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Autore: Greeneyes74    09/03/2015    5 recensioni
Coda al finale di metà stagione, l’episodio 10x9 “The things we left behind”. La storia riprende dagli ultimi minuti dell’episodio, e vede i bros confrontarsi dopo quello che è accaduto. Buona lettura e grazie a chi vorrà recensire la storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Sam tornò correndo nella casa da cui lui, Castiel e Claire erano usciti poco prima. Avevano salvato la ragazza e tutto sembrava essersi risolto per il meglio, finché Sam non aveva realizzato che suo fratello non li aveva seguiti. 

Mentre varcava la soglia pensò che Dean era in pericolo, quelle urla e quei colpi gli avevano gelato il sangue nelle vene. Era pronto a combattere con quegli uomini, e sarebbe stato disposto a fare qualsiasi cosa per difendere suo fratello, ma quello che vide lo lasciò senza fiato.

Nella stanza c’era odore di sangue e morte. I corpi di quei delinquenti erano sparsi tutto intorno, con la gola tagliata e il petto squarciato, ricoperti di sangue, che ancora sgorgava dalle ferite.

E al centro della scena qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere.

Dean era in ginocchio, con una lama insanguinata ancora stretta nella mano, la fronte ferita e il viso anch’esso sporco di sangue, con un espressione stupita dipinta sul volto e gli occhi vuoti, lo sguardo assente.

Sam lo chiamò e Dean parve tornare in sé.

“Dean, dimmi che hai dovuto farlo”, esclamò Sam mentre, inginocchiato davanti a lui, gli teneva la testa fra le mani.

“Non… non volevo”, rispose il fratello con un filo di voce.

“Dimmi che hai dovuto scegliere, tu o loro”, insistette.

Ma stavolta Dean non rispose. Non riusciva neanche a guardarlo negli occhi, tale era la vergogna e l’orrore di sé che provava in quel momento.

Sam rimase in silenzio per un po’, cercando di capire cosa fare per aiutare Dean, ma l’unico suo pensiero era portarlo via da quell’orrore.

Dean non si era mosso, gli occhi bassi, la lama ancora stretta nella mano. In quel momento stava ripensando agli incubi che aveva avuto nei giorni precedenti, che in realtà si erano rivelati essere delle premonizioni. Era terrorizzato al pensiero di trasformarsi di nuovo in quel mostro dagli occhi neri.

Ma forse era troppo tardi e l’oscurità che era dentro di lui aveva già preso il sopravvento. Demone o umano che fosse, dopo quello che aveva appena fatto era condannato, per lui non c’era davvero salvezza, come aveva detto a Cole.

In quel momento Castiel rientrò nella casa, dopo aver lasciato Claire in macchina. Provava una pena infinita per il suo amico. Lui aveva vissuto tutto questo. Quando si credeva Dio aveva sparso il sangue di innumerevoli esseri umani ed angeli e il senso di colpa lo accompagnava ogni giorno, anche a distanza di anni.

Ed ora vedeva che la stessa cosa stava succedendo a Dean, e non sapeva come aiutarlo. Non aveva idea di come liberarlo dal marchio di Caino e finché lo portava su di sé non avrebbe potuto fare nulla per lui.

A cosa serviva essere un angelo se non poteva aiutare le persone che amava?

“Sam, Dean, dobbiamo andare via di qui”, disse ai ragazzi cercando di non mostrare l’angoscia e l’orrore che provava.

“Si, hai ragione Cas. Andiamo Dean, vieni via”, rispose Sam alzandosi e girandosi verso la porta.

Dean non si mosse. Alzò la testa e guardò Cas.

L’angelo in quel momento desiderò con tutte le sue forze di avere ancora le ali per poter sparire. Sapeva infatti quello che sarebbe successo subito dopo.

“Cas”, disse Dean con uno sguardo di supplica, “è il momento di mantenere la promessa che mi hai fatto”.

“Dean, no… Non posso farlo”

“Di cosa sta parlando, Cas?”, gli chiese Sam allarmato.

“Non è nulla Sam, andiamo”.

“No, Cas. Devi fare quello che ti ho chiesto. Non posso vivere di nuovo quell’incubo”, insistette Dean.

“Si può sapere di cosa state parlando?”, chiese di nuovo Sam.

Questa volta fu Dean a rispondere.

“Ho chiesto a Cas di uccidermi se fossi diventato di nuovo un mostro”, rispose, mentre si rimetteva in piedi, gettando a terra la lama insanguinata.

Sam si rivolse a Cas dicendo, “No, Cas. Non puoi farlo. Troveremo un modo per salvarlo. Troveremo un modo per liberarci del marchio”.

Cas guardò l’amico ma non rispose. Voleva credere con tutto il suo essere che ci fosse un modo per salvare Dean. L’uomo giusto che aveva strappato all’inferno non poteva finire la sua esistenza in quel modo.

Poi Sam disse a Dean, con un tono che non ammetteva repliche, “Dean troveremo un modo per liberarti dal marchio. Te lo  prometto. Abbi un po’ di fede”.

“Beh fratellino, lo sai che la fede non è il mio forte”, gli rispose accennando un sorriso.

“Sam, non posso essere di nuovo quella cosa. Non posso”, concluse con un tono rassegnato.

“No, non è questa la soluzione. E poi se Cas ti uccide il marchio di riporterà indietro, come demone”.

“Non se polverizzerà il mio corpo”.

Poi Dean mise una mano sulla spalla del fratello e continuò, “Sam, è quello che voglio. Sarò finalmente in pace. Vorrei che ci fosse un altro modo, ma non c’è. Ti prego, lascia che Cas faccia quello che è giusto”.

Sam guardò il fratello negli occhi e gli disse, “No, non permetterò a Cas di farlo. Dovrà passare sul mio cadavere”.

Poi si girò verso l’angelo, con uno sguardo di sfida. Cas si sentiva perso. Non aveva idea di cosa fosse giusto fare.

Dean lo guardò e gli fece un cenno di assenso con la testa.

Cas guardò Sam e poi di nuovo Dean e disse,  “Mi dispiace Dean, non ci riesco. Non posso farlo. Sam ha ragione. Troveremo un altro modo.”. Detto questo si girò e usci dalla casa, lasciando soli i due fratelli.

I ragazzi si guardarono per qualche secondo, senza dire nulla, poi Sam porse a Dean un fazzoletto per pulire il sangue dal viso e dalle mani e disse, “Andiamo, torniamo a casa. Chiederò a Cas di sistemare questo casino”. Si incamminò verso la macchina, seguito da Dean.

Sam non sapeva se essere arrabbiato o deluso nei confronti del fratello. L’unica cosa che sapeva era che avrebbe dovuto risolvere il problema del marchio, e che avrebbe dovuto farlo in fretta.

Non poteva uccidere Dean, non l’avrebbe mai fatto. Ma di certo non poteva neanche permettergli di andare in giro a fare stragi.

Quelli che aveva ucciso erano tutti fuorché  innocenti, ma erano pur sempre persone, e loro non uccidevano gli esseri umani, a meno che non fossero costretti. E comunque non in quel modo, non con quella ferocia.

Salirono in macchina e guidarono fino al bunker in silenzio. Dean non aveva il coraggio di rivolgere la parola al fratello. E d’altronde cosa avrebbe potuto dire? Che gli dispiaceva? Che non voleva farlo? A cosa sarebbe servito? Non a riportare indietro quegli uomini. Non a cancellare il fatto che non aveva saputo resistere al marchio e si era trasformato di nuovo in un mostro.

Non avrebbe mai dimenticato il modo in cui il fratello lo aveva guardato, la delusione e il dolore sul suo volto dopo aver capito che non l’aveva fatto perché era stato costretto.

Eppure Sam non si era dato per vinto. Nonostante tutto era più determinato che mai a salvarlo e questo, se da un lato gli riempiva il cuore di gioia, dall’altro lo faceva sentire ancora più in colpa.

Arrivarono al bunker che era già tardi e Sam si diresse subito nella sua camera. Dean andò in bagno a fare una doccia, per togliersi di dosso il sangue che aveva ancora sulle mani e sul viso e poi nella biblioteca, dove si versò un bicchiere di whiskey.

Rimase seduto al tavolo per un po’, a rimuginare su quello che era successo, poi s’incamminò verso la sua stanza. Passando davanti a quella di Sam vide che la porta era socchiusa e la luce all’interno accesa.

Esitò un attimo, poi bussò e, senza aspettare risposta entrò, rimanendo sulla soglia.

Sam era in tuta, appoggiato alla spalliera del letto e stava leggendo un grosso libro, dall’aspetto molto antico.

“Posso parlarti un attimo?”, chiese Dean, rimanendo dov’era.

Sam gli fece un cenno di assenso con la testa e il fratello entrò sedendosi sul letto.

“Mi dispiace Sam”.

“Per cosa esattamente?”, rispose Sam con un tono un po’ alterato.

“Per tutto quanto. Per tutto quello che è successo dopo che ho preso su di me il marchio. Ne ho fatte di cazzate nella vita, ma questa penso che vinca il primo premio”, concluse accennando appena un sorriso.

Sam, che da quando il fratello era entrato nella stanza non aveva alzato gli occhi dal libro lo guardò quasi con rabbia e disse, ”Lo sai a me cosa dispiace invece?”, gli chiese e continuò senza aspettare risposta, “ Mi dispiace che tu ancora non riesca ad avere fiducia in me, nonostante tutto. Eri pronto a farti polverizzare da Cas, piuttosto che credere che troverò un modo per salvarti”.

Detto questo Sam si alzò e fece per uscire dalla stanza, ma Dean lo trattenne prendendolo per un braccio e gli disse, “Non è vero che non ho fiducia in te, Sammy. E’ di me stesso che non mi fido”.

Sam allora si girò e si sedette su una sedia di fronte la fratello, aspettando di sentire cos’altro aveva da dire. 

Dean continuò, “Quello che è successo in quella casa… era come se non mangiassi da settimane e subito dopo aver ucciso quelle persone mi sono sentito sazio. Mi sono sentito appagato, come se quel vuoto che avevo dentro da quando mi hai riportato indietro si fosse riempito. Non mi sono neanche reso conto di quello che stavo facendo. Sam… se foste stati li probabilmente avrei ucciso anche te e Cas. E avrei provato piacere nel farlo”.

Sam non disse nulla e aspettò che Dean continuasse a parlare. Ora che si stava aprendo con lui non voleva rischiare di interromperlo e farlo chiudere di nuovo in se stesso.

“Sono un mostro Sam, sono un pericolo per le persone che mi sono vicine, anche per te. Ora so che non posso resistere al marchio. Ho provato ma non sono abbastanza forte.  E’ per questo che ho chiesto a Cas di farmi quella promessa. Non perché non abbia fiducia in te. So che farai di tutto per salvarmi e che sei disposto a superare i limiti che ci siamo sempre posti come cacciatori per farlo. Ma non ne vale la pena, Sam. Quello che ho detto a Cole lo pensavo davvero. È troppo tardi per me, non posso essere salvato. Il marchio non mi ha trasformato in un assassino, ha solo liberato quello che c’era già dentro di me”, concluse con un tono che esprimeva rassegnazione.

Sam allora rispose, “E’ sempre la stessa storia con te. Quando la smetterai di pensare che la tua vita non vale niente? Che non hai fatto nulla di buono? Che non meriti di essere salvato?  Tutti abbiamo fatto degli sbagli, o abbiamo fatto del male a qualcuno pensando di fare la cosa giusta. Io ne so qualcosa. Ma non per questo devi pensare di non meritare la salvezza. Quello che mi hai appena detto dimostra che non sei un mostro. Quando sono entrato in quella casa sul tuo viso c’era orrore, rimorso, paura, sentimenti che un mostro non prova, non certo piacere”.

Dean ascoltava il fratello senza riuscire neanche a guardarlo negli occhi.

Sam continuò, “Devi darmi un po’ di tempo. So che troveremo una soluzione. Anche Cas si sta dando da fare. Risolveremo questo casino, come abbiamo sempre fatto”.

A quel punto Dean alzò lo sguardo e rispose, “E nel frattempo cosa dovrei fare? Rinchiudermi qui dentro fino a quando non ne potrò più?  Indovina chi sarà l’unica persona nei paraggi su cui sfogare la mia rabbia?”.

“No, so che non ho niente da temere da te”, gli rispose il fratello, pienamente convinto di quello che stava dicendo.

“Come puoi esserne sicuro? Sul muro c’è ancora il segno del martello con cui ho provato a spaccarti la testa”, ribatté Dean, abbassando lo sguardo. Provava ancora vergogna quando ripensava a quel giorno.

“Eri un demone in quel momento. Quell’essere non aveva nulla, a parte l’aspetto, dell’uomo che ho di fronte in questo momento. Hai passato tutta la vita difendermi e a preoccuparti per me, e so che non smetterai ora. Tu sei più forte di quel maledetto marchio. Devi solo riuscire a crederci”, concluse Sam.

“Non lo so Sam. Forse hai ragione, ma credere, in generale, non è la mia specialità”, rispose il fratello.

“Beh, vorrà dire che ci crederò io per tutti e due. Ma tu devi combattere il marchio con tutte le tue forze. So che puoi farcela, e che lo farai ”.

Dean non riusciva a capire come fosse possibile che, dopo tutto quello che era successo, dopo quello che aveva fatto, Sam avesse ancora una tale fiducia in lui.

Pensò che se il suo fratellino riponeva tanta fede in lui provare a credere in se stesso era il minimo che potesse fare. Glielo doveva.

Si alzò dal letto di Sam e si avviò verso la porta, ma prima di uscire si girò e disse, “Va bene Sammy, per stasera abbiamo condiviso abbastanza”, disse con una punta di ironia.

Poi, tornando serio aggiunse, “Non ho idea di come andrà a finire questa storia, ma farò tutto quello che posso per combattere il marchio. Non garantisco il risultato ma ci proverò. Davvero”.

“Direi che questo è già un passo avanti ”.

Dean augurò la buona notte al fratello e uscì.

Si sentiva meglio dopo aver parlato con Sam, ma non era affatto sicuro che la fiducia del fratello fosse ben riposta. Gli aveva promesso che avrebbe combattuto, e l’avrebbe fatto, fino alla fine, ma dentro di se si sentiva già sconfitto.

   
 
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