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Autore: FrancescaPotter    13/03/2015    4 recensioni
Dal primo capitolo:"C'era una persona della quale la legge le impediva di innamorarsi. Una sola persona sulla faccia della terra e, ovviamente, Emma Carstairs si era innamorata proprio di quella persona. Si trattava del suo migliore amico, Julian Blackthorn. "
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Carstairs, James Carstairs, Julian Blackthorn, Theresa Gray, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Diciannove


Emma sapeva che Jem aveva avuto un parabatai e che di lui restava solo una cicatrice bianca a ricordare dove un tempo era stato legato ad una persona che conosceva tutte le parti della sua anima. Talvolta vedeva Jem adombrato da un leggero velo di tristezza e non era mai riuscita a comprendere il perché fino a quel momento. Il giorno della cerimonia durante la quale lei e Julian erano diventati parabatai, o ogni volta che li vedeva combattere assieme doveva essere come un coltello rigirato in un'antica ferita per lui. Vivere sotto lo stesso tetto di due persone che condividevano lo stesso legame che ti aveva accomunato ad una persona che ora non c'era più non doveva essere facile.
Scoprire che quello che era stato il parabatai di Jem era stato anche l'uomo amato da Tessa la lasciò perplessa. «Tuo marito era il parabatai di zio Jem.» Disse, assimilando l'idea. «E tu ora hai sposato Jem.»
Tessa sospirò. «Esatto. Non pretendo che tu capisca, Emma, ma il nostro non era un amore unidirezionale: ci siamo amati tutti e tre indistintamente e non c'è giorno in cui Jem ed io non sentiamo la mancanza di Will, così come non c'è giorno in cui Will ed io non abbiamo sentito la mancanza di Jem quando è diventato un Fratello Silente.»
Emma davanti alla sua forza d'animo chinò leggermente il capo. Tessa aveva visto morire Will sotto i propri occhi, aveva perso Jem quando era molto giovane, e ora aveva deciso di riaprirgli il proprio cuore. Nonostante fosse a conoscenza del loro destino mortale Tessa li amava tutti moltissimo. Improvvisamente Emma si sentì in dovere di consolarla o di farle semplicemente capire che non la giudicava. Le prese una mano e gliela strinse.
«Will era... complicato.» Disse Tessa con una risata roca. «Incredibilmente testardo e imprudente, ma amava come pochi riescono ad amare. Ha sofferto tanto durante l'adolescenza, ma credo che tutto sommato la sua vita si sia conclusa con gioia.»
«Era uno Shadowhunter.» Fece Emma con una punta di amarezza nella voce. «La sofferenza fa parte della nostra vita.»
«Già, a volte tendo a dimenticarlo.»
«Tempraci nel fuoco e diventiamo più forti. Quando soffriamo, sopravviviamo.» Emma ricordò le parole del padre con un sospiro.
Tessa si accigliò. «Forse hai ragione. Dopotutto siete stati addestrati per questo, ma a volte è dura da accettare.»
Stettero in silenzio per un lasso di tempo indefinibile, cullate dal suono regolare dei loro respiri. Più passava il tempo e più il panico si impossessava di Emma. Cercò di calmarsi e di non mostrare la propria preoccupazione, pensando che se Julian fosse morto lei lo avrebbe percepito. Se fosse stato sospeso sul baratro lei lo avrebbe saputo.
«Tessa, cosa faccio se muore?» Si ritrovò a mugugnare ad un certo punto non riuscendo più a tenere a bada le proprie emozioni.
«Non succederà.» Tentò di rassicurarla l'altra. Le sistemò la coperta sulle spalle e la strinse a sé pettinandole i capelli.
«Non so se sarei in grado di sopravvivere senza di lui come tu hai fatto con Will.»
«Lo amavo tanto.» Sussurrò impercettibilmente Tessa. «E se n'è andato davanti ai miei occhi. Non era il mio parabatai, questo lo so, ma mi piace pensare che la sua anima fosse divisa tra me e Jem, così come il mio cuore appartiene ad entrambi. Vivere senza un pezzo di anima non è impossibile, Emma. E' solo tremendamente difficile.»
Emma non capiva se si sentiva meglio o peggio, ma in quel momento la porta si spalancò alle loro spalle troncando la sua agitazione. Sulla soglia stava Jem. Reggeva tra le mani una stregaluce che sprigionava raggi di luce sul suo viso, rendendolo quasi spettrale. Alla sua vista Emma si tirò su di scatto e la coperta le scivolò dalle spalle finendo abbandonata al suolo.
«Come sta?» Chiese, con la voce che grattava come carta vetrata.
«Sì riprenderà.» Jem le mise entrambe le mani sulle spalle. «Ora non è tempo per le spiegazioni. Va' da lui e non abbandonare il suo fianco fino a quando non si risveglierà: ha bisogno di tutta l'energia che riesci a dargli.»
«Io... Mi dispiace.» Disperata, Emma abbracciò Jem. «Mi dispiace così tanto, è stata tutta colpa mia.»
Jem le diede piccole pacche sulla spalla. «E' passato. Non ha senso stare qui ad assegnare le colpe. Domani mattina ci spiegherete tutto.»
Emma si sentì male al pensiero di mentire ancora.
«Certo.» Sorrise, senza il minimo accenno di allegria.
In fin dei conti non importava cosa faceva lei. La cosa importante era non coinvolgere mai più Julian in quella battaglia che era solo sua.
«Ora va', Emma. Julian ti sta aspettando.» Disse Tessa che era rimasta in silenzio fino a quel momento.
Non se lo fece ripetere.
Entrò nell'infermeria e, una volta avvistato il letto di Julian in fondo al corridoio, si precipitò verso di lui. Non badò all'odore di disinfettante misto a sangue che impregnava l'aria, e nemmeno a Fratello Enoch al fianco del suo parabatai.
Ciao, Emma.
La voce metallica le rimbombò nella mente facendola bloccare sul posto, a pochi metri da Julian.
«Ciao.» Rispose. «Grazie per averlo curato, io...»
Non devi ringraziarmi. E' mio dovere e grande piacere servire i figli dell'Angelo. E' importante che tu gli resti vicino: sei il suo parabatai.
Emma annuì per indicare che aveva capito. Non ci sarebbe stato alcun problema. Nessuno l'avrebbe spostata da lì, nemmeno la più tremenda delle catastrofi.
Fratello Enoch abbassò lievemente il capo in segno di congedo e se ne andò, silenzioso come un fantasma.
Emma si avvicinò al letto di Julian e si premette una mano sulla bocca per non urlare. Il suo viso era della stessa tonalità delle lenzuola bianche e i suoi capelli sembravano più scuri del normale. Le labbra esangui che solo qualche ora prima aveva baciato spiccavano violacee su quel volto sciupato che di solito era splendente come il sole.
Un leggero movimento del petto catturò l'attenzione di Emma. Si alzava e abbassava regolarmente.
Julian stava respirando.
Julian era vivo.
Ma avrebbe potuto morire. Ed era tutta colpa sua.
Quando trovò la forza per muoversi si stese al suo fianco, sul letto, sentendosi intorpidita. Improvvisamente il peso di tutte le botte e le ferite ricevute in battaglia si riversò su di lei, insieme al senso di colpa ed impotenza.
Poggiò il capo nell'incavo del collo di Julian, traendo un leggero conforto dal battito regolare del suo cuore. Stese un braccio sul suo torace e si strinse di più a lui, come se lei sola potesse proteggerlo da tutto il male del mondo. Si addormentò non appena chiuse gli occhi, cullata dal respiro di Julian leggero come una carezza.

Le mancava l'aria.
Qualcuno la stava soffocando.
Aprì gli occhi e si ritrovò schiacciata contro il petto di Julian. Lui le teneva una mano sul capo e l'altra sulla schiena, stringendola stretta.
«Jules.» Tossicchiò. «Così non respiro.»
Lui allentò la presa continuando a tenerla tra le braccia. La guardò negli occhi. «Grazie a Raziel stai bene.»
«Grazie a Raziel tu stai bene.» Fece notare in modo eloquente lei. Gli circondò il viso con le mani e avvicinò il proprio volto al suo. «Non farlo mai più, intesi?»
«La prossima volta dirò ai Cavalieri del Popolo Fatato di non infilzarmi perché altrimenti la mia parabatai potrebbe preoccuparsi.» Disse Julian, facendola ridere.
«Non devono azzardarsi a farti di nuovo del male, altrimenti darò loro la caccia e li ridurrò in pezzettini con le mie mani.» Replicò tornando seria. «E lo stesso vale per te: se ti azzardi di nuovo a farmi stare così in pensiero, ti uccido.»
Julian alzò gli occhi al cielo divertito. Poi sfregò il naso contro quello di Emma e ci posò un leggero bacio. «Ti voglio bene anche io.»
Emma lo guardò per qualche istante. Aveva riacquistato colore: le sue guance erano tinte di un'adorabile tonalità di rosa chiaro, mentre le labbra stavano tornando del loro tipico rosso fragola. Gli scostò i capelli dalla fronte e rimirò i suoi meravigliosi occhi azzurri per un tempo indefinito. Julian la guardava con pari intensità, ed Emma avrebbe dato qualsiasi cosa per poter conoscere i suoi pensieri.
«Che cos'è successo quando ho perso i sensi?» Domandò lui spezzando l'atmosfera come carta velina. «Come hai fatto a tirarci fuori da quella situazione?»
Emma sospirò. «Magnus Bane.»
«Quel Magnus Bane?» Julian alzò un sopracciglio, stupito quanto lei.
«Esattamente. Aveva lanciato un incantesimo sulle carte di identità false così che potesse rintracciarci. Grazie al cielo lo ha fatto.»
«Quindi è a conoscenza di tutto?»
«Tutto.» Annuì Emma. «Tutto, tranne Mark.»
Julian si incupì, un'ombra scura calò sul suo viso. Si chiuse in un ostinato silenzio, senza la minima intenzione di proferir parola.
«Lo so, Jules.» Sussurrò lei. «Lo so. Hanno detto che era non c'era speranza di riportarlo indietro...»
«Non ci credo.» Tagliò corto lui.
La sua voce non era più forte di un sospiro che le sfiorava la pelle. Erano talmente vicini da condividere lo stesso respiro. Talmente vicini che se solo Emma avesse spostato di pochi centimetri la testa avrebbe potuto baciarlo. Di nuovo. Il pensiero del bacio che gli aveva rubato quando era incosciente la fece arrossire pericolosamente.
«Ti prometto che una volta risolta la questione con Camille troveremo un modo per riportare Mark indietro.»
Julian non rispose, si limitò ad attirarla più a sé per abbracciarla. «Quando sono svenuto la mia unica preoccupazione eri tu.» Parlava all'altezza dell'orecchio di Emma, sfiorandole i capelli con le labbra. «Non sapevo come avresti fatto ad uscirne da sola. Poi mi sono svegliato e anche in quel momento il mio primo pensiero sei stata tu. Quando ti ho vista al mio fianco, Emma, non so descriverti la sensazione di sollievo che ho provato.»
Il cuore di Emma batteva all'impazzata. «Ne so qualcosa anche io, Jules.» Borbottò contro il suo petto. «Ti ricordo che per un attimo ho creduto che fossi morto.»
«A proposito.» Il suo tono di voce era incerto, come se non volesse parlarne ma si sentisse in qualche modo costretto. «Ho un vago ricordo di quando ero senza sensi.»
Merda.
Emma voleva scappare, ma era imprigionata tra le braccia di Julian senza via di fuga. Non poteva ricordarselo. Era sospeso tra la vita e la morte, per Raziel.
«La tua voce, Em.» Continuò lui. «Ma non ricordo esattamente che cosa mi stessi dicendo. Di tenere duro e di non lasciarti, suppongo. Ciò che so è che è stata la tua voce a tenermi in vita, di questo sono sicuro.»
Emma si rilasso impercettibilmente, profondamente toccata da quelle parole. Lui le posò un leggero bacio tra i capelli e l'attirò di più a se, se era possibile.
«Ammetti che sono state le minacce.» Tentò di alleggerire la tensione. «Se te ne fossi andato così mi sarei fatta uccidere anche io per poi perseguitarti in paradiso. O all'inferno. O ovunque finiremo dopo la morte.»
Sentì rimbombare la risata di Julian nel suo torace. «Sì, lo ammetto. Sono state quelle a convincermi.»
In quel momento la porta si spalancò con un tonfo facendo scattare Emma. Si tirò su a sedere come una molla.
Lei e Julian non stavano facendo nulla di male e la sua reazione era stata esagerata. Sulla soglia stavano infatti Tessa e Jem che li guardavano con sguardi incuriositi.
«Julian, è meraviglioso vedere che stai meglio.» Tessa si avvicinò e gli posò un bacio sulla guancia. «Ancora un po' pallido ma ci lavoreremo su.»
«Come ti senti questa mattina?» Chiese Jem con il tono di voce leggero che lo contraddistingueva.
«Meglio, anche se mi fa male tutto.» Julian si portò una mano al fianco con una smorfia.
Emma si diede della stupida. Prima Julian l'aveva stretta come se volesse fonderla dentro di sé e lei lo aveva abbracciato con altrettanta forza, senza pensare di poter fargli del male.
«Era un brutto veleno.» Concordò Jem. «Ti ci vorrà del tempo per riprenderti del tutto.»
«E' stato un bene che Magnus vi abbia trovato. Non ha voluto dirci come mai si trovasse fuori a quell'ora, ci ha detto di chiedere a voi.» Tessa si sedette sul lato del letto e li guardò con i suoi intensi occhi grigi. «Si può sapere che cos'è successo?»
«Niente.» Rispose subito Emma. «Eravamo fuori e ci hanno attaccato.»
Jem corrugò le sopracciglia. «Come mai avete deciso di uscire il giorno dopo il ballo? Sareste dovuti restare qui all'Istituto a festeggiare con tutti gli altri.»
«E' stata colpa mia.» Julian sostenne lo sguardo allibito che sia Tessa che Jem gli rivolsero. «Volevo andare a caccia e abbiamo pensato di stanare alcuni demoni idra nelle grotte a est.»
Emma scosse la testa convinta. «Non è vero.»
Odiava questa mania di Julian di assumersi sempre la responsabilità dei suoi sbagli. Sin da quando erano piccoli Julian si prendeva la colpa per tutte le loro bravate, sostenendo che lui, avendo molti fratelli, non sarebbe stato punito troppo severamente come invece Emma che era figlia unica. «Lui non voleva venire con me, è stata una mia idea.»
«Non importa chi ha avuto l'idea.» Jem, paziente, incrociò le braccia al petto. «Vogliamo sapere cosa ci facevate là fuori a quell'ora della notte.»
«Ve l'ho detto. Stavamo cacciando e abbiamo fatto tardi.» Ribadì Julian con aria di sfida.
Jem guardò Emma in attesa di conferma. «E' andata così?»
«Sì.» Rispose lei a denti stretti senza incrociare il suo sguardo. «E un demone superiore ci ha attaccato.»
«Come ha fatto Magnus a trovarvi?» Domandò Tessa.
Emma saltò giù dal letto e si stiracchio con fare casuale. «Non ne ho idea.» Disse con finto tono annoiato. «Probabilmente non aveva niente di meglio da fare.»
Tessa e Jem si rivolsero un'occhiata preoccupata per niente convinti: era chiaro come il sole d'estate che non le credevano.
«Cloe era preoccupata per te, Jules.» Disse infine Tessa. «Sarà meglio che la informi che stai bene così può venire a salutarti.»
Emma alzò gli occhi al cielo. «Vado a fare un giro.»
«Dove credi di andare?» La ammonì Jem afferrandola per un braccio. «Fratello Enoch è nel mio ufficio ed è pronto a darti un'occhiata.»
«Sto bene!»
«Non stai bene, Emma.» Gli occhi di Jem erano freddi come poche volte prima li aveva visti. «Sei piena di lividi ed escoriazioni. Lascia almeno che ti faccia un iratze.»
«D'accordo.» Sbottò lei alzano la manica sinistra e porgendogli il polso.
Fino a quel momento non si era accorta del dolore pungente che le attraversava le ossa, ma quando Jem le disegnò la runa di guarigione sull'avambraccio una sensazione di calore si impossessò di lei. Si sentiva già meglio.
«Posso andare ora?»
Jem annuì mesto, ormai rassegnato: con Emma c'era poco da fare.

Dopo essersi fatta una doccia e dopo aver indossato un paio di jeans e una felpa leggeri, Emma si diresse in spiaggia.
Voleva stare da sola. L'Istituto era ancora pieno di ospiti, la maggior parte dei quali sarebbe restata fino a capodanno, e non voleva imbattersi in nessuno. Non le andava di raccontare di nuovo le loro avventure della notte precedente. Era stufa di mentire.
Stava seduta a qualche metro dalla riva del mare. Le onde alte si infrangevano sulla sabbia impetuose e schizzi di acqua salata le bagnavano il viso.
Era una giornata uggiosa e il mare non aveva la tonalità degli occhi di Julian. Era di un blu intenso, minaccioso, lo stesso colore degli occhi di Alec Lightwood, ora che ci pensava.
«Emma!» La salutò una voce alle sue spalle.
Prima che potesse voltarsi, Isabelle Lightwood le si era seduta di fianco a gambe incrociate. I suoi lunghi capelli neri erano intrecciati abilmente sul capo e la sua frusta di electro le brillava sul braccio come una cascata di braccialetti dorati.
«Ciao.» La salutò incerta Emma.
«Ti ricordi di me?» Le chiese la ragazza senza il minimo imbarazzo.
«Sì, certo. L'altro giorno...»
«No, non mi riferivo a quello. Ti ricordi cinque anni fa? Sei entrata in camera mia da una finestra, a Idris.»
Emma ricordava. Si era arrampicata sul tetto della casa dell'inquisitore per raggiungere Clary e Jace e per dir loro tutto ciò che sapeva su Sebastian. Isabelle ed Alec -e il diurno, che ora non era più diurno, Simon Lewis- erano i loro migliori amici e si trovavano quindi con loro.
Annuì in silenzio.
«Non ho mai avuto occasione di ringraziarti di persona.» Rifletté Isabelle tra sé e sé. «Ma so che Clary ti telefona spesso.»
«Sì, Clary è mia amica.» Rispose Emma sinceramente, poi aggrottò la fronte. «Non l'ho ancora vista, a proposito.»
«Uhm.» Isabelle scrollò le spalle con aria annoiata. «Non si sentiva bene l'altra sera ed è scappata in camera sua molto presto.»
Isabelle si sdraiò sulla sabbia fredda appoggiandosi sui gomiti così che potesse continuare a guardare Emma. «Ieri vi abbiamo cercati dappertutto.»
Emma si rabbuiò. Ecco perché era venuta a parlare con lei, non certo per ringraziarla di un favore che le aveva fatto anni addietro.
«Eravamo solo usciti a caccia.»
«Lo eravate?» Isabelle era seria, i suoi occhi così scuri da sembrare neri come pozzi di petrolio. «Nessuno si è preoccupato fino a quando non vi abbiamo visto rientrare per cena. Allora Magnus ha detto che se ne sarebbe occupato lui.» Si scostò una ciocca di capelli dal volto. «A quanto pare lo ha fatto, visto che siete ancora vivi.»
«Sì, be', non era necessario. Ce la saremmo cavati anche da soli in qualche modo.» Mentì Emma prontamente, abbozzando figure geometriche sulla sabbia.
«Dico sempre che somigli a Jace alla tua età...»
«Lo dicono tutti.» La interruppe Emma a bassa voce.
«Ma non penso sia poi così vero.»Continuò Isabelle, ignorandola. «Mi ricordi più me stessa.»
Emma bloccò il dito nella sabbia, lasciando a metà un cerchio che stava disegnando. Alzò lo sguardo e guardò l'altra ragazza confusa. «Davvero?»
«Già. Jace non pensava alle conseguenze, agiva e basta. Era seriamente convinto di non aver bisogno di nessuno, che potesse farcela da solo. Tu sai che non è così: sai di avere bisogno degli altri, semplicemente non vuoi il loro aiuto.» Isabelle si girò verso di lei per poterla studiare più a fondo. «Ecco perché alla fine Julian è sempre con te, perché nel profondo sai di avere bisogno di lui. Quando si trattava di intraprendere qualche impresa suicida Jace tentava sempre di escludere Alec e me, mandando in bestia mio fratello. Poi finalmente ha capito che i suoi tentativi erano vani e ha lasciato perdere.»
«Forse io l'ho semplicemente capito prima di lui.» Disse Emma piano.
«No.» Isabelle scosse la testa. «Tu lo sai e lo sapevi anche quella notte ad Idris, quando tutto ciò che volevi era buttarti nella battaglia e quando non lo hai fatto per stare vicino a Julian. Sapevi di avere bisogno di lui, non è forse così?»
Emma aggrottò le sopracciglia. «Come fai a...»
«Jem ce ne ha parlato. Era convinto che foste già parabatai.» Isabelle sventolò una mano per aria e continuò. «Il punto è che tu sei come me. Dai l'impressione di agire in modo sconsiderato ma ogni tua azione è perfettamente calcolata. Ogni sguardo da dura, ogni emozione soppressa, tutto, è tutto programmato. E scommetto che non ti fidi di nessuno, nemmeno di me.»
Emma meditò molto sulla risposta da darle. No, non si fidava di Isabelle Lightwood, ma questo non significava che non avrebbe potuto provarci. Dopotutto lei e Clary erano molto amiche e i Lightwood erano la famiglia di Jace.
«Non c'è niente di male, se non ti fidi.» Il tono della Shadowhunter non era accusatorio. Diretto e conciso, arrivava dritto al punto. «A volte è un bene, ma altre... hai bisogno di rinforzi, devi solo sperare che questi non ti tradiscano.»
«Ti ha mandato Magnus.» Non era una domanda. Improvvisamente tutti i tasselli del puzzle andarono al loro posto. «Magnus ti ha raccontato tutto e ora sei venuta qui per cercare di convincermi a fidarmi di te, non è così?»
Isabelle si mise a sedere con la schiena dritta e alzò le spalle. «Sì e no. Mi ha spiegato che cos'è successo ieri notte e mi ha parlato anche di tu sia chi, ma è stata una mia decisione quella di venire qui adesso.»
Emma batté un pugno sulla sabbia contrariata. «Chi altri ne è a conoscenza?»
Isabelle non parve miniamene turbata da quello scatto d'ira e continuò ad ispezionarsi le unghie laccate di rosso con estrema circospezione. «Ovviamente Alec, non c'è niente che Magnus gli tenga nascosto. E dato che lo sa Alec lo sa anche Jace, e dato che lo sa Jace lo sa anche Clary, e dato che lo so io lo sa anche Simon.»
«Fantastico.» Emma dovette prendere un grosso respiro per non mettersi ad urlare. «Perché non lo diciamo direttamente al Conclave, eh! O anzi, all'inquisitore, dato che è vostro padre.»
«Già, nostro padre...» Disse Isabelle diventando improvvisamente seria. «Non puoi scegliere la tua famiglia. La mia lealtà va a chi se la merita, e lui di sicuro non è tra questi.»
Emma si chiese che cosa fosse successo tra il signor Lightwood e i propri figli per poter incrinare il loro rapporto in maniera tanto indelebile. Avrebbe desiderato chiederlo ad Isabelle, magari cercare di consolarla, ma non sapeva consolare nemmeno se stessa, come avrebbe potuto farlo con qualcun altro? Poi si ricordò che non erano ragazze normali. Lei ed Isabelle erano Shadowhunters, erano guerriere: non avevano bisogno di conforto.
«Non posso più coinvolgere nessuno in questa storia. Julian... Dio, non avrei mai dovuto parlargliene.»
«Se Camille è ancora viva vogliamo dare una mano. E' il nostro lavoro, e promettiamo di non farne parola con il Conclave: lo giuriamo sull'Angelo.»
«Non posso credere che ve lo abbia detto sul serio.» Mugugnò Emma prendendosi la testa tra le mani. «Maledetto stregone. Segreto professionale, certo come no!»
Isabelle rise, e la sua risata era cristalline come l'acqua. «E' terribilmente irritante, lo so. Ma vedrai, lo ringrazierai prima o poi.»
«Come avete intenzione di collaborare, sentiamo.»
«Magnus è un, uhm, amico di vecchia data di Camille. Tenterà di mettersi in contatto con lei.» Spiegò pratica Isabelle ad Emma, che invece la guardava con aria di sfida. «Poi agiremo come si agisce in guerra: aspetteremo la sua prossima mossa e decideremo di conseguenza come procedere.»
La sua mente continuava ad inviarle un messaggio preciso troppe persone coinvolte. «D'accordo.» Sputò fuori in fine. «Tanto suppongo di non poter fare proprio un bel niente per fermarvi.»
Isabelle sorrise angelicamente. «Esattamente.»
Emma fece per alzarsi in piedi, ma l'altra la bloccò afferrandole la mano. «Ehi, aspetta.»
Isabelle armeggiò con i fermagli che le tenevano legati i capelli sciogliendoli sulle spalle. «Ecco, ogni ragazza che si rispetti deve possedere qualcosa fatto di electro.» Le porse un pugnale la cui lama era intrisa di fili argentei e dorati.
«Non ne avevo mai visto uno.» Rispose Emma con occhi spalancati. Prese l'arma e se la rigirò tra le mani come se fosse un tesoro prezioso.
«Sono molto rari infatti. Ma è tuo ora, tienilo.»
«Non so se dovrei...»
«Sciocchezze!» Isabelle si tirò in piedi e si spazzolò i pantaloni con gesti aggraziati. «Voglio che lo abbia tu, sul serio.»
«Grazie.» Borbottò grattandosi il capo. Si era sollevato un vento freddo che le faceva andare i capelli davanti al viso e la sabbia negli occhi. Intravedeva Isabelle di fronte a lei ergersi bellissima anche in mezzo alle intemperie, e si chiese come fosse possibile apparire contemporaneamente così eterea e così letale.
«Quasi dimenticavo! Ho incontrato una dei fratelli Blackthorn mentre venivo qui -ma quanti sono?- e mi ha detto di dirti che non appena ti avrebbe trovata ti avrebbe uccisa con le sue mani. Oh, ma non preoccuparti.» Aggiunse poi Isabelle quando notò la faccia spaventata di Emma. «Sono sicura che non facesse sul serio.»
Non c'era nulla di cui stare tranquilli invece. Si trattava di sicuro di Livvy e, conoscendola, faceva sul serio. Faceva sul serio eccome. 

NOTE DELL'AUTRICE
Come promesso ecco qui il nuovo capitolo!
Spero che vi piaccia.
Ho sempre immaginato un dialogo del genere tra Izzy ed Emma perché le vedo molto affini tra di loro. Cassie dice sempre che Emma è un Jace al femminile, ma secondo me, proprio perché ciascuno di noi è diverso e ha un proprio carattere particolare, Emma è simile sia a Jace che a Izzy. Un giusto mix, ecco. 
Ditemi che cosa ne pensate. :)
Grazie mille per leggere la mia storia e per le recensioni, le apprezzo tantissimo! Grazie infinite.
Alla prossima,
Francesca
  
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