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Autore: Nimel17    12/03/2015    3 recensioni
[Full Monty]
In Full Monty si viene a sapere da Nate che Gaz è stato in prigione. Cosa succede quando la figlia maggiore del direttore del carcere, Zelena, nota la sua somiglianza con la sua ossessione preferita, il signor Gold?
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nickname: Nimel17
Titolo: Choose well… doll.
Rating: Arancione
Genere: Angst, introspettivo
Personaggi:  principali: Gaz, Begbie, Zelena
                       secondari: Regina, Cora e Albert Spencer (re George).
Trama: in Full Monty si viene a sapere da Nate che Gaz è stato in prigione. Cosa succede quando
              la figlia maggiore del direttore del carcere, Zelena, nota la sua somiglianza con la sua
              ossessione preferita, il signor Gold?
Nda: Crossover, Missing moments
 
 
“Dove hai imparato a cucire?”
“Glielo hanno insegnato in prigione.”
“Grazie, Nate.”
 
 
 
“In piedi, brutti stronzi!”
Gary, Gaz per tutti quelli che lo conoscevano tranne la madre, scattò subito in piedi all’ordine.
Non tanto perché James Spencer, figlio del direttore del carcere, fosse un bastardo prepotente, ma perché Gaz era sempre stato una persona attiva e la vita sedentaria da detenuto mal si addiceva al suo carattere.
“Sembri un fottuto coniglio.”
Ignorò il suo compagno di cella, ancora comodamente sdraiato sul suo letto. Gaz pensava che Francis lo facesse apposta a disobbedire agli ordini, visto come godeva poi a scatenare zuffe e rivolte. Aveva perso il conto di quante volte l’avevano messo in isolamento, ma tornava sempre.
“Ho parlato con te, coniglietto.”
“Che cazzo vuoi, Begbie? Sono stanco di stare sdraiato come una mummia.”
L’altro ridacchiò sotto i baffetti scuri.
“Mi stai simpatico, ragazzo. Mi ricordi me, sai?”
Gaz preferì ancora non commentare, ma questa volta fu salvato da Spencer che faceva scorrere il manganello sulle sbarre. James aveva una faccia da bravo ragazzo, con limpidi occhi azzurri e capelli biondo rossicci, eppure era il puttaniere più furfante della prigione.
Solo dal lato sbagliato.
“Facciamo ancora i pigri, vecchietto?”
“Sta’ zitto, frocetto.”
La guardia si limitò a sorridere e a passare oltre. Gaz sapeva che lo faceva solo perché era la cosa che più avrebbe dato fastidio a Begbie.
Si sedette sul letto e incrociò le mani, chiudendo gli occhi per non vedere una volta di più lo squallore che lo circondava. Certo, rispetto a certe prigioni, quella di Sheffield era un paradiso, ma ciò non toglieva che le mura grigie e umide, i pavimenti sporchi di sostanze che non ci teneva a identificare e la ruggine che aveva divorato qualsiasi cosa fatta di ferro lo deprimevano da morire. Gli mancava la musica, andare a ballare, persino Mandy, anche se la sgualdrina aveva divorziato non appena gli sbirri l’avevano arrestato per furto aggravato.
Voleva rivedere il suo piccolo Nate, così simile a lui, ma con il carattere perbene e gli occhi della madre. Voleva cazzeggiare in giro con Dave, prenderlo per il culo per il suo peso, ma erano solo fantasie.
E porca puttana, cosa non avrebbe dato per una sigaretta.
Un ragno gli passò vicino al piede per arrampicarsi sul muro, fino a uscire dalla finestra. Gaz si chiese se esistesse una magia che potesse trasformarlo in insetto per scappare via anche lui.
Degli uomini vestiti di verde iniziarono a lavare il pavimento con grande energia e lui si avvicinò alle sbarre, pronto ad afferrare un po’ di quell’odore di alcol e pulito, una rarità nella solita atmosfera pregna di sudore.
“Ehi, Begbie, oggi arrivano i pezzi grossi.”
L’altro lo guardò con un sopracciglio inarcato.
“Albert Spencer con la moglie?”
Gaz scrollò le spalle, poi chiamò Shaun, l’unico addetto alle pulizie di sua conoscenza.
“Senti, chi viene esattamente oggi?”
“Spencer, con la moglie Cora e la figlia minore, Regina. Poi ho sentito che c’è anche la primogenita, ma non so come si chiami.”
Gaz chiuse gli occhi, cercando di ricordare. L’aveva sentito dire da un altro detenuto…
“Zelena, mi pare.”
“E chi se ne frega.”
Begbie lo raggiunse e gli diede una pacca sulla spalla.
“Bella vista, almeno. Di Regina Spencer si può dire tutto, tranne che sia brutta.”
“Non è il mio tipo.”
“Certo che no, tu preferisci la brunetta che dava lezioni di cucito.”
Gaz cercò di non pensare a Belle.
Belle, con i suoi capelli scuri, gli occhi blu come il cielo estivo, il sorriso aperto e un corpicino minuto, ma ben tornito.
Si era offerta come volontaria perché la sorella gemella, Lacey, era morta nel carcere femminile in una rissa e lei si era sentita in colpa per la sua vita agiata, priva di preoccupazioni.
Se solo non fosse stata così innamorata del marito… Gaz l’aveva visto, una volta o due, quando era ancora libero. Un altro bastardo, zoppo e più vecchio di Belle di almeno vent’anni, ma doveva riconoscere che aveva stile e la giovane donna stravedeva per lui.
Era affittuario della maggior parte delle case di Sheffield, ma non di quella di Gaz.
“Occhio ragazzo, capace che se Gold scopre che fai gli occhi dolci a sua moglie, manda qualcuno ad ammazzarti.”
“Grazie, Begbie, molto confortante, cazzo. Lo sanno tutti, poi, che tu andavi dietro a Lacey prima di finire qui dentro.”
Si preparò, aspettandosi di essere caricato come un toro dal compagno, ma l’altro rimase fermo dov’era, le braccia conserte e un angolo della bocca alzato in un sorrisino sprezzante.
“Certo, non è un segreto. Lacey era una gran figliola, stronzetto, non ho mai conosciuto nessuna capace di bere tanto alcol e poi vincere lo stesso a biliardo. Ho persino pensato di farne una donna onesta, sai.”
“Ma non mi dire.”
Nonostante tutto, Gaz e Begbie andavano abbastanza d’accordo. Sarebbe potuta andare schifosamente peggio in gattabuia, per esempio circolavano brutte voci su un irlandese senza una mano e su due ragazzini di non più di diciotto anni. Gaz ringraziava il suo fottuto angelo custode di non averci mai dovuto avere a che fare e Begbie gli aveva dato ragione.
“Malcolm e Felix sono due marmocchi di Satana, Gaz, credimi. Quello che hanno fatto loro non l’ho fatto manco io, cazzo.”
“Pss!”
Shaun era tornato, con un ghigno lungo da orecchio a orecchio.
“Non ci crederete mai, ragazzi.”
Begbie e Gaz si guardarono.
“Che c’è?”
“Sapete la Spencer maggiore, quella Zelena.”
“Cosa?”
“Tamara della mensa l’ha vista fare gli occhi dolci a Gold, quel vecchio figlio di puttana. Circolavano voci anche su lui e quella cara signora di Cora, qualche anno fa.”
Gaz fischiò, imitato dal compagno di cella.
“Lui se la fila?”
“A quanto pare no.”
“Che è, una fogna?”
Shaun alzò le spalle e riprese a fare le pulizie, spaventato dal rumore di passi pesanti che si avvicinavano. I due detenuti finsero di giocare a carta, forbice e sasso, sorvegliando il corridoio con la coda dell’occhio.
Era solo Whale, tuttavia, il medico della prigione, che passò davanti a loro senza neanche degnarli di un’occhiata.
“Guarda, Francis, c’è Frankenstein in persona.”
Begbie ridacchiò.
“Che pezzo di merda. Secondo me sta conducendo esperimenti su di noi.”
Gaz finse di controllarsi la tuta.
“Mi pareva che mi fosse spuntato un altro braccio, cazzo.”
“Certo non una terza gamba.”
Lui finse di tirargli un pugno sul braccio, ma era troppo abituato alle sue battute sugli uccelli per prendersela. Con una certa tristezza, pensò che fino a poco tempo prima avrebbe cercato istintivamente Nate per coprirgli le orecchie, tanto gli mancava il figlioletto. Si chiese se i capelli, biondi come i suoi, gli fossero cresciuti durante la sua assenza: improbabile, sicuramente Mandy si sarebbe assicurata che avessero un taglio corto e ordinato, senza lasciare ciuffi che gli ricadessero sulla fronte liscia, come faceva tenerezza a Gaz.
Quando fosse uscito di lì, avrebbe portato Nate a prendere un gelato e gli avrebbe detto quanto gli voleva bene, abbracciandolo forte.
Si accorse di avere gli occhi umidi e se li asciugò col dorso della mano, stizzito. Non serviva a nulla piangere su dei cazzo di sogni, doveva ancora scontare il resto della pena. Già baciava per terra per i sei mesi scontati grazie alla buona valutazione di Belle e, per quanto la cosa gli lasciasse l’amaro in bocca, grazia alla probabile buona parola di Gold per accontentare la moglie.
Era passato un anno da quando l’avevano messo dentro, ora Nate avrebbe avuto sette anni… la prima cosa che avrebbe fatto una volta uscito sarebbe stata prendergli un dinosauro giocattolo, decise, sorridendo al ricordo del figlio sorridente davanti ai cartoni di Piedino.
Si riscosse quando Begbie lo scrollò bruscamente.
“Stanno arrivando.”
Mancava solo il fottuto tappeto rosso e sarebbe stato tale e quale al passaggio della famiglia reale.
Ma quella era la famiglia reale del carcere.
In prima fila c’erano Albert e Cora Spencer. Lui aveva già passato da un pezzo la sessantina, non troppo alto, con i capelli bianchi tagliati cortissimi come un crucco in un inutile tentativo di far sembrare la calvizie una scelta personale e due occhi chiari e freddi, privi di anima.
Cora, un tempo molto lontano signorina Mills, doveva avere più o meno la stessa età del marito e, nonostante fosse tutto sommato ancora una bella donna, gli anni le si vedevano benissimo scritti in faccia. I suoi sorrisi ricordavano quelli di un gatto pronto a divorare il topo e gli occhi scuri avevano sempre un’espressione cinica e accondiscendente che gli faceva venire i nervi.
Dietro i genitori c’era Regina, una sventola che avrebbe fatto voltare qualsiasi testa maschile nel giro di mezzo secondo: capelli corti e neri, setosi, pelle ambrata e bocca carnosa, il tutto con un corpo pieno di curve e un andamento regale.
Peccato che fosse la principessa stronza della perfidia e della vendetta, in lizza per il titolo di regina quando la madre avesse tirato le cuoia.
Per ultima c’era invece una donna che Gaz non aveva mai visto: sui trentacinque anni, molto alta, con lunghi boccoli rossi, un volto dai lineamenti leggermente squadrati, occhi azzurri e un sorriso perversamente soddisfatto.
Doveva essere Zelena Spencer.
Ora che osservava meglio, sembrava che Regina avesse inghiottito un rospo.
La famiglia passò davanti alle celle senza guardare in faccia nessuno, tranne la primogenita: quando gli arrivò vicino, si voltò a guardarlo con espressione pensierosa, ma forse se lo era immaginato.
“La rossa ti ha puntato, ragazzo mio.”
“Tu dici?”
“Sicuro. Certo che fa paura, però, sembra una strega psicopatica.”
“Come tutte le donne Spencer.”
“A proposito, chissà dov’era il frocetto, James.”
“Che ne so.”
Gaz si risedette, un po’ inquieto. Perché Zelena Spencer l’aveva fissato? Se lo aveva notato anche Begbie, allora quell’occhiata non era stata frutto della sua immaginazione. Era sicuro che non fosse sua la casa in cui si era intrufolato e anche che lei non fosse al suo processo.
“Perché l’ha fatto, secondo te?”
“La rossa?”
“Sì.”
Si aspettava che l’altro alzasse le spalle o facesse una battuta del cazzo, invece lo squadrò con gli occhi socchiusi, serio.
“Beh? Perché mi guardi così?”
“Ti ricordi quello che ti ha detto Shaun? Che la stangona faceva il filo a Gold?”
“Certo che mi ricordo, è stato mezz’ora fa.”
“Ecco, tu gli assomigli un po’. Il viso, lo sguardo…”
“Cazzate.”
“Me lo hai chiesto te, frocetto.”
Gaz deglutì. Magari per quello Belle l’aveva preso in simpatia, alle lezioni di cucito. Avrebbe dato la mano destra per avere uno specchio in cui guardarsi e fare un confronto con Gold.
Sperò con tutto il cuore che la madre non avesse mai avuto una scappatella con lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Mi ha fatto chiamare?”
Gaz si trovava nello studio del direttore Spencer, le mani congiunte sulle ginocchia per resistere alla tentazione di passarsele tra i capelli.
Davanti a lui non c’era il vecchio, ma Zelena.
“Mio padre arriverà a momenti. Voleva discutere con lei della sua condanna.”
La donna gli sorrise ancora e Gaz ricambiò, inquieto. Avrebbe dovuto essere cieco per non vedere l’esagerata scollatura dell’abito nero che indossava la primogenita Spencer e, mentre una parte di lui voleva assaporare quella vista di cui era privo da un anno intero, l’altra voleva distogliere lo sguardo. Si sentiva come un coniglio preso in trappola da una carota troppo allettante.
Guardò i capelli rossicci di lei e soffocò a stento una risata, pensando che il loro colore ricordava un po’ quello dell’ortaggio.
Lo studio del direttore era piuttosto spartano: pochi quadri, pareti bianche, due cactus, una scrivania imponente e tende anonime. Solo le fotografie di famiglia abbondavano… Spencer doveva esserne orgoglioso.
“Per cosa è stato arrestato, Gary?”
“Scusi?”
“Oh, mi dispiace, non volevo essere indiscreta.”
La donna abbassò gli occhi azzurri con finto dispiacere, tuttavia lui si sentì comunque obbligato a correggerla.
“Furto aggravato. Mi scusi, signorina, è solo che non sono abituato a essere chiamato col mio nome di battesimo.”
“E come la chiamano gli altri?”
“Gaz.”
Lei rise e quella risata gli fece venire i brividi: gli ricordava quella registrata nei vestiti da strega di Halloween, acuta e gelida.
“Gaz. È un nomignolo simpatico.”
Continuava a sorridergli come se fosse in attesa di qualcosa, ma che fosse maledetto se sapeva di cosa. Si agitò un po’ sulla sedia, schiarendosi la voce.
“Grazie, signorina Spencer.”
“Oh, chiamami Zelena, ti prego. Dammi pure del tu, non mi scandalizzo.”
Lui s’irrigidì quando lei gli prese la mano e gliela strinse in un gesto di simpatia: aveva belle dita affusolate e unghie lunghe, ma i palmi erano ruvidi e la pelle era gelida. Gli tornarono in mente le vecchie storie di sua madre, quando era piccolo, sulle donne vampiro come Carmilla… riusciva benissimo a immaginarsi Zelena con i canini appuntiti che si avvicinava alla sua gola.
“Ti senti bene, caro?”
Gaz si rese conto che la fronte era imperlata di sudore freddo, così fece un sorriso forzato e ritrasse la mano lentamente, per non offenderla. Resistette a stento alla tentazione di pulirsela sui pantaloni della divisa carceraria.
“Sarà l’emozione di uscire per un attimo dalla cella, signorina Spencer.”
“Zelena, ho detto.”
La voce di lei si era fatta notevolmente più dura e lui annuì per placarla.
“Certo, come vuoi, Zelena.”
La donna si alzò e gli versò un bicchiere d’acqua dal dispenser, lanciandogli una strana occhiata.
“Tieni, avrai sete.”
Gaz deglutì: per porgergli da bere, lei si era chinata verso di lui al punto che il seno gli sfiorava una guancia e sentiva fortissimo il suo profumo di mele. Sentì con orrore che gli stava venendo un’erezione, quindi pensò subito a tutte le conseguenze negative che poteva avere arrendersi alla seduzione che quella pazza stava mettendo in atto.
Altri mesi, se non anni, alla sua condanna.
Essere fatto fuori dagli altri detenuti per invidia, o perché creduto una spia.
Fornire un’altra scusa a Mandy per impedirgli di vedere Nate.
Belle.
Bevve l’acqua in un sorso, sperando di allontanare Zelena.
“Grazie.”
Lei buttò via il bicchiere di carta, chinandosi sul cestino in modo da dargli una buona visione del suo posteriore. Cazzo, ci mancava solo che si sedesse sulla scrivania con le gambe accavallate.
“Perché hai scelto me? Spencer mi ha davvero fatto chiamare?”
“Certo. È solo in ritardo.”
Gli si sedette sulle gambe senza troppi complimenti e gli afferrò bruscamente una ciocca di capelli, alzandogli la testa.
“Perché ho voluto proprio te, mi chiedi… oh, caro. Tu mi ricordi moltissimo una persona, tutto qua.”
“Gold?”
Zelena sibilò e strinse di più la presa, avvicinando la bocca al suo orecchio.
“Ssh, non parlare di cose che non sai, bambolina.”
Lo liberò di colpo, allontanandosi da lui e Gaz riprese a respirare tranquillamente. Quella donna era pazza da legare… gli occhi le brillavano di una luce fanatica, le mani sfioravano inconsapevolmente un tagliacarte sottile e i riccioli rossi sembravano dotati di vita propria lungo la sua schiena dritta.
“Voglio fare un patto con te, caro. Posso farti uscire da qui anche domani, se tu in cambio ti trasferisci da me.”
“Per diventare il tuo schiavetto?”
Lei lo schiaffeggiò così forte da graffiarlo con le unghie laccate di rosso.
“Qualsiasi cosa io voglia. Tu sceglierai me, capito?”
Lui rimase a fissarla a bocca dischiusa.
“Non capisco.”
Zelena sorrise amaramente e lo guardò con lieve disprezzo.
“Immagino fosse troppo pretendere che avessi anche il suo cervello. Parlerò più chiaramente, allora, Gaz. Diventerai la mia bambola, farai quello che ti dirò di fare e in cambio uscirai da qui. Non mi sembra così difficile.”
“Non posso fare questo a mio figlio.”
Per un attimo i lineamenti duri della donna si addolcirono, gli occhi sognanti.
“Hai un figlio?”
Gaz si rese conto di avere commesso un grave errore: quella matta probabilmente stava già giocando nella sua testa all’allegra famigliola.
Considerò per un attimo la possibilità di accettare: Zelena era ricca, con lei avrebbe potuto prendere bei regali a Nate e non avrebbe dovuto preoccuparsi di trovare lavoro in quelle fabbriche schifose.
Però…
“La mia risposta è no, Zelena, mi dispiace. Non riuscirei più a guardare il mio ragazzo in faccia, se accettassi.”
La risposta furibonda di lei fu interrotta dallo spalancarsi della porta, ma non fu Spencer a entrare.
Era Gold.
“Buongiorno, signor Schofield. Zelena. Albert mi manda a dirvi che il colloquio è rimandato a domani, è stato trattenuto in una riunione.”
Dietro di lui c’era James, che si avvicinò a Gaz e lo alzò dalla sedia senza troppe cerimonie per farlo uscire.
“Resta qui fuori un istante, devo chiamare il mio collega.”
Non pensò che potesse fuggire: nessuno fuggiva mai dal carcere di Sheffield e lui non voleva di certo pregiudicarsi un anticipo sulla sua uscita per buona condotta.
Non restò solo a lungo, tuttavia. Neanche cinque minuti dopo sentì passi frettolosi avvicinarsi e una voce rabbiosa e disperata che vomitava insulti.
“Io volevo solo essere la prima scelta di qualcuno! Hai sposato il tuo topolino di biblioteca, hai fatto da mentore a mia sorella, ma io non ho avuto niente da te!”
Gaz dovette scansarsi per non essere colpito dalla porta aperta violentemente e per non essere investito da una Zelena in lacrime.
“Volevo solo essere la prima scelta!”
Tutto sommato, gli fece pena.
 
 
 
Nota dell’autrice: Un crossover impegnativo anche per me, devo dire, ma in fondo adoro pasticciare tra i fandom e quindi… ecco qui, Gaz di Full Monty alle prese con i personaggi di Once Upon A Time. Mi aveva colpito nel film il riferimento alla prigione e mi è dispiaciuto che non sia stato approfondito, anche se capisco avrebbe appesantito l’atmosfera del film. I dispenser, per chi non lo sapesse, sono distributori d’acqua che si trovano negli uffici o nei corridoi, si chiamano anche boccioni, ma questo secondo termine non mi piaceva proprio. Spero che questa OS piaccia a qualcuno che apprezzi Robert Carlyle quanto me!
P.S. Il titolo è preso da una citazione di Once Upon A Time.
 
  
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