Fanfic su attori > Jamie Dornan
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Autore: gigicriss    10/03/2015    7 recensioni
«Conosci l’Inghilterra?» mi chiede, guardandosi attorno.
«No, in realtà no.»
«Beh, vieni. La visiteremo assieme» mi prende la mano e la stringe forte.
[…]
«Sai, io sono un tipo particolare. I baci, ad esempio. Io sono lento nei baci» dice, avvicinandosi sempre di più a me. «Mi piace godere del momento, non correre. Posare le mani sui fianchi della donna che amo, osservarle la bocca per una manciata di secondi e poi assaporarla lentamente.»
Le mie guance si colorano di rosso.
«Vuoi che te ne dia prova?» continua.
[…]
Jamie è davvero la persona che Adele si aspetta? Sesso, complicità e una scommessa.
Tutto questo è All That I’m Asking For.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All That I’m Asking For
 
Se qualche anno fa mi avessero detto che mi sarei dovuta trasferire a Londra per lavoro, suppongo che non c’avrei creduto. È una città così grande e dispersiva che quasi mi spaventa. Ho letto qualche informazione su di essa prima di partire, e ne è uscito fuori che ovviamente è la capitare dell’Inghilterra. Si trova nella parte meridionale della Gran Bretagna e sorge sulla riva del Tamigi, fiume tra i più conosciuti. Il clima è temperato, con estati non troppo calde ed inverni non troppo freddi. Praticamente la città perfetta!
Comunque, ancora non ho avuto modo di visitarla, ma sembra davvero molto bella. L’Inghilterra mi ha sempre incuriosita in qualche modo, anche per la sua grandezza.
Mi guardo allo specchio per la centesima volta, cercando di sistemarmi i capelli nel modo più adeguato possibile. Verso le cinque del pomeriggio, ovvero tra un’ora esatta, ho un colloquio di lavoro. Il mio terzo ufficiale, per essere sincera, ergo sono molto nervosa. Per l’occasione non ho scelto di indossare niente di particolare, un jeans con il risvolto ed una camicia infilata dentro andranno benissimo. Ah, e ovviamente le mie Vans ai piedi, come sempre. Non che i tacchi non mi piacciano, solo li trovo scomodi. E non sono così femminile da indossarli, non saprei neanche camminarci.
I miei ricci normalmente combattono contro la gravità senza che io possa fermarli, così se prima speravo di sistemarli in qualche modo, adesso ho completamente perso le speranze. Li lascio liberi di andare ovunque essi vogliano, la mia pazienza ha un limite e loro lo superano di gran lunga. Ma per l’occasione ho deciso di allisciarli. Anzi, da ora in poi lo farò più spesso.
Prendo in mano il fogliettino con le indicazioni di casa Dornan – “E come si legge? Dòrnan o Dornàn? Dovrai imparare, Adele!” – il posto in cui lavorerò (speriamo) come baby sitter. Sono emozionatissima perché conoscerò persone nuove, la cosa mi eccita da morire.
A interrompere i miei pensieri ci pensa il mio cellulare, che comincia a vibrare in modo frenetico sul comodino.
Mi alzo, vado a rispondere e sento gridare qualcuno: mia madre.
«Come stai, bambina mia?» la solita.
«Mamma, vorrei ricordarti che ho quasi trent’anni!»
“Tanto non lo capirà mai, inutile starci a combattere.”
«Sì, va bene, non importa. Come stai?» continua. Sicuramente adesso, conoscendola, si starà mangiando le unghie freneticamente.
«Bene, mamma, non sto andando in guerra» alzo gli occhi al cielo, arricciandomi i capelli con un dito.
«Abbi cura di te, bambina mia, sei così lontana» piagnucola. «Mi manchi già.»
«Anche tu mamma, ma adesso devo andare. Il viaggio verso il centro sarà abbastanza lungo e non vorrei arrivare in ritardo proprio il giorno del colloquio.»
«Certo, hai ragione. Allora ciao, Adele» sospira, e so che sta sorridendo. Ha un tono più tranquillo rispetto a quello precedente.
La saluto, le ricordo che la amo, le dico di salutare mio padre e attacco.
 
Casa Dornan è molto accogliente, ed il giardino sa il fatto suo. Quando ho suonato il campanello mi ha aperto una signora di sessant’anni, suppongo, molto graziosa. Capelli color platino, occhi celesti e forza d’animo di una sedicenne. Mi ha detto di essere la cuoca della casa, e di lavorare qui da fin troppo tempo.
Sono seduta su uno dei tre divani che occupano questo salone, spazioso come non mai. Le pareti ed i pavimenti, tra l’altro, sono bianchi e grigi: colori del genere, rendono la casa ancora più grande di quello che è.
Mi appoggio con la schiena alla spalliera, tamburellando un piede a terra. Spero solo di far bella figura, non vorrei che pensassero male di me. “Perché dovrebbero?” Il nervosismo mi porta a pensare a qualsiasi cosa, ho il cuore in gola.
Prendo la torturarmi le mani, mi mordo il labbro come mio solito, espiro ed inspiro per ritrovare la calma, ma sinceramente è impossibile. “Sembra un parto!”
«I signori Doran ti aspettano nello studio, vieni» sorride, facendomi segno di seguirla.
“Hanno anche uno studio?”
Chissà come si chiama, in tutto ciò non le ho chiesto nemmeno il nome.
«Grazie. Come sono questi Dornan?» le domando.
«Sono brave persone» fa spallucce.
Ci fermiamo difronte una porta rigorosamente grigia; prima di bussare, la guardo attentamente. Il mio cuore comincia a battere più forte del dovuto.
“Evitiamo di farci riconoscere, Adele, mi raccomando.”
La mia dea interiore parla bene, è facile per lei, tanto quella che - se qualcosa andrà male - ci rimetterà le ossa sono io!
«Il signor Dornan è simpatico, solo un po’ timido. A lui piacciono le persone che sanno tenergli testa, quindi sappi rispondergli. Per il resto… Beh, sii te stessa, apprezzerà, sei così carina» mi da un pizzicotto sulla guancia e va via.
“Me stessa forse è meglio che non la tiro fuori.”
Prendo l’ennesimo respiro profondo e abbasso la maniglia.
Mi chiudo la porta alle spalle e, il ragazzo che è affacciato al balcone, viene attirato dalla mia presenza. Beh, niente male per essere un padre e un marito.
Rimango sulla porta, poi lui mi dice che posso accomodarmi e così faccio. Lo studio attentamente, ora che mi è più vicino.
Castano, alto, un lieve accenno di barba e due occhi grigi che sono la fine del mondo. Non li avevo mai visti prima d’ora.
“Sii te stessa, sii te stessa nei limiti del possibile ed evita di fare figure di merda come tuo solito.”
Le parole della mia dea interiore riecheggiano nella mia testa.
«Tu devi essere la baby sitter, vero?» dice, stringendo le mani a pugno e portandosele avanti alla bocca.
«Ma che intuito» ironizzo.
Lui mi guarda attentamente: siamo vestiti allo stesso modo, tra l’altro. Intorno a noi ci sono chitarre, fili, microfoni, casse di medie dimensioni e roba del genere.
Se è un attore, per quale oscuro motivo ha questi arnesi in casa?
«Come ti chiami?» chiede, adagiandosi sulla poltrona.
«Adele, Adele Hoodson» rispondo, accavallando una gamba.
«E… Posso chiederti da dove vieni?»
La sua voce è profonda, mette quasi i brividi.
«Sono Russa, ma abito in America da un bel po’ di anni ormai» mi porto una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«La Russia è molto bella…» risponde sbadatamente, concentrato a guardarmi in ogni minimo dettaglio.
«C’è mai stato?» gli domando.
«No, magari mi ci accompagnerai tu, un giorno» sorride, cambiando posizione e smettendo di guardarmi come se fossi la cosa più strana di questo mondo.
“Può darsi, sì…” comunque, il suo sorriso è niente male.
La nostra chiacchierata viene interrotta da una ragazza, molto bella, che entra velocemente nella stanza e si siede sul bracciolo della poltrona in cui siede il signor Dornan. A pelle non mi è molto simpatica, ma non dirò nulla.
In genere sono allergica alla gente, non mi stupisce il fatto che non mi vada a genio.
«Tu devi essere la baby sitter» sospira, incrociando le braccia al petto.
Il signore tossicchia, sorridendo. Forse perché anche lui mi ha fatto la stessa stupidissima domanda, prima.
“Eccone un’altra. Loro e l’intuito viaggiano di pari passo, eh?”
«Sì, sono io» rispondo, sistemandomi sulla sedia.
La signora inarca un sopracciglio, mi guarda per quanto può e tossicchia.
«Quanti anni hai?» mi chiede, non convinta.
«Ne ho ventinove, signora.»
«Hai avuto altre esperienze in questo campo?»
«Certo» rispondo. «Anche con bambine più piccole.»
“1 a 0 per me, simpaticona!”
«Perché hai scelto proprio di venire da noi?» si fa sentire lui, drizzandosi con la schiena.
«In realtà mi ha avvisata mia sorella, ha letto lei il manifesto. Ma immagino che ce ne siano tante altre di ragazze in coda» spiego, gesticolando. «Non c’è un motivo in particolare, cerco lavoro e qualsiasi sarebbe buono» faccio spallucce.
Lui sorride e annuisce. «Certo, certo. No perché, vedi, alcune lo fanno solo per il mio impiego, e la cosa mi irrita parecchio.»
«Io oggi ho conosciuto i signori Dornan, non l’attore o chiunque lei sia» rispondo.
“Gli piacciono le persone che sanno tenergli testa, no?”
Sento il mio cuore riprendere una velocità normale, noto con piacere che ho anche smesso di torturarmi le mani. Mi mordo le labbra, mentre i signori si guardano a vicenda per decidere se farmi rimanere o meno. Vorrei tanto, anche se non sto molto simpatica alla tipa, si nota parecchio.
L’aria si fa sempre più pesante, io mi sento il terzo incomodo in questa situazione.
Mi guardo attorno come a fare finta di niente, poi mi passo le mani in mezzo ai capelli e sospiro senza farmi sentire: devo reprimere in qualche modo il mio nervosismo!
“Andrà tutto bene, Adele, andrà tutto b…”
«Sei assunta» mi sorride lui, tendendomi una mano che stringo prontamente. «Congratulazioni!»
“Hai visto? Ci sei riuscita!”
La mia dea interiore in questo momento sta ballando un samba, è incontenibile.”
«Vi ringrazio» mi alzo dalla sedia, mentre la signora mi fulmina con lo sguardo.
«Jamie, spiegale la procedura, per favore. Io mi vado a preparare» borbotta quella, uscendo dalla stanza.
«Sì uhm… Le cose sono abbastanza semplici: dovrai trasferirti qui» fa spallucce.
“Cosa? No, io ho una casa!”
«Non ce ne sarà bisogno, perché vede, io ho affittato un appartamento…»
Jamie ride, passandosi una mano tra i capelli.
“Oh… wow.”
«Le spiego, signorina: la signora che ha visto, non abita qui. Ergo, deve trasferirsi» mi spiega, gesticolando.
“Ed io che credevo che fossero sposati. Che sciocca.”
«Ah, mi scusi, credevo fos…»
«Abbiamo divorziato» si gratta la nuca, guardando in basso.
“Ouch…”
«M-mi spiace» balbetto. «Non volevo entrare nei particolari, mi scusi.»
«Non si preoccupi, signorina. Io scappo, prima che Claire mi tagli la testa. Domani chiamerò una ditta e dirò di aiutarla con i traslochi. Più tardi, quando ritorno, le faccio vedere la bambina.»
Si avvicina alla porta e, prima di uscire, mi saluta. «A dopo!»
 
«Com’è andata?» mi chiede la signora di prima, spuntando dalla cucina.
«Bene… Sono assunta» dico, sedendomi sul divano.
«Oh, sono felicissima per te, tesoro!»
«Già, anche io.»
«Qual è il tuo nome, carina?» domanda, curvando la testa di lato.
«Adele» le porgo la mano.
«Io sono Cora» la stringe, sorride e la stringe.
 
* * * 
 
Hello there!!!
Questa è la prima fan fiction che scrivo su Jamie. Diciamo che è uscita come volevo, ne sono abbastanza soddisfatta, e così l’ho pubblicata. Ovviamente i vostri pareri per me sono necessari, quindi vorrei che lasciaste delle recensioni anche minime per poter continuare.
Ho cambiato il nome della moglie di Jamie, Amelia Warner. Non che lei non mi piacesse, anzi, l’adoro e trovo che siano bellissimi assieme. Solo che non mi ispirava per la fan fiction. E ho cambiato anche il nome della bambina (per chi non lo sapesse, Dulsie, sua figlia si chiama così) per lo stesso motivo ahah.
I personaggi li avrei inquadrati in questo modo:
 
Jamie Dornan
 
Adele Hoodson
Adriana Lima
 
Beth Dornan
Mackenzie Foy
 
Claire Bennet 
Laura Brent

Detto questo, vi saluto. Spero che la fan fiction vi piaccia, vi ringrazio in anticipo e niente… Ciao, splendori! A presto (si spera)!
   
 
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