Hold on to me
Bellamy sollevò lo
sguardo, posandolo sul volto teso di Clarke. Poteva seguire ogni ruga
d’espressione, marcata dal peso ch’ora quelle piccole mani – un tempo macchiate
soltanto di tempera e gesso – stringono a sé. Le aveva insegnato lui a prender
la mira, rilasciare la sicura prima di sparare un colpo. Spesso si era
ritrovato a supplicarla di non smettere, di non pensare a quanti proiettili
avrebbe sprecato, e di sparare sino alla sicurezza che il nemico fosse morto.
Non poteva rischiare di perderla, seppure il peso della morte, su
spalle così esili, fosse un difficile fardello da sopportare.
Compì un passo
verso la sua figura; non tremava Clarke, troppo coraggiosa o forse ostile per
mostrare realmente le proprie emozioni. Sin da quando l’aveva ritrovata,
strappata alle stupide parole di Lexa, Bellamy aveva ripetuto ogni giorno alle sue orecchie,
scostandole i capelli dal viso, quanto le sue azioni non facessero della principessa un’assassina. Ai suoi occhi,
sarebbe sempre rimasta Clarke Griffin, con l’invidiabile
mania per il controllo ed il cuore troppo grande perché gli occhi potessero
rimanere ciechi alle angherie subite dal proprio popolo caduto dal cielo.
Pose la propria
mano abbronzata e sfregiata su quella di Clarke, obbligandola ad abbassare il
braccio disteso. Le dita si strinsero attorno alla pistola, allontanandola da
lei e infilandola nei propri pantaloni.
Osservò gli occhi
cerulei cercarlo, l’insicurezza che Clarke era solita mostrare solamente a lui,
quand’erano soli.
Non aspettò che
parlasse, per attirarla a sé, affondando le dita nei suoi mossi capelli biondi
e stringerle la vita. Inspirò il suo profumo, che ricordava dannatamente la
laguna ove qualche notte avevano nuotato insieme, prendendosi in giro perché
nessuno dei due sapeva nuotare realmente bene.
Baciò lo zigomo
sporco, incurante delle dita di Clarke che si chiusero attorno alla stoffa
della maglietta buona, appena pulita. Non si curò del sangue che lo imbrattò,
per quanto esso appartenesse ad uno degli uomini che un tempo per loro aveva
patteggiato.
Era giunto da lei
dopo una breve colluttazione, non aveva fatto in tempo a salvarla dall’ennesimo
omicidio.
«Ci hai salvati,»
sussurrò semplicemente, prima di prenderle il volto tra le mani.
Clarke posò le
proprie mani su quelle di Bellamy, ingoiando un
boccone amaro, prima d’annuire. Poggiò la fronte contro quella del giovane,
permettendosi quell’attimo di debolezza.
Solamente con
lui, era realmente se stessa.
Solamente con lui
rompeva la facciata d’eroina e principessa, per restare semplicemente Clarke.
Solamente con lui
si sentiva libera di non dovere fingere forza, quando il corpo ne era
sprovvisto.
«Puoi – ?»
Non ci fu bisogno
d’alcuna parola, Bellamy la strinse a sé, le labbra
contro il collo niveo ed il silenzio interrotto soltanto dal fischiare di
qualche uccello tra gli alberi.
Clarke si sentì
in pace, come sempre tra le sue braccia.
N/a: chiarisco soltanto una cosa: so che Clarke è forte, per questo ho
voluto mostrare una parte che credo in lei sia presente. Ha bisogno di qualcuno
che la sostenga, perché credo che ad un certo punto, per lei, uccidere
diventerà qualcosa di insostenibile. E l’unico in cui credo, è Bellamy. Nessuno può comprenderla meglio di Bellamy.
Sì, si amano.
Profondamente.