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Autore: mooneli    12/03/2015    1 recensioni
"Vivere senza di te è come morire"
Un’unica domanda continuava a girarle per la testa. Perché la vita era stata così crudele con lei? Il passato non si cambia, ma i rimpianti la tormentavano:perché aveva buttato via, riempiendoli di cose futili, gli anni che avrebbe potuto trascorrere con la sua famiglia?
Si rese conto così di quanto la vita fosse precaria e di come era vero il detto “potrei morire domani”.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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LA STORIA DI ARIANNA
 
La stanza era piena di oggetti stravaganti. Forse, più che stravaganti era possibile definirli inusuali, soprattutto per una ragazzina dell’età di Arianna.
Sulla scrivania c’erano alcuni souvenir, alcuni apparivano addirittura un po’ pacchiani. C’era un paio di zoccoli olandesi acquistati durante un viaggio ad Amsterdam, di cui Arianna non ricordava nulla, a parte che aveva sofferto un terribile mal d’aereo e che aveva vomitato più o meno cinque volte durante il volo. Poi c’era una miniatura della Tour Eiffel, che si illuminava al buio, ricordo di un viaggio a Parigi. Lì non era stata male (erano andati in macchina) e si ricordava tutto: dagli Champs-Elysèes ai macarons.  Un po’ più in là c’erano altri soprammobili a ricordo di altri viaggi.
Di sicuro non era la stanza di una comune sedicenne. Non c’erano foto di cantanti o di divi del cinema, non c’era traccia di adesivi, le pareti della stanza erano quasi spoglie. Ma non era sempre stato cosi. Un tempo anche lei era come tutte le sue compagne, spudoratamente uguale alle altre. Aveva vestiti giusti, capelli giusti, amici giusti. Si coricava pensando a ciò che avrebbe dovuto indossare il giorno dopo, a come avrebbe dovuto truccarsi e a chi avrebbe dovuto incontrare. Era felice, o almeno pensava di esserlo.
Lei e la sua sorellina avevano pochi e bruschi contatti che finivano quasi sempre con urla e strepiti, con i suoi genitori non andava tanto meglio, loro rappresentavano barriere da distruggere, regole da infrangere. Li trattava con noncuranza, come se fossero solo comparse nella sua vita, come se non fossero importanti.
Dopo poco tempo, però, tutto cambiò.
Qualche settimana prima di Natale avevano chiamato i nonni, come di consuetudine, che li avevano invitati a trascorrere questa festività nella loro casa in montagna. Era una tradizione ormai, il Natale passato dai nonni era sempre un momento tranquillo, in cui tutta la famiglia si riuniva insieme.
Il 22 dicembre, Arianna e la sua famiglia stavano andando a casa dei nonni, salendo una strada un po’ impervia perfino per una macchina. Il viaggio proseguiva tranquillo e nessuno aveva idea di quello che stava per accadere. Sua sorella stava leggendo un fumetto, i suo genitori stavano parlando di non so quale bolletta, lei ascoltava tranquillamente della musica con le cuffiette quando una macchina proveniente dall’altra corsia sbandò e sbattè con forza contro la loro. 
Arianna si svegliò solo qualche giorno dopo in una stanza d’ospedale completamente bianca. Quando aprì gli occhi per la prima volta vide sua zia, Gabriella, addormentata su una poltrona posta a fianco del letto. Chiese più volte alle infermiere informazioni sui suoi familiari, ma solo durante il quarto giorno Gabriella ebbe il coraggio di dirle che erano morti. Quello fu il dolore più grande, non tanto il tubicino che le era stato inserito in gola per aiutarla a respirare, quanto il vuoto nel petto al solo pensiero di non aver più quella parte di sè che erano i suoi genitori e sua sorella. Nei giorni seguenti vennero a trovarla anche i nonni, ma lei finse di dormire, non sarebbe riuscita a sopportare qualcun altro intorno a lei oltre a Gabriella, che non parlava, non direttamente almeno, le comunicava tutto il suo dolore e il suo affetto con gli occhi, senza esprimersi a voce, senza farla sentire ancora più spaurita e sola.
Poi arrivarono i cambiamenti. Arianna nel giro di due settimane fu dimessa dall’ospedale, completamente guarita dal dolore fisico ma non da quello interiore. Gabriella trasferì tutte le sue cose in una nuova stanza a casa sua. Lei però non guardò niente di ciò che la zia le aveva portato anzi, in uno momento d’ira,  buttò per terra ogni cosa.
Un’unica domanda continuava a girarle per la testa. Perché la vita era stata così crudele  con lei? Il passato non si cambia, ma i rimpianti la tormentavano:perché aveva buttato via, riempiendoli di cose futili,  gli anni che avrebbe potuto trascorrere con la sua famiglia?
Si rese conto così di quanto la vita fosse precaria e di come era vero il detto “potrei morire domani”.
Ma in quel dolore, la sua famiglia era sempre con lei e ci sarebbe sempre stata. Per questo aveva iniziato a decorare la sua stanza con i ricordi dei loro viaggi, aveva recuperato ogni oggetto che conteneva un ricordo: non solo per non dimenticare, ma soprattutto per tener sempre a mente che loro c’erano, che la aiutavano nelle sue scelte anche se non erano lì fisicamente.
  
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