I'll rock your soul
[You're holding my hand
I'm holding your life
and I feel like I'm one with You.
All I want is to rock your soul]
C'è
una luce speciale oggi, al parco. Cammino piano, assaporando la dolce carezza
che il sole continua a concederci anche se è già inverno. La sensazione di
leggerezza che mi accompagna riesce ad annullare il peso dei libri nella borsa
e mentre mi dimentico dell'enorme quantità di pagine da studiare per la
prossima sessione d'esami non riesco a trattenere un sorriso. Raddrizzo la
schiena e lascio che una felicità liquida mi scaldi il cuore. Sembro scemo.
Sono scemo. E mi scappa una risata strana al pensiero che mi occupa la testa da
stamani.
Ti
sconvolgerò l'anima, mi hai detto, scoccandomi un sorriso
radioso prima di scendere dal letto e correre via da me. Sciocca Elisa, me
l'hai già sconvolta, un anno fa. Non potresti fare di più, visto che sono
passati trecentossessantacinque giorni dal momento in cui mi hai accolto con le
mie cicatrici nella tua vita e non mi hai più lasciato andare. Non c'è stato un
secondo in cui i tuoi capelli non mi abbiano sconvolto l'anima, occupandomi la
visuale del tuo viso meraviglioso con quei ricci dal sapore speziato. O i tuoi
occhi. O il tuo sorriso. O quella dannata macchina fotografica che tiri sempre
fuori anche quando vorrei solo sprofondare nel calore dei tuoi abbracci. Tu, tu
mi hai sconvolto l'anima.
Il
parco è meraviglioso. Se tu fossi qui, mia fotografa impazzita, inclineresti il
capo facendo dondolare i riccioli neri. Ingrandiresti gli occhi tuoi immensi,
bui come una notte estiva priva di inganni o nuvole, e lasceresti vagare la
mente in cerca dell'immagine perfetta. Ti dimenticheresti di me, per l'attimo
che concedi al tuo cervello di recepire l'ispirazione e creare, con un semplice
click, un'altra delle tue incredibili opere in
bianco e nero. Il vento prenderebbe una nuova forma, smuovendo quelle foglie
lassù, e la tua immagine parlerebbe della brezza invernale, della luce del sole
che come una benedizione divina continua a far brillare vividi i colori della
natura. E tu sei l'unica che io conosca a saper dar voce a tutto questo
miracolo con una sola, unica, foto. Sei una specie di dea, io l'ho sempre
saputo. O uno splendido folletto. Rido di nuovo, e faccio girare un signore che
sta leggendo il quotidiano su una panchina. Non mi interessa, giudichino pure.
Io ho la mia dea - folletto a cui pensare. Se riporto alla mente quello che ero
poco prima di conoscerla, stento a riconoscermi. Sono così lontano dalla
distruzione che mi circondava, dal grigiore spento che si appigliava alla mia
esistenza. La mia vita prima di Elisa si è persa totalmente, disciolta sotto un
incantesimo che ancora mi avvince e mi fa sentire... vivo.
Sei
già a casa, il cancello è aperto come
sempre. Eppure le persiane sono chiuse ed è impossibile che tu abbia deciso di
impedire a questa luce straordinaria di invaderti l'appartamento. Ne hai di
stranezze tu, ma quando riconosci la bellezza, quella vera, la vuoi tutta per
te. Mi avvicino alla porta e suono al campanello. Non vieni ad aprirmi? Mi stai
turbando. Non è da te. E' successo qualcosa? Panico. All'improvviso il panico
mi stringe le vene, impedendo al sangue di viaggiare come deve e sento il gelo
che mi afferra alla gola. Busso forte e chiamo il tuo nome, ma mente provo a
spingere il portone quello stranamente non fa resisenza. Si apre senza lamenti,
in un soggiorno vuoto e in penombra, illuminato soffusamente da mille candele
sparse per la stanza. Il profumo è intenso e spalanco gli occhi. Ti chiamo. Dove
diavolo sei? E mentre mi avvicino alla luce tremolante delle fiammelle, le
noto. Foto. Fotografie sparse su ogni superficie piana che non sia il
pavimento. Immagini di me, di noi, si sovrappongono come a cercare di
richiamare ognuna la sua parte nella vita che abbiamo costruito insieme
nell'ultimo anno. Mi sento perso. E' tutto così immenso.
Passo la mano debole sulle nostre emozioni, scostandole per poter riempirmi gli
occhi di tutto, di tutti i ricordi meravigliosi che ci legano. Questo qui è il
parco, dove ci siamo conosciuti, scontrati, innamorati. Questo è il panorama
che si vede dal terrazzo di camera tua, lo stesso che vediamo insieme tutte le
sere prima di addormentarci abbracciati. Adori fotografare solo paesaggi eppure
con me hai sempre fatto eccezioni. Centinaia di eccezioni, a giudicare dalle
innumerevoli immagini di me, da vicino, da lontano, mentre guardo altrove,
mentre sono perso in contemplazione di qualcosa, mentre rido, mentre fisso
l'obiettivo e sorrido... Sento due braccia sottili che mi circondano da dietro
e mi rilasso istintivamente.
"Una
volta ti portai un'unica foto e ti dissi che era ciò che vedevo di te. Ciò che
mi piaceva di te. Dopo un anno ti mostro ciò che vedo ora
in te. Ciò che amo e di cui non posso più fare a meno."
Si
sposta, mentre ancora non riesco a connettere il cervello al corpo e sento il
cuore pronto ad esplodere. E' davanti a me, con la luce danzante delle candele
a dorarle la pelle candida del volto emozionato, gli occhi così scuri che
sembrano pozze infinite di dolcezza fusa. A guardarla così, così felice,
morbida e dorata sembra davvero un essere magnifico, ultraterreno. La mia
piccola dea. Una fotografa che non ha percezione di quanto sia bella e viva, di
quanto io la ami. Lentamente le faccio scivolare un dito sulla pelle di velluto
della guancia, scostandole un riccio di carbone.
"Resta
qui. Ferma".
Lascio
che la borsa mi scivoli dalla spalla mentre corro al piano di sopra e armeggio
con lo zainetto in cui tiene sempre la sua Nikon preferita. Con dita tremanti la
accendo e scendo rapidamente, per non perdere il momento. Il suo sguardo si
posa subito sulla preziosa parte di lei che tengo in mano e noto la leggera
ombra di panico che le oscura gli occhi. Rido della sua espressione e le gote
le si tingono di quel rossore magnifico che mi ha sempre fatto perdere la
testa. Prima che lei possa ritrarsi la inquadro e scatto. Lo schermo digitale
riesce a riprendere bene il viso della mia Elisa, mentre i capelli neri
risultano una immensa nuvola sfocata. Per essere la mia prima foto sono
soddisfatto. Elisa si avvicina per prendermi la Nikon e rido mentre l'acciuffo
e la tengo stretta tra le mie braccia. Sospendo la protesta delle sue labbra
con un bacio, e la sento rilassarsi. Aspiro una boccata del suo profumo e
capisco che c'è riuscita. Mi ha di nuovo stravolto l'anima.
Le porgo la macchina fotografica.
"Questa
sarà sempre la mia preferita".
La
vedo sorridere e scuotere la testa, mentre ripone al sicuro il suo tesoro.
La
prendo tra le braccia e lascio che i suoi occhi scrutino i miei. Mille,
miliardi di volte. Niente ombre, né paure, mai.
"Ti
amo", le dico, in un sussurro roco. E lascio che decine e decine di foto
ci circondino mentre ci buttiamo sul divano a vivere un altro pezzetto della
nostra vita.
N.d.A.
Salveeee!
Ebbene,
qualche giorno fa stavo ripensando ai lavoretti che mi hanno soddisfatto di più
e, sinceramente, la storia di Elisa e Michele è tra le mie creazioni preferite.
Le loro vicende mi erano così care che all’improvviso ho sentito una forte
nostalgia, come se non vedessi da mesi i miei più cari amici. L’unico modo per
porre rimedio era tornare a pensare… cosa poteva essere successo dopo che
finalmente si erano trovati? E’ stato un richiamo particolare, ad immergermi in
sentimenti forti ma allo stesso tempo semplici ed è nella loro semplicità che
trovo una bellezza mozzafiato. Dopo mesi senza alcuna pubblicazione, mi volevo
divertire di nuovo con questa piccola one shot. Per chi non conoscesse la
storia di Michele ed Elisa, beh, non vi rimane che andare a cercarvi “Sotto la
pioggia e dentro il tuo cuore”, e spero che conquisti voi come ha conquistato
me. Se poi avete tempo e buon cuore mi farebbe piacere leggere quello che
pensate J.