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Autore: Clexa_LoveBadass    12/03/2015    1 recensioni
"Adoro il rumore delle onde e la fresca brezza sulla pelle. L’acqua è calma, si muove con dolcezza. La luna splende alta e piena nel cielo, riflettendosi al centro del lago.
Ancora una volta sono scampato all’ira degli dei, tornando vincitore da un’impresa che tutti ritenevano impossibile. Invece io ce l’ho fatta e ho donato al mondo nuova speranza.
Sono addirittura finito sull’Olimpo, al cospetto di Zeus e delle altre divinità, che si sono complimentate con me.
Tutti sono felici, perché il pericolo è passato.
Tutti sono entusiasti… tutti, tranne me."
Così inizia la mia storia. E' una delle tante avventure che Percy e i suoi amici si ritrovano a dover affrontare. Però questa volta il pericolo non deriva da un mostro marino o da una divinità avversa. Come la mettiamo se il pericolo siamo noi stessi? O magari una parte della nostra personalità che ci è stata rubata? La situazione non vi è chiara..? Leggete la mia storia e capirete ogni cosa! ;)
(Percy&Annabeth,Percy&Rachel,altri)
Questa è la mia prima fanfiction,spero che vi piaccia! Sentitevi liberi di recensire,consigliare,criticare… e buona lettura!
-Avventura;Romantico-
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 1
 
*Narra Percy*
 
Adoro il rumore delle onde e la fresca brezza sulla pelle. L’acqua è calma, si muove con dolcezza. La luna splende alta e piena nel cielo, riflettendosi al centro del lago.
Ancora una volta sono scampato all’ira degli dei, tornando vincitore da un’impresa che tutti ritenevano impossibile. Invece io ce l’ho fatta e ho donato al mondo nuova speranza.
Sono addirittura finito sull’Olimpo, al cospetto di Zeus e delle altre divinità, che si sono complimentate con me.
Tutti sono felici, perché il pericolo è passato.
Tutti sono entusiasti… tutti, tranne me.
L’acqua è calma, troppo calma. È innaturale; sono io a renderla tale, perché sto facendo di tutto per controllarmi e non perdere il senno.
Io, Perseus Jackson, sono figlio di Poseidone, dio dei mari e degli oceani. Ho il potere di manovrare l’acqua a mio piacimento.
Ora sono di pessimo umore e il lago condivide il mio stato d’animo.
Sto pensando a molte cose: il bacio di Rachel, il bacio di Annabeth, mio padre, Zeus con la sua Folgore e, soprattutto, l’avvertimento – anche se io la definirei più una minaccia – di Atena. Quest’ultimo pensiero mi faceva perdere la testa, dovevo cercare di concentrarmi su altro… “Sta lontano da mia figlia!” aveva detto. Atena è la madre di Annabeth.
Per la frustrazione, presi il sasso più vicino e lo lanciai in acqua, modificando il moto delle onde in modo che rimbalzasse sulla superficie una decina di volte e poi tornasse da me, come un boomerang.
<< Così non vale! >> disse una voce allegra alle mie spalle. Chi poteva essere a quest’ora della notte? La persona che non volevo vedere, ovviamente: Annabeth.
<< Ehi… che ci fai in giro nel cuore della notte? >> chiesi sedendomi sulla riva e fissando l’orizzonte.
<< Potrei chiederti la stessa cosa! Allora eroe, non sei felice di aver salvato il mondo? >> e lanciò un sasso in acqua.
Io non risposi e creai un’onda più alta delle altre per fermare il sasso che aveva appena tirato. Il lago cominciò a cambiare: l’acqua era più agitata di prima, le onde s’infrangevano sulla riva con maggiore furia.
<< Ehi! Si può sapere che cos’hai, Percy Jackson?!È da quando siamo tornati al Campo Mezzosangue che non mi rivolgi più la parola!Anzi, sembra proprio che tu stia cercando di evitarmi! >> era molto arrabbiata e… risentita?
<< Ti prego, vattene. Mi sono stufato di ascoltarti. >> e, detto questo, mi alzai e le diedi la schiena per non vederla. Mi bruciavano gli occhi, avrei voluto girarmi e urlarle ‘Sto scherzando!’, ma non potevo; non dovevo. “Mi dispiace Annabeth… ma, fidati, è meglio così per entrambi. Hai avuto l’opportunità di conoscere tua madre dopo tanti anni di attesa, e non voglio causarvi discordie” pensai.
Mi aspettavo un calcio o un pugno in pieno stomaco, conoscendola.
Invece mi sorprese: tremava, lo percepivo distintamente, e le sfuggì un singhiozzo. Cercava di trattenere le lacrime.
Mi ci volle tutta la forza di volontà di cui disponevo per non cedere alla tentazione di abbracciarla e consolarla. “Atena, Atena, Atena”, mi ripetei mentalmente.
<< Perché… perché mi tratti così, Percy? >> chiese con voce tremante. Chissà cosa pensava di quella situazione? Intelligente com’era, probabilmente aveva già capito che c’era sotto qualcosa.
<< Perché devo mettere in chiaro le cose tra di noi, Annabeth. Insomma, tu sei figlia di Atena – pronunciai il nome della dea stringendo i denti – ed io di Poseidone. I nostri genitori si odiano da secoli, sono sempre stati rivali! Le cose non potrebbero mai funzionare tra noi due >>. Strinsi i pugni fino a conficcarmi le unghie nel palmo della mano.
Dovevo ferirla e allontanarla definitivamente da me. Ovviamente non pensavo davvero quelle cose! In altre circostanze, non mi sarei interessato al parere degli dei, avrei fatto ciò che ritenevo giusto… ma, in questo caso, il prezzo da pagare era troppo alto: c’era in ballo la felicità di Annabeth, l’avrei costretta a fare una scelta troppo dolorosa: me o sua madre; la madre che tanto aveva desiderato e che non aveva mai avuto.
<< Come puoi dire certe cose? Come puoi farmi questo?! Dopo tutto quello che abbiamo passato… potresti almeno mostrarti riconoscente per l’aiuto, invece di scartarmi come un qualsiasi oggetto di cui ti sei stufato! >> mi gridò dietro.
Stavo per controbattere, ma mi resi conto di avere un grosso nodo in gola. Non potevo fidarmi delle mie parole, così cominciai a camminare lungo la riva, per allontanarmi da lei.
Stavo scappando come un codardo.
<< Dove vai?! >> era furiosa, ma evidentemente il suo dolore prevalse sull’orgoglio. Si alzò e mi corse dietro.
Quando mi raggiunse, allungò la mano, intrecciando le dita alle mie.
<< Ti prego Percy… >> mi supplicò.
“Dannazione Annabeth, non capisci che in questo modo rendi tutto più difficile?!” imprecai mentalmente.
Stavo quasi per cedere alla tentazione di dimenticare il problema, girarmi e sorriderle… poi strappai bruscamente le dita dalla sua presa, sempre evitando di guardarla.
<< Lasciami in pace >> mormorai, con un filo di voce.
<< Perché?! Dimmi cos’è successo, per favore! Ho fatto qualcosa di sbagliato? Ti ho offeso in qualche modo? Mi dispiace! >> pregò, con la voce rotta dal pianto.
<< Non hai fatto nulla di male, Annabeth. Il problema è averti conosciuta… sarebbe stato molto meglio se non ci fossimo mai visti! >> risposi, tentando di tenere una voce fredda e distaccata. In realtà, quelle parole fecero più male a me che a lei.
Non era necessario guardarla per capire in quale stato si trovasse: bocca aperta, occhi sbarrati, guance rigate da lacrime amare.
<< E’ stata lei… mia madre… >> disse con stupore.
Stupidamente, sorpreso da quella conclusione, mi girai. I nostri sguardi s’incrociarono e, ne sono certo, lesse nei miei la conferma della sua ipotesi e… beh, probabilmente capì anche che ero distrutto dal dolore.
<< Come fai a saperlo? >> chiesi, spezzando nuovamente il contatto visivo e concentrandomi sul lago.
<< Vi ho visti parlare, sull’Olimpo. Non immaginavo che… >> aveva un’aria smarrita << Vuoi spiegarmi che ti ha detto di tanto sconvolgente? >>.
All’inizio fui tentato dall’idea di non risponderle e nascondermi in acqua… ma decisi che avevo recitato la parte del codardo fin troppo a lungo per quella sera.
<< Semplicemente questo: sta lontano da mia figlia. >> dissi, sempre evitando di guardarla. Era difficile formulare un discorso sensato quando mi fissava con quegli occhi grigi, simili alle nubi che precedono la tempesta. Mi mandava in confusione e, nell’ultimo periodo, si era fatta ancora più bella. “Percy, che vai a pensare, in un momento simile?! Concentrati sul tuo obiettivo!” mi riscossi.
<< E così tu hai deciso di dimenticarmi, facendo in modo che io ti odi? >> domandò, facendo centro un’altra volta.
<< Che altro avrei potuto fare? >> chiesi, con fare di sfida.
<< Per esempio parlarmene… >> cominciò, ma io la interruppi.
<< Annabeth, finalmente hai conosciuto tua madre, come hai sempre desiderato! Continuare a frequentarci vi causerebbe solo problemi ed io non voglio che tu… non voglio che tu soffra a causa mia >> non avrei dovuto lasciarmi sfuggire quest’ultima frase << …perciò è molto meglio che ti dimentichi di me. Credimi. >> conclusi, con voce debole.
Non potei fare a meno di guardarla, per vederne la reazione: mi fissava con occhi supplicanti, arrossati dal pianto.
<< Percy, io… ti prego, non… >> ma, qualunque cosa volesse dire, fu interrotta da una luce abbagliante che comparve improvvisamente a pochi metri da noi, scacciando le tenebre della notte. Si trattava, senza dubbio, di una divinità.
Distogliemmo lo sguardo – osservare un dio nella sua vera forma incenerirebbe chiunque. Pochi secondi dopo, la luce si dileguò, permettendoci di vedere una bellissima dea: Atena.
<< Vedo che hai ascoltato il mio consiglio, Percy. Sei stato bravo. >> disse, rivolgendosi a me. Nel farlo, mi fulminò con lo sguardo; inutile specificare che tra noi l’odio era reciproco.
<< Vorrà dire ‘minaccia’… comunque sia, ho fatto come mi ha chiesto. Si prenda cura di sua figlia >> e, scuro in viso, la sorpassai con passo fiero, in direzione del lago.
Entrai in acqua, senza voltarmi.
 
*Narratore esterno*
 
<< Percy! >> gridò Annabeth, che stava per correre dietro al ragazzo, ma fu bloccata dalla dea.
<< Dove pensi di andare, piccola mia? >> chiese quest’ultima, con fare fin troppo dolce.
<< Lasciatemi andare madre, ve ne prego! >> replicò lei, supplicandola.
<< Mi dispiace cara,ma non ti permetterò mai di frequentare un figlio di Poseidone!Dovresti appoggiarmi,mia amata Annabeth,dopotutto il dio dei mari è il mio più grande rivale. >> rispose lei, convinta come sempre di aver ragione da vendere –tipico di Atena e dei suoi figli.
<< Esatto. È il TUO rivale, non il mio. Per quel che mi riguarda, Poseidone non mi ha mai fatto un torto. Quindi non mi sento in dovere di odiare lui e la sua prole solo perché sta antipatico a te! >> essendo figlia della dea della saggezza, aveva sempre la risposta pronta.
Come si dice: l’allievo supera il maestro… anche se, in questo caso, sarebbe più adatta l’espressione ‘La figlia supera la madre’.
<< Annabeth! Sono la tua creatrice, colei che ti ha donato la vita; devi darmi ascolto! >> esclamò quella, indignata.
<< Mi dispiace. Io so cosa è giusto fare in questo caso. Percy è mio amico e devo andare da lui. Spero che tu possa capirmi e perdonarmi, in futuro >>. Detto questo, si buttò a capofitto nelle profondità delle acque scure, senza attendere la risposta della madre.
“Caspita! Il fondo del lago illuminato dalla luna è uno spettacolo magnifico! Ma dov’è Percy?”. Annabeth cominciò a cercarlo, tornando a galla raramente per riprendere fiato; riusciva a trattenere il respiro molto a lungo. Continuò ad avanzare, inoltrandosi al largo.
Quando s’immerse vicino al centro della grande distesa d’acqua, lo vide seduto in un grosso cerchio di luce pallida: il punto che si trovava esattamente sotto alla Luna, dove il riflesso di essa era particolarmente forte.
Prese fiato un’ultima volta, dopodiché scese velocemente, raggiungendo il fondo.
 
*Narra Percy*
 
“Come ha fatto ad arrivare fin qui?” pensai. Mi alzai e ci fissammo a lungo.
<< Che cosa credi di fare Annabeth? – la mia voce era chiara,come se mi trovassi sulla terra ferma, e non mi uscirono bolle dalla bocca quando parlai – Non resisterai a lungo sott’acqua. >> Lei mise il broncio e rimanemmo fermi in quella posizione per molto tempo.
Trenta secondi: la ragazza sembrava a suo agio.
Un minuto: ancora tutto a posto.
Un minuto e mezzo: cominciava a notarsi lo sforzo e il bisogno d’ossigeno.
Due minuti: chiuse gli occhi per il bruciore ai polmoni.
Due minuti e mezzo: era quasi bordò e sembrava lì lì per svenire.
Per tutto il tempo non avevo fatto altro che fissarla, come se stessimo facendo una gara a chi resisteva più a lungo… ovviamente, vincevo in partenza, visto e considerato la mia capacità di respirare sott’acqua.
Sospirai e decisi di premiare la sua tenacia: creai una bolla d’aria sul fondo del lago, abbastanza spaziosa per entrambi. Annabeth respirò affannosamente e, in mancanza totale di forze, si accasciò su di me. Fu in quell’occasione che scoprii che si poteva arrossire sott’acqua.
<< Ehi, tutto bene? >> chiesi, in imbarazzo, dandole delicati colpetti sulla schiena.
Lei tossicchiò debolmente e rispose << Volevi per caso farmi annegare?! >>.
<< Ma che vuoi?! Ti sto permettendo di respirare sott’acqua! Se ti avessi voluta morta, non sarei intervenuto. >> ribattei scocciato.
<< Beh, potresti migliorare la tempestività dei tuoi interventi! >> sbottò lei.
Ci punzecchiammo un altro po’, mentre recuperava le forze; quando si rese conto di essere ancora tra le mie braccia, s’irrigidì e si scostò.
<< Si può sapere cosa sei venuta a fare sul fondo del lago? >> chiesi, temendo di aver fallito miseramente nella missione ‘Farmi odiare da Annabeth’.
<< Sono venuta ad avvisarti che ho detto chiaro e tondo a mia madre che non deve più intromettersi nella nostra amicizia. >> Un tuono squarciò il silenzio.
<< Cosa?! Annabeth, ti ho detto come la penso al riguardo! >> esclamai, mentre il mio tono si alzava di un’ottava. “Devo fare in modo che mi detesti! Non voglio che sua madre la disprezzi a causa mia! Forse so come fare…”.
<< Percy, io l’ho fatto per noi… >> mormorò, tornando ad assumere un’espressione triste e risentita.
<< Beh, hai sbagliato! >> urlai, tenendo la voce più ferma possibile.
<< No… non dire così… >> supplicò, mentre le lacrime tornavano a minacciarla.
<< Annabeth… hai sbagliato. È ora che guardi in faccia alla realtà! Torna da tua madre e chiedile perdono; dille che sei pentita e che non mi vedrai mai più! Fallo, è la cosa migliore >>.
<< Ma io non… >> provò a controbattere, ma non le diedi il tempo di farlo.
<< Devo andare >>. Detto questo, distrussi la bolla d’aria e mi avviai verso la riva. Annabeth mi seguiva a distanza, piangendo silenziosamente, lasciando che le lacrime salate si mischiassero all’acqua dolce del lago.
Uscito dall’acqua – già asciutto – m’incamminai velocemente verso le capanne.
<< Percy! >> gridò disperatamente Annabeth alle mie spalle.
Io, sapendo che presto sarei esploso, cominciai a correre.
E le mie lacrime brillarono alla luce della luna, adagiandosi al prato come fresca rugiada, sotto un immenso cielo stellato.
   
 
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