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Autore: Eleonoruccia    12/03/2015    0 recensioni
La vita di Lexie Evans si intreccia con quella di uno sconosciuto dal quale è attratta e al contempo infastidita. Se cercate una storia d'amore, non è quello che troverete. È piuttosto un incontro-scontro tra due estranei, vittime di un'incoercibile attrazione. Ipnotica. "Non ho mai amato gli spazi angusti. Non che la redazione di una testata giornalistica così importante avesse degli ascensori angusti, intendiamoci, ma la gente a volte sa essere terribilmente ingombrante". Assaggio di una divina tossicità o di un infernale sublime?
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ho mai pensato a me stessa come una scrittrice, sebbene i libri abbiano sempre fatto parte di me.
Amo leggere, pagina dopo pagina divoro avidamente la storia dei protagonisiti dei miei romanzi preferiti, ed ogni volta scopro qualosa di più su di me. Questa è la mia prima storia, mi scuso se per alcuni di voi potrà sembrare noiosa, o banale, ma spero di poter suscitare in qualche lettore un briciolo di interesse e curiosità per poter andare avanti in questo percorso appena iniziato, per crescere insieme a questo racconto e, perchè no, insieme a voi.
Spero di leggere al più presto qualche opinione in merito, perché, si sa, il confronto è sempre un'opportunità di perfezionamento!



 


PROLOGO


 
Sei mesi fa, non avrei scommesso un centesimo di trovarmi qui, dove sono adesso.
Ora di punta. New York Times, il tacchettio di donne in carriera nelle loro Louboutin  risuona sul marmo della sede di uno dei più affermati quotidiani di Manhattan. Osservo il via vai di uomini d’affari con la ventiquattrore.
Sconosciuti nel posto giusto e al momento giusto, ognuno con un’idea precisa di dove andare.
Mi guardo in torno. Nessuno indossa un paio di converse, a parte me. Osservo i miei Levi’s consumati, il mio maglioncino color lavanda. Dio come mi sento inadeguata. Decido di non rimuginarci troppo su, del resto, ormai è tardi per i ripensamenti.
Sfilo dalla tracolla la mia barretta energetica, nel tragitto da Poughkeepsie a New York ero così agitata che ho dimenticato il lunch box a casa. Riesco quasi a sentire il tono di disapprovazione di mia madre: ‘oggigiorno è importante trovare il tempo per un buon piatto di spaghetti, in questo mondo dai ritmi frenetici’. Ma di tempo, stavolta, io non ne ho. Quindi dovrò accontentarmi della mia barretta da consumare in fretta, e correre verso gli ascensori.
Decimo. Nono. Ottavo. È incredibile come i secondi scorrano così lentamente quando sei in ritardo. Settimo. Sesto. Guardo gli altri ascensori, incerta su quale arriverà prima, poi mi concentro sul mio. Quinto. Quarto. Mi ritrovo a divagare sulla fugacità del tempo, quando le porte davanti a me si aprono, così metto da parte le mie fantasticherie sulla relatività e faccio un passo in avanti.
Qui dentro è talmente pieno di gente da rendere l’aria soffocante. Accanto a me c’è una signora sulla cinquantina, perfettamente  pettinata. Un uomo con dei folti baffi grigi e un completo gessato. Una signora anziana e un po’ tarchiata, sovrastata da una pila di pratiche da portare a chissà quale ufficio. Cerco di sbirciare la destinazione ma tutto ciò che riesco a leggere è ‘ente…’. C’è persino il fattorino di quel ristorante carinissimo che ho intravisto prima all’angolo della strada.
Man mano che saliamo, l’ambiente si svuota sempre più. Tiro un sospiro di sollievo. Non ho mai amato gli spazi angusti. Non che la redazione di una testata giornalistica così importante avesse degli ascensori angusti, intendiamoci, ma la gente a volte sa essere terribilmente ingombrante.
“Paris”.
“Prego?”. I miei pensieri erano appena stati interrotti da una voce maschile dietro di me.
“Mi stavo riferendo al profumo. Lei indossa YSL. Paris”.
Mi giro, visibilmente scocciata da quell’intrusione da parte di uno sconosciuto nell’ascensore del NY Times, a pochi minuti da un importante colloquio che, forse, avrebbe potuto cambiare la mia vita per sempre.
“Una nota molto delicata. Credo che il profumo di una donna dica tutto di lei. Il profumo è il fratello del respiro, per citare Yves Sain Laurent, appunto. Ma sa, l’ho osservata, non credo che le si addica più di tanto”.
“E’ il profumo di mia madre” ribatto semplicemente. Mi maledico per l’incapacità di articolare una risposta più pungente.
“La prossima volta spero di sentire il suo, allora”. L’uomo non tenta nemmeno di reprimere il sorrisetto sfacciato che affiora sulle sue labbra. Quanto è irritante.
Rimango lì, senza parole, mentre esce dall’ascensore con quell’aria arrogante, arrabbiata con me stessa per la modestia inopportuna del mio atteggiamento. Avrei dovuto replicare qualcosa di intelligente e altrettanto strafottente, ma si sa, ‘le parole giuste al momento giusto possono creare effetti importanti e positivi. Sfortunatamente, le parole possono anche confonderci e limitarci con la stessa facilità con cui possono renderci più capaci’. E’ accaduto tutto in pochi minuti, così stabilisco di non dar troppo peso all’accaduto e di concentrarmi piuttosto sul mio colloquio.
 
Entro in un anticamera dagli interni scuri, in cui spicca un divano di pelle bianca. Mi siedo, aspettando pazientemente che qualcuno mi dica cosa fare. Non sono molto pratica di incontri di lavoro, e la mia aria tesa è ben visibile. Cerco di rilassarmi, ma mi risulta quasi impossibile.
Dal fondo della sala, mi viene incontro una ragazza; dev’essere molto giovane ma, nonostante la sua età, dimostra una grande professionalità nel suo tailleur nero e nelle immancabili Loubuotin. Mi scruta. Ecco di nuovo quella sensazione di inadeguatezza che mi fa avvampare. Le gote dovevano essere di un rossore inopportuno. ‘Ci siamo’ mi ripeto facendomi forza.
“Miss Evans. Mrs Carter la sta aspettando”.
Mi dirigo verso la porta bianca dalla quale era comparsa poco prima l’assistente, e la oltrepasso,  in direzione quello che sarebbe stato, da quel momento, il mio futuro.
  
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