Prologo
Soltanto
due continuavano a combattere, a
quel che pareva ignari del nuovo arrivo. Harry vide Sirius schivare il
fiotto
di luce rossa di Bellatrix e deriderla.
«Avanti,
puoi fare di meglio!» le
gridò, la voce echeggiante nella vastissima sala.
Il
secondo getto luminoso lo colpì
in pieno petto.
La
risata non gli si era ancora
spenta sul viso, ma il colpo gli fece sgranare gli occhi.
Senza
rendersene conto, Harry lasciò
andare Neville. Scese di nuovo a balzi i gradini ed estrasse la
bacchetta,
mentre anche Silente si voltava verso la piattaforma.
Sirius
parve impiegare un'eternità a
toccare terra: il suo corpo si piegò con grazia e cadde
all'indietro oltre il
velo logoro appeso all'arco.
Harry
colse un misto di paura e
stupore sul suo volto sciupato, un tempo così attraente,
mentre varcava
l'antica soglia e spariva dietro il velo, che per un momento
ondeggiò come
scosso da un forte vento, poi ricadde immobile.
Udì
l'urlo di trionfo di Bellatrix
Lestrange, ma sapeva che non significava niente... Sirius era solo
caduto al di
là dell'arco, da un momento all'altro sarebbe ricomparso...
Ma
Sirius non ricomparve.
«SIRIUS!»
urlò Harry. «SIRIUS!»
Era
in fondo ai gradini, il fiato
mozzo, i polmoni in fiamme. Di sicuro Sirius era dietro la tenda, lui,
Harry,
l'avrebbe tirato fuori...
Si
lanciò verso la piattaforma, con
Lupin che tentò di afferrarlo per trattenerlo, senza
realmente riuscirci.
Le
ferite inferte al lupo mannaro
durante il breve scontro, gli impedirono di farlo, e gli permisero solo
di
sfiorare il colletto di Harry prima che questo saltasse.
Il
velo che prima fu scosso come da
un forte vento, questa volta si infranse come uno specchio
d’acqua.
Onde
concentriche distorsero la visione
di Harry, facendo apparire tutto sfocato ed indistinto, poi la sua
mente fu
annebbiata dai sussurri di quelli che Luna credeva si nascondessero
oltre l’arco
in rovina, ed infine venne il silenzio.
L’ultimo
cosa che avvertì fu un
fiotto di potere colpirgli le spalle prima che il mondo intero sfumasse
in un
ammasso di grigia inconsistenza.
Ed Harry Potter
non fu mai più.
*****************
Capitolo
1: Oltre il Velo
Fu solo un bene
che Harry facesse esperienza di quanto accadde di lì a poco
con il distacco di
un osservatore. Se si fosse sentito partecipe sarebbe immediatamente
impazzito,
perché non avrebbe potuto reagire in alcun modo. Invece la
mancanza di
sensazioni corporee conferì a quanto vide una sorta di
qualità onirica. E ciò
che provò fu soprattutto curiosità.
Si
ritrovò in... be', non è del
tutto appropriato: si ritrovò parte di un vortice di
movimento incessante,
senza inizio e senza fine, in cui nulla era fisso o statico. Era un
oceano
infinito di luci, colori e consistenze che prendevano forma, correvano
e si
dissolvevano perpetuamente in se stessi, sebbene l'effetto non fosse
mai né
denso o fluido come un liquido né volatile come un gas;
semmai era una
combinazione tra i due, in cui fugaci particelle di sostanza si
separavano e si
univano senza fine.
Dimensioni
e direzione erano
impossibili da stabilire, così come il trascorrere del
tempo, perché niente
rimaneva fermo e nessuno schema veniva mai ripetuto, tanto che lo
stesso
concetto di tempo sembrava vuoto e privo di significato. La cosa a
Harry non
creava problemi; fu solo quando cercò di individuare se
stesso per stabilire la
propria posizione rispetto a ciò che le stava intorno che si
sentì un po'
sconcertato. Non aveva un punto fisso, nessun particolare che potesse
chiamare
proprio. Sembrava piuttosto trovarsi spesso in più punti
contemporaneamente, a
guardare le particelle vorticanti da diverse angolazioni. L'effetto era
di
grande disorientamento.
Cercò
di puntare una particolare
chiazza di colore e di seguirla, ma non lo trovò
più facile che seguire i
movimenti di una singola foglia su un albero lontano agitato dal vento.
Appena
formato, ogni colore tornava a separarsi, fondersi, mescolarsi con
altri,
scrollandosi di dosso la responsabilità di essere se stesso.
A Harry vennero le
vertigini.
Tanto
per peggiorare le cose,
cominciò a notare un'altra cosa: nel turbinio generale
apparivano e
scomparivano immagini casuali, tanto fugaci che non riusciva a
coglierle del
tutto; erano come fotografie che si accendevano e spegnevano sotto una
luce
elettrica instabile. Si sforzò di osservarle, ma il
movimento era troppo
veloce. La cosa lo riempì di frustrazione. Era convinto che
avrebbero potuto
dirgli qualcosa.
Dopo
un tempo indeterminato, Harry
ricordò di essere venuto fin lì con un proposito,
sebbene non ricordasse più
qual era. Non che avesse alcuna voglia di fare qualcosa in particolare;
il suo
impulso principale era di rimanere esattamente dov'era, a muoversi in
mezzo
alle luci vorticanti... Tuttavia in quel cambiare incessante c'era
qualcosa che
lo innervosiva e lo teneva separata dal resto. Avrebbe voluto imporre
un po' di
ordine, di solidità.
Ma
come poteva farlo, se lui stesso mancava
di solidità? Scoraggiato, riuscì a trovare la
forza di volontà per muoversi
verso una particolare chiazza arancio e marrone che vorticava a una
distanza
ignota. Con sua sorpresa scoprì di riuscire a muoversi, ma
in molte direzioni
discordanti. Quando la sua visione si stabilizzò, la chiazza
di colore non era
più vicina di prima. Harry ritentò più
volte, con lo stesso risultato: i suoi
movimenti erano mutevoli e casuali, era impossibile predirne il
risultato.
Per
la prima volta, Harry provò una
leggera ansia. Notò diverse chiazze di oscurità
ribollente che si intricavano e
districavano fra le luci; rievocavano echi di vecchie paure terrene: la
solitudine, la sensazione di essere un nonnulla nell'infinito.
Così
non va bene, pensò Harry. Ho
bisogno
di un corpo.
Con
crescente inquietudine osservò
il movimento inesorabile che le fluiva tutt'intorno, le immagini che
balenavano
vicine e lontane, i crepitii di luce e le tracce insensate di colore.
Una spira
verdeblù che danzava allegramente catturò la sua
attenzione.
FERMATI!
pensò infuriato.
Se
l'era immaginato, o una piccola
porzione della spira aveva deviato dal suo corso, rallentando per un
istante?
Era successo tutto così in fretta che non ne era sicuro.
Harry
cercò un'altra striatura
casuale e le impose di fermarsi e ubbidirle. I risultati furono
immediati e
gratificanti: un ricciolo di materia di una qualche dimensione si
solidificò in
qualcosa che ricordava la punta arrotolata di una foglia di felce,
incolore e
vitrea. Quando Harry rilassò l'attenzione, la spira si
districò e tornò a
svanire nel vortice generale.
Harry
riprovò, questa volta
imponendo a un pezzo di materia di formare un oggetto più
spesso e compatto.
Ebbe di nuovo successo, e concentrandosi di più fu in grado
di plasmare il
grumo vitreo in qualcosa di simile a un blocco sommariamente sbozzato.
Ancora
una volta, non appena desistette il blocco si dissolse nel nulla.
La
malleabilità della materia
circostante ricordava a Harry qualcosa che aveva già visto.
Che cos'era? Con
difficoltà, la sua mente riafferrò la memoria di
qualcosa: il molliccio che cambiava
forma. Quando veniva a contatto con le paure di qualcuno, lui doveva
occupare
una forma di qualche tipo, sebbene le sue scelte fossero sempre
mutevoli. Forse
ora che le posizioni erano invertite lui avrebbe dovuto fare lo stesso.
Sì, poteva darsi una forma... Con questa ispirazione gli
tornò in mente il
motivo della sua visita. Ma certo: era venuto a salvare Sirius.
L'ansia
di Harry svanì; si sentì
colmo di entusiasmo. Si mise subito al lavoro per costruirsi un corpo.
Sfortunatamente era più facile pensarlo che farlo.
Impiegando di nuovo la sua
forza di volontà non gli fu difficile plasmare un grumo
delle energie fluenti
in qualcosa che rassomigliasse a una figura umana. Aveva una sorta di
testa
bitorzoluta, un torso tozzo, quattro arti di varia lunghezza ed era
floscia e
diafana, così che i colori e le luci che le passavano veloci
dietro apparivano
distorte sulla superficie. Ma quando Harry cercò di
perfezionare quella rozza
marionetta migliorandone dettagli e accuratezza capì che non
riusciva a
concentrarsi su ogni parte contemporaneamente. Mentre torniva e
pareggiava le
gambe, la testa si afflosciava come burro fuso; quando si
affrettò a
riaggiustare quella e ad aggiungerle una parvenza di faccia, la
metà inferiore
si sformò e prese a gocciolare. La faccenda andò
avanti a quel modo finché una
sequela di rapide migliorie rovinò completamente la figura,
che si stabilizzò
in un blob con una capocchia di spillo e un sedere enorme. Harry la
guardò
insoddisfatto.
Si
rivelò anche eccessivamente
complessa da manovrare. Sebbene Harry riuscisse a farla muovere avanti
e
indietro - galleggiava tra le energie vorticanti come un uccello in una
tempesta - si accorse di non poter comandare gli arti individualmente.
Mentre
si sforzava in tal senso, la sostanza del corpo si mise a gocciolare
via dalle
estremità come un filo che si dipana dal fuso. Dopo un po'
Harry rinunciò
deluso e permise alla figura di dissolversi nel nulla.
Nonostante
il fallimento l'idea in
linea di principio gli sembrò buona, e Harry si rimise
subito al lavoro. In
rapida successione provò una varietà di altri
surrogati di corpo, testando la
facilità di controllo di ognuno. Il primo, una figura a
bastoncino, piuttosto
simile a un disegno infantile, conteneva meno sostanza del
predecessore; Harry
riuscì a impedirgli di disfarsi, ma scoprì che le
energie che imperversavano
tutt'intorno tendevano a farlo accartocciare. Il secondo, un
salsicciotto
serpeggiante con un ricciolo a cavatappi sul davanti che fungeva da
organo
tattile, era più stabile ma esteticamente inaccettabile. Il
terzo, una semplice
palla di materia in rimescolamento, si dimostrò molto
più resistente e facile
da mantenere, e con questa riuscì a coprire una distanza
considerevole,
scivolando serenamente attraverso il caos.
La
chiave è la mancanza di arti, pensò
Harry. Una sfera è una buona idea.
Genera ordine.
La
forma sortiva davvero qualche
effetto su quanto gli stava intorno, tant'è che di
lì a poco Harry cominciò a
notare un leggero cambiamento nel tessuto materico attraversato dalla
palla.
Fino ad allora le spire di colore, le luci sfavillanti, le immagini
intermittenti erano rimaste del tutto neutrali e inerti, fluendo a caso
dove
capitava. Ora invece - forse per la nuova risolutezza con cui Harry
manteneva
la sfera - sembravano registrare la sua presenza. Harry lo
capì dal movimento
dei vortici, che improvvisamente si erano fatti più
definiti, intenzionali.
Cominciarono a cambiare leggermente direzione, puntando dritti verso la
sfera,
per deviare all'ultimo momento come colti da un dubbio. La cosa si
verificò più
e più volte, mentre le spire e i guizzi crescevano
costantemente di forza e
numero. Sembravano solo incuriositi, ma era un'attenzione che lasciava
inquieti, come di squali che sì raccolgono intorno a un
nuotatore, e a Harry
non piaceva. Rallentò l'avanzata della palla, e con un
attento esercizio di
volontà - stava diventando sempre più sicuro di
sé - si impose sulla sostanza
vorticante. Assumendo la sfera statica come suo centro, si estroflesse
scacciando indietro le spire più intrepide che aveva
intorno, e queste si
dissolsero e dispersero.
Ma
la ritirata mostrò di avere vita
breve. Mentre Harry si stava ancora congratulando con se stesso per la
sua
determinazione, un'improvvisa spira vitrea si protese fuori dalla massa
come lo
pseudopodo di un'ameba e si avventò contro il margine della
sfera, strappandone
via un lembo. Mentre Harry lottava per riparare il danno, un'altra
spira colpì
di scatto dalla parte opposta, prendendone un altro trancio. Harry
respinse le
spire con furia. La massa tutt'intorno palpitò e fremette.
Grappoli casuali di
luci guizzarono con intensità. Per la prima volta, Harry
ebbe veramente paura.
Sirius,
pensò. Dove sei?
Le
parole sembrarono provocare una reazione
nella sostanza, che esplose e
si dissolse in un'improvvisa fantasmagoria di immagini statiche,
più nitide e
persistenti di prima. Una o due durarono abbastanza perché
Harry potesse
coglierne i dettagli; figure, visi, brandelli casuali di cielo, a un
tratto,
chiarissimo, un edificio: un tetto e un colonnato. Le figure erano
umane, ma
indossavano abiti che non le erano familiari. Quelle immagini fugaci
ricordarono a Harry di altre volte in cui ricordi dimenticati da tempo
si erano
riaffacciati non richiesti alla sua mente. Ma questi non erano ricordi
suoi.
Come
a confutare quel pensiero,
un'attività improvvisa laggiù in lontananza nella
confusione vorticante si
concluse con un'immagine che aveva un senso. Era fratturata, come fosse
vista
attraverso la lente rotta di una macchina fotografica, ma
ciò che mostrava era
piuttosto chiaro: i suoi genitori, uno accanto all'altra mano nella
mano.
Mentre Harry li guardava, sua madre sollevò una mano
distorta e salutò.
Harry!
Torna da noi.
Andate
via... Harry reagì confuso e sgomento. Si trattava
di un trucco, era ovvio,
ma questo non lo rendeva più gradevole. La sua
concentrazione vacillò; il
controllo sulla sfera, su quella singola zona d'ordine,
barcollò e sbandò. La
sfera si afflosciò e cedette; spire di materia si
avvicinarono striscianti da
ogni lato.
Harry,
noi ti vogliamo bene.
Sparite!
Scacciò ancora una volta le spire indietro. L'immagine della
mamma e del papà
si spense. Con feroce determinazione, Harry ridiede alla sfera la sua
forma
originaria. Ormai sentiva di poter contare solo su quella per
esercitare un
minimo di controllo, per sentirsi ancora se stesso. La cosa che temeva
di più
era di trovarsi ancora alla deriva, senza un punto fermo. Si accesero e
spensero altre immagini, tutte diverse, per lo più troppo
fugaci per poterle
afferrare. Alcune, sebbene percepibili a stento, dovevano essergli
familiari,
perché gli risvegliavano sensazioni inarticolate di ansia e
di perdita. Una
raffica di luci; un'altra immagine, lontanissima. Un giovane ragazzo
con una
sottile bacchetta in mano. Alle sue spalle lo incalzava un baratro di
oscurità.
Harry,
aiuto! Sta arrivando!
Cedric...
Non
abbandonarmi! La figura si guardò alle spalle,
gridò in preda al terrore...
Scomparve. Un bagliore bianco tra le ombre. Harry concentrò
le sue forze sulla
sfera. Ignorali. Non sono altro che fantasmi, vuoti e inconsistenti.
Non
significano nulla.
Sirius!
Pensò ancora il nome, questa volta supplicante. E ancora una
volta risvegliò
attività fra le luci sospese e le scie aleggianti di colori.
Vicinissimo,
chiaro come il cristallo, comparve il Professor Raptor, con un sorriso
triste.
Hai sempre cercato di essere troppo indipendente, Harry.
Perché non
lasci stare? Rimani qui e unisciti a noi. È meglio non
tornare sulla Terra. Se
lo farai, non ti piacerà.
Perché?
non poté fare a meno di chiedere.
Poverino.
Lo vedrai. Non sei più
quello che eri.
Un'altra
immagine apparve al suo
fianco: un uomo alto con occhiali a mezzaluna, in piedi su una collina
erbosa.
Aveva un volto grave.
Perché
vieni qui a molestarci?
Una
giovane donna con un delicato
vestito bianco dava da mangiare ad una capra.
Sei
stato una sciocco a venire. Non ti vogliamo.
Mi
serve il vostro aiuto.
Non
lo riceverai. L'immagine della donna la guardò
severa e svanì. L'uomo con
gli occhiali a mezzaluna si voltò e risalì la
china.
Perché ci molesti?
domandò ancora
rivolto indietro. La tua presenza ci
ferisce. Un brillio di luci; sparito anche lui.
Quirinus
Raptor fece un sorriso
mesto.
Rinuncia, umano. Dimentica te stesso. A casa non puoi
tornare comunque.
Io
sono un mago.
Falso.
Ora non sei più niente.
Una dozzina di spire lo avvilupparono; crepitò e
sibilò in una moltitudine di
schegge turbinanti che scivolarono lontano.
Niente... Harry guardò la sua palla,
che durante gli ultimi attimi
di disattenzione si era sciolta come neve al sole. Piccoli fiocchi si
stavano
staccando leggeri da quel che restava della superficie; come sospinti
da un
vento, ondeggiarono e danzarono intorno per unirsi all'infinito vortice
che lo
circondava. Be', in effetti era vero: lui non era più nulla.
Era un essere
senza sostanza, senza un punto fermo. Non aveva senso fingere che fosse
diversamente.
E
avevano ragione a proposito di
un'altra cosa: non sapeva come tornare a casa.
Perse
ogni forza di volontà. Lasciò
andare la sfera, che rotolò senza meta e si dissolse nel
nulla. Harry riprese a
fluttuare...
Un'altra
immagine baluginò a una
distanza indeterminata.
Ciao,
Harry.
Sparisci.
E
io che credevo mi avessi chiamato.
*******************
N.D.A. Harry oltre
il velo per salvare Sirius, ma sarà davvero possibile? La
descrizione di ciò che esiste oltre il velo è da
creditare a Jonathan Stroud.