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Autore: New Americana    13/03/2015    5 recensioni
Scrivo perché ho paura di dimenticare.
Racconto del concerto degli All Time Low a Milano del 9 marzo dal mio punto di vista.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alex Gaskarth, Altri, Jack Barakat, Rian Dawson, Zack Merrick
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho paura di dimenticare.
E' sempre stata una delle mie paure, ma questa volta ne ho davvero terrore fottuto.
Le sento scivolare via, quelle sensazioni, quelle emozioni; possibile che l'unico momento in cui, dopo più di un anno, ho sentito la vita di nuovo scorrere nella vene, mi stia sfuggendo così, è possibile che la felicità sia così effimera e facile da dimenticare?
Eppure io per quelle quattro ore l'ho afferrata, oh, ne sono certa; quella brutta stronza che mi sfugge da tutta la vita s'è finalmente lasciata acciuffare, ma mi ha dato del filo da torcere.
Ho provato a cucirmela addosso come ha fatto Peter Pan con la sua ombra, ma in pochi minuti ha spezzato i fili, e io non l'ho più rivista.


Mi risentirò mai come mi sono sentita il nove marzo?
Ho paura di ricadere nella routine, nell'apatia, di nuovo, senza accorgermene, senza forze per ribellarmi.
Non piango spesso.
Non seriamente.
Verso qualche lacrima ogni tanto, mai miei occhi sono secchi come il deserto.
Eppure la sera di martedì ho pianto, seduta sul pavimento della mia stanza, pensando che era tutto finito, che ero di nuovo a casa, che non era la mia casa, nel mondo normale, che non era il mio mondo, che ero solo una ragazzina lasciata sola nel buio.
Casa mia per quel giorno era stata là, al Fabrique di Milano, immersa in un'atmosfera che i miei genitori avrebbero definito da drogati.


E' cominciato tutto quando sono entrata alla signing, e il buttafuori, vedendo che mi sporgevo per sbirciare se gli All Time Low fossero già dentro, mi dice che non erano ancora arrivati, quello stronzo.
Un attimo dopo, allungando il collo oltre la fila, mi appare come un miraggio Zack, e poi Alex, Rian e Jack.
Stritolavo tra le mani il biglietto e il quaderno con i cinquanta motivi per cui amo quella band che avevo fatto per loro, come se fossero stati il mio biglietto d'ingresso per il paradiso.
In un secondo mi ritrovo davanti a Jack Barakat, e Dio, quanto è bello, bello dentro e fuori, così vicino e reale, lui e il suo ciuffo biondo che non vedevo da più di un anno.
Mi saluta, mi firma il poster, sorride, quanto cazzo sorride, sorride sempre.
Gli chiedo se posso lasciargli il quaderno.
Glielo appoggio sul tavolo, il mio cuore si ferma, mi aspetto che lo metta da parte.
Legge la copertina, lo sfoglia,  ride, alza lo sguardo, quasi meravigliato, o almeno è quello che mi è parso, e mi dice "This is fucking sick! Thank you!".
Mi da il cinque.
Non capisco più niente.
Saluto Rian, che mi sorride, facendo illuminare la stanza, quasi non riesco a rispondere ad Alex, che mi chiede come sto, perché mi perdo a fissarlo per qualche millisecondo.
Poi arrivo a Zack, per cui provo una sorta di amore platonico, ed è bellissimo, con quel sorriso che gli riempie le guanciotte e la felpa che quasi esplode per i muscoli.
Lo guardo per fissarmi il suo volto nella mente, mi da il cinque, e io gli stringo la mano, non voglio lasciarlo andare, ma dopo pochi secondi mi ritrovo a qualche metro da loro, diretta verso l'uscita, mentre li fisso per imprimermi nella mente quel momento come un pittore impressionista.
Neanche un'ora dopo sono dentro il Fabrique, conquisto la seconda fila sotto Zack,come al solito.
Suonano i Real Friends, poi i Neck Deep, e mi sento una merda per non sapere tutte le loro canzoni, che ora non riesco a smettere di ascoltare.
E' tutto così surreale, tengo gli occhi chiusi per un sacco di tempo, mi lascio trasportare dalla musica, mentre mi muovo seguendo la folla, con i capelli sulla faccia; non sono più lì, sono nel mio paradiso personale.
Rido quando vedo il cantante dei Real Friends mangiare un panino sul palco mentre guarda il concerto dei Neck Deep, il cui bassista suona scalzo.
Mi innamoro della band.
Escono.
Cominciano i cori "All Time Low, All Time Low".
Sta per succedere di nuovo, e io sono parte di quello spettacolo.
Entrano, con poca educazione mi faccio spazio tra le persone accanto a me che mi avevano spinta indietro, mi alzo in punta di piedi, Lost in Stereo e Stella mi riempiono la testa, la gola, i polmoni.
Voglio fargli sapere che sono lì per loro, voglio che mi vedano urlargli la mia gratitudine, non me ne frega di sembrare egoista, voglio che sappiano che ci sono.
Vorrei dire loro cosa significano per me, che quella sera d'estate di qualche anno fa, quando il mondo mi ha pugnalata più forte del solito, quando stavo per dire addio a tutto per sempre, la loro musica c'era e mi ha fatto pensare che forse ne valeva ancora la pena, e nonostante aspetti ancora il mio weekend, il mio anno, mi sento stupida per aver pensato di fare una tale cazzata che mi avrebbe fatto perdere momenti come questo.
Mi manca il fiato, non oso distogliere lo sguardo, non riesco a credere di averceli di nuovo davanti, così energici, felici, spontanei e naturali.
In quel preciso istante mi accorgo di essere rimasta in letargo per un anno, incatenata nella routine quotidiana, dimenticandomi cosa volesse dire vivere, dimenticandomi che c'è qualcosa di più bello nella vita che prendere otto di latino, e mi sento così stupida per essermi scordata tutto.
Sono in uno stato pietoso, con i capelli e i vestiti sudati, ma quanto cavolo sono felice!
Intercetto per un paio di volte gli occhi di Alex e Jack, o almeno così mi  pare, non voglio sembrare una di quelle che "OMG MI HA GUARDATA GIURO" e sono felice perché l'anno prima non ero riuscita a catturare lo sguardo di Alex.
Li guardo sognante, rido per le cavolate di Jack, non smetto di pensare a quanto sia bello Zack e luminoso il sorriso di Rian.
In un attimo di pausa saluto Zack con la mano, e così cominciano a fare quelli vicino a me, e lui ci saluta, e io sento il cuore sprofondare.
Penso che è diventato molto più aperto sia verso la band sia verso di noi, mentre ci incita a cantare salendo sulle casse e poi fa uno dei suoi super salti.
Rappo "I need a water and a blowjob" come se fosse una cosa seria.
Mi sembrano molto più felici dell'anno prima, sono tutti e quattro lì con l'anima, lo percepisco.
Per la prima volta ad un loro concerto, piango per Therapy e Remembering Sunday vedendo la passione che ci mette Alex, e quando ritornano gli altri componenti e vedo Jack e Zack fare gli idioti, piango ancora, perché so che tra da lì a poche ore saremo in due stati diversi, e io non voglio perdere tutto quello che sto vivendo.
Decido di lanciare il rggiseno a Jack come l'anno prima, ma finisce sul microfono di Zack; sono imbarazzata perché lui mi sembra riservato e timido, ma mi vede, mi mima un "thank you" con le labbra, e io esplodo in una risata enorme, gli faccio il segno dell'ok con il pollice e abbraccio la mia amica, e quanto cavolo mi sento stupida, ma felice, anche se spero di non averlo spaventato.
Quando durante Six feet under the stars si accorge che continuo incessantemente a fissarlo come un cane davanti all'osso, alza le sopracciglia verso di me, questa volta ne sono sicura, e mi sento una piccola idiota ossessionata perché so che non significa niente e che si sarà già dimenticato di me un secondo dopo, ma chissenefrega.
Raccoglie il reggiseno e lo mette sull'asta, esulto come una scema.
Faccio headbanging come un'ossessa durante American Idiot, ma è solo durante All the small things che chiudo gli occhi, scuoto i capelli, ballo e mi dimeno come se ci fossi solo io lì, e non credo di essermi mai divertita tanto.
Ripenso al fatto che sono partiti dalle cover dei Blink, penso a dove sono arrivati, e vorrei solo dire loro quanto sono fiera.
Quando penso che sia finito, eccoli che ballano Uptown Funk, e io ballo con loro, e guardo meravigliata le acrobazie di Zack.

In men che non si dica  è tutto finito.
Non riesco a camminare, mi fa male qualsiasi parte del mio corpo.
Sento che andarmene da lì è sbagliato, contro natura, ma mi affretto a uscire perché il palco è vuoto e loro non torneranno, e mi mette tristezza.
Salgo su uno squallido tram, con i capelli arruffati, sudata e con il trucco colato, e mi viene da piangere perché è tutto finito.

Se scrivo questo, è perché mi sono fatta una promessa: non ricadrò senza accorgemene nell'apatia della vita quotidiana.
Dopo che hai provato il paradiso non puoi tornare in purgatorio.
Sono passati quattro giorni, l'eccitazione del concerto mi sta lentamente abbandonando e io mi aggrappo disperatamente a lei per non lasciarla andare.
Prendo il basso, imparo la mia prima canzone, mi sento un po' fiera di me.
All the small things dei Blink.
Ho bisogno di sentirmi viva di nuovo, mentre la vita con il suo corso lento, inesorabile e sempre schifosamente uguale tenta di affogarmi nella normalità.
Non ci riuscirà di nuovo, glielo impedirò leggendo queste pagine ogni volta che mi sembrerà di non ricordare.

"Give it six more years and see what time will do for hopeless dreamers, singing wishes to their broken stereo".

So qual è la mia strada.
Non mi perderò di nuovo.
Grazie, All Time Low.
                                                                                                                              
 Laura






Mi scuso per gli errori, la mancanza di punteggiatura e il lessico colloquiale, ma ho scritto di getto tutto ciò che avevo in mente del giorno più bello della mia vita.
  
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