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Autore: _windowsgirls    14/03/2015    1 recensioni
Stese la mano di fronte alla ragazza, ''Attenta a quando la stringi, potresti rimanere attratta dalla mia trappola''.
Rachel aprì la sua con i polpastrelli che le tremavano leggermente, mentre la avvicinava a quella del ragazzo. ''E se non dovessi stringerla?''.
Lui gonfiò le guance, ''In quel caso, perderesti un'opportunità unica''.
Rachel sorrise appurando quanto fosse veramente affascinante quel ragazzo, rimanendo incastrata in quelle iridi blu che la spingevano a stringere la mano che teneva ancora stesa di fronte a lei. Inspirò e racchiuse la mano nella sua stretta, ben salda e calda. ''Sono Rachel''.
Lui rise e si portò la sua mano alle labbra, baciandole il dorso come un uomo d'altri tempi.
''Mi presento con il nome più comune..''.
La ragazza rimase immobile, perché fin dal primo momento aveva capito che qualcosa in lui fosse diversa, strana per certi versi, ma voleva averne una conferma. Non era intimorita, bensì curiosa al massimo perché quel ragazzo la invogliava parecchio ad approfondire la sua conoscenza. ''Che sarebbe?''.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5 Dicembre, 12.47
 
Faceva freddo quel giorno, a Doncaster.
Rachel si alzò la sciarpa ancora di più fino a coprirsi il naso con la lana soffice di un tenue rosa cipria, il cappello calato sulle orecchie e gli occhi scuri che venivano graffiati dal vento freddo che quel giorno tirava. Aveva le mani infilate nelle tasche del suo cappotto scuro, stringendosi nel tessuto per tenersi al caldo mentre ricopriva quel breve tratto di strada che la separava dalla fermata dell'autobus. Quel giorno, come tutti gli altri, del resto, era andata a trovare sua sorella all'ospedale. Kate aveva avuto un incidente stradale con il suo ragazzo circa una settimana prima, ma se lui da una parte ne era uscito illeso, sua sorella non poteva abbandonare il letto, ingessata com'era. Per fortuna non aveva avuto chissà quali danni, ma comunque era costretta a rimanere in quelle mura fredde e distaccate che non le permettevano di tornare a casa. Poichè i suoi erano a lavoro, Rachel si occupava di lei, portando le robe e le cose che più le servivano, nascondendo spesso sul fondo della borsa qualche dolciume che - ne era sicura - avrebbe contribuito a migliore il morale di Kate, intrappolata in quei vassoi che trasportavano solo paste lasciate a bollire o brodaglia, che non avevano alcun sapore.
Rachel si fermò contro un palo incassato nel marciapiede lurido e a tratti rotto, mentre con un gesto della mano si aggiustava la cinghia del borsone sulla spalla esile. Quando sentì uno sbuffo in lontananza, si staccò dal suo appoggio momentaneo e si mise in direzione delle porte scorrevoli. Il conduttore la osservò mentre faceva timbrare il biglietto comprato quella mattina e Rachel andò a prendere posto su un sedile sul fondo, possibilmente accanto al finestrino. Il cielo quel giorno era sereno, con delle nuvole passeggere a solcare quella distesa azzurra di tanto in tanto, spostate dal vento che soffiava forte da giorni. Il pullman non era vuoto, c'era qualche ragazzo e qualche anziano a coprire i sedili logori avanti a lei, così mentre l'autobus ripartiva, Rachel si sfilò il cappello e se lo appoggiò sulle gambe magre, liberando i suoi corti capelli neri che erano scomposti e rivinati dal troppo utilizzo di tinte.
Uscì il telefono dalla tasca del jeans e osservò l'orario, sollevando poco dopo lo sguardo. Accanto al sedile avanti al suo c'era un ragazzo che si manteneva ad un fermo, restando in piedi. Era vestito con pantaloni neri, maglietta bianca e giacca in pelle nera, come se il freddo di inizio Dicembre non lo scalfisse minimamente. Aveva un braccio appoggiato malamente sul poggia-testa del sedile mentre l'altro sollevato per sostenersi durante il tragitto, nonostante mezzo autobus fosse vuoto e quindi vi erano molti posti liberi. Il suo volto era girato verso destra, ma Rachel riuscì a distinguere il blu dei suoi occhi e i capelli marroni alzati sulla fronte spaziosa, un naso adunco e delle labbra sottilissime lasciate leggermente socchiuse. Poi il ragazzo le strinse per schiarirsi la gola, mentre un lato della bocca si sollevava verso l'alto e  teneva gli occhi fissi su una coppietta che si scambiava effusioni d'amore proprio di fronte a lui, come se a loro non dasse minimamente fastidio che uno sconosciuto li guardasse insistentemente senza perdersi neanche un loro dettaglio. Era come se loro nemmeno lo vedessero, come se non esistesse. Rachel scosse la testa e tornò a guardare fuori dalla finestra, mentre il mezzo si muoveva piano lungo la strada che l'avrebbe scorta fino alla fermata sotto alla sua abitazione.

 

 9 Dicembre, 8.30

Rachel uscì di casa, salutando i suoi genitori con un cenno della mano, mentre recuperava un ombrello lasciato appoggiato nell'ingresso contro la porta. Uscì sull'uscio e lo aprì, uscendo sulla strada che l'avrebbe condotta a scuola, mentre la pioggia scendeva pesante dalla nuvole scure. Per le vie vi erano numerose pozzanghere, per cui di tanto in tanto si ritrovava a saltellare per evitare che si bagnasse le scarpe, con lo zaino che le pesava sulla schiena. Girò a destra, immettendosi nella via frontale l'ingresso dell'edificio scolastico, mentre una macchina le passava accanto e le bagnava la base dei pantaloni. Imprecò e abbracciò ulteriormente il manico dell'ombrello, affrettando il passo. Quando fu in prossimità dell'ingresso, vide gli studenti che sbattevano contro la porta affinchè la scuola li riparasse dal freddo e dalla pioggia, mentre Rachel stringeva la mano sinistra in pugno che, nonostante fosse coperta da un guanto scuro, era intorpidita. Vide la sua amica Crystal che cercava di ripararsi malamente sotto il balcone di un appartamento che si affacciava sulla scuola, mentre la salutava e la invitava ad avvicinarsi. Rachel contraccambiò il saluto e si avviò in quella direzione, notando con la coda dell'occhio Niall e Holland che, riparati da un minuscolo ombrello di tela, si accarezzavano e si scambiavano qualche leggero bacio sulle labbra crespe per il freddo. Proprio accanto a loro, sotto un altro balcone, lo stesso ragazzo che aveva visto giorni prima era appoggiato al muro, con lo stesso completo scuro e le mani infilate nelle tasche della giacca in pelle nera, con lo sguardo girato verso i due ragazzi. Si passò poi il pollice e l'indice agli angoli della labbra e sorrise sernione, mentre alzava lo sguardo e faceva scontrare le sue iridi chiare con quelle di Rachel poco distante. La ragazza abbassò l0 sguardo in fretta e si avvicinò più rapidamente all'amica, invitandola a mettersi insieme a lei sotto l'ombrello ampio. Crystal si riparò e avvicinò le due mani alla bocca, soffiandoci dentro.
’’Che freddo, mamma mia’’ disse con i denti che le battevano per la temperatura che la mattina era persino più bassa.
Quasi involontariamente, Rachel alzò gli occhi al cielo, ‘’Non capisco come sia possibile che un ragazzo non senta freddo vestito in maniera primaverile, si gela’’
Crystal mise le mani nelle tasche del giubbotto pesante e la guardò ad un palmo dal naso, ‘’Di chi parli?’’ chiese scrutandola con gli occhi castani.
Rachel impugnò il manico dell'ombrello nella mano sinistra e si girò ad indicare il ragazzo appoggiato al muro con la destra. ‘’Ecco, parlo di l-‘’ ma si bloccò, perchè del ragazzo non c'era traccia. Rimase con la bocca socchiusa e gli occhi leggermenti stretti per cercare di trovarlo in quella folla di studenti, ma non c'era più.
’’Forse ti stai confondendo..’’ disse Crystal mentre si aggiustava la cinghia dello zaino sulla spalla. In sottofondo il trillo della campanella finalmente proruppe al di sopra dello scrosciare della pioggia, così che tutti avrebbero finalmente potuto entrare nell'edificio, riparandosi dal freddo pungente, mentre Rachel rimaneva con lo sguardo fisso sul muro sotto quel balcone, sul quale il ragazzo era appoggiato ma che era misteriosamente scomparso.

 
13 Dicembre, 18.49

Tutta la classe era presente in chiesa, quel pomeriggio. Fuori il cielo era scuro e le prime stelle si ritagliavano uno spazio in quell'oscurità, mentre il rumore del vento lo si poteva sentire anche stando accanto alla navata.
C'erano tutti, quel pomeriggio di metà Dicembre, nella piccola chiesa che si trovava sulla prima strada provinciale al di fuori di Doncaster. Era strano come alcuni compagni si comportassero. Crystal era seduta accanto a Rachel che cercava di squadrare tutti i volti dei presenti, cercando di scoprire per quale motivo fossero tutti lì, anche se quella ragazza non l'avevano mai conosciuta. Scosse la testa, pensando a quanto le persone potessero rivelarsi ipocrite in certe circostanze, senza andare a fondo nelle situazioni per cercare di capire qualcosa al di fuori della proprio reputazione che si ripromettevano di mantenere elevata. Zayn Malik era seduto sulla prima panca, appena accanto alla bara di un leggero color marrone che era sola in mezzo alla navata, in prossimità dell'altare. Liam Payne, il suo migliore amico, gli teneva una mano sulla spalla, mentre Zayn si lasciava andare a singhiozzi spropositati. Certo, Rachel credeva che tenesse davvero a quella ragazza, ma dopo un mese, se non prima, se ne sarebbe fatto una ragione e avrebbe continuato a vivere tranquillamente, come se Allison Styles non fosse mai entrata a far parte della sua vita. Niall Horan e Holland Smith erano appena dietro di loro, seguiti dai compagni di classe della ragazza che piangevano sommessamente, mantenendo il dolore della sua mancanza improvvisa per se stessi. Dall'altro lato della bara, c'era Harry Styles, il fratello, che aveva gli occhi arrossati, i capelli spettinati e le lacrime a solcargli le guance magre, con gli angoli della bocca inclinati verso il basso. Accant0 a lui, i genitori di Allison.
Rachel non le era mai stata particolarmente legata, ma abbastanza da condividere alcune lezioni e da incontrarsi spesso il pomeriggio per ripetere specifici argomenti. La loro non era un'amicizia, era solo una conoscenza che veniva sfruttata da ambo le parti occasionalmente, per cui sì, il dispiacere per la sua scomparsa c'era, ma non tanto da rammaricarsi per tutta la vita. Crystal non aveva mai visto Allison, solo quando si baciava con Zayn nei corridoi della scuola per far partire l'invidia in chiunque li guardasse, che fossero maschi o femmine.
Il parroco iniziò l'elogio della ragazza, mentre Zayn si sedeva sulla panca, troppo scosso per reggersi in piedi, mentre Harry aveva il pollice e l'indice della mano destra premuti sugli occhi, come a voler rimuovere qualcosa che non si sarebbe mai cancellato. Il silenzio era surreale, mentre il parroco continuava a parlare e ad esaltare i valori morali di Allison che, da dentro quella bara, non se ne sarebbe potuta fregar di meno.
Quando tutti si misero a sedere, Rachel alzò gli occhi scuri verso il fondo della navata per scorgere tutti i suoi amici, quando il suo sguardo venne catturato nuovamente da quello stesso ragazzo che aveva incontrato sull'autobus e davanti la sua scuola. Era vestito ancora uguale, ma questa volta sostava davanti la bara con le braccia incrociate sul petto, mentre faceva vagare lo sguardo da Zayn ad Harry, per poi soffermarsi sul legno della bara. Quando Zayn scoppiò a piangere facendo risuonare i suoi singhiozzi per tutta la chiesa, il ragazzo alzò lo sguardo e incontrò quello di Rachel che lo continuava ad osservare impertubabile. Era strano che nessuno gli dicesse di spostarsi, che dava fastidio la sua presenza, come se davvero nessun altro a parte lei potesse vederlo. I suoi occhi azzurri erano agghiaccianti ma di una bellezza mozzafiato, e mentre anche Harry si lasciava andare ad un pianto liberatorio, il giovane, continuando a guardare Rachel, scosse piano la testa a destra e a sinistra, sconsolato.


 
22 Dicembre, 17.16

Rachel aveva riaccompagnato sua sorella a casa dopo che finalmente fu uscita da quella gabbia puzzolente di disinfettante e ogni tipo di medicinale, e si fece una passeggiata nel parco vicino la sua abitazione per cambiare aria. Quel giorno erano iniziate le vacanze di Natale, e l'atmosfera cittadina era la più bella dell'anno: giovani che si affrettavano a comprare gli ultimi regali, decorazioni che fluttuavano dai balconi ai pali delle luci che illuminavano tutte le strade come se fosse stato giorno, bambini che giocavano a palle di neve con quella che riuscivano a compattare dai remasugli della breve spruzzata di neve che vi era stata quel pomeriggio. Poichè la città si affacciava sul mare, era impossibile che la neve durasse, per questo i genitori ne approfittavano per far divertire i loro bambini, rendendo quel Natale ancora più magico. Rachel aveva gli auricolari nelle orecchie, il cappello che  le riparava la testa dal freddo e le mani strette nei guanti, seppellite all'interno del cappotto nero, con la borsa che le ondeggiava sul fianco ad ogni passo. C'erano alcune persone a quell'ora nel parco, però Rachel si soffermò ad osservare due ragazzi che, isolati, sotto un abete imbiancato, si sfioravano le mani in gesti rapidi e inosservati dalle altre persone, cercando di essere quanto più discreti possibili. Rachel sorrise involontariamente, per poi guardare una coppia anziana che procedeva lentamente lungo il viottolo, avvolti nelle loro coperture, a godersi quell'atmosfera famigliare e accogliente. Il ragazzo vestito di nero osservava le due coppiette con gli occhi socchiusi e la testa che ondeggiava a ritmo di una musica che non c'era, così Rachel si sfilò le sue cuffiette e le ripose nella tasca del cappotto, mentre si avviava verso la panchina su cui il ragazzo era seduto. ‘’Non hai freddo, conciato così?’’ chiese, coprendo il volto nella sciarpa cipria.
Il ragazzo sollevò lo sguardo su di lei, scuotendo la testa. Il colore dei suoi occhi, così da vicino, era persino più luminoso. ‘’Nah’’ disse, con la voce leggermente acuta ed un sorriso ad incresparli il volto. Toccò il legno della panchina accanto a sè in un tacito invito, e Rachel lo accolse, rimanendogli abbastanza distante.
’’Come mai se tutta sola, senza condividere il Natale con una persona accanto?’’ chiese quello come se fossero stati amici di lunga data.
Rachel rimase basita da quell'atteggiamento e scosse le spalle, mentre continuava ad osservare il comportamento disinvolto del ragazzo. ‘’Non ho nessuno in particolare con cui condividerlo. E tu?’’ Girò lentamente il busto nella sua direzione, sollevando un poco il bordo del cappello. ‘’Ti vedo sempre solo’’.
’’Oh, ma io sono sempre tra le gente, non sono solo, come dici tu’’.
Rachel rimase in silenzio, mentre in quel tratto di parco tutti se ne andavano nonostante fosse ancora presto. ‘’Sei di qui?’’ chiese poi quando quella mancanza di suono era diventata frustrante.
’’Io sono in ogni luogo’’. disse lui, osservandola da capo a piedi con un sorriso dipinto in volto.
Rachel scosse la testa, ‘’Certo’’.
Il ragazzo allungò il braccio dietro la sua schiena, mentre piegava una gamba sull'altra, come se fosse stato su un letto. ‘’Non mi credi?’’.
’’Da come parli sembreresti Dio. Non mi meraviglierei se avessi deciso di venirci a trovare in questo periodo dell'anno’’.
Il ragazzo fece una smorfia, ‘’Io sono più potente di Lui’’ disse sinceramente, sollevando le spalle.
Rachel a quel punto si girò e si mantenne un ginocchio con la mano fasciata dal guanto, ‘’Come sarebbe a dire?’’
’’Sono io che ho mosso le Sue azioni’’ rispose il ragazzo mettendosi seduto per bene mentre qualche piccolo fiocco di neve riprendeva a scendere dal cielo bianco. ‘’Senza di me,’’ disse sollevando lo sguardo verso le nuvole candide che li sovrastano, ‘’non ci sarebbe stato nulla’’.
Rachel vide un fiocco di neve poggiarsi sul dorso del suo guanto nero, vedendolo sciogliere e scomparire improvvisamente, notando solo una piccola macchiolina più scura a segnare il suo passaggio rapido. ‘’Chi sei, allora?’’.
Il ragazzo incominciò a gesticolare, facendo schioccare la lingua sul palato. ‘’Dipende dai punti di vista,’’ iniziò, perdendosi ad osservare i fiocchi di neve che si posavano sulle sue dita callose. ‘’Gli antichi greci mi chiamavano in un modo, i poeti latini in un altro, gli uomini mi riconoscono diversamente...ma qualsiasi sia il mio nome, ho sempre le stesse caratteristiche, in ogni luogo e in ogni tempo. Sono irrestitibile, sconvolgente nel bene e nel male, eterno, il motore di ogni azione, infinito ed uguale per tutti, ma soprattutto bello’’. Stese la mano di fronte alla ragazza, ‘’Attenta a quando la stringi, potresti rimanere attratta dalla mia trappola’’.
Rachel aprì la sua con i polpastrelli che le tremavano leggermente, mentre la avvicinava a quella del ragazzo. ‘’E se non dovessi stringerla?’’.
Lui gonfiò le guance, ‘’In quel caso, perderesti un'opportunità unica’’.
Rachel sorrise appurando quanto fosse veramente affascinante quel ragazzo, rimanendo incastrata in quelle iridi blu che la spingevano a stringere la mano che teneva ancora stesa di fronte a lei. Inspirò e racchiuse la mano nella sua stretta, ben salda e calda. ‘’Sono Rachel’’.
Lui rise e si portò la sua mano alle labbra, baciandole il dorso come un uomo d'altri tempi.
’’Mi presento con il nome più comune..’’.
La ragazza rimase immobile, perchè fin dal primo momento aveva capito che qualcosa in lui fosse diversa, strana per certi versi, ma voleva averne una conferma. Non era intimorita, bensì curiosa al massimo perchè quel ragazzo la invogliava parecchio ad approfondire la sua conoscenza. ‘’Che sarebbe?’’.
Lui si alzò in piedi lasciando la sua mano sul suo ginocchio, rispolverandosi la giacca dai fiocchi di neve che vi si erano posati sopra. Era più alto di lei, più fiero, importante, sembrava un angelo.
Il ragazzo controllò un orologio al polso,  ‘’Ahia, sono in ritardo’’.
’’Dove devi andare?’’ chiese lei, alzandosi a sua volta.
’’Ci sono persone che hanno bisogno di me’’ fece un passo in avanti, raggiungendola. ‘’Io sono sempre lì quando una persona ha bisogno di me e sì, posso anche essere cattivo e sconsiderato quando voglio, ma sono sempre l'àncora a cui tutti si aggrappano per andare avanti. Se vuoi saperlo, avrai presto l'opportunità di avere a che fare con me. Ma non proprio con me, bensì con la mia forma normale, come una forza che ti spreme finchè non cedi innegabilmente sotto al suo peso’’. Le prese la mano e le diede un'ultima stretta salda, mentre Rachel rimaneva imbambolata, e troppo stordita. ‘’Sono Amore, e credimi quando dico che sono capace di sciogliere anche il cuore più gelido’’.
Lasciò andare le sue dita, portandogliele sul fianco e fece un saluto rapido con la mano, mentre si girava e riprendeva a camminare spavaldo per il piccolo tratto di strada prima che ci fosse l'angolo. Rachel rimase a guardare le sue spalle, le sue gambe che sembrava stessero danzando e la bocca che lasciava uscire dei leggeri fischi, le mani dentro le tasche posteriori del pantalone scuro. Lei si aggiustò la cinghia della borsa sulla spalla e sorrise, abbassando la testa dentro la sua sciarpa, poi si girò, andando improvvisamente addosso ad un ragazzo che correva verso di lei. Aveva le cuffie nelle orecchie e il respiro affannato per la corsa, il cappello in testa e le labbra strette tra loro. Cadde sopra Rachel, capitombolando entrambi per terra, mentre lei si lasciava scappare un urlo e lui ricambiava ad tono di voce abbastanza elevato.
La ragazza si mise seduta massaggiandosi la coscia, mentre il ragazzo si toglieva di dosso e si rimetteva in piedi, spazzolandosi le ginocchia e le mani tra loro. Stese una mano a Rachel, ‘’Perdonami, non ero attento’’.
Lei gliela strinse con una smorfia dolorante dipinta in viso, mentre recuperava la borsa che le era scesa dalla spalla. ‘’Non è che sia davvero invisibile’’ ammise lei, continuando a massaggiarsi la coscia. Lui le strinse la presa e la aiutò a rimettersi in piedi, sorridendo nonostante tutto.
’’Tutto bene?’’chiese premuroso, mentre si toglieva le cuffie e le faceva cadere sul giubbotto, sebbene la musica fosse ancora accesa. Rachel annuì, controllando che non avesse perso nulla.
’’Sì, credo’’ poi alzò lo sguardo, incontrando due occhi scuri che continuavano ad osservarla, le ciglia lunghe e un paio di occhiali scuri a coprirgli il volto, la bocca schiusa e carnosa mentre si dispiegava in un sorriso. Riprese la mano di Rachel, annuendo con il capo.
’’Sono Theo’’.
Rachel si presentò a sua volta, poi fece un rapido gesto del capo, guardandosi alle spalle. Amore era ormai all'angolo, con le mani in tasca alla giacca e il volto girato verso di lei. E stava sorridendo a denti scoperti. Annuì con il capo e sparì dietro la via, così Rachel si girò verso quel Theo e sorrise spontaneamente.




Diciamo solo che questa one shot mi è uscita ieri sera dopo aver studiato latino.
Grazie poeti elegiaci per avermi ispirato. A quanto pare servono a qualcosa *troll face*.
Non ho nulla da dire, se non che io scrivendo di Louis in questo modo ho fatto sì che io mi sia innamorata del suo personaggio, che ironia ahahha.
Bene, detto questo vi lascio e mi piacerebbe se mi lasciaste un commento :)
Pace e amore a tutti quanti :D.
Elisa





 
  
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