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Autore: RoranForteMartello    10/03/2015    3 recensioni
Alla morte di Sirius, Harry non viene fermato in tempo da Lupin e finisce per oltrepassare il velo nel tentativo di salvare il suo padrino. Lì viene a contatto con il mondo oltre il mondo e gli eroi che dominano quella realtà. Per aver salva la vita ed avere la possibilità di tornare indietro insieme a Sirius, Harry dovrà affrontare missioni in diverse epoche storiche, ricercando le armi che i vari eroi hanno abbandonato quando erano in vita. Ci saranno amori, drammi ed avventura, in un viaggio oltre il tempo e lo spazio, che finirà con il riscrivera la storia.
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, II guerra magica/Libri 5-7
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Prologo

     Soltanto due continuavano a combattere, a quel che pareva ignari del nuovo arrivo. Harry vide Sirius schivare il fiotto di luce rossa di Bellatrix e deriderla.
     «Avanti, puoi fare di meglio!» le gridò, la voce echeggiante nella vastissima sala.
     Il secondo getto luminoso lo colpì in pieno petto.
     La risata non gli si era ancora spenta sul viso, ma il colpo gli fece sgranare gli occhi.
     Senza rendersene conto, Harry lasciò andare Neville. Scese di nuovo a balzi i gradini ed estrasse la bacchetta, mentre anche Silente si voltava verso la piattaforma.
     Sirius parve impiegare un'eternità a toccare terra: il suo corpo si piegò con grazia e cadde all'indietro oltre il velo logoro appeso all'arco.
     Harry colse un misto di paura e stupore sul suo volto sciupato, un tempo così attraente, mentre varcava l'antica soglia e spariva dietro il velo, che per un momento ondeggiò come scosso da un forte vento, poi ricadde immobile.
     Udì l'urlo di trionfo di Bellatrix Lestrange, ma sapeva che non significava niente... Sirius era solo caduto al di là dell'arco, da un momento all'altro sarebbe ricomparso...
     Ma Sirius non ricomparve.
     «SIRIUS!» urlò Harry. «SIRIUS!»
     Era in fondo ai gradini, il fiato mozzo, i polmoni in fiamme. Di sicuro Sirius era dietro la tenda, lui, Harry, l'avrebbe tirato fuori...

     Si lanciò verso la piattaforma, con Lupin che tentò di afferrarlo per trattenerlo, senza realmente riuscirci.
     Le ferite inferte al lupo mannaro durante il breve scontro, gli impedirono di farlo, e gli permisero solo di sfiorare il colletto di Harry prima che questo saltasse.  
     Il velo che prima fu scosso come da un forte vento, questa volta si infranse come uno specchio d’acqua.
     Onde concentriche distorsero la visione di Harry, facendo apparire tutto sfocato ed indistinto, poi la sua mente fu annebbiata dai sussurri di quelli che Luna credeva si nascondessero oltre l’arco in rovina, ed infine venne il silenzio.
    L’ultimo cosa che avvertì fu un fiotto di potere colpirgli le spalle prima che il mondo intero sfumasse in un ammasso di grigia inconsistenza.

    Ed Harry Potter non fu mai più.

*****************

Capitolo 1: Oltre il Velo

     Fu solo un bene che Harry facesse esperienza di quanto accadde di lì a poco con il distacco di un osservatore. Se si fosse sentito partecipe sarebbe immediatamente impazzito, perché non avrebbe potuto reagire in alcun modo. Invece la mancanza di sensazioni corporee conferì a quanto vide una sorta di qualità onirica. E ciò che provò fu soprattutto curiosità.
     Si ritrovò in... be', non è del tutto appropriato: si ritrovò parte di un vortice di movimento incessante, senza inizio e senza fine, in cui nulla era fisso o statico. Era un oceano infinito di luci, colori e consistenze che prendevano forma, correvano e si dissolvevano perpetuamente in se stessi, sebbene l'effetto non fosse mai né denso o fluido come un liquido né volatile come un gas; semmai era una combinazione tra i due, in cui fugaci particelle di sostanza si separavano e si univano senza fine.
     Dimensioni e direzione erano impossibili da stabilire, così come il trascorrere del tempo, perché niente rimaneva fermo e nessuno schema veniva mai ripetuto, tanto che lo stesso concetto di tempo sembrava vuoto e privo di significato. La cosa a Harry non creava problemi; fu solo quando cercò di individuare se stesso per stabilire la propria posizione rispetto a ciò che le stava intorno che si sentì un po' sconcertato. Non aveva un punto fisso, nessun particolare che potesse chiamare proprio. Sembrava piuttosto trovarsi spesso in più punti contemporaneamente, a guardare le particelle vorticanti da diverse angolazioni. L'effetto era di grande disorientamento.
     Cercò di puntare una particolare chiazza di colore e di seguirla, ma non lo trovò più facile che seguire i movimenti di una singola foglia su un albero lontano agitato dal vento. Appena formato, ogni colore tornava a separarsi, fondersi, mescolarsi con altri, scrollandosi di dosso la responsabilità di essere se stesso. A Harry vennero le vertigini.
     Tanto per peggiorare le cose, cominciò a notare un'altra cosa: nel turbinio generale apparivano e scomparivano immagini casuali, tanto fugaci che non riusciva a coglierle del tutto; erano come fotografie che si accendevano e spegnevano sotto una luce elettrica instabile. Si sforzò di osservarle, ma il movimento era troppo veloce. La cosa lo riempì di frustrazione. Era convinto che avrebbero potuto dirgli qualcosa.
     Dopo un tempo indeterminato, Harry ricordò di essere venuto fin lì con un proposito, sebbene non ricordasse più qual era. Non che avesse alcuna voglia di fare qualcosa in particolare; il suo impulso principale era di rimanere esattamente dov'era, a muoversi in mezzo alle luci vorticanti... Tuttavia in quel cambiare incessante c'era qualcosa che lo innervosiva e lo teneva separata dal resto. Avrebbe voluto imporre un po' di ordine, di solidità.
     Ma come poteva farlo, se lui stesso mancava di solidità? Scoraggiato, riuscì a trovare la forza di volontà per muoversi verso una particolare chiazza arancio e marrone che vorticava a una distanza ignota. Con sua sorpresa scoprì di riuscire a muoversi, ma in molte direzioni discordanti. Quando la sua visione si stabilizzò, la chiazza di colore non era più vicina di prima. Harry ritentò più volte, con lo stesso risultato: i suoi movimenti erano mutevoli e casuali, era impossibile predirne il risultato.
     Per la prima volta, Harry provò una leggera ansia. Notò diverse chiazze di oscurità ribollente che si intricavano e districavano fra le luci; rievocavano echi di vecchie paure terrene: la solitudine, la sensazione di essere un nonnulla nell'infinito.
     Così non va bene, pensò Harry. Ho bisogno di un corpo.
     Con crescente inquietudine osservò il movimento inesorabile che le fluiva tutt'intorno, le immagini che balenavano vicine e lontane, i crepitii di luce e le tracce insensate di colore. Una spira verdeblù che danzava allegramente catturò la sua attenzione.
     FERMATI! pensò infuriato.
     Se l'era immaginato, o una piccola porzione della spira aveva deviato dal suo corso, rallentando per un istante? Era successo tutto così in fretta che non ne era sicuro.
     Harry cercò un'altra striatura casuale e le impose di fermarsi e ubbidirle. I risultati furono immediati e gratificanti: un ricciolo di materia di una qualche dimensione si solidificò in qualcosa che ricordava la punta arrotolata di una foglia di felce, incolore e vitrea. Quando Harry rilassò l'attenzione, la spira si districò e tornò a svanire nel vortice generale.
     Harry riprovò, questa volta imponendo a un pezzo di materia di formare un oggetto più spesso e compatto. Ebbe di nuovo successo, e concentrandosi di più fu in grado di plasmare il grumo vitreo in qualcosa di simile a un blocco sommariamente sbozzato. Ancora una volta, non appena desistette il blocco si dissolse nel nulla.
     La malleabilità della materia circostante ricordava a Harry qualcosa che aveva già visto. Che cos'era? Con difficoltà, la sua mente riafferrò la memoria di qualcosa: il molliccio che cambiava forma. Quando veniva a contatto con le paure di qualcuno, lui doveva occupare una forma di qualche tipo, sebbene le sue scelte fossero sempre mutevoli. Forse ora che le posizioni erano invertite lui avrebbe dovuto fare lo stesso.
Sì, poteva darsi una forma... Con questa ispirazione gli tornò in mente il motivo della sua visita. Ma certo: era venuto a salvare Sirius.
     L'ansia di Harry svanì; si sentì colmo di entusiasmo. Si mise subito al lavoro per costruirsi un corpo. Sfortunatamente era più facile pensarlo che farlo. Impiegando di nuovo la sua forza di volontà non gli fu difficile plasmare un grumo delle energie fluenti in qualcosa che rassomigliasse a una figura umana. Aveva una sorta di testa bitorzoluta, un torso tozzo, quattro arti di varia lunghezza ed era floscia e diafana, così che i colori e le luci che le passavano veloci dietro apparivano distorte sulla superficie. Ma quando Harry cercò di perfezionare quella rozza marionetta migliorandone dettagli e accuratezza capì che non riusciva a concentrarsi su ogni parte contemporaneamente. Mentre torniva e pareggiava le gambe, la testa si afflosciava come burro fuso; quando si affrettò a riaggiustare quella e ad aggiungerle una parvenza di faccia, la metà inferiore si sformò e prese a gocciolare. La faccenda andò avanti a quel modo finché una sequela di rapide migliorie rovinò completamente la figura, che si stabilizzò in un blob con una capocchia di spillo e un sedere enorme. Harry la guardò insoddisfatto.
     Si rivelò anche eccessivamente complessa da manovrare. Sebbene Harry riuscisse a farla muovere avanti e indietro - galleggiava tra le energie vorticanti come un uccello in una tempesta - si accorse di non poter comandare gli arti individualmente. Mentre si sforzava in tal senso, la sostanza del corpo si mise a gocciolare via dalle estremità come un filo che si dipana dal fuso. Dopo un po' Harry rinunciò deluso e permise alla figura di dissolversi nel nulla.
     Nonostante il fallimento l'idea in linea di principio gli sembrò buona, e Harry si rimise subito al lavoro. In rapida successione provò una varietà di altri surrogati di corpo, testando la facilità di controllo di ognuno. Il primo, una figura a bastoncino, piuttosto simile a un disegno infantile, conteneva meno sostanza del predecessore; Harry riuscì a impedirgli di disfarsi, ma scoprì che le energie che imperversavano tutt'intorno tendevano a farlo accartocciare. Il secondo, un salsicciotto serpeggiante con un ricciolo a cavatappi sul davanti che fungeva da organo tattile, era più stabile ma esteticamente inaccettabile. Il terzo, una semplice palla di materia in rimescolamento, si dimostrò molto più resistente e facile da mantenere, e con questa riuscì a coprire una distanza considerevole, scivolando serenamente attraverso il caos.
     La chiave è la mancanza di arti, pensò Harry. Una sfera è una buona idea. Genera ordine.
     La forma sortiva davvero qualche effetto su quanto gli stava intorno, tant'è che di lì a poco Harry cominciò a notare un leggero cambiamento nel tessuto materico attraversato dalla palla. Fino ad allora le spire di colore, le luci sfavillanti, le immagini intermittenti erano rimaste del tutto neutrali e inerti, fluendo a caso dove capitava. Ora invece - forse per la nuova risolutezza con cui Harry manteneva la sfera - sembravano registrare la sua presenza. Harry lo capì dal movimento dei vortici, che improvvisamente si erano fatti più definiti, intenzionali. Cominciarono a cambiare leggermente direzione, puntando dritti verso la sfera, per deviare all'ultimo momento come colti da un dubbio. La cosa si verificò più e più volte, mentre le spire e i guizzi crescevano costantemente di forza e numero. Sembravano solo incuriositi, ma era un'attenzione che lasciava inquieti, come di squali che sì raccolgono intorno a un nuotatore, e a Harry non piaceva. Rallentò l'avanzata della palla, e con un attento esercizio di volontà - stava diventando sempre più sicuro di sé - si impose sulla sostanza vorticante. Assumendo la sfera statica come suo centro, si estroflesse scacciando indietro le spire più intrepide che aveva intorno, e queste si dissolsero e dispersero.
     Ma la ritirata mostrò di avere vita breve. Mentre Harry si stava ancora congratulando con se stesso per la sua determinazione, un'improvvisa spira vitrea si protese fuori dalla massa come lo pseudopodo di un'ameba e si avventò contro il margine della sfera, strappandone via un lembo. Mentre Harry lottava per riparare il danno, un'altra spira colpì di scatto dalla parte opposta, prendendone un altro trancio. Harry respinse le spire con furia. La massa tutt'intorno palpitò e fremette. Grappoli casuali di luci guizzarono con intensità. Per la prima volta, Harry ebbe veramente paura.
     Sirius, pensò. Dove sei?
     Le parole sembrarono provocare una reazione nella sostanza, che esplose e si dissolse in un'improvvisa fantasmagoria di immagini statiche, più nitide e persistenti di prima. Una o due durarono abbastanza perché Harry potesse coglierne i dettagli; figure, visi, brandelli casuali di cielo, a un tratto, chiarissimo, un edificio: un tetto e un colonnato. Le figure erano umane, ma indossavano abiti che non le erano familiari. Quelle immagini fugaci ricordarono a Harry di altre volte in cui ricordi dimenticati da tempo si erano riaffacciati non richiesti alla sua mente. Ma questi non erano ricordi suoi.
     Come a confutare quel pensiero, un'attività improvvisa laggiù in lontananza nella confusione vorticante si concluse con un'immagine che aveva un senso. Era fratturata, come fosse vista attraverso la lente rotta di una macchina fotografica, ma ciò che mostrava era piuttosto chiaro: i suoi genitori, uno accanto all'altra mano nella mano. Mentre Harry li guardava, sua madre sollevò una mano distorta e salutò.
     Harry! Torna da noi.
     Andate via... Harry reagì confuso e sgomento. Si trattava di un trucco, era ovvio, ma questo non lo rendeva più gradevole. La sua concentrazione vacillò; il controllo sulla sfera, su quella singola zona d'ordine, barcollò e sbandò. La sfera si afflosciò e cedette; spire di materia si avvicinarono striscianti da ogni lato.
     Harry, noi ti vogliamo bene.
     Sparite! Scacciò ancora una volta le spire indietro. L'immagine della mamma e del papà si spense. Con feroce determinazione, Harry ridiede alla sfera la sua forma originaria. Ormai sentiva di poter contare solo su quella per esercitare un minimo di controllo, per sentirsi ancora se stesso. La cosa che temeva di più era di trovarsi ancora alla deriva, senza un punto fermo. Si accesero e spensero altre immagini, tutte diverse, per lo più troppo fugaci per poterle afferrare. Alcune, sebbene percepibili a stento, dovevano essergli familiari, perché gli risvegliavano sensazioni inarticolate di ansia e di perdita. Una raffica di luci; un'altra immagine, lontanissima. Un giovane ragazzo con una sottile bacchetta in mano. Alle sue spalle lo incalzava un baratro di oscurità.
     Harry, aiuto! Sta arrivando!
     Cedric...
     Non abbandonarmi! La figura si guardò alle spalle, gridò in preda al terrore... Scomparve. Un bagliore bianco tra le ombre. Harry concentrò le sue forze sulla sfera. Ignorali. Non sono altro che fantasmi, vuoti e inconsistenti. Non significano nulla.
     Sirius! Pensò ancora il nome, questa volta supplicante. E ancora una volta risvegliò attività fra le luci sospese e le scie aleggianti di colori. Vicinissimo, chiaro come il cristallo, comparve il Professor Raptor, con un sorriso triste.
     Hai sempre cercato di essere troppo indipendente, Harry. Perché non lasci stare? Rimani qui e unisciti a noi. È meglio non tornare sulla Terra. Se lo farai, non ti piacerà.
     Perché? non poté fare a meno di chiedere.
     Poverino. Lo vedrai. Non sei più quello che eri.
     Un'altra immagine apparve al suo fianco: un uomo alto con occhiali a mezzaluna, in piedi su una collina erbosa. Aveva un volto grave.
     Perché vieni qui a molestarci?
     Una giovane donna con un delicato vestito bianco dava da mangiare ad una capra.
     Sei stato una sciocco a venire. Non ti vogliamo.
     Mi serve il vostro aiuto.
     Non lo riceverai. L'immagine della donna la guardò severa e svanì. L'uomo con gli occhiali a mezzaluna si voltò e risalì la china.
Perché ci molesti? domandò ancora rivolto indietro. La tua presenza ci ferisce. Un brillio di luci; sparito anche lui.
     Quirinus Raptor fece un sorriso mesto.
     Rinuncia, umano. Dimentica te stesso. A casa non puoi tornare comunque.
     Io sono un mago.
     Falso. Ora non sei più niente.
Una dozzina di spire lo avvilupparono; crepitò e sibilò in una moltitudine di schegge turbinanti che scivolarono lontano.
     Niente... Harry guardò la sua palla, che durante gli ultimi attimi di disattenzione si era sciolta come neve al sole. Piccoli fiocchi si stavano staccando leggeri da quel che restava della superficie; come sospinti da un vento, ondeggiarono e danzarono intorno per unirsi all'infinito vortice che lo circondava. Be', in effetti era vero: lui non era più nulla. Era un essere senza sostanza, senza un punto fermo. Non aveva senso fingere che fosse diversamente.
     E avevano ragione a proposito di un'altra cosa: non sapeva come tornare a casa.
     Perse ogni forza di volontà. Lasciò andare la sfera, che rotolò senza meta e si dissolse nel nulla. Harry riprese a fluttuare...
     Un'altra immagine baluginò a una distanza indeterminata.
     Ciao, Harry.
     Sparisci.
     E io che credevo mi avessi chiamato.


*******************

N.D.A. Harry oltre il velo per salvare Sirius, ma sarà davvero possibile? La descrizione di ciò che esiste oltre il velo è da creditare a Jonathan Stroud.

  
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