosa
che Kisshu avesse davvero chiesto, perché ne era sempre stato affascinato.
Retasu si accarezzò
la pancia, incredibilmente comoda nonostante il vestito da damigella fosse
stato cucito su misura per essere il più attillato possibile.
“Sei stanca?” Pai le sfiorò il viso con una carezza “Vuoi dell’altra
torta?”
“No,” lei gli
rivolse un sorriso contento “Penso sia solo il fuso orario. Hai voglia di
ballare un po’?”
L’alieno fece una
smorfia: “Devo proprio?”
Retasu si alzò con
cipiglio, afferrandogli il braccio: “Ho ballato con tutti tranne che con mio
marito, devi.”
Lo trascinò al
centro della pista mentre lui faceva finta di sbuffare, sotto gli occhi
divertiti dei novelli sposi.
“Te l’ho detto che
Retasu ce l’avrebbe fatta,” esclamò Minto, intrecciando le braccia dietro al
collo di Kisshu mentre dondolavano dolcemente al ritmo della canzone appena
iniziata.
“Lo sai che mio
fratello non può dirle di no, non era una scommessa valida.” puntualizzò lui.
“E’ una debolezza degli uomini Ikisatashi.”
“Io ho ben presente
le tue debolezze,” la mora alzò un sopracciglio “Le mani, razza di depravato.”
Kisshu ghignò,
alzando i palmi di miseri millimetri dalla sua vita: “Non è colpa mia se sei
terribilmente mozzafiato in questo vestito. Anche se non mi stanno simpatici
tutti questi veli. Ostruiscono la strada.”
“Kisshu.” sibilò lei, schiaffeggiandogli
la nuca “Per favore.”
“Tortorella, non sai
quante volte ripeterai questa frase nelle prossime ore.”
Minto divenne rosso
fuoco e fece per allontanarsi di lui scocciata, ma lui la riprese per un polso,
ridendo, facendole fare una giravolta e stringendola ancora contro di sé.
“Ti amo, cornacchietta permalosa,” sussurrò, appoggiando la fronte
alla sua.
Lei arricciò il naso
in quella smorfia tenera che solo lui riusciva a strapparle con quelle parole, e
gli scostò la frangetta ormai scompigliata dagli occhi: “Grazie per aver
acconsentito a tutto questo. Lo so che tu avresti preferito qualcosa di
semplice.”
Kisshu scosse la
testa: “Lo so che ti piace giocare alla principessa, e volevo che fosse un
giorno speciale, per te.”
“Lo è,” Minto annuì,
e si alzò sulle punte, nonostante i tacchi, per lasciargli un dolce bacio sulle
labbra.
Poco lontano,
un’altra coppia aveva osservato l’intera scena mentre anch’essa volteggiava
pigramente a ritmo di musica.
“Come sono
romantici,” commentò sarcastico Shirogane, una smorfia infastidita in volto.
Ichigo gli diede un
pizzicotto sul braccio: “Ehi! Come pensavi di essere tu?”
“Più composto
sicuramente. Io non ti tocco il
sedere davanti a tutti.”
“Be’, Kisshu è
Kisshu. Non sarà il matrimonio a cambiarlo.”
“Lo sai benissimo
che quella scusa non funziona con me.”
“Ogni tanto non ti
ucciderebbe essere un po’ più romantico in pubblico.”
“Mi piace essere
riservato.”
“A proposito di
romanticismo,” Ichigo tossicchiò “Lo sai, vero, che tra tre mesi è il nostro
anniversario di matrimonio?”
Ryo la guardò truce,
quasi offeso: “Per chi mi hai preso ora?! Certo che me lo ricordo.”
“Bene,” rise lei,
appoggiando la guancia al suo petto “Però pensavo di darti il regalo un po’
prima. È più adatto.”
“Ah sì?” l’americano
le lasciò un bacio sulla sommità della testa “Do whatever makes you happy, honey.”
“Non fare
l’accondiscendente.”
“Non fare la
petulante.”
Ichigo gli diede un altro
pizzicotto nel braccio prima di ridere ancora, e chiuse gli occhi, ascoltando il
battito del suo cuore: “Ryo?”
“Mhmm?”
“Sono incinta.”
Si fermarono
improvvisamente lì, quasi al centro della pista da ballo, per qualche istante;
poi Shirogane la strinse più forte mentre riprendeva lentamente a muovere i
piedi, schiarendosi la gola. “Davvero?”
La rossa annuì,
senza ancora riuscire a guardarlo negli occhi. “L’ho scoperto una settimana fa.
All’inizio pensavo che fosse solo per lo stress dell’aiutare Minto, e il fuso
orario, il cambiamento e tutto… ma poi è continuato, Zakuro mi ha accompagnato
a fare un test, e così…”
Si interruppero
ancora una volta, e Ryo le prese il volto tra le mani, scrutandola
attentamente: “Stai bene, sì? Sei… sei contenta?”
Ichigo sorrise: “Io
sì. So che non è programmato, ma… a te va bene?”
Un enorme sorriso
sbocciò sul volto del ragazzo: “Stai scherzando? È meraviglioso!”
Lei rise mentre la
baciava con trasporto per poi abbracciarla così stretta da sollevarle i piedi
da terra di qualche centimetro.
“Stai calmo, però,”
gli sussurrò “Non voglio distrarre Minto dalla sua giornata, ho intenzione di
vivere ancora per un po’.”
Ryo fece una
smorfia: “Appena torniamo a casa, andiamo dal dottore e ci facciamo stilare
anche una dieta.”
“Starai scherzando,
spero.”
“Absolutely not.”
“Allora Retasu non
esagera quando dice che diventate matti con queste cose.”
§§
“Purin, scimmietta,
hai bevuto un po’ troppo. Se ci scoprono, Minto ci uccide.”
“Ci sono ottantamila
stanze in questa villa!” la biondina rise, tirandolo a sé “Dove pensi che siano
spariti lei e Kisshu al matrimonio di Ichigo-chan?”
“Ecco, questa era
un’informazione che non mi serviva.”
Purin rise ancora:
“Ci sono ancora due ore alla fine della festa.” asserì con una nota lamentosa.
Taruto sembrò
pensarci un secondo mentre osservava il vestito della sua ragazza, che appariva
fatto apposta per accentuare ogni sua curva. “Dieci minuti, e basta.”
Lei annuì contenta,
e l’attirò in un bacio.
Oh, baby, we found love right where we are
And we found love right where we are
Così tanto fluuuuuuuufff
aiutoooooooo ahahah Insomma,
ho mischiato tre delle mie cose preferite: i matrimoni, le OTP, ed Ed Sheeran. :D
La canzone è, come si evince dal titolo, Thinking Out Loud. Era
da un po’ che volevo usarla in una fanfic, e l’altro
giorno stavo anche pensando che secondo me Minto avrebbe pianto al suo
matrimonio, quindi… voilà. :3
Tutta questa dolcezza non fa per me, ma va bene. Ahah In realtà, non pensavo di metterci così poco tempo a
scriverla, e volevo tenermela un po’ da parte, perché truth to be told, tutto questo parlare di
matrimonio in realtà è dedicata ad una certa personcina che sta per diventare…
grande per davvero ;) Lei sa chi è <3
Ma siccome sono sempre presa da irrefrenabili
impulsi ogni volta che finisco qualcosa, siamo qui.
Spero vi sia piaciuta e che io non abbia causato
troppo diabete in giro J
Bacioni a tutti, lasciatemi una parola o due! <3