Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Madam Morgana    10/03/2015    3 recensioni
Alice Parker ha vent'anni e vive a Stratford, in Inghilterra.
La sua vita è sempre stata normale. Ha sempre desiderato vivere, Alice, che però non ha fatto i conti con le sue solite paure e paranoie.
Lei proprio non ci riesce a dimenticare Joseph, l'amico ch'è partito senza salutarla.
Spera di rivederlo, mentre continua a cercare la felicità che tanto desidera.
Scoprirà la ragione della sua costante tristezza quando, un giorno, sua madre le rivelerà un'amara verità.
Perché, in fondo, la vita è piena di segreti, piena di rivelazioni che sconvolgono.
Ma Alice lo sa. Alice sa che vinceranno loro, contro tutti, perché Calum è la sua unica cosa bella.
Perché lei è un disastro, ma Calum, lui è proprio un opera d'arte.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

1.






 

A Lucy ed alla sua voglia di aiutare le persone piene di problemi. A mia madre,
che è sempre piena di allegria e positività. A mio padre, il mio grande eroe
che sa sempre capirmi. A Joseph ch'è partito senza salutarmi, ma che comunque

gli voglio un gran bene nonostante tutto. Alla speranza che continua ad alimentare
il mio cuore, perché un giorno riuscirò a realizzare il mio sogno.
Ai sogni, che continuano a vivere dentro di noi.

 

 








 

Una vecchia canzone dei Queen s'intitolava “friends well be friends” e mi piaceva ascoltarla con Joseph, il mio migliore amico.
Perché non aveva poi così tanta importanza se le mie cuffiette, comperate ad un negozietto cinese, si sentissero male. L'unica cosa che aveva realmente senso era stare a stretto contatto con lui utilizzando la scusa della musica. Perché la musica era sia la scusa per eccellenza che la salvezza totale. Ma Joseph era troppo sciocco per capire ch'ero innamorata di lui, sin dal primo anno di liceo insieme. E poi nell'estate del duemilaundici eravamo migliori amici, tutto accaduto molto velocemente. Con me che continuavo ad amarlo in segreto e lui che mi vedeva come una sorella. La sorella migliore che potesse avere, diceva.
Ora comunque è tutto diverso, questo è solo il passato e deve rimanere tale. Tra me e Joseph c'è un oceano che ci divide e fa male; un po' come quando ti scotti al palato nonostante tu stia mangiando il tuo piatto preferito, sei scioccato a causa del dolore ed il piacere nemmeno lo senti più.

E mi rendo conto che gli anni trascorsi con la compagnia di Joseph sono volati troppo velocemente, non ho fatto in tempo a godermeli che ormai il suo nome è diventato un ricordo così come il suo viso. La scuola ci ha uniti e la scuola ci ha separati.
Si è trasferito in Russia, credo, ed io sono rimasta a Stratford, in Inghilterra. E la vita non è mai stata così monotona, ogni giorno sembra uguale. Con mia madre che continua a giudicarmi sul mio modo di vestire, con mio padre che lavora tutto il giorno tornando solo la sera tardi a casa e con mia sorella Lucy che studia per diventare psicologa. Lei vuole salvare la mente delle persone, perché nessuno ha salvato la sua, dice.
Io invece penso che ognuno si salva da sé prima o poi, imparando a sue spese quello che lo indebolisce e quello che lo fortifica. Però Lucy è ancora troppo piccola per capirlo, ed io non le infrangerò i suoi sogni, perché nessuno dovrebbe spezzare le ali della speranza mentre, per quanto mi riguarda, le mie sono state staccate da tanto tempo ormai, nemmeno ricordo più quali sono stati effettivamente i miei sogni.
E' solo che a vent'anni ti rendi conto che la vita cambia, diventi adulto contro il tuo volere rimpiangendo gli anni trascorsi ad acclamare la tanto attesa maggiore età. Che stupidi che sono, gli adolescenti, che della vita non capiscono granché. Per quanto mi riguarda tornerei nuovamente indietro a godermi quello ch'è passato troppo in fretta, perché mi manca Joseph, la scuola, ed anche la professoressa di diritto che si cimentava con barzellette prive di umorismo; pagherei oro per sentirle di nuovo, le stesse che continuano a non farmi ridere. Nemmeno adesso che le penso a distanza di anni.
Sono sempre stata una tipa stramba, che ama perdersi nei ricordi e rimpiangerli, forse sono leggermente masochista, ma non ne sono poi così sicura. Non ho una vasta cerchia di amici, gli unici che reputo tali sono un branco di cani abbandonati al canile, dove mi reco ogni giorno.
Il signor Coleman mi da il consenso di accudirli, nutrirli e sfamarli, ed un po' lo ringrazio. E' un brav'uomo nonostante i suoi acciacchi e gli arteriosclerosi lo rendono una persona altamente irascibile.

« Alice? Sei qui? »
Mia madre da due colpetti alla porta in legno, ed io mi metto composta sul letto. Chi conosce mia madre non fa altro che dire che è una brava donna, e non lo nego è sicuramente così. Ma è tremendamente fastidiosa, alle volte. E' troppo maniaca della pulizia e finisce per essere stressante, che proprio vorresti strangolarla con lo straccio. Ma le voglio bene, è stata l'unica a consolarmi quando Joseph è partito.
« Certo mamma, vieni pure. »
La porta si spalanca rivelandola in tutto il suo splendore. Mia madre è una donna sulla quarantina d'anni, ma, nonostante questo, veste molto giovanile. Indossa una maglia rossa con scollatura a V ed uno skinny nero; mi ricorda un po' il fare di una liceale. Mi dice sempre che alla mia età lei era vispa e arzilla, e non come me che sembro avere sessant'anni nonostante i miei appena vent'anni. Ma vorrei farle capire che i vent'anni di ora non sono come quelli di una volta, che prima i sogni non venivano infranti tanto facilmente ed i cuori non si spezzavano spesso. L'epoca di mia madre, così come quella di mio padre, era costituita dalla felicità nelle piccole cose, ed un po' l'invidio perché bastava poco per essere felici. Adesso è tutto diverso, con le paranoie degli adolescenti e le paure che persistono senza trovare una tangibile realtà. Sono solo angosce infondate, nate dalla mancanza di qualcosa, ma il problema è che, il più delle volte, non sappiamo cosa sia a scaturire tutto ciò. E vorrei essere nata nell'epoca di mia madre, perché erano più numerosi i ginocchi sbucciati che i cuori infranti e sono sicura facessero meno male.
« Cosa stavi facendo? Oggi è una bella giornata, non sei ancora uscita: è strano da parte tua. » Dice, poggiando un vassoio colmo di schifezze. Che poi a me le schifezze piacciono pure, ma proprio non ne ho voglia adesso, perché penso ancora a Joseph, l'amico che non mi ha salutato prima di partire: il mio migliore amico. Non sono riuscita a digerire la cosa, è così schifosamente doloroso perdere qualcuno di così importante, quando sono certa che l'unica a cui importava davvero ero io, e mia madre lo sa quanto ho sofferto, lo sa bene.
« Non mi va. » Afferro un donuts al cioccolato dal vassoio, gli do un piccolo morso e poi lo ripongo nel piatto di portata; mia madre scosta dal mio viso alcune ciocche, riponendole dietro l'orecchio destro e poi sorride. Le ho sempre invidiato quel sorriso, uno di quelli veri, uno di quelli che io non ho mai avuto.
« Oggi al cinema producono un film d'azione, so che è il tuo genere preferito perché non – »
« Mamma, davvero, sto bene. »
Gli occhi di mia madre s'accendono, mentre fanno una piccola radiografia dei miei. Cerca, invano, di scoprire cosa c'è che non va e, sebbene sia a conoscenza della mia unica debolezza, non mi domanda di lui. Sospira e, prendendo il vassoio precedentemente posato sul mio letto, annuisce richiudendosi la porta alle spalle, abbandonandomi al mio solito ozio.
Guardo le pareti della mia stanza, sono di un bianco sporco, ed alcune impronte di scarpe giacciono vicino al battiscopa; le riconoscerei tra mille, quelle impronte. Sono le Converse di Joseph. Una volta abbiamo fatto la lotta coi cuscini, poi lui ha perso ed è caduto poggiando i piedi sul muro, l'ho coperto dicendo a mia madre ch'ero stata io a tamponare le pareti, e poi lui mi ha ringraziato sorridendo, e quel sorriso, giuro, è stato in grado di farmi innamorare.
« Alice? Alice?! »
La ragazzina dietro la porta, adesso, non è affatto mia madre. La sua voce la riconoscerei tra mille, è quella di Lucy.
Lucy ha quindici anni, ad Aprile ne compirà sedici, ricordo ancora quando la stringevo tra le braccia, era così piccola ed innocente con i suoi occhioni che mi squadravano da cima a fondo.
Mi alzo dal letto, abbandonando i miei pensieri in esso, mi dirigo alla porta e subito dopo la apro, ritrovandomela dinanzi.
Lucy ha quindici anni, ma è bella, bella davvero. Alla sua età io ero ricoperta di brufoli dalla testa ai piedi, lei invece è perfetta, con la sua carnagione leggermente olivastra, i suoi capelli corvini, gli occhi grandi e scuri. Ma lei si crede brutta, imperfetta, piena di difetti, quando non sa nemmeno cosa sono i difetti. A Lucy manca qualcuno che le dica “non preoccuparti se non piaci a tutti, neanche la Nutella piace a tutti ma è perfetta. ” Vorrei dirglielo io, ma non è la stessa cosa. Entrambe ci salviamo a vicenda ogni giorno, ma sappiamo che a salvarci davvero può essere la presenza di un terzo che ci sconvolga il cuore.
« Ehi Lucy, cosa c'è? »
« Alice finalmente ha aperto il negozio di dischi in centro, dobbiamo per forza andarci. Sono sicura che troverò i nuovi arrivi dei 1975. Mi accompagni vero? »
« Cosa cambia se ti dicessi di no? »
« Nulla, dunque tra un quarto d'ora fatti trovare pronta. »
E se ne va così, senza nemmeno ascoltare la mia risposta. Fa tutto da sola, Lucy, che ha sempre avuto questa innata voglia di sconvolgere e rivoluzionare. Lei di sorrisi ne fa tanti ma nemmeno uno di quelli è vero; sono tutti falsi come le maschere che indossa ogni mattino.


Dopo una manciata di minuti, sono finalmente pronta. Indosso il mio solito zainetto nero con toppe di band rock ed infine calzo le mie Vans; scendo al piano sottostante ed attendo mia sorella, che con quel cerone di fondotinta impiega almeno quindici minuti buoni ad ultimare il suo make-up, eppure non ne avrebbe minimamente bisogno, è bella anche senza, soprattutto senza.
Alla fine la vedo arrivare, con la sua tracolla dei Beatles cucita ai bordi degli anelli sorreggenti in ferro.
« Sei pronta Alice? »
« Non sono io quella che si spalma tre chili di fondotinta. »
« Mamma! Alice mi prende in giro! »
Lucy aggrotta le sopracciglia ed incrocia le braccia al petto, sbattendo l'anfibio destro. Mia madre, che ormai è abituata ai nostri litigi, mi ricorda che almeno lei è femminile ed ama curarsi, mentre io mi trascuro da far schifo.
Sbuffo sonoramente, prendo da un polso mia sorella, che per la cronaca è vittoriosa dello schieramento di mia madre, e poi ci catapultiamo fuori, nella tranquilla Stratford.
Il negozio di dischi in cui devo accompagnare la peste è almeno a tre isolati dopo casa mia, ma non dispongo né di patene né di auto, e mia madre di prestarmi la sua proprio non ha voglia; pertanto cammineremo a piedi, che forse è la cosa migliore.
« Sei sicura che il negozio aprirà alle quattro? »
Lucy annuisce battendo le mani e saltellando come una scema, ultimamente ascolta molto i 1975 e veste in stile grunge, è cambiata abbastanza da quando frequenta il liceo, ed io non so se sia a causa dei compagni o della fase adolescenziale.
Arrivati a destinazione, il suo amato negozio è effettivamente aperto.
Musically” ha un'insegna a neon fluo sul blu, ed io mi rendo conto che nome più stupido non potevano dare, ad un negozio di musica.
Tuttavia l'interno non delude, enormi scaffali pieni di dischi, sezione vinili e poster che tappezzano le mura è tutto ciò che riesco a vedere. Lucy si perde ad osservare tutto con foga, mentre già la vedo scorrazzare in ogni angolo alla ricerca dei suoi beniamini.
« Lucy, vedi di non perderti! » Anche se so che non lo farà, non è così stupida, almeno penso. E poi, francamente parlando, nonostante il negozio sia immenso non riuscirei a perderla, nemmeno se volessi.
« Tranquilla, non si perderà. »
Una voce dietro me, tende a rassicurarmi. Intimorita mi volto, ritrovandomi davanti ad un ragazzo alto, dai capelli scuri come quelli di Lucy e dalla carnagione olivastra. Mi sorride cordialmente riducendo gli occhi a due piccole fessure.
E' un sorriso molto simile a quello di mia madre, uno di quelli veri di cui sono ossessionata. « Oh, ehm... speriamo. » Riesco a malapena a rispondergli, per poi chinare il capo alla ricerca di qualche disco preferito, che sicuramente non troverò nella sezione pop rock.
« Posso aiutarti? Cosa stavi cercando? » Ma lui continua, quasi con prepotenza e probabilmente mi sono imbattuta nel proprietario del negozio. Sfigata come sempre, del resto.
« No ecco, io stavo solo dando un'occhiata. Sono venuta per mia sorella. »
« La ragazzina che sta distruggendo i miei scaffali mettendoli in disordine, dici? » Un ghigno divertito lascia curvare all'insù le sue labbra carnose ed io desidererei solo sprofondare. Lucy è sempre la solita, accidenti, capace di farmi fare figuracce che gradirei evitare. Soprattutto in posti non troppo affollati, e quando i proprietari sono dei ragazzi... carini. « Oddio, adesso vado a recuperarla, mi dispiace da morire. »
« Ehi, non preoccuparti, tanto il mio amico poi mi da una mano. Come ti chiami? » Mi chiede, sistemando alcuni dischi. Il suo sorriso si smorza leggermente, ansioso della mia risposta.
« Mi chiamo Alice. »
« Io sono Calum, piacere. »
Posando i cd, mi porge la mano in una stretta gentile. Ha il palmo caldo, e le dita nodose ma esili, la mia mano sembra così piccola e tremendamente fredda che quasi mi mortifico ad avergliela data.
« E' tuo il negozio? »
Cerco di temperare l'atmosfera fastidiosa e scottante che si è andata a creare, con una comunissima frase sciocca. Calum allenta la presa, ritraendo la mano, infilandosela poi nella tasca anteriore degli skinny, scrolla le spalle e poi sorride, mostrando la dentatura perfetta.
« In pratica no, teoricamente sì. Lo gestisce mio padre, io sono qui solo a dargli una mano, ma non per molto. »
« E' molto bello, so che avete aperto da poco. » Calum porta la mano destra sul capo, grattandosi la nuca, sembra leggermente a disagio, ed è tutta colpa mia che non freno mai la lingua. Eppure quella sua espressione da cucciolo è così carina...
« Diciamo di sì. Il Musically non è mai stato un negozio stabile, ma cammina da paese in paese. Non rimaniamo mai nella stessa città per troppo tempo. »
« Oh, capisco! Beh sembra divertente, un negozio mobile. » Risposta più idiota, poi, non potevo dare. Ma l'affermazione fa ridere Calum, il che compensa tutto.
« Sì, hai ragione, è un negozio mobile. Che genere di musica ti piace, Alice? »
« Uhm, non ho un genere preferito ma prediligo il rock, metal, hardcore ed anche il jazz. »
Gli occhi del moro s'accendono di luce propria, come due fari pronti ad illuminare un porto precedentemente cupo e buio, mi afferra dal polso destro e poi mi trascina con se, nonostante io non sappia dove mi stia portando.
« Vieni, devo farti vedere una cosa. »
Percorriamo un piccolo corridoio, lasciando Lucy intenta a sbavare sulla vetrina targata anni '60, e poi mi fermo non appena Calum smette di camminare.
Davanti ai miei occhi c'è una pila insormontabile di dischi e poster, riesco a riconoscere Led Zeppelin, Metallica, Iron Maiden, Queen, Slipknot, Green Day, Nirvana, Black Sabbath, ACDC, Mothoread e Ramones, ma sono troppi per contarli, finirei per perdere il conto. « Credo che ti piacerà qui. » Dicendo così mi lascia il polso, incrociando le braccia al petto, ed io mi perdo ad osservare quanti dischi contiene questa stanza.
I miei occhi si posano proprio lì, su di uno scomparto non troppo alto giace il singolo dei Queen: Friends Will Be Friends.
Rimango a fissarlo per minuti che sembrano diventare ore, Calum non parla ma riesco a sentire i suoi occhi puntati addosso, il suo respiro disperdersi nelle mura del posto. E mi manca l'aria, il terreno, la forza di urlare e di dire a me stessa che quella stramaledetta canzone deve smetterla di apparirmi davanti, dentro la mente, nelle orecchie ed in qualsiasi posto che possa anche solo immaginare.
« Ti piacciono i Queen, allora. Ho trovato il tuo punto debole. »
Il moro sorride, ancora, quel sorriso che spazza le mie paure, si avvicina allo scomparto prendendo il singolo e porgendomelo. « Stavi guardando questo, vero? »
« Sì ecco io, diciamo che conosco la canzone. »
« La conosco anch'io, come singolo mi piace, ma la preferisco dentro l'album di “A Kind of Magic ” penso che anche una canzone ha bisogno di compagnia. Ascoltandola in riproduzione alle altre è meglio, non ti rimane quell'amaro in bocca, non credi? »
« Sì... io – sì, hai ragione. » E sono decisa a comprarlo, questo stramaledetto singolo, perché forse così non sarò più ossessionata da Joseph, da questa stramaledetta canzone e da ogni singola emozione che lascia scaturire anche solo una parola del brano. Ma quando comincio a frugare dentro la mia tracolla dei Maiden, mi rendo conto che mia madre ha finanziato solo il disco per mia sorella, come al solito io non ho uno spicciolo a causa delle mie continue ossessioni verso i poster.
« Ecco puoi mettermelo da parte? Domani passo a comprarlo adesso non – »
« Prendilo, te lo regalo. »
« Cosa? No, no non posso accettare. La roba dei Queen è un fottio di soldi! »
« Insisto, Alice. »
E nonostante io abbia perseverato più volte rispetto a lui, alla fine il singolo tanto agognato è dentro la mia tracolla. Ne avrò cura, come se fosse l'unica cosa che adesso ha importanza per me.
Quando usciamo dalla stanza, ripercorrendo lo stesso corridoio, Lucy ha finalmente scelto il disco che alla fine si rivela essere The 1975, album d'esordio dell'omonima band britannica.
« Alice eccolo! L'ho trovato! » Annuncia vittoriosa, mentre sventola il suo tanto agognato traguardo, che poi lei li ha sempre seguiti sperando sempre di stringere tra le mani qualcosa un giorno, ed ora ha coronato il suo sogno.
I suoi occhi neri si posano sulla figura di Calum, ed un ghigno divertito abbandona le sue labbra, seguito da qualche frase sciocca e vuota, come la sua testa.
« Uhuh Alice, hai già fatto colpo? »
Calum ride divertito, ed io vorrei sprofondare, ancora una volta. « Smettila Lucy, non fare la scema. »
« A quando le nozze, sorellona? »
« Lucy, ti prego! » Riesco ad afferrarla da un polso, mentre cerca di svincolare la mia presa. Finalmente arriviamo alla casa, dove ad attenderci c'è lo stesso Calum che mi ha regalato il singolo.
« Sono diciotto dollari e novantacinque penny. »
Mentre Lucy è intenta a smanettare per trovare le monete mancanti, i miei occhi si posano su quelli del moro che aveva ben deciso di anticipare le mie mosse, posando le sue iridi scure sulle mie. Quando un timido rosso comincia a far capolino sulle mie gote, Lucy finalmente ha trovato i suoi novantacinque penny mancanti, li poggia sul bancone e Calum ripone in una bustina color arancio il disco di mia sorella.
« Spero torniate presto a trovarmi. » Annuncia, e Lucy ammicca posando i gomiti sul bancone.
« Puoi starne certo, mia sorella non ti toglie gli occhi di doss – »
« Lucy si è fatto tardi, vieni andiamo, grazie ancora Calum, ciao! »
In fretta e furia sono riuscita a portare fuori dal Musically mia sorella, ritrovandoci nuovamente in una Stratford ora prospettata verso l'imbrunire.
Ci inoltriamo nella via del ritorno, mentre Lucy sventola la sua busta arancio, felice dell'affare, perché per lei, che i soldi non li lavora, diciotto dollari e novantacinque penny sono pochi.
« Potevi evitarla quella figura con Calum, Lù. »
« Perché? Ho visto come lo guardavi sai? Lo stavi letteralmente mangiando con gli occhi! »
« Ma non è vero! »
« Invece sì, è vero! »
« No che non è vero! »
Ed arriviamo così, a casa, continuando a lottare su chi ha ragione e chi, invece, mente. Perché Lù odia perdere, ed io sono orgogliosa da far schifo per ammettere la verità.
Quando arriviamo alla meta, Lucy spalanca la porta dopo averla aperta grazie all'ausilio delle chiavi, ed un tanfo di broccoli al vapore invade le nostre narici.
« Oddio che puzza mamma, ma cos'è questa roba?! »
« Broccoli al vapore, Lù, la vostra cena. » Annuncia mia madre, felice come se avesse preparato un piatto degno di un ristorante costosissimo.
« Fantastico... » Il sorriso di Lù si spegne, e non basteranno i suoi amati 1975 a farglielo tornare, i broccoli sono pur sempre i broccoli.

 

« Lo sai che Alice ha rimorchiato qualcuno, mamma? »
Ad un tratto i broccoli finiscono nella traiettoria sbagliata, tossisco più e più volte nella speranza di non morire all'istante, ingurgito una giusta dose d'acqua che, però, non mi aiuta a stabilizzarmi ed invano cerco di fulminare mia sorella con lo sguardo, che per la cronaca sta mangiando i disgustosi broccoli.
Mia madre smette di mangiare, guardandomi incredula, perché infondo io un ragazzo non l'ho mai avuto.
« Cosa? Davvero? E quando? » Ne parte il solito terzo grado di ogni genitore, mia madre non fa eccezione.
« Ma no mamma, non è vero! »
« , Alice mente, se lo stava mangiando con gli occhi quel ragazzo del negozio di dischi, oggi. »
Mia madre inarca un sopracciglio, arrotola pezzi di mollica tra le dita ed attende la mia risposta. Lucy proprio non la sopporto.
« E chi sarebbe il tizio in questione? »
« Si chiama Calum, lavora al Musically, il nuovo negozio di musica. »
La fame improvvisa che fino a dieci minuti prima alimentava lo stomaco della mia genitrice, sembra cessare. La sua forchetta cade sul tavolo, emettendo un tintinnio fastidioso, e non dice più nulla. Il suo terzo grado cessa nel momento in cui sente le ultime parole di mia sorella.
« Bimbe si è fatto tardi, qui sistemo io, perché non andate a dormire? »
Solitamente la cena non finisce quasi mai così, perché siamo io e Lù a sparecchiare, chiedendo poi qualche minimo compenso a mia madre, che sbuffando esaudisce le nostre richieste. Ora invece è diverso, ci manda a letto senza brontolare sul cibo non consumato del tutto, e non mi guarda negli occhi.
Quando finalmente mi stendo sul mio letto, osservo quelle impronte che mai mi appresterò a pulire, ed alla fine i miei occhi diventano sempre più pensanti.
Friends will be friends è l'unica frase che riesco a ricordare, prima che il sonno predomini in me, facendomi sprofondare nell'abisso dei sogni e delle speranze perdute.











Nda: Lo so, non sono molto normale, ho già due fanfiction in corso e questa sarebbe la terza,
ma voi non potete capire quanto tempo mi sta rubando questa bimba, dunque ho deciso di pubblicarla.
Come ogni volta che pubblico qualcosa,
finisco con il dire che tengo alle mie ff ecc ecc.
Ma questa è diversa, qui dentro c'è un pezzetto di me che forse in tutte le altre non ho messo.
Questa storia è troppo importante, molto, schifosamente troppo, e dunque mi piacerebbe condividerla con voi.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, della storia, di Alice, delle sue paure e della sua voglia di cambiare le cose.
Ci tengo nei vostri pareri preziosi, perché alimentano la mia forza di volontà. Spero vivamente in un vostro commento.
Davvero, ci tengo.
Detto questo evaporo, ed alla prossima!
(giuro che mi fermo fino a quando almeno una storia non si conclude, parola di scout, hahaha!)

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Madam Morgana