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Autore: Alaehris    12/03/2015    0 recensioni
Gaya vive dominato dalle regole imposte dai Sacri Gemelli Sorgiente e Calantee, rispettivamente la Luce e l'Oscurità, i quali diedero vita ai quattro elementi primordiali (acqua, fuoco, vento e terra) comunemente chiamati 'puri'.
Gli Elementali, Ninfe e Druidi, vivono da decenni isolati gli uni dagli altri, rifugiati nelle loro terre natie, ignari del pericolo che la recente razza umana, decretata come 'errata' in quanto incapace di comunicare con gli elementi, sta creando grazie alla tecnologia con cui sfrutta le risorse del pianeta: con i loro esperimenti essi hanno già scombussolato l'equilibrio del mondo dando vita a due neo-elementi (ghiaccio e fulmine), detti 'impuri', frutto di anni di abomini compiuti su cavie pure.
Ma il vento della ribellione si sta alzando, portando sei Elementali ad essere i prescelti per riportare l'equilibrio su Gaya: Alaheris, Asmanor, Lycande, Drodnil, Eileen e Cader vengono chiamati ad intraprendere un viaggio per risvegliare Sorgiente e Calantee dal loro sonno millenario, prima che la razza umana possa arrivare al potere dei Sacri Gemelli. E per riuscirci, dovranno superare le barriere culturali dei loro popoli e imparare a collaborare.
Genere: Avventura, Fantasy, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Antecedentemente..
 
Era una notte fredda e priva di stelle. La falce di luna calante era nascosta dietro le nubi grigie che, da un paio di giorni, ricoprivano tetramente il cielo.
Una brezza gelida muoveva monotona le fronde degli alberi mentre, con passo sicuro e veloce, un uomo avanzava in direzione delle pendici della montagna. Era molto alto e, da sotto il mantello, s’intravedevano spalle larghe e braccia muscolose. Il cappuccio gli nascondeva il volto, conferendogli un aspetto inquietante, in aggiunta al fatto che continuava a guardarsi intorno con aria sospetta, come a controllare che non ci fosse nessuno. Il braccio destro gli pendeva inerte sul fianco, la manica macchiata di sangue fresco. Ad ogni passo, infatti, il suo viso si contorceva in una smorfia di dolore.
Ma quello continuava ad avanzare imperterrito tra il sottobosco, che cominciava a farsi sempre più fitto; nel silenzio della notte il rumore dei piccoli rametti che si spezzavano al suo passaggio sembrava riecheggiare per tutta la valle, ogni goccia di liquido vitale cha cadeva a terra rimbombava intorno a lui. Non poteva per fermarsi, non dopo essere arrivato sino a quel punto. E poi il suo Maestro lo aspettava. Doveva portargli ciò che aveva così faticosamente conquistato.
Dopo diverso tempo arrivò infine innanzi ad una parete rocciosa, un dirupo della montagna. Nuovamente si guardò intorno con aria sospetta e, dopo essersi rassicurato sul fatto che non era seguito, si avviò vicino alla roccia. Alzò il braccio sano e, mormorando una cantilena, passo lentamente la mano sulla pietra fredda.



Fiocco dopo fiocco, la neve scendeva incessante dal cielo. Un vento gelido si innalzava da nord, portando con sé l’aroma salmastro delle acque che circondavano l’Isola dei Ghiacci. Gli abeti, alti e maestosi, erano perennemente ricoperti da un sottile e candido strato bianco, così come la poca vegetazione presente in quel territorio ostile. Crhistallina, l’unico centro abitato del luogo, era situato a sud-est, sul confine della foresta, così da non poter essere avvistato facilmente da eventuali visitatori ma, allo stesso tempo, permetteva ai suoi abitanti di raggiungere con semplicità la costa. La tormenta iniziò a farsi più feroce. Gli alberi cominciarono a piegarsi al volere del vento, mentre anche gli ultimi animali in cerca di cibo corsero a rifugiarsi nelle loro tane, sentendo l’avvicinarsi dell’imminente pericolo.
Solo un leggero canto, che si perde nell’ululato della bufera, osa sfidare quell’inospitale situazione. Una voce flebile, che però non s’interrompe, mentre la figura avanza tra gli alberi, quasi indifferente al pungente freddo che s’insinua in quella terra desolata. Una figura esile, dal lunghi capelli perlacei che svolazzano come impazziti, vestita solo con un leggero abito di seta, avanza tra la neve, senza però sprofondare: i piedi scalzi non lasciano nemmeno una lieve traccia del loro passaggio. Nella mano destra stringe un cestello, che sembra essere stato intagliato nel ghiaccio, nel quale sono contenute un paio di pigne e del muschio umido, mentre con la sinistra si scosta pazientemente i capelli dal volto.
Un verso acuto rimbombò ovunque.
La ragazza si voltò in direzione della voce, smettendo immediatamente di cantare. Un graziosa civetta delle nevi, dal manto candido e vispi occhi gialli, le planò accanto, appollaiandosi su masso innevato.
-Savhanna- Alaehris la guardò, inclinando leggermente il capo -Ti credevo a caccia. Hai già finito?-.
La civetta rispose con fare indignato, come se fosse stata offesa a morte. La ragazza sorrise.
-Presumo sia stato Andrister a disturbarti- strinse leggermente la presa sul cesto -Andrà meglio domani. Adesso è ora di tornare al villaggio, prima che il vento si alzi ulteriormente-.
Savhanna emise un verso acuto di approvazione, poi spicco il volo e accompagnò Alaehris nella sua corsa verso est.
Crhistallina era costituito da un’insieme di abitazione, molto simili ad igloo, in quanto erano costruzioni incastonate nel ghiaccio. Sia ninfe che druidi non necessitavano di grandi risorse per sopravvivere, e ciò che loro serviva si trovava facilmente nella foresta. Essendo poi rigorosamente vegetariani, la fauna dell’isola rimaneva praticamente intaccata, in quanto ciò che il popolo dei ghiacci richiedeva alla natura solo una piccola parte della sua flora per sopravvivere, ed essa era costituita per lo più da foglie, nei solstizio di Sorgiente e da pigne e muschio durante il solstizio di Calantee.
Alaehris arrivò nei pressi del villaggio in pochi minuti, trovandosi innanzi a Ferasen, il lupo bianco guardiano di Nylcander, l’anziano druido che presiedeva il consiglio da ormai diversi secoli. La ragazza stese la mano sinistra e lasciò che l’animale l’annusasse, mentre Savhanna volava in circolo sopra la sua testa, fischiando impaziente. Solo quando Ferasen indietreggiò ed emise un latrato, la civetta s’inoltrò dentro ai confini di Crhistallina, seguita da Alaehris e dal lupo, che le fece da guida sino alla casa dell’anziano. A differenza delle altre costruzioni, la dimora di Nylcander era più spaziosa, e le pareti sembravano essere di cristallo, tanto il ghiaccio che le componeva era stato levigato e lucidato. Al villaggio vigeva la regola che ognuno doveva costruirsi da sé, coi propri poteri, la propria abitazione, in modo da dimostrare a sé stesso quanto agli altri la propria abilità nel controllo dello spirito. Inutile dire che l’anziano si era sempre dimostrato il più capace, grazie anche ai molti anni di esperienza che aveva alle spalle. Giovani come Alaehris, che avevano da poco lasciato la casa dei propri genitori, riuscivano a malapena a compattare il giusto quantitativo di neve e ghiaccio per non fare crollare nulla.
La ragazza sospirò e seguì il lupo, che era innanzi a lei di una decina di passi, in una stanza ampia, al cui centro, sopra un cumulo di neve morbida e fresca,  vi era seduto comodamente Nylcander. Ferasen si accucciò alla sua destra, mentre il druido le fece cenno di avvicinarsi.
-Alaehris, è diverso tempo che non parlavamo insieme. Un tempo eri solita farmi spesso visita- una rugosa mano andò a giocherellare con la lunga barba argentata -Sei alquanto cresciuta. Ed ecco Savhanna. È sempre più bella- sorrise.
La ninfa ricambiò inarcando lievemente le labbra, poi si sedette ai piedi dell’anziano. -Cosa hai raccolto di buono?- il druido si sporse quando la ragazza gli porse il cesto -Pigne e muschio –sospirò- quest’anno Calantee deve essere molto in collera. Il suo solstizio non vuole cedere il passo a Sorgiente-.
-Potrebbe accadere che non vi sia lo scambio dei solstizi?- domandò la ragazza.
-No Alaehris. La natura vuole il suo corso. Rohen lo ha stabilito in principio- Nylcander si rimise comodo -Ma vorrei parlare un po’ di te ora. Ho saputo da Ereth che trascorri molto tempo fuori dal villaggio, da sola. Cosa ti turba, figlia mia?-.
Il lieve sorriso di Alaehris si spense. -Da alcuni giorni strani sogni mi turbano, Anziano. Ne cerco il significato ma non riesco ad interpretarli- sussurrò -Guerra e morte minacciano la nostra terra, nessuno riesce a fermarle. Vedo solo distruzione nel futuro-.
Nylcander la osservò in silenzio per un tempo indescrivibile, che alla ninfa parvero secoli. -…………- il druido sospirò -Qualcosa sta accadendo, Alaehris. L’ho avvertito nella neve, così come nell’aria e persino nell’acqua. Luce e Ombra fremono, così come non succedeva dai tempi della Creazione-.
-E… cosa significa?- chiese incerta Alaehris.
-Nulla di buono…- sospirò Nylcander.
-Nulla di buono? Cosa intendete?-.
-..- l’anziano si alzò, dirigendosi verso l’uscita -Non ho una risposta da darti per questa domanda- ed si accostò all’uscio.
Alaehris capì che la conversazione era finita. Si alzò e lo raggiunse, pensierosa, mentre Savhanna le volò vicino.
-Arrivederci- sussurrò, riprendendosi il cesto che gentilmente Nylcander le porgeva.
-Alaehris, finché la tempesta non si placa preferirei che non lasciassi il villaggio, intesi?-.
Annuì e, dopo un lieve sorriso, si ritrovò fuori, sul viale che portava alla parte bassa di Crhistallina. L’acropoli era esclusiva del capo villaggio, infatti non vi erano altre abitazioni oltre quella dell’anziano. Ferasen l’accompagnò sino alla piazza, per poi tornarsene dal suo compagno.
La civetta bianca si diresse a sud e si mise a volare in circolo, per poi appollaiarsi sul tetto di una casa che sembrava sul punto di crollare. Alaehris la raggiunse: quella era casa sua. La ninfa tirò dritto sino all’abitazione, superando i vari abitanti a sguardo basso.
-Resteremo buone per un po’ Savhanna, hai sentito Nylcander: non possiamo uscire dal villaggio-.
Di risposta la civetta tubò, facendosi pomposa.
-Lo so, ma dovrei accontentarti di quello che ho raccolto- alzò il cesto -Fino a domani niente caccia-.
Savhanna sembrava indignata.
-Non so perché una simile meraviglia si sia scelta una compagna indegna-.
Alaehris s’irrigidì a quelle parole, serrando la mandibola.
-Hai perso la parola? Capisci quello che ti dico?- la voce di Andrister aveva assunto un tono più offensivo del solito.
Lentamente, la ragazza si voltò a guardarlo in volto. Alto, forte e al pieno dei suoi poteri, Andrister era il druido che tutti ammiravano, già etichettato come successore di Nylcander. La sua pelle era cristallina, gli occhi di un bianco luminoso, i capelli candidi che, ordinati, gli scendevano lungo la schiena.. dava quasi un senso di perfezione.
-Allora Alaehris, non sei ancora andata a nasconderti in qualche buco nel bosco? Sai, gli animali non vivono nei villaggi..- sogghignò.
-..sei venuto solo a dirmi questo?-.
Il druido la guardò mentre il suo ghigno si faceva più ampio.
-Fosse per me ti avrei già sbattuto in mare, lo sai vero? Sarà il mio primo decreto quando diverrò anziano, quello di purificare la razza- le si avvicinò -Niente mostri nel mio villaggio-.
-..- Alaehris sostenne il suo sguardo -Chi è qui il vero mostro?-.
-Non osare rivolgerti a me, orrenda deformità- pronunciò ogni parola con tutto l’odio che provava per la ninfa.
Alaehris gli voltò le spalle e fece per entrare.
-Non voltarmi le spalle- Andrister fece per afferrarla, ma un’altra ninfa lo fermò.
-Ereth!-.
-Lascia perdere, non vale la pena di perdere del tempo con quella. Andiamo alla piazza invece, gli altri ci aspettano-.
Probabilmente il druido annuì, perché sentì i due allontanarsi.
Sospirò, stringendo il pugno. Perché ogni giorno dovevano infierire sulla sua condizione? Non bastavano gli sguardi di orrore e commiserazione che le rivolgevano ovunque andasse? Non erano troppo le frasi di compatimento e ripugnanza che si sentiva sussurrare alle spalle?
Andò nella parte più profonda della sua casa, dove vi era uno specchio di ghiaccio. Odiava vedersi riflessa, ma non aveva il coraggio di disfarsene in quanto era l’unico ricordo che possedeva di sua madre, morta alla sua nascita in quanto maledetta dagli Dei. Suo padre non aveva un volto e nemmeno un nome, sapeva solo che era un umano e ciò faceva di lei una figlia della proibizione. Era di regola, tra le tribù dei ghiacci, di buttare a mare tali disgrazie ma sua madre, in punto di morte, pregò l’anziano Nylcander di risparmiare la vita della sua creatura. E, senza che nessuno ne conoscesse il motivo, l’anziano accolse quella disperata richiesta, accogliendola nel suo villaggio e dandole un nome che, nell’antica lingua, significava “mezzo sospiro”.
Alaehris si mise innanzi allo specchio, rivedendo nuovamente l’immagine che odiava, il motivo per cui sin dalla sua nascita tutti la evitavano. La sua pelle, che avrebbe dovuto essere cristallina e dura come il ghiaccio, era invece di un colore perlaceo, lucido sotto la luce del sole, e solo la parte destra del suo volto aveva la consistenza caratteristica della sua razza, così come poche altre parti del suo corpo. Ecco perché normalmente indossava vestiti umani, per coprire il più possibile quel suo corpo imperfetto. Sospirò, togliendosi la veste di seta tipica delle ninfe del ghiaccio, e indossò i suoi soliti indumenti umani, sedendosi poi in un angolo, abbracciandosi le ginocchia. Si sentiva sporca, desiderava essere come gli altri ma era consapevole che non sarebbe mai potuto esserlo.
Savhanna tubò, accucciandosi accanto a lei e beccandole affettuosamente la mano. Allora prese una delle due pigne e gliela porse e, mentre la civetta mangiava, i suoi pensieri si riempivano di dubbi su quanto detto dall’anziano.
  
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