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Autore: edoardo811    14/03/2015    2 recensioni
[Anarchia: La notte del giudizio]
America 2025
La disoccupazione è ridotta al 3%, la criminalità è quasi inesistente e ogni anno sempre meno persone vivono sotto la soglia di povertà
[...]
"Questo non è un test. E’ attivo il vostro programma di emergenza che annuncia l’inizio dello Sfogo annuale sancito dal nostro governo. Possono essere utilizzate tutte le armi di classe 4 o inferiore, le altre sono proibite. Ai funzionari amministrativi di livello 10 viene concessa l’immunità. Al suono della sirena, ogni crimine, incluso l’omicidio, sarà legale per le successive dodici ore. Tutti i servizi di emergenza saranno sospesi. Il governo vi ringrazia per la vostra partecipazione."
La notte dello Sfogo, un'occasione annuale per potersi liberare di ciò che ci opprime e purificare le nostre anime. Quattro persone si ritroveranno nel posto sbagliato al momento sbagliato, riusciranno a sopravvivere?
Fic ispirata all' omonimo film.
[SOSPESA][MORTA]
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
Capitoli:
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America 2025

La disoccupazione è ridotta al 3%, la criminalità è quasi inesistente e ogni anno sempre meno persone vivono sotto la soglia di povertà.

 

TUTTO QUESTO GRAZIE A:

LO SFOGO

(ANARCHIA)

 

"Benedetta l’America, una nazione risorta. Benedetti i nuovi padri fondatori, che ci hanno permesso di poter sfogare e purificare le nostre anime."

 

Capitolo

 I

Kevin

 

21 Marzo, ore 16:38

Tempo rimanente allo sfogo annuale: 2 ore e 22 minuti.

Kevin camminava a testa bassa, mani in tasca, cuffie nelle orecchie e la testa tra le nuvole. Schivava tutte le persone indaffarate e frettolose che incontrava sul marciapiede, mentre dalla strada giungevano schiamazzi, colpi di clacson e imprecazioni, dovuti al disagio e alla fretta che quel giorno causava negli animi di tutti, tutti gli anni. Tutti tranne lui e i pochi altri nelle sue condizioni.

Passando accanto alla vetrina di un negozio di elettronica, alzò impercettibilmente la testa, volgendo lo sguardo verso la supertecnologica televisione a schermo piatto esposta, dove un giornalista nel suo studio, stava dicendo: «Il traffico cittadino si sta facendo più intenso,in vista dello Sfogo di questa notte. Se non siete interessati a parteciparvi, vi consigliamo di tornarvene nelle vostre case e al più presto. Se invece deciderete di liberare la "Bestia", allora vi auguriamo felice purificazione.»

Kevin scosse impercettibilmente la testa in segno di disappunto sentendo quei falsi auguri e raccomandazioni, poi riprese il suo cammino. Si risistemò l’auricolare, che si era tolto per poter sentire quanto il giornalista stava dicendo.

Era un ragazzo di diciassette anni, il tipico adolescente americano. Capelli corti e castani, tirati all’insù, ma nascosti sotto un berretto a visiera. Occhi marroni  nocciola e caldi, un po’ di peluria sul viso e abiti semplici, felpa e pantaloni da ginnastica, entrambi grigi scuri. Non era molto grosso, ma compensava con una statura leggermente al di sopra della media. Con la borsa a tracolla e l’aria di uno che non vedeva l’ora di potersene tornare finalmente a casa sua, per buttarsi nel letto e dormire fino a nuovo ordine, sembrava essere uno studente esausto di ritorno da scuola, cosa che tra l’altro era vera. Era stato trattenuto per aver avuto un "piccolo" battibecco con un suo compagno di classe, George Nicols. Piccolo battibecco nel senso che si erano azzuffati pesantemente, come capitava spesso. Il piccolo livido che aveva sotto l’occhio ne era dimostrazione. Non ricordava nemmeno il motivo del loro litigio, a dire la verità. Forse qualcosa sulle loro madri, o sorelle, chi lo sa. Erano dapprima volate parole, poi insulti, libri e per concludere cazzotti.  La loro adorabile professoressa li aveva fatti separare sbraitando all’impazzata, poi li aveva trascinati nell’aula di detenzione, dove erano rimasti fino alle quattro del pomeriggio, tre ore prima dello Sfogo, perciò quando di tempo da perdere in punizione decisamente non ce n’era. Solo che la suddetta era in macchina, quindi tornarsene a casa al calduccio e al sicuro per lei non era un problema. Il simpaticone di George invece aveva i suoi amichetti leccaculo che lo aspettavano, con i loro SUV lussuosi, regali dei loro genitori ultraricchi. Kevin, quale lo sfigato che era, non aveva nulla, se non le proprie gambe. I suoi genitori non erano disponibili in quel momento e abitava dall’altra parte della città. I pullman avevano smesso di passare dalle tre, perciò non aveva molta scelta. Sospirando rassegnato, si era messo le cuffie, sparandosi la musica rock dei Rise Against a tutto volume nelle orecchie, aveva infilato la borsa a tracolla e si era incamminato di buona leva. Dopo quaranta minuti, forse era a metà strada. Gli costò molto trattenere imprecazioni a tutto spiano.

Raggiunse una delle numerose vie principali, piena zeppa di traffico, negozi, locali di vario genere e uno schermo piatto gigante, piazzato sopra un alto edificio che, con la coda di altre costruzioni di cui era costituito, faceva da spartiacque tra due strade. Lo schermo rimase nero e spento per un breve attimo mentre precorreva quella strada, poi si accese all’improvviso e un uomo, con i capelli bianchi, corti e radi e un volto piuttosto segnato dall’età, si posizionò davanti all’obiettivo della telecamera. Sull’angolo in basso a destra era riportato in rosso il nome del suddetto:  Donald Talbot.

Era chiaramente in uno studio televisivo, ad un’intervista trasmessa in diretta .

Kevin lo sentì esordire, rivolto a tutti i cittadini che in quel momento potevano guardarlo e sentirlo: «Mi chiamo Donald Talbot. Il nostro regime fu votato undici anni or sono. In risposta all’epidemia criminale che opprimeva questa nazione, nacque "Lo Sfogo Annuale, per gestire al meglio...»

Il ragazzo fece una smorfia e alzò il volume della musica, per smettere di sentire quella trafila che ormai conosceva a memoria e che vedeva tutti gli anni. Lo Sfogo, un evento annuale realizzato per permettere a tutti i criminali di potersi, per l’appunto, sfogare e liberare da tutto ciò che li opprime. Stuprando, rubando, uccidendo. Così facendo, la criminalità si sarebbe ridotta drasticamente, in quanto i criminali avrebbero atteso quel momento per sprigionare la loro furia e non avrebbero fatto niente altro nel corso dell’anno. Infatti, da come dicevano i reperti, la criminalità era praticamente inesistente e la disoccupazione era ridotta a cifre insignificanti. Il tutto ovviamente portava enormi benefici alle casse dello Stato.

 Quello di uccidere o sfogarsi in generale durante quella sera era inoltre considerato un buon modo per "purificare la propria anima". In base a cosa si affermava questo, ancora non lo aveva capito. Cosa c’è di purificante nell’uccidere? Al massimo l’anima dovrebbe macchiarsi ulteriormente, non il contrario.

Ma Kevin sapeva qual’era la realtà celata dietro allo Sfogo. Era stato un uomo, Carmelo, a farglielo capire, grazie a dei video di protesta che aveva lanciato in rete due anni prima. Quella notte, non era fatta per motivi come la riduzione della criminalità, la disoccupazione o la purificazione. Tutto ruotava intorno ai soldi. Durante quella notte, le maggiori vittime chi erano? I ricchi, che se ne stavano tranquillamente nelle loro case, protetti da strettissimi e costosissimi sistemi di sicurezza? No, certo che no.

Le maggiori vittime erano i poveri, che non avevano i soldi per difendersi, magari comprando armi o sistemi di sicurezza. Erano i barboni, i mendicanti, i malati, i disoccupati. Tutte persone che intralciavano l’economia del paese e che venendo eliminate, smettevano di intralciarla di conseguenza. Per forza che non c’erano più disoccupati, morivano quasi tutti ogni anno.

A Kevin quella cosa causava enorme ribrezzo. Senza contare che lui stesso apparteneva alla categoria delle persone agiate, che non correvano alcun rischio. I suoi genitori infatti erano benestanti e sempre indaffarati, ragion per cui non erano andati e prenderlo a scuola.

Un’altra cosa che gli faceva salire la bile, era il fatto che i nobili fossero fissati a loro volta con lo Sfogo, in particolare con la storia della purificazione delle anime. Loro stessi approfittavano di quella sera per macchiarsi le mani con degli omicidi. Ma non lo facevano scendendo in strada durante quella notte. Troppo rischioso. Pagavano delle bande di teppisti per rapire i poveracci da uccidere e portarglieli, cosicché potessero purificarsi senza troppa fatica. Oppure andavano negli ospedali e reclutavano persone malate e morenti, promettendo loro in cambio vitalizi per le loro famiglie. Aveva anche sentito parlare di alcune aste, nelle quali i lotti erano le vittime che le bande rapivano. Disgustoso.

L’unica e piccola nota positiva in tutto ciò era che per lo meno i suoi genitori, anche se benestanti, non erano fissati con quella boiata della purificazione e la notte dello Sfogo se ne stavano tutti e tre, era figlio unico, al sicuro in casa loro.

Sentì una folata d’aria fredda e si strinse nelle spalle, per scaldarsi un po’. Abbassò il berretto a visiera, così da nascondere gli occhi marroni da sguardi sgraditi e a testa bassa affrettò il passo. Stava seriamente cominciando a stancarsi di quel viaggio di ritorno. Ma quanto cavolo abitava lontano? I suoi piedi gli stavano chiedendo pietà. Che bello avere i genitori ricchi che non ti possono mai aiutare perché troppo impegnati. Davvero, uno spasso. Alzò ulteriormente il volume della musica e sprofondò con la testa nel colletto della felpa, per riparasi meglio dagli spifferi.

«Spero che questa notte passi in fretta...» brontolò.

Svicolò in una viuzza secondaria e si allontanò dal caos delle strade principali. Pessima idea. Si ritrovò davanti uno di quei poveracci che approfittavano della vigilia dello Sfogo per guadagnarsi due soldi vendendo armi varie. Era un uomo di colore, vestito con abiti sgualciti.

«Ehi, nella notte dello Sfogo non puoi difenderti a pugni!» stava dicendo alle persone frettolose che gli camminavano accanto.

«Ti serve protezione, amico!» disse ad un uomo che gli passò vicino.

 «Massì, dai, difenditi a cazzotti, bravo!» gridò quando quell’uomo lo ignorò e tirò dritto.

Kevin gli passò accanto cercando di non guardarlo, ma fu tutto inutile. L’uomo gli si parò davanti e cercò di incrociare il suo sguardo, fallendo. «Ehi, ragazzo! E’ pericoloso sta sera, vuoi un arma? Uzi? M9? M1911? Magari un fucile a pompa?»

Kevin lo ignorò e gli girò intorno, al che l’uomo si accigliò per davvero. «Bene, allora fatti ammazzare anche te!»

Non credo pensò Kevin.

Andò avanti per un altro breve tratto poi vide qualcosa che non lo lasciò del tutto indifferente.

Era un gruppo di ragazzi, radunati intorno a delle moto da cross e un furgone beige. Tutti quanti avevano il volto coperto, o da della pittura di guerra o da delle maschere o da entrambe le cose. Ce n’erano di tutti i tipi. Maschere di teschi, diavoli, demonietti, marionette, anche la maschera degli Anonymus. Per quanto riguarda quelli con la pittura di guerra, si potevano trovare con il volto completamente bianco, nero e con ghirigori vari, tipo ghigni cattivi, fiamme, finte cicatrici... Era chiaramente una di quelle bande criminali che la notte dello Sfogo andava a rapire i poveretti da portare alle aste o ai nobili che volevano purificarsi. Da come si conciavano, sembravano prendere davvero sul serio quella sera. Tutti quanti parlottavano tra loro e non fecero caso a Kevin. Tutti tranne uno, che aveva indosso una maschera bianca, da marionetta, con la scritta "GOD", Dio, sulla fronte. Il suddetto fissò Kevin per un breve attimo, poi lo salutò con un rapido cenno delle dita. Il ragazzo fece di tutto per non guardarlo e ignorarlo e tirò dritto. Senti il sangue gelarsi nelle vene davanti a quei tizi e fu grato di avere una famiglia benestante che gli permetteva di avere un rifugio sicuro. Si sentì in colpa per tutti quei poveretti che invece si sarebbero trovati in completa balia di quei pazzoidi.

Camminò per un altro breve tratto, poi un fuoristrada nero lo affiancò. Kevin non lo sentì arrivare, visto che aveva le cuffie. Si accorse della sua presenza solamente quando spostò lo sguardo a sinistra. Vide il veicolo nero procedere a velocità contenuta, per restare al suo passo. Inarcò un sopracciglio guardandolo e si fermò. La macchina arrestò la sua marcia a sua volta, restandogli accanto. Chiunque vi fosse al suo interno, a quanto pare, voleva  lui. Il finestrino oscurato del sedile del lato passeggero si abbassò lentamente, rivelando un volto noto, che gli rivolgeva contro un sogghigno sghembo, beffardo e provocatorio. Non ci mise molto a riconoscerlo.

«Nicols.» disse scontroso, storgendo il naso. «Che cavolo vuoi?»

«Vendetta.» fu la risposta del ragazzo, un attimo prima che le portiere posteriori si aprissero e fuoriuscissero i suoi amici gorilla, armati di mazze da baseball. Kevin non riuscì a fare nulla per difendersi. Fu colpito alle ginocchia e alla testa con le mazze  e poi fu il buio.

   
 
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